Lista articoli su foreste - Icona Meteo IconaMeteo.it - Sempre un Meteo avanti Mon, 13 Dec 2021 08:55:17 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://www.iconameteo.it/contents/uploads/2019/12/Favicon-150x150.png Lista articoli su foreste - Icona Meteo 32 32 Le FORESTE TROPICALI possono rigenerarsi in soli 20 anni senza azione umana https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/le-foreste-tropicali-possono-rigenerarsi-in-soli-20-anni-senza-azione-umana/ Mon, 13 Dec 2021 08:40:00 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/le-foreste-tropicali-possono-rigenerarsi-in-soli-20-anni-senza-azione-umana/ Le foreste tropicali possono rigenerarsi quasi completamente in soli 20 anni senza interferenze umane. È questa la sorprendente scoperta fatta da un gruppo di ricercatori provenienti da tutto il mondo. Lo studio, pubblicato su Science, mette in evidenza come il processo naturale di ripristino delle foreste sia in grado di produrre risultati più efficaci della …

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Le foreste tropicali possono rigenerarsi quasi completamente in soli 20 anni senza interferenze umane. È questa la sorprendente scoperta fatta da un gruppo di ricercatori provenienti da tutto il mondo. Lo studio, pubblicato su Science, mette in evidenza come il processo naturale di ripristino delle foreste sia in grado di produrre risultati più efficaci della piantumazione di nuovi alberi. Ciò è dovuto a un meccanismo multidimensionale per cui la flora e la fauna della vecchia foresta aiutano a crescere una nuova generazione di foreste: un processo naturale noto come “successione secondaria”.

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Foreste, non è ancora troppo tardi: i risultati del nuovo studio potrebbero tornare utili nella mitigazione del crollo climatico e indicare come agire in seguito

I risultati di questa nuova ricerca potrebbero rivelarsi molto utili nella mitigazione del crollo climatico nonché fornire consigli su come agire in seguito. Inoltre rendono ben chiaro che non è troppo tardi per rimediare ai danni che l’umanità ha causato attraverso i catastrofici cambiamenti climatici negli ultimi decenni. Secondo Lourens Poorter, professore di ecologia funzionale presso la Wageningen University nei Paesi Bassi e autore principale del documento, questa idea di rigenerazione naturale «si comporta molto meglio in termini di biodiversità, mitigazione dei cambiamenti climatici e recupero di nutrienti» rispetto alla piantumazione di nuovi alberi.

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Le vecchie foreste creano una nuova generazione di foreste: in 20 anni possono raggiungere il 78% del loro stato originario

Per realizzare questo studio, oltre 90 ricercatori provenienti da tutto il mondo si sono riuniti per analizzare come avviene esattamente la ricrescita della foresta tropicale. Hanno esaminato attentamente i dati sul recupero delle foreste da tre continenti, 77 siti e 2.275 appezzamenti di terreno nelle Americhe e nell’Africa occidentale. Da lì, hanno valutato 12 criteri specifici, tra i quali il suolo, il funzionamento delle piante, la struttura dell’ecosistema e la biodiversità. In seguito, hanno modellato questi dati con una tecnica chiamata chronosequencing, che consente loro di dedurre le tendenze a lungo termine nel recupero delle foreste.

I ricercatori nello specifico hanno osservato cosa avviene a quelle foreste utilizzate per l’agricoltura e l’allevamento e che dopo un paio di stagioni vengono abbandonate. Le vecchie porzioni di foresta, come per esempio un terreno fertile, eventuali alberi residui, ceppi che possono germogliare e banche di semi, creano un ecosistema nutriente e interconnesso per far crescere la nuova foresta. Gli studiosi hanno osservato che i diversi aspetti impiegano più o meno tempo per tornare ai livelli di “vecchia foresta” prima di essere utilizzati: il suolo, secondo i loro calcoli, impiega in media 10 anni, la comunità vegetale e la biodiversità animale impiegano 60 anni e la biomassa complessiva impiega un totale di 120 anni. Nel complesso, però, le foreste tropicali possono raggiungere il 78% del loro precedente stato di vecchiaia in soli 20 anni.

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AMAZZONIA, più di un terzo è degradato o deforestato: i dati alla COP26 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/amazzonia-piu-di-un-terzo-e-degradato-o-deforestato-i-dati-alla-cop26/ Sat, 13 Nov 2021 14:45:24 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/amazzonia-piu-di-un-terzo-e-degradato-o-deforestato-i-dati-alla-cop26/ L’Amazzonia rischia di non sopravvivere se l’approccio del mondo non cambia. Molte zone, come la parte sud-orientale della foresta pluviale, sono giunte al punto di non ritorno a causa dell’azione umana. In un importante rapporto presentato alla COP26 di Glasgow, un gruppo di circa 200 scienziati mette in evidenza come più di un terzo dell’Amazzonia …

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L’Amazzonia rischia di non sopravvivere se l’approccio del mondo non cambia. Molte zone, come la parte sud-orientale della foresta pluviale, sono giunte al punto di non ritorno a causa dell’azione umana. In un importante rapporto presentato alla COP26 di Glasgow, un gruppo di circa 200 scienziati mette in evidenza come più di un terzo dell’Amazzonia risulti degradato o deforestato. Inoltre, le precipitazioni diminuiscono e le stagioni secche si allungano. In virtù della delicatissima situazione, gli scienziati hanno dato vita a un nuovo Science Panel for the Amazon (SPA) che mira appunto a monitorare e fornire aggiornamenti.

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Amazzonia, si rischia la catastrofe: l’enorme capacità di sostenere la vita dentro e fuori i confini rischia di perdersi completamente

Il nuovo studio sull’Amazzonia analizza la situazione sotto diversi aspetti, a partire dall’enorme capacità della foresta di sostenere la vita sia dentro che fuori i confini della regione. La ricca biodiversità conferisce stabilità e resilienza agli ecosistemi locali, svolge un ruolo critico nei cicli globali dell’acqua e regola la variabilità climatica. Il bacino produce il più grande deflusso fluviale sulla Terra, rappresentando dal 16% al 22% dell’input fluviale mondiale negli oceani. Inoltre, nuove specie vengono scoperte a giorni alterni.

Nello stesso tempo, l’analisi mette tristemente in luce come queste importantissime funzioni rischiano di perdersi completamente a causa della conversione dei terreni per allevamenti di bestiame e piantagioni di soia e per le interruzioni dei sistemi fluviali causate da dighe e dighe idroelettriche. Circa il 17% dell’Amazzonia è stato ripulito e oltre il 17% è stato degradato. Gli autori affermano inoltre che la situazione potrebbe già essere irrecuperabile in alcune aree, come la zona sud-orientale e quella al confine tra gli stati settentrionali del Brasile Maranhão e Pará, dove oltre il 70% della foresta pluviale è deteriorato e specie un tempo abbondanti sono in pericolo.

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La devastazione della foresta potrebbe allargarsi: gli scienziati esortano alla collaborazione di tutte le parti coinvolte

Gli scienziati non fanno molti giri di parole per affermare che questa devastazione rischia di aggravarsi ulteriormente senza un approccio più inclusivo e collaborativo. “Se l’Amazzonia deve sopravvivere, dobbiamo mostrare come può essere trasformata per generare benefici economici e ambientali che sarebbero il risultato di collaborazioni tra scienziati, detentori della conoscenza indigena e i loro leader, comunità locali, settore privato e governi”, ha affermato Carlos Nobre, scienziato brasiliano nonché uno dei co-presidenti della SPA. Brasile, Ecuador e Canada sono tra gli Stati che alla COP26 hanno firmato un patto per fermare la deforestazione entro il 2030, ma i più conservatori sono molto scettici sulla situazione della regione amazzonica che con Jair Bolsonaro al governo ha visto schizzare alle stelle i tassi di deforestazione.

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Indipendentemente da chi c’è al comando, i fondatori della SPA affermano quanto sia essenziale che gli scienziati esaminino ciò che sta accadendo sul campo e condividano le prove con chiunque sia disposto ad ascoltare. Proprio per questo hanno ritenuto utile andare alla ricerca di soluzioni coinvolgendo personalità variegate, compresi i leader indigeni. Anche i Paesi al di fuori dell’Amazzonia possono e devono collaborare, soprattutto perché spesso contribuiscono in maniera decisa alla distruzione del polmone verde.

In Amazzonia gli uccelli stanno diventando più piccoli con ali più lunghe: i ricercatori ritengono che il riscaldamento globale stia alla base del cambiamento morfologico

Una nuova ricerca, pubblicata su Science Advances e svolta presso l’Amazzonia Biodiversity Center vicino a Manaus, rileva che gli uccelli non migratori della regione amazzonica si stiano rimpicciolendo, sviluppando ali più lunghe. Secondo i ricercatori, il riscaldamento globale è alla base di questo cambiamento morfologico. Mentre in precedenza gli studi erano stano condotti su specie di uccelli migratori, generando non poca confusione, adesso sono stati analizzati gli uccelli che stanziano nella foresta pluviale. Purtroppo a livello di risultati non cambia molto. Secondo i dati, che si riferiscono a 77 specie di uccelli, quasi tutte le specie non migratorie trovate lì sono diventate più piccole. Un terzo di loro ha anche ali più lunghe. La maggior parte degli uccelli analizzati vive nel raggio di pochi chilometri, ma i ricercatori hanno scoperto che alcune specie si sono ridotte di quasi il 10% in 40 anni di misurazioni.

Ma in che modo incide il riscaldamento globale?

Dagli anni ’70, evidenzia la ricerca, la regione si è riscaldata di 1,65°C nella stagione secca e di 1,0°C nella stagione delle piogge. Secondo i ricercatori, una valida spiegazione potrebbe essere un principio chiamato regola di Bergmann, il base al quale gli organismi strettamente correlati sono più piccoli quanto più sono vicini a vivere all’equatore, perché i corpi più grandi trattengono meglio il calore. Dunque, lo stesso principio potrebbe essere applicato a quanto sta succedendo agli uccelli dell’Amazzonia: l’aumento delle temperature, che normalmente ci si aspetterebbe di trovare più vicino all’equatore, sta causando corpi più piccoli.

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Aumenta la superficie dei BOSCHI in Italia e la capacità di assorbire CO2: i dati https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/aumenta-la-superficie-dei-boschi-italiani-e-la-capacita-di-assorbire-co2-i-dati/ Sat, 02 Oct 2021 08:16:36 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/aumenta-la-superficie-dei-boschi-italiani-e-la-capacita-di-assorbire-co2-i-dati/ Aumenta la superficie dei boschi in Italia e quindi anche la capacità di assorbire anidride carbonica. A renderlo noto è Il terzo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi forestali di Carbonio – i cui risultati fanno convenzionalmente riferimento all’anno 2015 -, che ha stimato quasi 587mila ettari di nuovi boschi in 10 anni. Questo …

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Aumenta la superficie dei boschi in Italia e quindi anche la capacità di assorbire anidride carbonica. A renderlo noto è Il terzo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi forestali di Carbonio – i cui risultati fanno convenzionalmente riferimento all’anno 2015 -, che ha stimato quasi 587mila ettari di nuovi boschi in 10 anni. Questo consente di assorbire 290 milioni di tonnellate di CO2 in più.

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Boschi, oltre 11 milioni di ettari di superficie forestale complessiva pari al 36.7% del territorio nazionale italiano

Il terzo inventario forestale nazionale ha stimato in oltre 11 milioni di ettari la superficie forestale complessiva, pari al 36.7% del territorio nazionale italiano. La superficie forestale, che in Italia viene spesso associata al paesaggio montano e collinare, si espande in realtà su un’ampia distribuzione altitudinale. A livello nazionale, la classe 0-500 m sul livello del mare (slm) ospita il 37.7% della superficie forestale totale, seguita dalla classe 500-1000 m con il 35.7%. Le altre tre classi di quota (1000-1500, 1500-2000 e oltre 2000 m slm) ne comprendono rispettivamente 17.7%, 7.6% e 1.4%.

Il volume complessivo per tutti gli alberi dei boschi italiani supera 1.5 miliardi di metri cubi: ecco quali sono le regioni che contribuiscono in maniera più significativa

Il volume complessivo stimato per tutti gli alberi dei boschi italiani supera 1.5 miliardi di metri cubi, con un valore medio per ettaro pari a 165.4 metri cubi. Le regioni che maggiormente contribuiscono al volume complessivo dei Boschi italiani sono la Toscana, il Piemonte e la Lombardia, rispettivamente con il 10.4%, il 9.8% e l’8.7% del totale. I valori minimi regionali sono stati registrati per la Puglia, la Valle d’Aosta e il Molise, con contributi variabili tra l’1.0% e l’1.3% del totale.

Foreste, un serbatoio naturale di carbonio che contribuisce alla mitigazione dei cambiamenti climatici: i dati

Com’è noto, le foreste svolgono un importantissimo ruolo a livello mondiale nella mitigazione dei cambiamenti climatici, che si esplica anche attraverso il loro ruolo nel ciclo globale del carbonio. Attraverso la fotosintesi, le foreste rimuovono anidride carbonica dall’atmosfera e accumulano carbonio organico nella misura di circa una tonnellata di CO2 ogni metro cubo di legno. Le foreste rappresentano, quindi, un serbatoio naturale di carbonio capace di influenzare il clima in maniera significativa.

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L’inventario ha stimato il contenuto di carbonio organico in quattro dei cinque serbatoi forestali di carbonio, vale a dire il suolo, la lettiera, la fitomassa epigea e il legno morto, concentrandosi in particolare sulla quantità di CO2 presente nelle ultime due componenti elencate. La quantità di carbonio organico nella parte epigea supera i 539 milioni di tonnellate mentre il legno morto ne contiene quasi 30 milioni di tonnellate. Nel complesso, la massa legnosa epigea viva e morta contiene poco più di 569 milioni di tonnellate, con un contributo variabile delle diverse regioni in termini di stoccaggio del carbonio organico.

I fattori di disturbo delle aree forestali: parassiti e malattie al primo posto con il 33,8%

Le foreste in Italia sono soggette a fattori di disturbo di varia natura e intensità. In presenza di fattori di disturbo particolarmente intensi, come quelli che si verificano sempre più spesso per effetto dei cambiamenti climatici, le conseguenze possono essere devastanti e portare a notevoli perdite di valore economico mettendo altresì in pericolo la sopravvivenza di particolari ecosistemi forestali. L’inventario ha stimato le principali cause di danno in parassiti e malattie causate da insetti, funghi, batteri, micoplasmi e virus (33,8% della superficie del bosco con danni su almeno il 30% della copertura), eventi climatici estremi quali tempeste di vento, alluvioni, nevicate molto abbondanti (26.5%), e incendi del soprassuolo e del sottobosco (rispettivamente 20.7% e 1.9%).

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La superficie dei boschi in Italia è progressivamente aumentata dal 1985 al 2015

Secondo i risultati dei tre inventari forestali nazionali realizzati in Italia, la superficie forestale complessiva è andata progressivamente aumentando dal 1985 al 2015. L’aumento della consistenza del patrimonio forestale ha riguardato sia la superficie che il volume legnoso e la biomassa dei boschi italiani. Il volume totale è aumentato del 18.4% e la biomassa del 19.4%. I rispettivi valori unitari stimati sono passati da 144.9 metri cubi a 165.4 metri cubi ad ettaro per il volume legnoso del bosco e da 99.8 tonnellate a 114.9 tonnellate ad ettaro per la biomassa arborea epigea del bosco.

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FORESTE, in 20 anni nel mondo si è rigenerata un’area grande quanto la Francia https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/foreste-in-20-anni-nel-mondo-si-e-rigenerata-unarea-grande-quanto-la-francia/ Wed, 12 May 2021 08:44:11 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/foreste-in-20-anni-nel-mondo-si-e-rigenerata-unarea-grande-quanto-la-francia/ Le foreste sono in grado di rigenerarsi se preservate a dovere. A stabilirlo è una ricerca di Trillion Trees, guidata dal WWF, che prova appunto come un’area di foresta delle dimensioni della Francia è ricresciuta in tutto il mondo negli ultimi 20 anni. Stiamo parlando di quasi 59 milioni di ettari di foreste che offrono …

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Le foreste sono in grado di rigenerarsi se preservate a dovere. A stabilirlo è una ricerca di Trillion Trees, guidata dal WWF, che prova appunto come un’area di foresta delle dimensioni della Francia è ricresciuta in tutto il mondo negli ultimi 20 anni. Stiamo parlando di quasi 59 milioni di ettari di foreste che offrono il potenziale per assorbire e immagazzinare 5,9 gigatonnellate di anidride carbonica, più delle emissioni annuali di tutti gli Stati Uniti. Il merito va all’attuazione di pratiche di conservazione e tutela per la rigenerazione delle foreste.

Le foreste possono rigenerarsi, ma la deforestazione corre a ritmi elevati

Lo studio, condotto per due anni attraverso immagini satellitari e indagini a terra, mostra come nella foresta atlantica del Brasile dal 2000 sia ricresciuta un’area grande quanto i Paesi Bassi. Un’altra area che ha mostrato una notevole ricrescita si trova nelle foreste boreali della Mongolia, dove 1,2 milioni di ettari di foresta si sono rigenerati in venti anni grazie al lavoro degli ambientalisti e del governo mongolo. Le foreste si sono rigenerate anche in alcune parti dell’Africa centrale e del Canada. In Europa le foreste si sono rigenerate soprattutto nei Balcani e nel nord della Grecia così come in tutto il versante centrale della Scandinavia.

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In 20 anni è andata persa un’area circa sette volte quella rigenerata

Le foreste possono dunque rigenerarsi, ma i ricercatori avvertono e specificano che il mondo sta ancora sperimentando una perdita complessiva di foreste «a un ritmo spaventoso», con la deforestazione che si verifica molto più velocemente dei programmi di ripristino. In un periodo simile a quello delineato nella ricerca, quindi venti anni, nel mondo sono andati persi 386 milioni di ettari di copertura arborea, circa sette volte l’area della foresta rigenerata. Gli alberi vengono abbattuti e bruciati a un ritmo rapido in Amazzonia, con oltre 430.000 acri già persi nel 2021.

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«Sappiamo da molto tempo che la rigenerazione delle foreste naturali è spesso più economica, più ricca di carbonio e migliore per la biodiversità rispetto alle foreste piantate attivamente», ha affermato William Baldwin-Cantello, direttore delle soluzioni basate sulla natura presso il WWF. «Questa ricerca ci dice dove e perché la rigenerazione sta avvenendo e come possiamo ricreare quelle condizioni altrove, ma non possiamo dare per scontata questa rigenerazione: la deforestazione rivendica ancora milioni di ettari ogni anno, molto più di quelli rigenerati», ha concluso.

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BELIZE, un sogno diventato realtà: gli ambientalisti SALVANO la foresta Maya https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/belize-un-sogno-diventato-realta-gli-ambientalisti-salvano-la-foresta-maya/ Mon, 26 Apr 2021 14:23:25 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/belize-un-sogno-diventato-realta-gli-ambientalisti-salvano-la-foresta-maya/ Dal Belize arriva una notizia che fa ben sperare: una coalizione di organizzazioni ambientaliste ha acquistato la foresta Maya per preservarla dalla deforestazione. Quello che inizialmente sembrava solo un sogno, ora è realtà. La foresta Maya del Belize, dopo l’Amazzonia, è la più grande foresta pluviale tropicale rimasta nelle Americhe. Questa vasta area di 236.000 …

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Dal Belize arriva una notizia che fa ben sperare: una coalizione di organizzazioni ambientaliste ha acquistato la foresta Maya per preservarla dalla deforestazione. Quello che inizialmente sembrava solo un sogno, ora è realtà. La foresta Maya del Belize, dopo l’Amazzonia, è la più grande foresta pluviale tropicale rimasta nelle Americhe. Questa vasta area di 236.000 acri si estende attraverso il Belize, il Guatemala settentrionale e la penisola messicana dello Yucatan.

Foresta Maya del Belize, un hotspot di biodiversità che sarà protetto per sempre

La foresta Maya del Belize è un vero e proprio hotspot di biodiversità tropicale, che ospita 200 specie di alberi in un mosaico di foreste, savane e zone umide. Circa 400 specie di uccelli, dei quali oltre 100 migratori. La vasta fauna include anche tapiri, scimmie urlatrici e scimmie ragno, insieme ad alcune delle più grandi popolazioni sopravvissute dell’America centrale di giaguaro, puma, margay, ocelot e jaguarundi.

 

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Dal 2011, il Maya Forest Corridor che collega il massiccio del monte Maya del Belize alla foresta Maya ha affrontato tassi di deforestazione quasi quattro volte superiori alla media nazionale, principalmente a causa della rimozione di terreni per l’agricoltura su scala industriale. D’ora in poi, grazie alla coraggiosa e ambiziosa coalizione ambientalista, nessun albero verrà più abbattuto, la biodiversità sarà al sicuro e la significativa quantità di carbonio catturata dalla foresta verrà preservata.

Nel 2020 la distruzione delle foreste tropicali ha registrato un’impennata

Un progetto fondamentale per l’equilibrio tra uomo e natura

«Salvare ecosistemi come la foresta Maya del Belize è fondamentale se vogliamo riuscire a riequilibrare il rapporto dell’umanità con il mondo naturale ed evitare i peggiori impatti del cambiamento climatico», ha affermato Edilberto Romero, direttore esecutivo, Program for Belize. «Questa partnership non solo garantirà il futuro della foresta, ma garantirà anche il sostentamento di quelle comunità che, come l’iconico giaguaro e altre specie, dipendono da questa preziosa regione per la loro sopravvivenza».

I partner che hanno reso possibile il progetto di conservazione della foresta Maya del Belize includono: Bobolink Foundation, Cornell Lab of Ornithology, Cleary Gottlieb Steen & Hamilton LLP, Corozal Sustainable Future Initiative, International Tropical Conservation Fund, Gallon Jug Estate, Global Wildlife Conservation, Mass Audubon, Program for Belize, Symphasis Foundation, The Nature Conservancy, Rainforest Trust, University of Belize Environmental Research Institute, Wildlife Conservation Society, World Land Trust e Wyss Foundation.

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