Lista articoli su cambiamenti climatici - Icona Meteo IconaMeteo.it - Sempre un Meteo avanti Tue, 04 Jan 2022 08:02:32 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://www.iconameteo.it/contents/uploads/2019/12/Favicon-150x150.png Lista articoli su cambiamenti climatici - Icona Meteo 32 32 Clima, i CICLONI TROPICALI andranno sempre più a nord: a rischio anche le grandi metropoli https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/i-cicloni-tropicali-andranno-sempre-piu-a-nord-a-rischio-anche-le-grandi-metropoli/ Tue, 04 Jan 2022 07:39:48 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/i-cicloni-tropicali-andranno-sempre-piu-a-nord-a-rischio-anche-le-grandi-metropoli/ La crisi del clima avanza e tra i suoi effetti, purtroppo l’abbiamo visto bene anche negli ultimi mesi, c’è quello di rendere sempre più intensi fenomeni estremi come cicloni, tempeste e ondate di caldo. Una ricerca pubblicata di recente su Nature Geoscience getta nuova luce sulle conseguenze che riguardano i cicloni tropicali e avverte che …

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La crisi del clima avanza e tra i suoi effetti, purtroppo l’abbiamo visto bene anche negli ultimi mesi, c’è quello di rendere sempre più intensi fenomeni estremi come cicloni, tempeste e ondate di caldo. Una ricerca pubblicata di recente su Nature Geoscience getta nuova luce sulle conseguenze che riguardano i cicloni tropicali e avverte che il clima che cambia non influenzerà solo la loro intensità, ma anche il raggio d’azione. Questi fenomeni, che come suggerisce lo stesso nome riguardano di norma le regioni tropicali, sono infatti destinati a raggiungere latitudini sempre più elevate, con il rischio di colpire zone più densamente popolate e anche alcune delle maggiori metropoli del mondo.

Secondo gli scienziati, la traiettoria degli uragani e di tutti i cicloni tropicali coinvolgerà una gamma di latitudini più ampia di quelle raggiunte per 3 milioni di anni entro la fine di questo secolo. 

Già nel 2020 abbiamo avuto un primo assaggio di quanto ci aspetta quando, a settembre, la tempesta subtropicale Alpha si è abbattuta sul Portogallo nel mese di settembre. L’impatto non ha avuto conseguenze catastrofiche, e da un punto di vista mediatico questo ha probabilmente fatto sì che il fenomeno non ricevesse l’attenzione adatta all’evento inedito che avevamo di fronte: era la prima volta che si osservava la formazione di un ciclone tropicale da un tipo di tempesta tradizionale per le medie latitudini, come ha spiegato alla BBC il fisico Joshya Studholme, dell’Università di Yale.

Man mano che il clima diverrà più caldo vedremo da una parte l’aumento dell’energia necessaria allo sviluppo di fenomeni di questo tipo, e dall’altra l’indebolimento del flusso delle correnti a getto, che finora ha contribuito a limitare i cicloni extratropicali.
Come anticipato questo porterà uragani e tifoni a estendersi fino a latitudini a cui finora non si vedevano fenomeni di questo tipo, investendo zone molto più popolate rispetto ai tropici e abbattendosi anche su alcune delle maggiori metropoli del pianeta, da Tokyo a New York, passando anche per Pechino e perfino Boston, che si trova sul 42esimo parallelo nord (all’incirca l’altezza di Roma).

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CRISI CLIMATICA, le proiezioni per il 2022 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/crisi-climatica-le-proiezioni-per-il-2022/ Wed, 22 Dec 2021 09:19:59 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/crisi-climatica-le-proiezioni-per-il-2022/ La crisi climatica avanza e il mondo diventa sempre più caldo: da 6 anni la temperatura media globale è sempre oltre un grado al di sopra dei livelli preindustriali (1850-1900). Dopo aver fatto superare per la prima volta la soglia di 1°C nel 2015, la crisi climatica ci ha fatto vivere gli anni più caldi …

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La crisi climatica avanza e il mondo diventa sempre più caldo: da 6 anni la temperatura media globale è sempre oltre un grado al di sopra dei livelli preindustriali (1850-1900).
Dopo aver fatto superare per la prima volta la soglia di 1°C nel 2015, la crisi climatica ci ha fatto vivere gli anni più caldi che siano mai stati registrati:

2015 +1.15
2016 +1.28
2017 +1.19
2018 +1.11
2019 +1.24
2020 +1.27
crisi climatica
La temperatura media globale tra il 1850 e il 2020. Fonte: Ed Hawkins (University of Reading)

Secondo i dati registrati fino al mese di settembre, anche il 2021 appare destinato a rientrare nella serie con un’anomalia di 1.09°C.
Il dottor Nick Dunstone, scienziato del Met Office, ha spiegato che quest’anno si è fatta sentire l’influenza di un fenomeno noto come La Niña, che favorisce un raffreddamento anomalo delle acque, ma non è bastata a riportare le temperature medie globali al di sotto di un grado di anomalia rispetto all’era preindustriale.

Crisi climatica, andremo oltre a 1°C di anomalia anche nel 2022: le proiezioni

Il Met Office, il servizio meteorologico nazionale del Regno Unito, ha pubblicato di recente le proiezioni relative al clima del 2022 e ci si aspetta una situazione simile a quella di quest’anno.
Secondo gli scienziati è molto probabile che la crisi climatica riesca di nuovo a spingere la temperatura media globale su valori particolarmente elevati. È probabile che per l’ottavo anno consecutivo si superi ancora 1°C di anomalia rispetto ai livelli preindustriali nonostante l’insistenza di La Niña, che renderà la superficie del Pacifico tropicale più fredda della media influenzando anche la temperatura media globale.
In particolare ci si aspetta un’anomalia di circa 1.09 gradi, o comunque compresa tra 0,97°C e 1,21°C al di sopra della media del periodo preindustriale.

Il professor Adam Scaife, che si occupa delle previsioni sul lungo periodo per il Met Office, ha sottolineato che le proiezioni per il 2022 “mostrano che l’aumento dei gas serra nell’atmosfera sta riscaldando il globo a un ritmo tale che gli anni caratterizzati da El Niño (che provoca un riscaldamento anomalo del clima globale, ndr) alla fine degli anni ’90 sono stati comunque più freschi di quelli segnati da La Niña due decenni dopo”.

Cosa sono El Niño e La Niña?

Questi fenomeni si osservano sull’Oceano Pacifico equatoriale e sono caratterizzati da oscillazioni periodiche irregolari della pressione atmosferica e della temperatura delle acque superficiali capaci di influenzare le condizioni meteorologiche di tutto il Mondo.

El Nino e La Nina. Fonte NOAA
La Niña e Il Niño. Fonte NOAA

In condizioni cosiddette “neutre”, si ha alta pressione sul settore orientale dell’oceano Pacifico e bassa pressione nel settore ovest, con i consueti venti orientali (alisei). Quando la pressione atmosferica diminuisce sul settore orientale e contemporaneamente aumenta a ovest, gli alisei si attenuano o talvolta invertono la direzione ostacolando la risalita di acqua fredda dalle profondità verso la superficie oceanica. Con questa configurazione viene favorito il riscaldamento anomalo delle acque, fenomeno noto come El Niño. Nella fase opposta viene, invece, viene favorito il raffreddamento anomalo delle acque, fenomeno noto come La Niña.

Il nome “El Niño”, “il bimbo” in spagnolo, deriva dal fatto che sia gli episodi più intensi (eventi con la cadenza di 4-6 anni), quanto quelli più leggeri che si presentano annualmente, si sviluppano intorno al periodo natalizio.

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CALDO e SICCITÀ, è EMERGENZA in Africa: strage di animali, aumentano sfollati e violenze https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-record-e-siccita-e-emergenza-in-africa-strage-di-animali-aumentano-sfollati-e-violenze/ Tue, 14 Dec 2021 17:09:48 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-record-e-siccita-e-emergenza-in-africa-strage-di-animali-aumentano-sfollati-e-violenze/ Nel mese di novembre il clima il Africa non è mai stato così caldo almeno dall’inizio delle registrazioni, ovvero da oltre 110 anni. Il mese di novembre del 2021 è stato segnato da un clima più caldo della norma in tutto il Pianeta, ma l’anomalia è stata particolarmente significativa in Africa, dove per la prima volta …

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Nel mese di novembre il clima il Africa non è mai stato così caldo almeno dall’inizio delle registrazioni, ovvero da oltre 110 anni.

Il mese di novembre del 2021 è stato segnato da un clima più caldo della norma in tutto il Pianeta, ma l’anomalia è stata particolarmente significativa in Africa, dove per la prima volta ci si è avvicinati ai 2 gradi di differenza rispetto alla media (1.61°C).

Fonte: NOAA

Il nuovo record arriva dopo mesi già segnati da caldo anomalo e, soprattutto, da una siccità gravissima che ha messo in ginocchio diverse zone del continente.

La situazione è molto grave, e in diverse regioni sono state registrate morie di animali selvatici. Proprio in questi giorni hanno suscitato clamore le immagini impressionanti arrivate dal parco Sabuli Wildlife Conservancy, in Kenya, dove il fotogiornalista Ed Ram ha fotografato i corpi senza vita di sei giraffe rimaste intrappolate nel fango nel tentativo disperato di abbeverarsi in una riserva d’acqua che si era prosciugata.

È da settimane che la riserva naturale denuncia una situazione drammatica. Nel mese di novembre il parco Sabuli Wildlife Conservancy aveva pubblicato un aggiornamento sul proprio sito in cui, condividendo le immagini degli animali uccisi dal caldo e dalla siccità, scriveva che questo è solo «l’ultimo di una serie di shock climatici che hanno attraversato il Corno d’Africa».

Crediti: Sabuli Wildlife Conservancy

«Se muoiono loro moriamo tutti», ha commentato un pastore che dice di aver perso 40 capre.
Ed è vero: l’impatto di questa situazione è estremamente grave anche per la vita delle persone, minacciate non solo dalla carenza di cibo e acqua ma anche dal conseguente aumento di tensioni e conflitti.
Un’escalation che in alcune zone è già evidente.

A lanciare l’allarme in questo senso è anche la Croce Rossa Internazionale, che ha denunciato una intensificazione dei conflitti armati. In un rapporto che fa il punto in particolare sulla situazione della regione di Galgaduud, in Somalia, la Croce Rossa Internazionale avverte che oltre 300 mila persone sono state colpite dall’aggravarsi della siccità.
In novembre il governo federale ha dichiarato lo stato d’emergenza e migliaia di persone sono già state costrette ad abbandonare le proprie case alla ricerca di acqua, cibo e pascoli.

Nella cittadina di Guriel alla fine di ottobre sono scoppiati violenti combattimenti tra l’Esercito nazionale somalo e il gruppo paramilitare Ahlu Sunnah Wal Jama’a: gli scontri hanno danneggiato molti edifici, compreso l’ospedale principale della città, decine di persone sono morte e circa cento mila abitanti sono stati costretti a fuggire nei villaggi vicini.

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In Italia RECORD di EVENTI ESTREMI nel 2021: «un pericolo concreto», avverte la Coldiretti https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/in-italia-record-di-eventi-estremi-nel-2021-un-pericolo-concreto-avverte-la-coldiretti-i-dati/ Sun, 17 Oct 2021 08:25:32 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/in-italia-record-di-eventi-estremi-nel-2021-un-pericolo-concreto-avverte-la-coldiretti-i-dati/ La crisi climatica colpisce in modo sempre più evidente anche il nostro Paese, che dall’inizio di quest’anno ha già dovuto affrontare 1787 fenomeni estremi. Lo rende noto la Coldiretti, e avverte: ci troviamo di fronte a un nuovo record, e l’anno non è ancora finito. Tra nubifragi, grandinate, tornado, tempeste di vento, ondate di calore …

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La crisi climatica colpisce in modo sempre più evidente anche il nostro Paese, che dall’inizio di quest’anno ha già dovuto affrontare 1787 fenomeni estremi.
Lo rende noto la Coldiretti, e avverte: ci troviamo di fronte a un nuovo record, e l’anno non è ancora finito.

Tra nubifragi, grandinate, tornado, tempeste di vento, ondate di calore e di gelo estreme, in soli dieci anni abbiamo assistito a un aumento dei fenomeni estremi del 548 per cento. L’analisi della Coldiretti su dati Eswd ha confrontato i dati registrati finora nel 2021 con quelli del 2011, delineando uno scenario che, spiega l’associazione, aggrava le perdite provocate dalla crisi climatica «all’agricoltura italiana pari a 14 miliardi di euro negli ultimi dieci anni a causa dalla tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense e il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi»

«Violenti temporali, grandinate, tornado e tempeste di vento che colpiscono le città e le campagne – sottolinea la Coldiretti – si abbattono su un territorio duramente provato dalla siccità con i terreni che non riescono ad assorbire l’acqua che cade violentemente e tende ad allontanarsi per scorrimento provocando allagamenti, frane e smottamenti».

Gli eventi estremi di questo tipo rappresentano «un pericolo concreto – avverte la Coldiretti, – in un Paese dove a causa della cementificazione e dall’abbandono sono saliti a 7252 i comuni italiani, ovvero il 91,3% del totale, che hanno parte del proprio territorio a rischio frane e/o alluvioni».

Il settore della nostra economia che quotidianamente vive più degli altri le conseguenze della crisi climatica è quello dell’agricoltura: l’associazione degli agricoltori sottolinea l’urgenza di «interventi strutturali e strumenti di gestione del rischio sempre più avanzati, efficaci e con meno burocrazia».

Il maltempo che ha colpito il Belpaese nell’ultimo periodo sta minacciando in particolare la raccolta delle olive e la vendemmia, ancora in corso per i grandi vini rossi. «La pioggia impedisce di entrare nei campi per le operazioni di raccolta ma a preoccupare – sottolinea la Coldiretti – sono anche gli eventi estremi con l’arrivo di venti di burrasca che fanno cadere a terra i prodotti, facendo perdere un intero anno di lavoro».

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La crisi climatica influenza anche l’impatto delle eruzioni vulcaniche https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/la-crisi-climatica-influenza-anche-limpatto-delle-eruzioni-vulcaniche/ Tue, 12 Oct 2021 08:38:51 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/la-crisi-climatica-influenza-anche-limpatto-delle-eruzioni-vulcaniche/ Da una ricerca è recentemente emerso che la crisi climatica influenza anche l’impatto delle eruzioni vulcaniche. In particolare sono le temperature più elevate della stratosfera, provocate dalla crisi climatica, ad avere conseguenze sulla diffusione degli aerosol contenenti solfato e sul conseguente effetto di raffreddamento che si osserva nella nostra atmosfera. Dallo studio, pubblicato su Nature …

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Da una ricerca è recentemente emerso che la crisi climatica influenza anche l’impatto delle eruzioni vulcaniche. In particolare sono le temperature più elevate della stratosfera, provocate dalla crisi climatica, ad avere conseguenze sulla diffusione degli aerosol contenenti solfato e sul conseguente effetto di raffreddamento che si osserva nella nostra atmosfera.

Dallo studio, pubblicato su Nature Communication, è emerso che gli effetti di un clima più caldo cambiano radicalmente a seconda della potenza delle eruzioni.

Unsplash/Marc Szeglat

Le esplosioni molto forti, che sono decisamente rare con una media di uno o due episodi per secolo, provocheranno un raffreddamento sempre più significativo man mano che il mondo si riscalda: questo avviene, spiegano i ricercatori, perché con un’atmosfera più calda gli aerosol di solfati si diffondono maggiormente e più rapidamente intorno al nostro pianeta, bloccando in modo più significativo le radiazioni solari. Questo fenomeno è già stato osservato nel 1991, quando una eruzione molto potente del vulcano Pinatubo, nelle Filippine, ha provocato un raffreddamento di 0,5°C per oltre un anno. Secondo le stime degli scienziati, l’effetto di raffreddamento di esplosioni di questo tipo potrebbe amplificarsi fino al 15 per cento man mano che il mondo diventa più caldo.

Un fenomeno opposto si osserva invece per le eruzioni con una potenza moderata, che in media si registrano una volta all’anno: nel loro caso, con l’avanzare della crisi climatica l’effetto di raffreddamento si può ridurre fino al 75 per cento.
Come spiegano i ricercatori, si prevede che il riscaldamento globale provochi un aumento dell’altezza della tropopausa (il confine tra il primo e il secondo strato della nostra atmosfera). Di conseguenza sarà più difficile che i pennacchi vulcanici prodotti da esplosioni meno potenti raggiunga la stratosfera (il secondo strato) e sarà più probabile che gli aerosol di solfati vengano spazzati via rapidamente.

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CALDO NOTTURNO, un rischio sottovalutato per la SALUTE https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-notturno-un-rischio-sottovalutato/ Sun, 15 Aug 2021 06:10:36 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-notturno-un-rischio-sottovalutato/ Quando pensiamo all’impatto che il caldo ha sulla salute è naturale pensare alle ore più roventi della giornata, con il sole a picco sulle nostre teste e la colonnina di mercurio che schizza su valori impressionanti. In realtà, uno degli aspetti delle ondate di caldo che influiscono in modo molto grave sulla nostra salute sono …

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Quando pensiamo all’impatto che il caldo ha sulla salute è naturale pensare alle ore più roventi della giornata, con il sole a picco sulle nostre teste e la colonnina di mercurio che schizza su valori impressionanti. In realtà, uno degli aspetti delle ondate di caldo che influiscono in modo molto grave sulla nostra salute sono le temperature notturne.

A causa della crisi climatica in atto le ondate di calore sono sempre più intense e durature, con un bilancio delle vittime che spesso si rivela sconcertante.

Il nostro corpo può contare su un’elevata capacità di abituarsi a climi piuttosto estremi, sia con temperature molto basse che con valori elevati. Ma per acclimatarsi ha bisogno di tempo, e per questo le ondate di calore improvvise risultano particolarmente pericolose.

I rischi per la salute aumentano quando il caldo resta intenso anche di notte. Kristie Ebi, esperta di salute ambientale, ha spiegato sul New York Times che dopo una giornata molto calda è fondamentale che le persone abbiano l’opportunità di abbassare la propria temperatura corporea. Una notte fresca è importante anche per concederci una pausa dalla sudorazione, e quindi dai rischi legati alla disidratazione. Normalmente, sudando dissipiamo il calore corporeo; ma quando fa troppo caldo, e ancora di più quando anche l’umidità risulta particolarmente elevata, il sudore non può evaporare e finiamo per “surriscaldarci”. Quando questo accade l’impatto sulla salute può risultare gravissimo, e a volte anche fatale.

I dati ci rivelano che le notti estive si sono riscaldate al doppio della velocità rispetto alle ore diurne: la colpa è della crisi climatica e della cosiddetta “isola di calore urbana“, per cui quando le nostre case e le città assorbono molto caldo durante il giorno lo rilasciano anche di notte.

 

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PREVISIONI METEO e sistemi di ALLERTA fondamentali per affrontare la CRISI CLIMATICA https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/hydromet-alliance-contro-la-crisi-climatica-e-fondamentale-investire-nelle-previsioni-meteo-e-nei-sistemi-di-allerta-precoce/ Sat, 10 Jul 2021 13:09:41 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/hydromet-alliance-contro-la-crisi-climatica-e-fondamentale-investire-nelle-previsioni-meteo-e-nei-sistemi-di-allerta-precoce/ Investire nelle previsioni meteorologiche è fondamentale per aumentare l’adattamento ai cambiamenti climatici, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. Per supportare in modo più efficace i Paesi questa necessità l’Organizzazione meteorologica mondiale e i partner della finanza climatica hanno creato l’Alleanza per lo sviluppo di Hydromet. L’Alleanza è stata lanciata alla Conferenza delle parti …

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Investire nelle previsioni meteorologiche è fondamentale per aumentare l’adattamento ai cambiamenti climatici, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo.
Per supportare in modo più efficace i Paesi questa necessità l’Organizzazione meteorologica mondiale e i partner della finanza climatica hanno creato l’Alleanza per lo sviluppo di Hydromet. L’Alleanza è stata lanciata alla Conferenza delle parti (COP 25) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici nel 2019 e mira a unire e intensificare gli sforzi per colmare il divario di capacità nella fornitura di previsioni meteorologiche di alta qualità, sistemi di allarme e informazioni sul clima.

Il rapporto Hydromet Gap è stato reso pubblico l’8 luglio scorso in occasione di un evento ospitato dal Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite. È stato presentato dai leader dell’Alliance for Hydromet Development, che riunisce l’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) e le principali istituzioni internazionali di sviluppo, umanitarie e finanziarie tra cui il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite, il Programma ambientale delle Nazioni Unite, la Banca Mondiale, il Programma alimentare mondiale.
In occasione del lancio del primo rapporto, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha affermato che esso “ci dice fino a che punto dobbiamo spingerci per garantire che tutte le persone abbiano accesso a informazioni meteorologiche e climatiche accurate e tempestive”.

Per avere previsioni accurate – continua Guterres – abbiamo bisogno di dati meteorologici e climatici affidabili. Oggi rimangono grandi lacune nei dati meteorologici di base, in particolare negli Stati in via di sviluppo delle piccole isole e nei paesi meno sviluppati. Questi influiscono sulla qualità delle previsioni ovunque, in particolare nelle settimane e nei giorni critici in cui sono più necessarie azioni preventive”.

Con una maggiore qualità delle previsioni meteorologiche e dei sistemi di allerta si stima che oltre 23 mila vite si potrebbero salvare all’anno, con benefici economici connessi di quasi 162 miliardi di dollari.

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NEW YORK minacciata dalla CRISI CLIMATICA: il progetto per difendere Manhattan https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/new-york-clima/ Mon, 28 Jun 2021 14:25:49 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/anche-new-york-si-prepara-alle-conseguenze-dalla-crisi-climatica-la-grande-mela-minacciata-dallinnalzamento-del-mare/ La crisi climatica preoccupa sempre più gli Stati Uniti, e anche la città di New York deve fare i conti con i suoi effetti. La situazione è critica in tutto il Nord America: proprio in questo periodo i settori occidentali del continente stanno facendo fronte a un clima eccezionalmente caldo e una siccità spaventosa. Anche …

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La crisi climatica preoccupa sempre più gli Stati Uniti, e anche la città di New York deve fare i conti con i suoi effetti.
La situazione è critica in tutto il Nord America: proprio in questo periodo i settori occidentali del continente stanno facendo fronte a un clima eccezionalmente caldo e una siccità spaventosa. Anche negli Stati Uniti meridionali la crisi climatica si fa sentire, con fenomeni meteo sempre più estremi e un preoccupante innalzamento del livello del mare.

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L’innalzamento del mare e la violenza delle tempeste sono una delle principali minacce che preoccupano anche New York, che si sta preparando ad affrontare calamità sempre più gravi. E per farlo, nella Grande Mela si sta lavorando a un progetto da quasi un miliardo e mezzo di dollari (1,45 miliardi): l’East Side Coastal Resiliency (ESCR) è stata presentata dall’amministrazione locale come «un’iniziativa di protezione costiera, finanziata congiuntamente dalla città di New York e dal governo federale, volta a ridurre il rischio di inondazioni dovute alle tempeste costiere e all’innalzamento del livello del mare». La zona coinvolta è in particolare l’area meridionale dell’East Side di Manhattan, da East 25th Street a Montgomery Street.

Il sistema integrato di protezione dalle inondazioni di ESCR. Fonte: Città di New York

A causa della crisi climatica il livello del mare sta aumentando, spiega l’amministrazione di New York, e le tempeste costiere stanno diventando sempre più frequenti e violente. Il progetto nasce per permettere a Manhattan di affrontare queste minacce e ridurre il rischio di alluvioni, migliorando anche gli spazi aperti e l’accesso alle coste. Un sistema integrato di protezione dalle inondazioni è già in fase di costruzione su un’area di circa 4 km quadrati, che comprende spazi aperti sul lungomare, parchi rialzati, scuole e altre infrastrutture.

Per proteggere la città dalle inondazioni verranno integrati nel paesaggio dei “muri antiallagamento”, spiega la città di new York, e l’East River Park sarà innalzato a un livello che gli permetterà di bloccare le mareggiate.

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«La sfida da vincere è quella dell’AMBIENTE»: le parole dell’astronauta LUCA PARMITANO https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/la-sfida-da-vincere-e-quella-dellambiente-le-parole-dellastronauta-luca-parmitano/ Mon, 28 Jun 2021 07:10:48 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/la-sfida-da-vincere-e-quella-dellambiente-le-parole-dellastronauta-luca-parmitano/ «Come tutti gli astronauti sono innamorato del nostro Pianeta, e la sfida che dobbiamo assolutamente vincere è quella dell’ambiente». L’astronauta italiano Luca Parmitano, dell’Agenzia Spaziale Europea, è intervenuto nella due giorni di SkyTG24 Live in Firenze e ha parlato anche di clima e ambiente. Secondo Parmitano siamo di fronte a quella che è prima di tutto …

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«Come tutti gli astronauti sono innamorato del nostro Pianeta, e la sfida che dobbiamo assolutamente vincere è quella dell’ambiente».

L’astronauta italiano Luca Parmitano, dell’Agenzia Spaziale Europea, è intervenuto nella due giorni di SkyTG24 Live in Firenze e ha parlato anche di clima e ambiente. Secondo Parmitano siamo di fronte a quella che è prima di tutto una sfida di civiltà: dobbiamo capire che «tutto il territorio è nostro – ha detto -, compresi gli spazi pubblici perché anche questi appartengono alla comunità».

Bellissimo e fragile, il nostro Pianeta va protetto dai cambiamenti climatici

Parmitano ha raccontato che vorrebbe portare i leader mondiali nello spazio, «perché vedano con i loro occhi la bellezza e la fragilità del nostro pianeta», esprimendo preoccupazione per l’avanzare della crisi climatica. Dallo spazio i capi di governo «potrebbero osservare con i loro occhi il cambiamento climatico che sta avvenendo», ha affermato l’astronauta: «negli ultimi dieci anni ho visto incrementare fenomeni sempre più violenti, come le ondate di caldo, e deve essere capito che questo è l’effetto delle attività umane».

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Clima, «UMANITÀ IN PERICOLO»: indiscrezioni sulla bozza del RAPPORTO IPCC. Cosa sappiamo per ora https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/clima-umanita-in-pericolo-indiscrezioni-sulla-bozza-del-rapporto-ipcc-cosa-sappiamo-per-ora/ Wed, 23 Jun 2021 13:37:08 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/clima-umanita-in-pericolo-indiscrezioni-sulla-bozza-del-rapporto-ipcc-cosa-sappiamo-per-ora/ Se il clima continuasse a riscaldarsi a questi ritmi metterebbe a rischio la stessa sopravvivenza dell’umanità. Di allarmi la comunità scientifica ne ha lanciati molti, lo sta facendo da tanti anni, ma è forse la prima volta che arriva un messaggio così categorico: adesso il pericolo riguarda direttamente la nostra specie. Questo sarebbe il monito …

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Se il clima continuasse a riscaldarsi a questi ritmi metterebbe a rischio la stessa sopravvivenza dell’umanità.

Di allarmi la comunità scientifica ne ha lanciati molti, lo sta facendo da tanti anni, ma è forse la prima volta che arriva un messaggio così categorico: adesso il pericolo riguarda direttamente la nostra specie. Questo sarebbe il monito contenuto nella bozza del nuovo rapporto dell’IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite.

Secondo quanto si leggerebbe nella bozza del rapporto, ottenuta esclusivamente dall’AFP e ripresa da molti giornali, il cambiamento del clima appare ormai destinato a rimodellare la vita sulla Terra in modo radicale nei prossimi decenni, e lo farebbe anche se riuscissimo a ridurre le emissioni. Numerose specie si estingueranno, dovremo affrontare malattie nuove e più diffuse, il caldo renderà invivibili intere aree del pianeta e molte città saranno minacciate dall’innalzamento dei mari. Lo scenario che si profila all’orizzonte è raccapricciante: secondo gli esperti tutto questo si verificherà nel giro di pochi decenni, prima ancora che un bambino nato oggi compia 30 anni.

Unsplash/Beth Macdonald

È troppo tardi per evitare molti disastri. Anche se riuscissimo a mantenere il riscaldamento globale entro l’1.5°C oltre i livelli dell’era preindustriale, raggiungendo quindi quello che è l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi, molti organismi non riuscirebbero ad adattarsi al nuovo clima.
Un esempio ci viene dalle barriere coralline, da cui dipendono milioni di persone, che in buona parte andrebbero perse. Devastanti anche le conseguenze della fusione dei ghiacci dell’Artico e quelle relative all’aumento di siccità e incendi, con un impatto particolarmente duro anche per l’uomo.

Milioni di persone rischiano di patire la fame entro il 2050, oltre cento milioni potrebbero sperimentare la povertà estrema addirittura nel prossimo decennio. Centinaia di milioni di persone sono minacciate da inondazioni e mareggiate, dalla scarsità d’acqua e dalla siccità, da ondate di calore estreme e potenzialmente letali.

Non dobbiamo solo fare il possibile per limitare il riscaldamento, avvertono gli esperti: dobbiamo prepararci ad affrontare le conseguenze dei cambiamenti già in atto.

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Ma se fallissimo nel mantenere il riscaldamento globale entro 1.5°C gli effetti sarebbero ancora più devastanti e potrebbero minacciare l’esistenza stessa della nostra specie. Secondo quanto riferito, il rapporto sottolineerebbe che la vita sulla Terra potrà rispondere ai cambiamenti climatici evolvendosi in nuove specie e nuovi ecosistemi, ma l’umanità non avrà questa speranza. Secondo gli esperti possiamo ancora evitare il peggio, ma serve agire subito e in modo radicale. 

Al momento l’IPCC non ha commentato le indiscrezioni rese note dai giornali di tutto il mondo in relazione alla bozza, e ha pubblicato un comunicato stampa in cui sottolinea che sono ancora in corso i lavori per la realizzazione del rapporto. La sessione per la sua approvazione da parte degli stati membri è prevista per il prossimo febbraio, fa sapere il Gruppo intergovernativo, affermando che i risultati del report verranno presentati solo «dopo tale sessione di approvazione».

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Giornata contro la desertificazione e la siccità, ONU: «Ripristinare i terreni degradati» https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/giornata-contro-la-desertificazione-e-la-siccita-onu-ripristinare-i-terreni-degradati/ Thu, 17 Jun 2021 08:48:58 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/giornata-contro-la-desertificazione-e-la-siccita-onu-ripristinare-i-terreni-degradati/ Oggi, 17 giugno 2021, si celebra la Giornata Mondiale contro la desertificazione e la siccità. Quest’anno il tema scelto è il ripristino dei terreni degradati. Come abbiamo già avuto modo di vedere, il mondo ha bisogno di ripristinare un’area grande quanto la Cina per salvaguardare gli ecosistemi e la biodiversità. Il degrado del suolo, infatti, …

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Oggi, 17 giugno 2021, si celebra la Giornata Mondiale contro la desertificazione e la siccità. Quest’anno il tema scelto è il ripristino dei terreni degradati. Come abbiamo già avuto modo di vedere, il mondo ha bisogno di ripristinare un’area grande quanto la Cina per salvaguardare gli ecosistemi e la biodiversità. Il degrado del suolo, infatti, ha un impatto negativo sul benessere di almeno 3,2 miliardi di persone.

Ambiente, il mondo ha bisogno di ripristinare un’area grande quanto la Cina

Giornata Mondiale contro la desertificazione e la siccità, ONU: «Quasi tre quarti della terra libera dai ghiacci sono stati modificati dagli esseri umani per soddisfare una domanda sempre crescente di cibo, materie prime, autostrade e case»

L’ONU per l’occasione ci tiene a ricordare tutti i benefici del ripristino dei terreni degradati e dunque: più posti di lavoro, economia più sana, redditi più elevati e maggior sicurezza alimentare. La biodiversità troverebbe la via per recuperare e le emissioni di carbonio che riscaldano la Terra si bloccherebbero, rallentando i cambiamenti climatici. Inoltre, ripristinare i terreni degradati aiuterebbe la ripresa verde post pandemia da COVID-19.

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L’ONU sottolinea che quasi tre quarti della terra libera dai ghiacci sono stati modificati dagli esseri umani per soddisfare una domanda sempre crescente di cibo, materie prime, autostrade e case. L’urgenza, adesso, è quella di invertire la rotta e rallentare la perdita di terreni produttivi ed ecosistemi naturali per poter garantire un futuro sostenibile e una sopravvivenza a lungo termine delle persone e del pianeta.

«Trattare la Terra come un capitale naturale, limitato e prezioso»

L’obiettivo della Giornata Mondiale contro la desertificazione e la siccità è quello di sensibilizzare la comunità globale sull’importanza di salvaguardare la Terra, trattandola come un capitale naturale e prezioso. Per raggiungere l’obiettivo della neutralità del degrado del suolo è necessario l’impegno delle grandi forze internazionali ma anche delle singole comunità.

Cos’è la desertificazione e quando si verifica

La desertificazione è il degrado del suolo nelle aree aride, semiaride e subumide secche. È causato principalmente dalle attività umane e dalle variazioni climatiche. La desertificazione si verifica perché gli ecosistemi delle zone aride, che coprono oltre un terzo della superficie terrestre del mondo, sono estremamente vulnerabili allo sfruttamento eccessivo e all’uso inappropriato del suolo. Povertà, instabilità politica, deforestazione, pascolo eccessivo e cattive pratiche di irrigazione possono minare la produttività della terra.

La questione – sottolinea l’ONU – richiede ora la massima attenzione perché quando i terreni si degradano e smettono di essere produttivi, gli spazi naturali si trasformano e si deteriorano, le emissioni di gas serra aumentano e la biodiversità diminuisce. Questo significa inoltre che ci saranno meno spazi per tamponare le zoonosi, come il COVID-19, e per proteggerci da eventi meteorologici estremi come siccità, inondazioni e tempeste di sabbia e polvere.

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ZANZARE attive ANCHE IN INVERNO a causa della crisi climatica: un RISCHIO per la salute https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/zanzare-attive-anche-in-inverno-a-causa-della-crisi-climatica-un-rischio-per-la-salute/ Thu, 17 Jun 2021 08:14:50 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/zanzare-attive-anche-in-inverno-a-causa-della-crisi-climatica-un-rischio-per-la-salute/ Tormento delle nostre serate estive, in un futuro non troppo lontano le zanzare ci daranno fastidio anche nei mesi invernali. La colpa è della crisi climatica, spiegano gli scienziati, che determinerà inverni più brevi e caldi permettendo alle zanzare di restare attive nell’arco dell’intero anno. Il monito arriva da un nuovo studio realizzato dall’Università della …

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Tormento delle nostre serate estive, in un futuro non troppo lontano le zanzare ci daranno fastidio anche nei mesi invernali. La colpa è della crisi climatica, spiegano gli scienziati, che determinerà inverni più brevi e caldi permettendo alle zanzare di restare attive nell’arco dell’intero anno.

Il monito arriva da un nuovo studio realizzato dall’Università della Florida, che ha analizzato la situazione nelle zone con un clima temperato, come il nostro, in cui l’inverno ha normalmente temperature troppo basse per questi insetti, che entrano ino stato simile al letargo chiamato diapausa. Con il clima che cambia, anche questo appare destinato a mutare.

Autore senior dello studio e assistente professore presso il dipartimento di ecologia e conservazione della fauna selvatica dell’UF/IFAS, Brett Scheffers ha spiegato che lo studio è nato dalla consapevolezza che con il cambiamento climatico andiamo molto probabilmente incontro a estati sempre più lunghe e inverni più brevi e caldi. Come risponderanno le zanzare? Si sono chiesti i ricercatori.
Per rispondere, gli autori dello studio hanno condotto alcuni esperimenti con le zanzare nella Florida centro-settentrionale, analizzando così la situazione in un clima temperato.
Gli scienziati hanno confrontato il modo in cui le zanzare raccolte nei diversi periodi dell’anno rispondevano a cambiamenti di temperatura e hanno scoperto che questi insetti possono essere sorprendentemente flessibili nell’adattarsi a climi diversi. «Come un elastico», ha detto il dottor Scheffers, «la gamma di temperature che possono tollerare si estende e si contrae in diversi periodi dell’anno».
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Ecology, hanno infatti rivelato che mentre nei mesi estivi più caldi la gamma di temperature tollerate dalle zanzare è piuttosto contratta, in primavera e in autunno le zanzare riescono a tollerare una varietà più ampia di temperature.

Foto Pexels

Negli anni recenti anche in Italia abbiamo potuto notare come le zanzare resistessero particolarmente a lungo durante l’autunno, presentandosi sempre più di frequente anche a novembre. Questo studio ci anticipa che le zanzare «sono ben preparate per essere attive» anche in inverno, spiega Scheffers, quando la crisi climatica lo renderà più mite.

I ricercatori hanno posto le zanzare raccolte in alcune fialette, che sono poi state inserite nell’acqua. Modificando la temperatura dell’acqua per renderla più calda e più fredda, gli scienziati hanno potuto analizzare le reazioni degli animali.

Lo studio non ha fatto luce solo sulla loro capacità di resistere ai mesi che normalmente sono più freschi, ma anche sulla loro sorprendente tolleranza al calore. Gécica Yogo, uno dei coautori dello studio, ha affermato che «È stato sorprendente vedere quanto bene queste piccole creature potessero tollerare le alte temperature durante gli esperimenti, spesso ben al di sopra delle temperature medie dell’ambiente che vengono registrate dalle stazioni meteorologiche». Questo significa che non avranno problemi a resistere a estati più calde di quelle attuali, e che sono già più che pronte a un futuro plasmato dalla crisi climatica.

Con zanzare più attive aumentano i rischi per la salute

I ricercatori sottolineano come le nuove informazioni che abbiamo sulle zanzare debbano metterci in guardia su quello a cui andiamo incontro. L’impatto della crisi climatica sulle zanzare, rese più attive, avrà conseguenze anche per noi, e in particolare per la nostra salute (e per quella degli animali).
Più sono attive le zanzare, ha avvertito Scheffers, maggiore è il rischio che si diffondano le malattie di cui possono essere portatrici.

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La crisi climatica minaccia gli stambecchi delle nostre Alpi: lo studio

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L’impatto dei cambiamenti climatici è sempre più evidente anche sull’arco alpino, e nei prossimi anni appare destinato ad aggravarsi ulteriormente. Gli effetti sono preoccupanti per ecosistemi e biodiversità, e tra le specie il cui futuro appare minacciato dalla crisi climatica ci sono gli stambecchi.

La loro situazione è stata studiata da un team di ricercatori del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova e del Dipartimento Biodiversità e Ecologia molecolare del Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione Edmund Mach. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su un’importante rivista internazionale di settore, Ecology Letters.

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Lo studio è stato coordinato da Maurizio Ramanzin, professore del dipartimento DAFNAE (Dipartimento di Agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente dell’Università di Padova) e da Francesca Cagnacci, della Fondazione Edmund Mach, ed è stato condotto dal 2010 al 2017 prendendo in esame in particolare l’area dolomitica della Marmolada, dove sono state monitorate 24 femmine di stambecco in età riproduttiva.

La ricerca ha fatto luce sull’impatto dei cambiamenti climatici sugli spostamenti e sui ritmi di attività degli ungulati, ponendo interrogativi sulla loro futura capacità di adattamento all’aumentare delle temperature.

cambiamenti climatici alpi
Femmina adulta di stambecco con radiocollare GPS. Il collare si stacca automaticamente dopo 54 settimane, consentendone il recupero e il riutilizzo – Ph Maurizio Ramanzin via Università di Padova

Per la prima volta, i ricercatori hanno integrato dati provenienti da sensori apposti sugli animali, per individuarne i movimenti e l’attività di foraggiamento e di riposo, dati da remote sensing, per descrivere la variazione spazio-temporale dell’abbondanza e della qualità della vegetazione, protocolli di osservazione diretta sul campo, per confermare la presenza del capretto al seguito delle femmine, e proiezioni climatologiche per quantificare le condizioni ambientali che lo stambecco si troverà a fronteggiare in futuro.
L’analisi ha così fornito un quadro completo dell’ecologia e del comportamento degli stambecchi in dipendenza dai fattori ambientali, permettendo di modellizzare gli adattamenti comportamentali dell’animale a un ambiente estremo e fornire elementi predittivi sui rischi connessi con l’inesorabile innalzamento delle temperature legato al riscaldamento globale.

«Durante l’inverno le femmine di stambecco rimangono a quote relativamente basse, circa 1700 metri, con attività alimentare e spostamenti molto ridotti – dice Paola Semenzato, che ha condotto la ricerca durante il suo dottorato di ricerca all’Università di Padova – per poi incrementare notevolmente il tempo dedicato all’alimentazione in concomitanza con la fusione del manto nevoso e l’inizio della ricrescita vegetazionale, che a sua volta segue il gradiente altitudinale. Inizia così uno spostamento progressivo verso quote maggiori, fino ai circa 2600-2800 metri raggiunti in piena estate, per seguire questa “onda verde” (green wave): gli stambecchi – conclude Semenzato – riescono a sfruttare al meglio il foraggio ‘giovane’ e quindi di alto valore nutritivo, che trovano man mano che salgono di quota, rispetto a quello che troverebbero nelle aree di svernamento, dove la vegetazione è abbondante ma ’invecchia’ presto. A ottobre, con la stasi vegetativa anche in quota e le prime nevicate, si assiste ad una graduale discesa verso quote inferiori, negli assolati pendii coperti da lariceti che offrono un certo riparo durante i nevosi inverni dolomitici».

I ricercatori si sono concentrati anche sui ritmi di attività giornalieri estivi scoprendo che gli stambecchi modulano i picchi di attività alimentare in funzione della temperatura: nelle giornate più calde, gli animali si nutrono prevalentemente intorno all’alba e al tramonto, mentre trascorrono le ore centrali riposando a quote più elevate e fresche.

cambiamenti climatici alpi
Femmine adulte di stambecco sulla Marmolada – Foto Maurizio Ramanzin via Università di Padova

La dottoressa Francesca Cagnacci ha sottolineato che per gli stambecchi, particolarmente adatti ai climi freddi, la soglia dello stress termico scatta già a partire da 14 gradi. «Spostando gli orari di foraggiamento le femmine riescono a mantenere costanti le ore giornaliere dedicate all’alimentazione», ha spiegato, avvertendo che questa capacità di compensazione potrebbe rivelarsi inefficace in futuro: «nel corso del nostro studio queste temperature sono state raggiunte per una media di 16 giorni durante l’estate – ha detto -. Secondo le proiezioni climatologiche, in pochi decenni questo valore soglia verrà superato per ben 50 giorni nel periodo estivo».

Secondo gli scenari climatologici analizzati dagli autori sono quindi prevedibili ulteriori modifiche dei ritmi di attività degli stambecchi, che tenderanno a muoversi maggiormente nelle ore notturne, e a cercare di spostarsi sempre più in alto.

«Nell’insieme queste condizioni pongono vari interrogativi sulla capacità di questa e di altre popolazioni presenti nell’area dolomitica di adattarsi al progressivo riscaldamento climatico – sostiene Maurizio Ramanzin -. Lo spostamento verso l’alto è infatti limitato dall’orografia tipica delle Dolomiti che sono caratterizzate da aree povere di vegetazione e pareti rocciose a quote relativamente basse, a differenza delle Alpi Occidentali, che offrono disponibilità di praterie d’alta quota dove gli stambecchi possono contemporaneamente alimentarsi e ripararsi dal caldo. Inoltre, l’esposizione sempre maggiore a giornate di caldo intenso potrebbe ulteriormente spostare i picchi di attività di foraggiamento in orario notturno. In queste condizioni – conclude Maurizio Ramanzin – le femmine riproduttive, che hanno i capretti al seguito, potrebbero faticare a spostarsi e a reperire le risorse di cui hanno bisogno».

Secondo i ricercatori, studi come questi dovrebbero essere condotti ad ampio spettro su molte specie presenti sull’arco alpino particolarmente esposte ai rapidi cambiamenti climatici, per poter individuare tempestivamente i contesti di maggior criticità.

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Il ghiaccio marino artico segue il suo ciclo stagionale, come è possibile osservare nell’immagine sottostante elaborata dal sistema Arctic-ROOS. Essa mostra la variazione dell’estensione del ghiaccio marino durante un anno solare. Di solito la fusione inizia all’incirca verso la fine di marzo e dura fino a settembre, quando viene raggiunto il minimo annuale.

artico

Guardando i dati degli ultimi anni, possiamo vedere come l’estensione del ghiaccio artico del 2020 sia stata la seconda più bassa mai registrata, solo dietro al 2012, che detiene ancora il record negativo di poco più di 4 milioni di km quadrati. Per quanto riguarda il 2021, possiamo dire che a oggi la situazione è migliore rispetto all’ultimo decennio.

Di seguito è mostrata la massima estensione del ghiaccio marino artico negli ultimi 17 anni: si nota come il valore del 2021 sia intorno alla media del periodo 2010-2019 e di poco superiore a molti dei valori dell’ultimo decennio.

artico

I dati del National Snow and Ice Data Center statunitense relativi all’estensione spaziale del ghiaccio marino artico rispetto alla media rivelano che nella prima parte di giugno i deficit più gravi si sono registrati nel Mare di Laptev, nel Mare di Kara, nel Mare di Barents e nel Mare del Labrador.

Il grafico di seguito ci mostra l’andamento dellestensione del ghiaccio, che appare ben al di sotto della media a lungo termine. La linea tratteggiata rappresenta la stagione 2012, che a settembre ha fatto registrare l’estensione minima record dall’inizio delle misurazioni, avviate nel 1979.

L’attuale estensione del ghiaccio marino ha un’area di poco superiore a 11,4 milioni di chilometri quadrati. Non è il valore più basso per questo periodo dell’anno, ma è ancora inferiore alla media di oltre 1 milione di chilometri quadrati.

Attualmente, quella del 2021 si classifica come la sesta estensione più bassa mai registrata. Lo si può vedere nel grafico sottostante in giallo, insieme ai 5 anni più bassi in rosso.

Questi sono i dati che rappresentano le condizioni all’inizio di giugno, quindi molto può cambiare durante il trimestre estivo. Infatti sebbene il 2012, a inizio giugno, avesse un valore ben al di sopra rispetto agli anni più recenti, tuttavia si è rivelato a settembre come l’anno peggiore in termini di estensione.

Il grafico seguente mostra poi la concentrazione di ghiaccio marino presente in oceano. Abbiamo per lo più una concentrazione del 90-100%, ma si vede bene quanto sia varia e dinamica la calotta polare in tutta la sua vasta estensione.

Finora il 2021 non è tra gli anni peggiori, ma a livello regionale ci sono situazioni molto diverse. In particolare, dinamiche atmosferiche hanno favorito avvezioni calde fin sulle coste dell’Artico Russo: di conseguenza il lato siberiano ha assistito a una maggiore riduzione delle concentrazioni di ghiaccio, che risulta anche molto meno spesso rispetto a quanto si registra al largo delle coste Canadesi.

artico

In particolare, le regioni artiche sono state molto più calde della media nel periodo tra novembre e aprile. Il clima è stato molto più caldo della norma in gran parte dell’Oceano Artico soprattutto ad aprile, e questo trend è proseguito nel mese seguente. Il fatto che nonostante tali anomalie termiche le attuali condizioni del ghiaccio marino artico siano migliori rispetto a quelle degli ultimi anni dice molto su quanto questi valori siano stati ancora più accentuati negli anni che ci siamo lasciati alle spalle.

Secondo i modelli, questa settimana una zona di bassa pressione interesserà il lato siberiano dell’Oceano Artico, favorendo di conseguenza temperature molto più elevate della media sulla Siberia centrale e lungo il bordo orientale dell’Oceano Artico, aree già particolarmente in sofferenza che vanno incontro a una continua e rapida riduzione della concentrazione di ghiaccio marino.

Per converso si svilupperà un flusso di aria fredda sulla Groenlandia e sul Mare di Barents, dove tuttavia sono previste temperature oceaniche più alte del normale che contribuiranno a una rapida fusione del ghiaccio marino.

Al momento sembra che queste condizioni siano destinate a protrarsi per tutto il mese, favorendo ritmi particolarmente accelerati di fusione.

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G7, al via il SUMMIT: getterà le fondamenta per una RIPARTENZA VERDE? https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/g7-al-summit-in-cornovaglia-si-progetta-la-ricostruzione-i-grandi-della-terra-getteranno-le-fondamenta-per-una-ripartenza-piu-verde/ Fri, 11 Jun 2021 07:37:02 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/g7-al-summit-in-cornovaglia-si-progetta-la-ricostruzione-i-grandi-della-terra-getteranno-le-fondamenta-per-una-ripartenza-piu-verde/ Completamente realizzati con rifiuti elettronici, i volti giganteschi dei grandi del mondo sovrastano la spiaggia di Sandy Acres, lungo la costa in cui oggi gli stessi leader del G7 si incontreranno. L’opera si intitola Mount Recyclemore, è alta circa 3 metri e raffigura il premier britannico Boris Johnson, il premier giapponese Yoshihide Suga, il presidente francese …

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Completamente realizzati con rifiuti elettronici, i volti giganteschi dei grandi del mondo sovrastano la spiaggia di Sandy Acres, lungo la costa in cui oggi gli stessi leader del G7 si incontreranno.

L’opera si intitola Mount Recyclemore, è alta circa 3 metri e raffigura il premier britannico Boris Johnson, il premier giapponese Yoshihide Suga, il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente del consiglio italiano Mario Draghi, il premier canadese Justin Trudeau, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente Usa Joe Biden.

È stata realizzata dall’artista Joe Rush e da musicMagpie, rivenditore britannico di elettronica di seconda mano, con la collaborazione di circa 15 artisti: rimarrà sulla spiaggia fino a domenica per poi essere allestita nella sede di musicMagpie nella Greater Manchester.

 

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Servirà a sensibilizzare i big del G7 sulle tematiche ambientali e climatiche?

Di recente il segretario generale dell’ONU, António Guterres, ha affermato in un’intervista rilasciata al Guardian che «stiamo arrivando al punto di non ritorno».

Le politiche del G7 saranno fondamentali per contrastare la crisi ambientale e climatica che stiamo vivendo, e che si profila catastrofica. Uno studio ha stimato l‘impatto dei cambiamenti climatici annunciando che, di questo passo, proprio i Paesi del G7 vanno dritti verso una crisi economica doppia rispetto a quella provocata dal Covid-19.

Dai leader sono arrivati alcuni segnali positivi. A maggio hanno raggiunto un accordo per fermare i finanziamenti alle centrali a carbone entro la fine del 2021; di recente Boris Johnson, padrone di casa in questo incontro e nella COP26, ha auspicato da parte degli stessi leader la firma di una sorta di “piano Marshall” sul clima che permetta di sostenere i Paesi in via di sviluppo a de-carbonizzare le loro economie.

Peccato che lo stesso Johnson sia finito nella bufera, proprio alla vigilia del G7, per aver scelto di utilizzare il proprio jet privato, estremamente inquinante, per raggiungere la sede dell’incontro, abbastanza vicina a Londra da poter essere raggiunta piuttosto comodamente in treno.

Dando un messaggio davvero poco in linea con l’impegno ambientale e climatico in cui molti speravano, il prime minister ha pensato bene di annunciare il proprio arrivo in Cornovaglia pubblicando l’immagine del suo sbarco dal jet:

Nonostante alcune premesse che possono sembrare poco promettenti, il summit del G7 potrebbe davvero rappresentare un momento importante nell’impegno dei Grandi della Terra sulle tematiche legate al clima e all’ambiente, e la speranza è che possa portare ad azioni più incisive.

Il g7 in Cornovaglia potrebbe gettare le fondamenta per una “ricostruzione verde”

Il summit durerà fino a domenica 13 giugno, e rappresenterà per i leader il primo incontro di persona dall’inizio della pandemia. Le aspettative sono alte, anche in vista delle opportunità inedite messe sul tavolo dalla necessità di impostare una nuova ripartenza dopo l’emergenza sanitaria che ha messo in ginocchio il mondo dell’ultimo anno e mezzo.

Proprio il tema della “ricostruzione” sarà il fil rouge su cui si svilupperanno gli incontri del leader, dedicati tutti alla tematica del “Building Back” che di volta in volta sarà affrontata sotto un diverso punto di vista, dalla salute alla politica estera. Clima e ambiente saranno al centro soprattutto nella giornata di domenica, in occasione della sessione di lavoro che è stata intitolata “Building back Greener – Climate and Nature”.

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L’impatto della CRISI CLIMATICA sull’ECONOMIA sarà 2 volte più violento di quello del Covid https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/limpatto-della-crisi-climatica-sulleconomia-rischia-di-essere-due-volte-piu-violento-di-quello-del-covid-19-per-i-paesi-del-g7/ Wed, 09 Jun 2021 08:34:19 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/limpatto-della-crisi-climatica-sulleconomia-rischia-di-essere-due-volte-piu-violento-di-quello-del-covid-19-per-i-paesi-del-g7/ Mentre sta ancora lottando con la pandemia il mondo inizia ad affrontare la crisi economica generata dal Covid-19, che secondo gli esperti è la peggiore almeno dal secondo dopoguerra. Una recessione profonda, che rischia di avere conseguenze devastanti sulle vite di milioni di persone, ma che impallidisce di fronte a quella a cui andiamo incontro …

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Mentre sta ancora lottando con la pandemia il mondo inizia ad affrontare la crisi economica generata dal Covid-19, che secondo gli esperti è la peggiore almeno dal secondo dopoguerra. Una recessione profonda, che rischia di avere conseguenze devastanti sulle vite di milioni di persone, ma che impallidisce di fronte a quella a cui andiamo incontro se non cambiamo rotta sul clima.

A dare l’allarme è Oxfam, citando i dati di uno studio di Swiss Re Institute che fin dal titolo parla decisamente chiaro: «La non-azione non è un’opzione».

L’analisi delinea prospettive decisamente cupe sulle economie dei paesi del G7, compresa quindi quella italiana insieme a quelle di Francia, Germania, Regno Unito, USA, Canada e Giappone. Qui la pandemia ha già avuto un impatto notevole, contraendo le economie di oltre i 4 per cento in media con conseguenti costi umani davvero elevati.
Secondo gli esperti, la crisi del clima avrà effetti ancora più catastrofici e travolgerà le nostre economie sotto numerosi aspetti. Innalzamento dei mari, estremizzazione dei fenomeni meteo, calo della produttività agricola e altre conseguenze della crisi climatica rappresentano una minaccia senza precedenti per le nostre attività economiche.

Se non mettiamo in atto azioni più incisive per salvaguardare il nostro clima, il crollo del pil per le nazioni del G7 sarà doppio a quello provocato dalla pandemia, con un calo stimato dell’8,5 per cento all’anno da oggi al 2050.

Sul piatto ci sono quasi 5 mila miliardi di dollari pronti ad andare in fumo.

E a peggiorare la situazione c’è il fatto che, al contrario della pandemia il cui impatto sulle nostre attività si sta già attenuando, la crisi climatica non è reversibile e non concederà alcun rimbalzo.

Venerdì 11 giugno i leader del G7 si riuniranno in Cornovaglia  per discutere dell’economia globale, dei vaccini Covid-19, delle tasse sulle imprese e della crisi del clima: a loro Oxfam ha lanciato un appello perché si agisca «in modo incisivo nei prossimi nove anni per tagliare le emissioni e incrementare la finanza climatica».

«Il cambiamento climatico è il rischio numero uno a lungo termine per l’economia globale e rimanere dove siamo non è un’opzione: abbiamo bisogno di maggiori progressi da parte del G7»

Jerome Haegeli, chief economist di Swiss Re

Naturalmente la crisi economica provocata dal clima non avrà conseguenze solo sui nostri Paesi: al contrario, le prospettive disastrose a cui vanno incontro i big del G7 sono decisamente migliori di quelle di alcuni dei paesi più poveri.

Unsplash/Beth Macdonald

Per le Filippine si profila un tracollo del 35 per cento, ad esempio. Di questo passo l’B va incontro a un calo del 27 per cento, il Sudafrica del 17,8 per cento.
«Molte parti più povere del mondo vedranno aumentare i decessi, la fame e la povertà», avverte Max Lawson, responsabile delle politiche per la disuguaglianza di Oxfam.

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Emergenza clima, gli attivisti fanno causa allo Stato: è la prima volta in Italia

 

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Gli INCENDI ZOMBIE diventeranno sempre più frequenti: le cose da sapere https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/incendi-zombie-destinati-a-diventare-sempre-piu-frequenti-ecco-cosa-sono-2/ Tue, 25 May 2021 12:15:55 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/incendi-zombie-destinati-a-diventare-sempre-piu-frequenti-ecco-cosa-sono/ Gli scienziati hanno scoperto che la crisi climatica è probabilmente destinata a rendere più frequenti i cosiddetti incendi zombie. Gli incendi zombi sono i residui dei roghi che si sviluppano in estate, e che mentre sembrano ormai estinti in realtà sopravvivono nelle nevi dell’inverno e riprendono a bruciare in modo più evidente durante la primavera …

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Gli scienziati hanno scoperto che la crisi climatica è probabilmente destinata a rendere più frequenti i cosiddetti incendi zombie.

Gli incendi zombi sono i residui dei roghi che si sviluppano in estate, e che mentre sembrano ormai estinti in realtà sopravvivono nelle nevi dell’inverno e riprendono a bruciare in modo più evidente durante la primavera successiva. Di solito si osservano nel terreno torboso dell’estremo emisfero settentrionale, l’area in cui il clima sta cambiando più velocemente rispetto a qualsiasi altro luogo del pianeta.

Gli scienziati che hanno studiato il fenomeno hanno scoperto che il rischio di incendi zombie è legato al calore delle estati: più sono caldi i mesi estivi, più è probabile che il terreno continui a bruciare durante l’inverno. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature, e suggeriscono che in futuro, man mano che il clima diverrà più caldo, il territorio diventerà sempre più secco e gli incendi estivi si dimostreranno sempre più feroci.
Normalmente gli incendi vengono innescati da fulmini o dagli esseri umani, ma adesso – sottolineano i ricercatori – sappiamo che se un rogo si sviluppa vicino ai segni delle fiamme dell’anno precedente, allora si tratta di un incendio che è sopravvissuto durante l’inverno, nel terreno.

Secondo lo studio è soprattutto il clima dell’estate a influenzare la probabilità di incendi zombie: per sopravvivere all’inverno devono essere particolarmente intensi e profondi, con una temperatura molto elevata. Sembra che se un incendio ha le caratteristiche necessarie a protrarsi durante i mesi invernali la quantità di pioggia e di neve che cade in questo periodo sia irrilevante, affermano i ricercatori.

Citato dal Guardian, il ricercatore Sander Veraverbeke, coautore dello studio, ha affermato che «il semplice fatto che questo stia accadendo è già abbastanza folle, e mostra quanto velocemente questa regione stia cambiando a causa del cambiamento climatico».

Le notizie meteo per l’Italia:

Aria CALDA verso il Centro-Sud. Ancora qualche PIOGGIA: le zone coinvolte

Inizio di settimana con MOLTE PIOGGE e CALDO INTENSO: fino a sfiorare i 35 GRADI!

Gli aggiornamenti di IconaClima:

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Giornata Mondiale senza Tabacco: un appuntamento con la salute, nostra e del pianeta

Biodiversità: il fragilissimo valore che regge il Pianeta

La vita nell’Artico ai tempi del riscaldamento globale: studi recenti, big data e scenari futuri

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ARTICO, così sta SCOMPARENDO il ghiaccio marino [VIDEO] https://www.iconameteo.it/news/video/artico-cosi-sta-scomparendo-il-ghiaccio-marino-video-2/ Tue, 25 May 2021 07:00:20 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/artico-cosi-sta-scomparendo-il-ghiaccio-marino-video/ Arriva dall’Artico l’ennesimo campanello d’allarme che dovrebbe portare l’attenzione di tutto il mondo sulla crisi climatica. Per la prima volta i dati satellitari hanno rivelato come l’intrusione delle acque più calde in risalita verso nord nell’Atlantico stia riducendo la ricrescita del ghiaccio in inverno. È normale che la quantità di ghiaccio marino che galleggia nell’Oceano …

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Arriva dall’Artico l’ennesimo campanello d’allarme che dovrebbe portare l’attenzione di tutto il mondo sulla crisi climatica. Per la prima volta i dati satellitari hanno rivelato come l’intrusione delle acque più calde in risalita verso nord nell’Atlantico stia riducendo la ricrescita del ghiaccio in inverno.

È normale che la quantità di ghiaccio marino che galleggia nell’Oceano Artico vari in modo estremamente significativo con le stagioni, raggiungendo il minimo intorno a settembre e il massimo intorno a marzo, dopo i mesi invernali più freddi. I dati relativi agli ultimi anni rivelano però che un altro fattore si sta sommando alla naturale variazione delle stagioni: la temperatura dell’acqua marina dell’oceano artico è sempre più elevata, e contribuisce in modo inedito alla fusione dei ghiacci, al punto che anche durante i mesi invernali la loro estensione non riesce a raggiungere i valori tipici anche solo di pochi anni fa.

Il grafico, pubblicato dall’Agenzia Spaziale Europea, mostra com’è cambiata negli ultimi anni l’estensione del ghiaccio marino registrata nel periodo tra novembre e aprile:

Crediti: ESA

Lo studio è stato pubblicato di recente sul Journal of Climate, e per realizzarlo gli scienziati hanno utilizzato i dati satellitari della Climate Change Initiative dell’ESA per calcolare i cambiamenti nel volume del ghiaccio marino artico tra il 2002 e il 2019.
I ricercatori hanno scoperto che il maggiore calore dell’oceano porta a una scomparsa dei ghiacci significativa soprattutto nel Mare di Barents e nel Mare di Kara. Il fenomeno è stato definito “Atlantification“, per descrivere il modo in cui il calore dell’Oceano Atlantico, trasportato a latitudini più elevate, stia causando il ritiro del ghiaccio marino.

Il video realizzato dall’Esa mostra i cambiamenti registrati nell’ultimo decennio:

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“Incendi zombie” destinati a diventare sempre più frequenti: ecco cosa sono

 

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BIODIVERSITÀ: il fragilissimo valore che regge il pianeta https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/biodiversita-il-fragilissimo-valore-che-regge-il-pianeta/ Sat, 22 May 2021 05:30:02 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/biodiversita-il-fragilissimo-valore-che-regge-il-pianeta/ Il 22 maggio si celebra a livello globale la Giornata Internazionale per la Biodiversità. Le Nazioni Unite, per commemorare l’adozione del testo della Convenzione per la Diversità Biologica, avvenuta il 22 maggio 1992, hanno proclamato questo giorno come un’occasione per comprendere meglio il valore e i problemi legati alla biodiversità. La Convenzione è entrata in …

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Il 22 maggio si celebra a livello globale la Giornata Internazionale per la Biodiversità. Le Nazioni Unite, per commemorare l’adozione del testo della Convenzione per la Diversità Biologica, avvenuta il 22 maggio 1992, hanno proclamato questo giorno come un’occasione per comprendere meglio il valore e i problemi legati alla biodiversità. La Convenzione è entrata in vigore il 29 Dicembre 1993 e ad oggi, comprende 193 Parti. È stata ratificata in Italia il 14 febbraio 1994 con la legge n.124.

Non si tratta di un elenco di buoni propositi, ma di un trattato internazionale giuridicamente vincolante con tre principali obiettivi: conservazione della biodiversità, uso sostenibile della biodiversità, giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche.

Nel dettaglio l’Articolo 1 della Convenzione recita: gli obiettivi della presente Convenzione, da perseguire in conformità con le sue disposizioni pertinenti, sono la conservazione della diversità biologica, l’uso durevole dei suoi componenti e la ripartizione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’utilizzazione delle risorse genetiche, grazie ad un accesso soddisfacente alle risorse genetiche ed un adeguato trasferimento delle tecnologie pertinenti in considerazione di tutti i diritti su tali risorse e tecnologie, e grazie ad adeguati finanziamenti.

Biodiversità, un termine coniato nel 1988

La biodiversità è dunque la grande varietà di piante, animali, insetti, funghi e microorganismi che costituiscono il nostro Pianeta. Questo patrimonio naturale vive ed è basato sulle relazioni tra le diverse varietà ed ecosistemi e sul fondamentale equilibrio che è garanzia per la vita sulla Terra.

ll termine biodiversità è stato coniato nel 1988 dall’entomologo americano Edward O. Wilson e può essere definita come “la ricchezza di vita sulla terra”.  All’interno degli ecosistemi convivono ed interagiscono fra loro sia gli esseri viventi sia le componenti fisiche ed inorganiche, influenzandosi reciprocamente. La biodiversità, quindi, esprime il numero, la varietà e la variabilità degli organismi viventi e come questi varino da un ambiente ad un altro nel corso del tempo.

La Convenzione ONU sulla Diversità Biologica definisce la biodiversità come la varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono, evidenziando che essa include la diversità a livello genetico, di specie e di ecosistema.

Il tema della giornata mondiale della biodiversità 2021

Lo scorso anno il mondo è piombato nella tragedia globale della pandemia, che ha preso origine molto probabilmente da una zoonosi, ossia un salto di specie del virus dall’animale all’uomo. Questo tipo di evento avviene anche per mano dell’uomo che distrugge gli ecosistemi e gli equilibri naturali. Il tema della Giornata mondiale della biodiversità fu emblematico e sfidante: “Le soluzioni sono nella natura”.

Quest’anno è il momento della responsabilità e il tema scelto è: “Siamo parte della soluzione“. “Dalle soluzioni basate sulla natura al clima, alla salute, alla sicurezza idrica e alimentare, fino ai mezzi di sostentamento sostenibili, la biodiversità ci offre le fondamenta sulle quali possiamo ricostruire un futuro migliore”.

“Quando la biodiversità ha un problema, l’umanità ha un problema”

L’umanità vive grazie alla biodiversità e al tempo stesso l’uomo costituisce la sua più grave minaccia. È noto che stiamo vivendo la sesta estinzione di massa: tra il 2001 e il 2014 si sono estinte 173 specie e nell’ultimo secolo sono scomparse circa 400 specie di vertebrati.

Foreste, mari e oceani assorbono oltre la metà della CO2 emessa nell’atmosfera, e costituiscono la nostra principale difesa contro i cambiamenti climatici. La biodiversità è fondamentale anche per il nostro nutrimento.  Il pesce, secondo quanto riferisce l’Onu,  fornisce il 20% delle proteine ​​animali a circa 3 miliardi di persone. Oltre l’80% della dieta umana è derivata dalle piante.

Fino all’80% delle persone che vivono nelle aree rurali dei paesi in via di sviluppo si affidano a medicinali tradizionali a base vegetale per l’assistenza sanitaria di base. La perdita di biodiversità è dunque una enorme minaccia anche per la nostra salute. Essa infatti potrebbe determinare un aumento delle zoonosi e l’avvio di nuove epidemie. Tre quarti dell’ambiente terrestre e circa il 66% dell’ambiente marino sono stati significativamente alterati dalle azioni umane e un milione di specie animali e vegetali sono a rischio di estinzione.

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Crisi climatica e Alpi: dai ghiacciai in ritirata emergono reperti della Prima Guerra mondiale https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/crisi-climatica-e-alpi-dai-ghiacciai-in-ritirata-emergono-reperti-della-prima-guerra-mondiale/ Mon, 10 May 2021 10:43:47 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/crisi-climatica-e-alpi-dai-ghiacciai-in-ritirata-emergono-reperti-della-prima-guerra-mondiale/ Gli effetti del riscaldamento globale possono avere risvolti impensabili. L’aumento delle temperature sulle Alpi sta determinando la riduzione dei ghiacciai e, dopo un secolo, sono tornati alla luce ricoveri, reperti, armi e vettovaglie in uso durante la Prima Guerra mondiale. L’argomento è stato affrontato nei giorni scorsi anche dal New York Times che ha dedicato …

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Gli effetti del riscaldamento globale possono avere risvolti impensabili. L’aumento delle temperature sulle Alpi sta determinando la riduzione dei ghiacciai e, dopo un secolo, sono tornati alla luce ricoveri, reperti, armi e vettovaglie in uso durante la Prima Guerra mondiale. L’argomento è stato affrontato nei giorni scorsi anche dal New York Times che ha dedicato a questa scoperta un approfondimento.

Uno dei luoghi simbolo del conflitto che insanguinò l’avvio del secolo scorso, è stato oggetto di un grande intervento di messa in protezione dal Museo della Guerra Bianca in Adamello, in collaborazione con Ersaf-Parco dello Stelvio.

A poca distanza dalla cima del Monte Scorluzzo, a 3095 metri di quota nei pressi del Passo dello Stelvio, è riemerso un ricovero militare scavato presumibilmente dai soldati austriaci negli anni della Grande Guerra. Questo spazio freddo e umido ospitò fino al 1918 circa 20 uomini dell’esercito austro-ungarico mentre combattevano contro le truppe italiane in quella che divenne nota come la Guerra Bianca. Si trattò di una una battaglia combattuta in condizioni estremamente difficili durante la Prima guerra mondiale tra le Alpi Lombarde e le Dolomiti.

A causa del riscaldamento globale e del conseguente ritiro dei ghiacci perenni sono dunque emersi reperti perfettamente conservati: armi, monete, diari, slitte, tazze e anche alcuni resti dei corpi dei soldati.

È stato possibile recuperare praticamente intatta la baracca in legno che verrà conservata, a partire dal 2022, in un nuovo polo espositivo del Museo della Guerra Bianca l’ex caserma Pedrazzini di Bormio. In questo frangente verranno esposti anche oltre 300 oggetti recuperati dal ricevero militare: una stufa, i pagliericci su cui riposavano i soldati, due bilancini, pantaloni con diversi strati di toppe in fibre di ortica, monete, elmetti, munizioni, giornali.

La baracca e la caverna scavata nella roccia in cui era posta, sono oggetto di un progetto interdisciplinare e multidisciplinare coordinato dall’Università di Padova per approfondire l’evoluzione climatica in atto nelle nostre Alpi.

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Perderemo UN DECIMO dei GHIACCIAI entro il 2050: i dati https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/ghiacciai-2050/ Sun, 02 May 2021 13:28:30 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/stiamo-perdendo-i-ghiacciai-anche-se-raggiungessimo-gli-obiettivi-climatici-entro-meta-secolo-sparira-il-10-del-ghiaccio/ Un decimo del ghiaccio che forma i ghiacciai di montagna è destinato a sparire nel giro di pochi anni, non possiamo più evitarlo. La notizia arriva da uno studio pubblicato di recente dal Guardian, che avverte chiaramente circa l’inevitabilità di questa perdita. Anche se riuscissimo a raggiungere gli obiettivi previsti dall’accordo di Parigi, infatti, è …

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Un decimo del ghiaccio che forma i ghiacciai di montagna è destinato a sparire nel giro di pochi anni, non possiamo più evitarlo. La notizia arriva da uno studio pubblicato di recente dal Guardian, che avverte chiaramente circa l’inevitabilità di questa perdita. Anche se riuscissimo a raggiungere gli obiettivi previsti dall’accordo di Parigi, infatti, è troppo tardi per salvare tutti i nostri ghiacciai: il 10% sparirà entro la metà di questo secolo, con una perdita di 13.200 chilometri cubi d’acqua che avrà effetti a catena sui delta dei fiumi, altamente popolati, sugli habitat naturali, sull’approvvigionamento idrico e sul livello del mare.

Un disastro che non colpirà tutto il mondo in modo uguale: alcune aree sono infatti più colpite dai cambiamenti climatici. È il caso dell’Europa centrale, del Nord America e delle regioni che si trovano alle latitudini più basse, dove si prevede che la massa dei ghiacciai diminuisca addirittura della metà. Analizzando in particolare la situazione dei ghiacciai di montagna, i ricercatori non hanno incluso nello studio i ghiacci della Groenlandia o dell’Antartide, la cui fusione avanza a ritmi ancora più preoccupanti.

Lo scenario che si profila davanti ai nostri occhi appare tragico, ma non può e non deve scoraggiarci dall’intraprendere con urgenza azioni decisive. Al contrario, come avvertono gli scienziati, se ci sono effetti dei cambiamenti climatici che non possono più essere evitati le azioni che i governi intraprendono oggi possono fare un’enorme differenza per il futuro del Pianeta e di tutta l’umanità.
Il glaciologo Ben Marzeion dell’Università di Brema ha spiegato al Guardian che «quello che vediamo ora in montagna è stato causato dai gas serra due o tre decenni fa». Il ricercatore ha confermato che «è già troppo tardi per fermare la fusione di molti ghiacciai», ma ha sottolineato che è fondamentale essere «consapevoli di come le decisioni prese ora possano influenzare l’aspetto che il nostro mondo avrà tra due o tre generazioni».

Marzeion ha analizzato gli scenari a cui vanno incontro i ghiacciai del mondo in base alle azioni climatiche che possiamo intraprendere oggi e ha calcolato che tra il 2021 e il 2050 si fonderà il corrispettivo di quasi 5 piscine olimpioniche di ghiaccio ogni secondo. E anche se intervenissimo tagliando le emissioni in modo netto questa perdita potrebbe essere a malapena rallentata.

Ma le nostre azioni di oggi faranno la differenza per quanto accadrà nella seconda metà del secolo, e vale la pena di ricordare quanto in realtà quel periodo sia vicino: i bambini nati in questi mesi saranno ancora dei giovani adulti!
A differenza di quanto accade per gli scenari relativi alla prima metà del secolo, quelli che ci rivelano cosa potrà accadere negli anni successivi variano molto in base alle politiche intraprese oggi. Infatti, in uno scenario a basse emissioni si prevede che l’attuale massa dei ghiacciai diminuisce di circa il 18 per cento entro il 2100, mentre in uno scenario ad alte emissioni la perdita potrà avvicinarsi al 40 per cento.

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI colpiscono anche le AZIENDE ITALIANE: calano ricavi e fatturato. I settori più colpiti https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/il-clima-incide-direttamente-sulle-aziende-italiane-mentre-le-temperature-aumentano-calano-ricavi-e-fatturato-i-settori-piu-colpiti/ Sun, 02 May 2021 11:20:35 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/il-clima-incide-direttamente-sulle-aziende-italiane-mentre-le-temperature-aumentano-calano-ricavi-e-fatturato-i-settori-piu-colpiti/ Il clima cambia anche in Italia, con un impatto grave e diretto sulla nostra sicurezza, sulla nostra salute, e sulla nostra economia. Da un recente rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente è emerso che il nostro è il Paese europeo che subisce le perdite economiche più gravi legate ai cambiamenti climatici, secondo solo alla Germania: Crisi …

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Il clima cambia anche in Italia, con un impatto grave e diretto sulla nostra sicurezza, sulla nostra salute, e sulla nostra economia.
Da un recente rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente è emerso che il nostro è il Paese europeo che subisce le perdite economiche più gravi legate ai cambiamenti climatici, secondo solo alla Germania:

Crisi climatica, Italia seconda in Europa per le perdite economiche: ecco quanto ci costa

Una nuova ricerca italiana ha fatto luce più nello specifico sulle perdite subite direttamente dalle aziende nostrane, e anche in questo caso le cifre sono notevoli.

Lo studio è stato realizzato dall’Osservatorio Climate Finance della School of Management del Politecnico di Milano, attraverso un’analisi di quanto accaduto nel decennio tra il 2009 e il 2018. Mentre in Italia il clima si faceva più caldo, per un solo grado di temperatura in più le aziende hanno perso in media il 5,8 per cento del fatturato e il 3,4% della marginalità.
Percentuali significative, che si traducono in perdite gravissime: solo nel 2018, l’anno più caldo per l’Italia, il fatturato in termini assoluti è precipitato di 133 miliardi di euro.

Sono le piccole imprese quelle più colpite dal calo della redditività, che in media raggiunge il 4 per cento. Le regioni in cui si registrano le perdite maggiori legate al clima sono quelle del Nord-Est e del Centro Italia.

L’impatto del clima non è uguale per tutti i settori: il più colpito è quello delle costruzioni, dove il calo del fatturato raggiunge addirittura il 16,2% e quello della redditività (Ebitda) il -6,8 per cento. Segue la finanza, colpita dai cambiamenti climatici in modo diretto ma anche indiretto, attraverso i danni alle imprese-clienti: in questo settore si registra un calo del fatturato dell’11,8% e una riduzione della marginalità del 5,9%. Al terzo posto c’è il mondo delle estrazioni (-10,4% e -7,6%).

«La gestione delle conseguenze del cambiamento climatico e le strategie di mitigazione rappresentano la maggiore sfida che le economie mondiali dovranno affrontare nel corso nei prossimi anni» ha commentato Roberto Bianchini, direttore dell’Osservatorio Polimi.

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CAMBIAMENTI CLIMATICI, la pericolosa danza delle temperature [VIDEO] https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/cambiamenti-climatici-la-pericolosa-danza-delle-temperature-video/ Wed, 28 Apr 2021 10:00:50 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/cambiamenti-climatici-la-pericolosa-danza-delle-temperature-video/ Il video pubblicato di recente dalla NASA mostra in modo inequivocabile, e allarmante, l’effetto dei cambiamenti climatici in atto. In particolare, gli esperti della NASA hanno analizzato tutti i dati a loro disposizione relativi alla temperatura della superficie e sono riusciti a mostrare in un breve video i cambiamenti registrati nella distribuzione delle anomalie termiche …

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Il video pubblicato di recente dalla NASA mostra in modo inequivocabile, e allarmante, l’effetto dei cambiamenti climatici in atto.

In particolare, gli esperti della NASA hanno analizzato tutti i dati a loro disposizione relativi alla temperatura della superficie e sono riusciti a mostrare in un breve video i cambiamenti registrati nella distribuzione delle anomalie termiche del suolo. È tragicamente evidente come negli ultimi anni il picco della distribuzione abbia continuato a spostarsi sempre più a destra, sempre più vicina alla soglia fatidica dei +2°C.

 

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LEGGE SUL CLIMA, cosa cambia in EUROPA https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/legge-sul-clima-cosha-deciso-leuropa/ Sun, 25 Apr 2021 08:28:36 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/legge-sul-clima-cosha-deciso-leuropa/ Dopo un dialogo che ha impegnato a lungo i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo, questa settimana è stato raggiunto un accordo sulla Legge sul Clima, uno degli elementi fondamentali del Green Deal, proprio alla vigilia del Leaders Climate Summit organizzato dagli Stati Uniti. Clima, Draghi al Summit USA: «agire subito per non avere …

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Dopo un dialogo che ha impegnato a lungo i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo, questa settimana è stato raggiunto un accordo sulla Legge sul Clima, uno degli elementi fondamentali del Green Deal, proprio alla vigilia del Leaders Climate Summit organizzato dagli Stati Uniti.

Clima, Draghi al Summit USA: «agire subito per non avere rimpianti in futuro» [VIDEO]

Gli Stati Uniti hanno annunciato il proprio obiettivo per la riduzione delle emissioni

Legge sul clima, i punti chiave: la riduzione delle emissioni

Con l’accordo Bruxelles ha inserito gli obiettivi relativi alla riduzione delle emissioni in una legge: l’Europa punta alla neutralità climatica entro il 2050 e a ridurre le emissioni nette almeno del 55 per cento entro il 2030, rispetto ai valori del 1990.

Il ministro portoghese dell’Ambiente e dell’Azione per il Clima Joao Pedro Matos Fernandes, il cui Paese detiene la presidenza di turno dell’Ue, ha commentato la legge definendola come «la “legge delle leggi” che fissa il quadro della legislazione dell’UE in materia di clima per i prossimi 30 anni».
«L’UE è fortemente impegnata a conseguire la neutralità climatica entro il 2050 – ha assicurato – e oggi possiamo essere fieri di aver fissato un obiettivo climatico ambizioso che può ottenere il sostegno di tutti. Con questo accordo inviamo un segnale forte al mondo».

Inferiore l’entusiasmo degli attivisti, che chiedevano di puntare a una riduzione di almeno il 60 per cento delle emissioni entro il 2055.

La rete di Climate Action Network Europe ha pubblicato una nota in cui si legge che i legislatori dell’UE non hanno sfruttato l’opportunità dei negoziati sulla legge sul clima per aumentare l’ambizione dell’Europa in materia di clima superando la soglia già concordata del 55 per cento.
«I decisori europei hanno perso un’opportunità storica per affrontare adeguatamente la crisi climatica», denuncia il direttore di CAN Europe.

Un elemento da non sottovalutare della Legge sul Clima è anche la priorità riconosciuta alla riduzione delle emissioni rispetto agli assorbimenti.
Per garantire che si compiano sforzi volti a ridurre e prevenire le emissioni, i decisori europei hanno introdotto un limite di 225 milioni di tonnellate di CO² equivalente al contributo degli assorbimenti all’obiettivo netto. Hanno inoltre convenuto che l’Unione punterà ad aumentare il pozzo netto di assorbimento del carbonio entro il 2030.

Clima, come si sta muovendo l’Italia? Il punto con Jacopo Bencini

Gli altri elementi importanti

Tra i punti più importanti della Legge sul Clima c’è anche l’introduzione di un organo consultivo composto da 15 esperti scientifici di cittadinanza diversa: saranno al massimo 2 per ogni Stato membro, con un mandato di 4 anni. Il comitato scientifico indipendente avrà il compito di «fornire consulenza scientifica e riferire in merito alle misure dell’UE, agli obiettivi climatici e ai bilanci indicativi per i gas a effetto serra e alla loro coerenza con la legge europea sul clima e gli impegni internazionali dell’UE nel quadro dell’accordo di Parigi».

Il Consiglio Europeo ha sottolineato che in futuro la Commissione europea potrebbe proporre un obiettivo climatico intermedio per il 2040, «al più tardi entro sei mesi dal primo bilancio globale effettuato nel quadro dell’accordo di Parigi».

È attesa anche la pubblicazione di un bilancio indicativo dell’Unione per i gas a effetto serra per il periodo 2030-2050, che farà il punto sul volume totale indicativo delle emissioni nette di gas a effetto serra che si prevede saranno emesse nel periodo in questione senza compromettere gli impegni assunti dall’Unione nel quadro dell’Accordo di Parigi.

Legge sul clima, i prossimi passi

Prima che la legge sul clima sia adottata formalmente dall’Unione Europea, l’accordo politico provvisorio dovrà essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento.

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Rapporto sul clima globale, parte II: l’importanza di studiare gli indicatori del clima presente https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/rapporto-sul-clima-globale-parte-ii-limportanza-di-studiare-gli-indicatori-del-clima-presente/ Sat, 24 Apr 2021 13:28:26 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/rapporto-sul-clima-globale-parte-ii-limportanza-di-studiare-gli-indicatori-del-clima-presente/ Il monitoraggio, lo studio e l’elaborazione di scenari di emissioni future di gas climalteranti sono di vitale importanza per prevedere e contrastare i devastanti impatti socio-economici previsti entro la fine del XXI. Essi sono fondamentali sia per i decisori politici che per i cittadini che devono cooperare per un obiettivo comune volto ad evitare tali …

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Il monitoraggio, lo studio e l’elaborazione di scenari di emissioni future di gas climalteranti sono di vitale importanza per prevedere e contrastare i devastanti impatti socio-economici previsti entro la fine del XXI. Essi sono fondamentali sia per i decisori politici che per i cittadini che devono cooperare per un obiettivo comune volto ad evitare tali scenari.

Rapporto sul clima globale, parte I: il 2020 fra i 3 anni più caldi mai registrati

L’Artico è la regione che maggiormente è stata colpita dall’incremento di temperature dovuto ai gas serra e le popolazioni che vivono in quelle terre hanno cominciato a sperimentare varie problematiche legate a questo aumento. Principalmente si tratta di problemi riguardanti infrastrutture ed abitazioni, i cui basamenti giacciono su un permafrost in continua fusione, cambiamenti negli ecosistemi e sofferenza della fauna locale. Se oltre all’artico allarghiamo lo sguardo su scala globale, ci rendiamo conto come una terra più “calda” abbia contribuito negli ultimi vent’anni ad una estremizzazione del clima con sempre più severi eventi meteorologici, che includono ondate di freddo e di calore (queste in misura molto maggiore), inondazioni da piogge estreme, incendi, tempeste (tifoni, uragani etc..) e lunghi periodi di siccità. Quest’ultimi, uniti alla rapida fusione dei ghiacciai alpini, hanno favorito una drastica diminuzione di riserve idriche estive necessarie alle colture e ha reso necessario la pianificazione di interventi volti a creare delle riserve invernali di acqua all’interno di bacini idrici artificiali.

L’aumento delle temperature oceaniche ha provocato una sempre maggiore frequenza di ondate di calore marine, causando impatti devastanti agli ecosistemi marini, e di conseguenza anche economici alle comunità umane che traggono sostentamento da essi. Inoltre, tale riscaldamento, unito all’apporto in continuo aumento di acqua di fusione glaciale, ha contribuito e contribuirà sempre più all’innalzamento dei livelli dei mari, causando inevitabilmente flussi migratori di centinaia di milioni di persone e riorganizzazione delle metropoli costiere, con danni economici ad oggi difficilmente quantificabili e ancora oggetto di studio.

Un altro grande problema legato all’aumento di anidride carbonica è l’acidificazione degli oceani dell’intero pianeta. Essi assorbono oltre il 23% delle emissioni annuali di CO2 contribuendo ad alleggerire l’impatto sull’aumento delle temperature, a scapito di un costo ecologico ed economico altissimo. La CO2 infatti reagisce con l’acqua di mare e ne aumenta l’acidità. Questo mette in pericolo organismi e cicli biogeochimici di interi ecosistemi, che infine impattano anche sulla sicurezza alimentare del cibo derivante dalla pesca e dell’acquacoltura. Inoltre l’acidificazione contribuisce all’indebolimento delle barriere coralline, diminuendone la loro capacita protettive nei confronti delle coste, che sono fonte di reddito di numerose comunità, grazie al turismo.

Complessivamente, i cambiamenti climatici dovuti al riscaldamento globale stanno colpendo in maniera decisa le aree più povere e vulnerabili del pianeta tra cui il continente africano e il Sud-Est asiatico. Qui il livello di insicurezza alimentare, definita dal dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (USDA) come mancanza di accesso coerente a cibo sufficiente per una vita attiva e sana, è sempre più alto a causa di eventi climatici estremi, costringendo ogni anno, circa 23 milioni di persone che vivono in condizioni di estrema povertà, a lunghe migrazioni, per cercare sostentamento necessario per la loro sopravvivenza.  Secondo le stime dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, entro il 2050 circa 200-250 milioni di persone si sposteranno per cause legate al cambiamento climatico. Questo significa che in un futuro non troppo remoto, una persona su quarantacinque nel mondo sarà un migrante ambientale.

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Rapporto sul clima globale, parte I: il 2020 fra i 3 anni più caldi mai registrati https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/rapporto-sul-clima-globale-parte-i-il-2020-fra-i-3-anni-piu-caldi-mai-registrati/ Fri, 23 Apr 2021 12:49:11 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/rapporto-sul-clima-globale-parte-i-il-2020-fra-i-3-anni-piu-caldi-mai-registrati/ Nel 2020, nonostante la riduzione nelle emissioni dei gas climalteranti legate al crollo del traffico e delle attività dovute ai lockdown e la limitazione nella circolazione delle persone, le concentrazioni dei tre principali gas serra – ovvero anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e ossido di diazoto(N2O) -hanno continuato la loro salita raggiungendo rispettivamente il +148%, …

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Nel 2020, nonostante la riduzione nelle emissioni dei gas climalteranti legate al crollo del traffico e delle attività dovute ai lockdown e la limitazione nella circolazione delle persone, le concentrazioni dei tre principali gas serra – ovvero anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e ossido di diazoto(N2O) -hanno continuato la loro salita raggiungendo rispettivamente il +148%, +260% e +123% rispetto i livelli pre-industriali. Secondo il MET OFFICE britannico il livello di anidride carbonica nel 2021 dovrebbe proseguire il suo trend di crescita e raggiungere entro fine maggio il valore record di circa 420 parti per milione (ppm).

Con questi valori nemmeno l’evento ciclico della Nina, che consiste in un esteso raffreddamento delle acque superficiali del Pacifico equatoriale e dovrebbe favorire una diminuzione delle temperature globali atmosferiche, ha evitato al 2020 di essere comunque uno tra i 3 anni più caldi mai registrati nella storia.

La temperatura è stata di circa +1.2°C superiore a quella registrata nel periodo pre-industriale (1985-1900), molto vicina all’1.5°C considerata la soglia critica, oltre la quale gli impatti climatici sulla civiltà potrebbero essere devastanti.

Per calcolare il “surriscaldamento” del clima del pianeta, i ricercatori si basano sui dati di 5 autorevoli fonti di enti di ricerca o progetti: NOAA, programma COPERNICUS dell’ESA, NASA, il MET OFFICE britannico e la JAPAN MET AGENCY. Tuttavia preme sottolineare come non sia tanto l’anomalia positiva di un singolo anno a preoccupare, ma bensì il fatto che l’ultima decade sia stata la più calda mai registrata.
Più del 90% di questo calore in eccesso che ha caratterizzato le ultime decadi è stato immagazzinato negli oceani. Esso è misurato attraverso un indicatore specifico chiamato Ocean Heat Content (OHC) che ha mostrato un sostenuto aumento in particolare negli ultimi due decenni, a tutte le profondità oceaniche, raggiungendo il valore più alto mai registrato, proprio nel 2020.

clima temperatura oceani

Il rapporto sul clima della WMO sottolinea come l’aumento delle temperature non sia distribuito omogeneamente sull’intero pianeta. Infatti, dal 1980 la temperatura superficiale dell’aria a latitudini polari ha subito un innalzamento almeno due volte superiore rispetto alla media dell’intero globo. Questo ha favorito il costante declino della calotta groenlandese, dei ghiacciai presenti oltre il circolo polare artico e della banchisa artica che ha raggiunto la seconda minore estensione di sempre dall’inizio delle registrazioni iniziate nel 1979.

Inoltre, grazie ai dati raccolti gli scienziati hanno fatto notare come negli ultimi due anni, la regione settentrionale della Siberia sia stata la zona maggiormente colpita da anomalie positive che hanno superato i +5 gradi di media.

Tuttavia, la maggior parte dei ghiacciai di tutto il mondo, sebbene colpiti da anomalie termiche minori, ha concluso il bilancio di massa in negativo anche nell’anno trascorso, che si è classificato tra gli 8 anni con la maggior perdita di ghiaccio terrestre.

Complessivamente, il calore accumulato dagli oceani ha favorito negli ultimi decenni la loro espansione termale, che insieme al continuo apporto di acqua di fusione dai ghiacciai e dalle calotte glaciali hanno portato ad un tasso di aumento del livello medio dei mari negli ultimi vent’anni di oltre 3 mm l’anno, raggiungendo il valore più alto mai registrato proprio nel 2020.

Per chi fosse interessato, il report può essere scaricato a questo link.

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Emissioni, ci sono novità sull’impegno degli USA https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/emissioni-ci-sono-novita-sullimpegno-degli-usa/ Wed, 21 Apr 2021 07:24:37 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/emissioni-ci-sono-novita-sullimpegno-degli-usa/ Era atteso per domani l’annuncio degli Stati Uniti relativo ai propri obiettivi di riduzione delle emissioni, che avrebbero dovuti essere resi noti in occasione della Giornata Mondiale della Terra, nonché giorno dell’apertura del summit sul Clima organizzato dallo stesso Biden. Ma nelle ultime ore sono trapelate alcune informazioni, e secondo due fonti del Washington Post …

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Era atteso per domani l’annuncio degli Stati Uniti relativo ai propri obiettivi di riduzione delle emissioni, che avrebbero dovuti essere resi noti in occasione della Giornata Mondiale della Terra, nonché giorno dell’apertura del summit sul Clima organizzato dallo stesso Biden.

Ma nelle ultime ore sono trapelate alcune informazioni, e secondo due fonti del Washington Post il presidente Joe Biden si impegnerà a ridurre le emissioni di gas serra degli Stati Uniti almeno della metà, entro il 2030, rispetto ai valori del 2005.
Quanto trapelato conferma le voci che giravano da tempo circa l’impegno degli USA, nonché le anticipazioni secondo cui, con una virata più che decisa rispetto all’amministrazione precedente, sotto la guida di Biden la Casa Bianca avrebbe puntato in alto.
L’ambizione di Washington avrebbe un valore duplice: oltre a determinare ovviamente un calo delle emissioni degli USA, importante di per sé, Biden punta a porsi anche come un esempio per il resto del mondo, e anche nella convocazione del summit aveva già invitato i partecipanti – 40 i leader mondiali invitati – a presentarsi con obiettivi più ambiziosi.

E certamente è ambizioso il target di riduzione delle emissioni degli Stati Uniti, che quando nel 2015 firmarono l’Accordo di Parigi sul Clima con Barack Obama aveva assunto l’impegno di ridurle tra il 26 e il 28 per cento rispetto ai livelli del 2005. Quasi un raddoppio, dunque.
Un funzionario della Casa Bianca ha sottolineato che «non è stata presa una decisione finale», riporta il Washington Post, e di conseguenza non si può escludere che domani ci siano dei colpi di scena.

Come ha fatto notare l’esperto di governance sul clima Jacopo Bencini in una recente intervista rilasciata a IconaClima, al di là dell’ambizione USA nella riduzione delle emissioni un passo estremamente importante nel contrasto alla crisi climatica è già stato fatto da Biden, che convocando il summit previsto per la Giornata della Terra ha fatto riferimento all’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro +1,5°C rispetto all’era preindustriale.
«Questa è la vera rivoluzione politica di Biden rispetto all’amministrazione precedente», ha commentato Bencini: a questo link trovate l’intervista, in cui si è parlato anche di altri aspetti molto importanti del summit.

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Dopo la decisione della Svezia, dove in base all’inquinamento prodotto un aereo dovrà pagare più tasse aeroportuali, anche la Francia affronta la questione dell’impatto ambientale dei voli. Nell’ambito di alcune nuove misure in ambito climatico e ambientale, infatti, i cugini d’Oltralpe hanno deciso di cancellare i voli nazionali per le tratte che possono essere percorse con un treno diretto in meno di due ore e mezza.

Il divieto è stato adottato dopo un dibattito che ha acceso l’Assemblée Nationale per tutto il fine settimana, ma secondo molti osservatori rappresenta solo una “versione annacquata” di una raccomandazione emersa dalla Convenzione dei Cittadini sul Clima, composta da 150 cittadini francesi estratti a sorte. La convenzione sul clima, voluta dallo stesso Macron, aveva infatti chiesto di contrastare l’inquinamento cancellando tutti i voli in cui fosse possibile sostituire l’aereo con un viaggio in treno diretto di meno di 4 ore. Dopo le contestazioni di alcune regioni e di Air France – KLM questo vincolo è stato ridotto a due ore e mezza, tagliando di fatto solo i voli interni particolarmente brevi, come quelli che collegavano l’aeroporto parigino di Orly con Nantes e Bordaux.

Un altro divieto volto a contrastare l’inquinamento e le emissioni generate da questo settore ha colpito le pubblicità effettuate mediante l’utilizzo dell’aereo. Si tratta di un metodo che era ancora piuttosto diffuso oltralpe, dove per esempio le spiagge della Costa Azzurra venivano sorvolate più volte al giorno da piccoli aerei che trinavano striscioni pubblicitari.

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Il ghiacciaio di Pine Island, in Antartide, ha raggiunto il punto di non ritorno: ecco perché dovrebbe preoccuparci https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-ghiacciaio-di-pine-island-in-antartide-ha-raggiunto-il-punto-di-non-ritorno-ecco-perche-dovrebbe-preoccuparci/ Mon, 05 Apr 2021 06:39:39 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-ghiacciaio-di-pine-island-in-antartide-ha-raggiunto-il-punto-di-non-ritorno-ecco-perche-dovrebbe-preoccuparci/ Il ghiacciaio di Pine Island si trova sulla costa occidentale dell’Antartide e desta particolare preoccupazione negli scienziati perché sta perdendo più ghiaccio di qualsiasi altro ghiacciaio del continente. Uno studio recente, in particolare, ha lanciato ufficialmente l’allarme: la fusione del ghiacciaio ha superato il punto di non ritorno. La ricerca è stata condotta da un …

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Il ghiacciaio di Pine Island si trova sulla costa occidentale dell’Antartide e desta particolare preoccupazione negli scienziati perché sta perdendo più ghiaccio di qualsiasi altro ghiacciaio del continente. Uno studio recente, in particolare, ha lanciato ufficialmente l’allarme: la fusione del ghiacciaio ha superato il punto di non ritorno.

La ricerca è stata condotta da un team di scienziati dell’inglese Northumbria University, di Newcastle, che avvertono che insieme al vicino ghiacciaio Thwaites quello di Pine Island è già responsabile del 10 per cento dell’innalzamento del livello del mare a livello globale.
E la situazione rischia di diventare estremamente tragica: la ritirata del ghiacciaio di Pine Island potrebbe portare al collasso dell’intera calotta glaciale dell’Antartico occidentale che, avvertono i ricercatori, contiene abbastanza ghiaccio da far aumentare il livello globale del mare di oltre tre metri.

ghiacciaio antartide
Crediti: NASA Earth Pbservatory

Mentre l’esistenza di un punto di svolta nelle calotte glaciali era già stata ipotizzata in precedenza, è la prima volta che i ricercatori riescono a dimostrare che sta realmente accadendo.

Utilizzando un modello che studia il flusso del ghiaccio il team di ricerca ha identificato dei punti di non ritorno per le calotte glaciali, dimostrando che per il Pine Island Glacier ce ne sono stati almeno 3: il terzo evento, innescato dall’aumento delle temperature oceaniche di 1,2 ° C, porta al ritiro irreversibile dell’intero ghiacciaio e alle conseguenze catastrofiche preannunciate dagli scienziati.
Il professore di glaciologia e ambienti estremi Hilmar Gudmundsson, che ha lavorato allo studio, non ha dubbi sulla gravità della situazione: se il ghiacciaio dovesse entrare in una ritirata irreversibile, avverte, «l’impatto sul livello del mare potrebbe essere misurato in metri».

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista The Cryosphere.

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Francia, decine di migliaia in piazza contro la Legge sul Clima: «serve più ambizione» [VIDEO] https://www.iconameteo.it/news/video/francia-decine-di-migliaia-in-piazza-contro-la-legge-sul-clima-serve-piu-ambizione-video/ Tue, 30 Mar 2021 07:43:48 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/francia-decine-di-migliaia-in-piazza-contro-la-legge-sul-clima-serve-piu-ambizione-video/ Da lunedì 29 marzo la legge sul clima è sotto esame al Parlamento francese, ma gli ambientalisti l’hanno già bocciata con decisione, e nella giornata di domenica hanno organizzato manifestazioni in tutto il Paese per chiedere che la legge venga riscritta. Sarebbero circa 110 mila le persone che secondo gli organizzatori si sono riversate nelle …

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Da lunedì 29 marzo la legge sul clima è sotto esame al Parlamento francese, ma gli ambientalisti l’hanno già bocciata con decisione, e nella giornata di domenica hanno organizzato manifestazioni in tutto il Paese per chiedere che la legge venga riscritta.

Sarebbero circa 110 mila le persone che secondo gli organizzatori si sono riversate nelle strade delle città francesi prendendo parte alla mobilitazione, di cui circa 55 mila solo a Parigi. Nonostante la notevole differenza con le cifre riportate dal ministero dell’Interno, che avrebbe contato in tutto 44 mila manifestanti in tutta la Francia, non ci sono dubbi sul fatto che la partecipazione si stata elevata, tenendo anche conto delle criticità legate all’emergenza sanitaria in corso.

Chiara la richiesta degli ambientalisti: serve «una vera legge sul clima». Decine di ONG, sindacati e partiti si sono uniti alla protesta per denunciare la «mancanza di ambizione» del disegno di legge Climat ed Résilience, accusato di non riflette buona parte delle proposte avanzate dalla convenzione dei cittadini per il clima, nata per volere dello stesso Macron proprio per raccogliere “dal basso” idee per quella che era stata presentata come una delle leggi più importanti del suo mandato.

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150 cittadini francesi erano stati estratti a sorte e formati da esperti di clima per proporre misure volte a ridurre le emissioni di gas serra del Paese almeno del 40 per cento.
149 le proposte avanzate dalla convenzione dei cittadini, ma secondo gli ambientalisti quando sono passate al governo ne è rimasto ben poco: gli attivisti accusano l’esecutivo di aver ceduto alle pressioni delle lobby economiche, venendo meno alla promessa di trasmettere le osservazioni della convenzione sul clima «senza filtro». Le accuse sembrano confermate dal fatto che, secondo quanto riporta Le Monde, molti membri della commissione si sono uniti alle proteste che sono andate in scena domenica.

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Le coste della Sicilia sud-orientale rischiano di essere SOMMERSE entro il 2100 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/le-coste-della-sicilia-sud-orientale-rischiano-di-essere-sommerse-entro-il-2100/ Sun, 28 Mar 2021 08:18:41 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/le-coste-della-sicilia-sud-orientale-rischiano-di-essere-sommerse-entro-il-2100/ Le coste della Sicilia sud-orientale entro il 2100 potrebbero subire una progressiva sommersione a causa dei cambiamenti climatici. È questo il risultato di uno studio realizzato nell’ambito del progetto «Pianeta Dinamico» che il Ministero della Ricerca e dell’Università ha finanziato all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), realizzato in collaborazione con l’università Aldo Moro di …

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Le coste della Sicilia sud-orientale entro il 2100 potrebbero subire una progressiva sommersione a causa dei cambiamenti climatici. È questo il risultato di uno studio realizzato nell’ambito del progetto «Pianeta Dinamico» che il Ministero della Ricerca e dell’Università ha finanziato all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), realizzato in collaborazione con l’università Aldo Moro di Bari, quella di Catania e l’olandese Radboud e pubblicato sulla rivista internazionale Remote Sensing.

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Le coste della Sicilia sud-orientale a rischio sommersione: i risultati della ricerca

Le coste della Sicilia sud-orientale potrebbero subire una progressiva sommersione, con una perdita presunta di circa 10 kmq di superficie nel 2100 a causa dei cambiamenti climatici. «Sappiamo che dal 1880 in poi il livello marino ha iniziato ad aumentare di 14-17 cm ma oggi sta accelerando e sale alla velocità di oltre 30 cm per secolo», spiega il Prof. Giovanni Scicchitano, associato di Geomorfologia presso il Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari.

«In particolare – prosegue il Professor Scicchitano -, se non verranno ridotte le emissioni di gas serra, il livello del mare potrebbe salire anche di 1.1 metri nel 2100 e di vari metri nei due-tre secoli successivi, con conseguente impatto sulle coste. Ma quelle basse e subsidenti, cioè dove la superficie terrestre si muove verso il basso per cause naturali o antropiche, possono accelerare il processo di invasione marina». Circa 400 milioni di persone saranno altamente esposte al pericolo costiero, specifica la ricerca.

Le comunità costiere sono minacciate da un innalzamento del mare 4 volte maggiore del previsto

L’innalzamento del livello del mare è una delle principali conseguenze del riscaldamento globale, che determina lo scioglimento delle calotte glaciali e l’espansione termica degli oceani, aumentando la vulnerabilità delle zone costiere alle inondazioni. Negli ultimi due secoli, il livello globale del mare è aumentato a ritmi più rapidi rispetto agli ultimi due millenni, con valori da 1,7 mm all’anno alla fine del XX secolo fino ad un aumento di 3,2 mm all’anno negli ultimi decenni.

Sicilia sud-orientale, sei aree costiere prese in esame: ad alto rischio il porto di Siracusa

Lo studio prende in esame in particolare sei aree della Sicilia sud-orientale, come spiega il Prof. Carmelo Monaco, ordinario di Geologia Strutturale presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università degli Studi di Catania: «Nel nostro lavoro abbiamo scelto queste sei aree perché sono di particolare importanza per il territorio regionale: la piana di Catania ad intensa vocazione agricola, i porti di Augusta e Siracusa, di particolare rilevanza commerciale ed industriale, le Saline del fiume Ciane e infine Vendicari e Marzamemi, particolarmente rilevanti dal punto di vista ambientale e turistico».

Sicilia: il 70% del territorio è a rischio desertificazione

«I risultati per la piana di Catania indicano che, nell’area compresa tra i fiumi Simeto e San Leonardo, la perdita di territorio al 2100 sarebbe considerevole, con il mare che invaderebbe la zona depressa per diverse centinaia di metri. Nel porto di Augusta alcune aree industriali potrebbero essere coinvolte. Il porto di Siracusa è l’area che più soffrirebbe di un potenziale innalzamento del livello del mare al 2100: secondo le nostre proiezioni, infatti, l’area della foce del fiume Ciane potrebbe essere invasa dal mare per una estensione fino ad 1 km nell’entroterra rispetto l’attuale linea di riva. Le Saline del fiume Ciane, attualmente Riserva Naturale Orientata e che negli ultimi anni hanno già subito un arretramento misurato da dati satellitari di circa 70 metri, verrebbero totalmente sommerse. Sorte simile potrebbe toccare alla Riserva di Vendicari, le cui aree umide potrebbero sparire lasciando sparse isole relitte», conclude il Professor Monaco.

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Clima, Miami rinuncia alle palme: servono alberi che facciano più ombra https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/miami-rinuncia-alle-sue-iconiche-palme-servono-alberi-che-facciano-piu-ombra-e-assorbano-piu-co2/ Thu, 25 Mar 2021 12:58:37 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/miami-rinuncia-alle-sue-iconiche-palme-servono-alberi-che-facciano-piu-ombra-e-assorbano-piu-co2/ Tra le maggiori città del mondo che stanno già facendo i conti con gli impatti più violenti dei cambiamenti climatici c’è la statunitense Miami, sferzata da uragani sempre più intensi e violenti e minacciata dall’innalzamento del livello del mare. Le comunità costiere sono minacciate da un innalzamento del mare 4 volte maggiore del previsto Aumento …

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Tra le maggiori città del mondo che stanno già facendo i conti con gli impatti più violenti dei cambiamenti climatici c’è la statunitense Miami, sferzata da uragani sempre più intensi e violenti e minacciata dall’innalzamento del livello del mare.

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Come succede praticamente ovunque, i cambiamenti climatici si stanno traducendo anche in un clima sempre più caldo e ondate di calore sempre più intense. Un fenomeno che nelle grandi città è reso ancora più estremo dalla cosiddetta “isola di calore urbana“: il climatologo Lorenzo Danieli ne ha parlato in questi interessanti approfondimenti:

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I cambiamenti climatici, insomma, sono già in atto e i loro effetti sono già evidenti. Oltre a contrastarli per evitare un riscaldamento ancora più intenso, è necessario adattarsi agli impatti che dobbiamo già affrontare. Per questo Miami ha deciso di rinunciare alle sue iconiche palme: il Miami Herald ha riferito che l’amministrazione della città ha programmato un piano trentennale che, entro il 2050, porterà ad avere una quantità di palme più che dimezzata rispetto a quella attuale. Attualmente le piante che appartengono alla famiglia delle palme rappresentano oltre il 55 per cento degli alberi di Miami, ed entro il 2050 si punta a scendere fino alla soglia del 25 per cento.
Come fa sapere il giornale, il taglio è stato programmato per aumentare la percentuale di piante che garantiscano più ombra e siano in grado di assorbire maggiori quantità di CO2, migliorando la qualità dell’aria. La direttrice per l’ambiente e la sostenibilità di Miami Beach ha garantito che la riduzione della percentuale di palme non sarà perseguita attraverso un “abbattimento di massa”: numerose palme saranno rimosse, ma nei prossimi due decenni verranno anche piantati circa 1.300 alberi da ombra, come querce, frassini e olmi.

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I cambiamenti climatici stanno modificando la forma delle piante, con conseguenze negative anche per noi: ecco perché https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/i-cambiamenti-climatici-stanno-modificando-la-forma-delle-piante-con-conseguenze-negative-anche-per-noi-ecco-perche/ Fri, 19 Mar 2021 06:00:38 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/i-cambiamenti-climatici-stanno-modificando-la-forma-delle-piante-con-conseguenze-negative-anche-per-noi-ecco-perche/ I cambiamenti climatici influiscono anche sulla forma delle piante e dei loro frutti, che negli ultimi anni ha subito modifiche notevoli. È quanto emerge da una ricerca dell’Università del Minnesota e della Western University in Ontario, Canada, pubblicata di recente sulla rivista Global Change Biology. Sotto accusa in particolare la minore presenza di acqua nell’atmosfera …

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I cambiamenti climatici influiscono anche sulla forma delle piante e dei loro frutti, che negli ultimi anni ha subito modifiche notevoli. È quanto emerge da una ricerca dell’Università del Minnesota e della Western University in Ontario, Canada, pubblicata di recente sulla rivista Global Change Biology.

Sotto accusa in particolare la minore presenza di acqua nell’atmosfera (nello specifico, i ricercatori hanno analizzato il deficit di pressione del vapore, ovvero la differenza tra la quantità di umidità nell’aria e la quantità di umidità che l’aria può trattenere quando è satura), conseguenza proprio dei cambiamenti climatici, che è stata registrata in tutto il mondo fin dai primi anni Duemila. Negli ultimi anni questo fenomeno ha fatto osservare un ulteriore aumento, e secondo i ricercatori nei prossimi decenni continuerà a crescere, di pari passo con l’intensificarsi dei cambiamenti climatici.

L’effetto sulle piante è già ben evidente, anche quando sono coltivate e ben irrigate: «si stanno “riprogrammando”», spiegano i ricercatori dell’Università del Minnesota, diventando più piccole, più basse e più resistenti alla siccità.
Le conseguenze coinvolgono anche noi: gli agricoltori devono utilizzare quantità maggiori di acqua, la produttività delle piante diminuisce, e cala anche la quantità di CO2 che assorbono per la fotosintesi.
Walid Sadok, che insegna nell’Università statunitense e ha partecipato allo studio, ha avvertito che questo fenomeno, «determinato dai cambiamenti climatici, ridurrà la produttività delle piante e i raccolti, sia in Minnesota sia a livello globale». «In un momento in cui il mondo deve aumentare la produzione per la sopravvivenza di una popolazione sempre più numerosa, questo è un nuovo ostacolo», ha aggiunto.

cambiamenti climatici e piante
Crediti: Maria H Park via University of Minnesota

Danielle Way, fisiologa delle piante e coautrice dello studio presso la Western University, ha sottolineato che la scoperta può essere «sfruttata per prevedere come gli ecosistemi naturali risponderanno ai cambiamenti climatici e gestirli in modo che aumentino la loro resistenza». Secondo i ricercatori, i dati potranno essere utilizzati anche per progettare nuove varietà di colture che si rivelino più resistenti.

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Le comunità costiere sono minacciate da un INNALZAMENTO DEL MARE 4 volte maggiore del previsto https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/le-comunita-costiere-sono-minacciate-da-un-innalzamento-del-mare-4-volte-maggiore-del-previsto/ Thu, 11 Mar 2021 13:33:36 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/le-comunita-costiere-sono-minacciate-da-un-innalzamento-del-mare-4-volte-maggiore-del-previsto/ Le comunità costiere stanno vivendo un innalzamento del livello del mare fino a quattro volte maggiore di quanto ci si aspettasse. L’allarme arriva da uno studio pubblicato di recente. I calcoli fatti finora per prevedere l’innalzamento del livello del mare non erano sbagliati, ma non avevano tenuto conto del fatto che, nelle zone costiere più …

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Le comunità costiere stanno vivendo un innalzamento del livello del mare fino a quattro volte maggiore di quanto ci si aspettasse. L’allarme arriva da uno studio pubblicato di recente.

I calcoli fatti finora per prevedere l’innalzamento del livello del mare non erano sbagliati, ma non avevano tenuto conto del fatto che, nelle zone costiere più popolose, questo fenomeno si somma a un vero e proprio sprofondamento della terra. Si tratta di un fenomeno noto come subsidenza, per il quale il terreno tende ad abbassarsi, ed è dovuto in larga parte ad attività antropiche come il pompaggio delle acque sotterranee, l’estrazione di materiali dal terreno e la produzione di sedimenti.
Impressionanti i dati resi noti dallo studio, che è stato pubblicato su Nature: mentre negli ultimi decenni il livello del mare è aumentato mediamente di 2,55 millimetri all’anno, osservano i ricercatori, nelle aree costiere più popolate tale crescita varia dai 7,8 ai 9,9 mm all’anno, valori fino a 4 volte maggiori.

È la prima volta che uno studio calcola l’impatto della subsidenza sull’innalzamento del livello del mare a livello globale.
Robert Nicholls, autore principale della ricerca e direttore del Tyndall Center for Climate Change Research del Regno Unito, ha rivelato alla CNN che i risultati sono stati sorprendenti anche per gli stessi ricercatori. La situazione è grave soprattutto nelle zone dei delta dei fiumi: da una parte i fiumi portano i sedimenti verso il mare, concorrendo all’aumento del peso che si accumula sul terreno, e dall’altra determinano un aumento delle attività come il pompaggio delle acque sotterranee.

Le aree che finora sono state più colpite dall’innalzamento del livello del mare in relazione al cedimento del suolo sono soprattutto le zone costiere dell’Asia, dove si somma la presenza di molti fiumi a quella di città estremamente popolose.
Secondo i ricercatori «il sud, il sud-est e l’est dell’Asia ospitano il 71 per cento dell’intera popolazione costiera globale che vive al di sotto dei 10 metri di altitudine».
La situazione preoccupa anche gli Stati Uniti, dove si registra un maggiore innalzamento del livello del mare soprattutto nelle aree costiere della Louisiana e del Texas. Vicina al delta del Mississippi, New Orleans sta affondando.
Anche Miami trema, e si stima che sia la città dove si registrerebbero le perdite economiche più gravi al mondo. Per affrontare la minaccia la contea di Miami-Dade ha preparato un piano per affrontare l’innalzamento del mare prevedendo di alzare il livello delle strade e delle case, di creare spazi in cui far defluire l’acqua e costruire di più nelle zone lontane dalla costa.

Anche a Venezia si osserva una velocità di innalzamento maggiore della media globale a causa della subsidenza: tra il 1994 e il 2016 il mare si è alzato di circa 5,6 mm all’anno.

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Nasce l’Osservatorio Europeo su CLIMA e SALUTE https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/nasce-losservatorio-europeo-su-clima-e-salute-anche-nel-nostro-continente-sono-alti-i-rischi-legati-ai-cambiamenti-climatici/ Sat, 06 Mar 2021 12:03:35 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/nasce-losservatorio-europeo-su-clima-e-salute-anche-nel-nostro-continente-sono-alti-i-rischi-legati-ai-cambiamenti-climatici/ L’Europa si organizza per rispondere alle minacce per la salute che derivano dal cambiamento del clima, consapevole del fatto che, mentre in vista dei negoziati in programma per questo autunno si vanno definendo gli impegni volti alla mitigazione dei cambiamenti climatici, è sempre più urgente anche una strategia efficace per l’adattamento agli impatti che ormai non …

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L’Europa si organizza per rispondere alle minacce per la salute che derivano dal cambiamento del clima, consapevole del fatto che, mentre in vista dei negoziati in programma per questo autunno si vanno definendo gli impegni volti alla mitigazione dei cambiamenti climatici, è sempre più urgente anche una strategia efficace per l’adattamento agli impatti che ormai non possiamo più evitare.

Emergenza climatica, in Europa danni per 12 miliardi all’anno: l’UE vara una nuova strategia

Nella cornice di questa strategia la Commissione Europea e l’Agenzia europea per l’Ambiente hanno presentato nei giorni scorsi l’Osservatorio europeo su clima e salute. La crisi climatica comporterà emergenze sanitarie sempre più frequenti e gravi, avverte l’UE: «si ritiene che fenomeni meteorologici estremi più frequenti e intensi, la comparsa e la diffusione di nuove malattie infettive, le minacce alla sicurezza alimentare e idrica e la perdita di biodiversità genereranno gravi rischi per la salute e amplificheranno i problemi sanitari esistenti.

Ma i cambiamenti del clima stanno già incidendo sulla salute delle persone e e sui sistemi sanitari, portando a vittime ed effetti negativi sulla salute in Europa.
La vulnerabilità al caldo estremo continua ad aumentare nel continente, a causa anche della crescita della popolazione urbana, delle condizioni croniche sempre più comuni e di un numero crescente di anziani. Allo stesso tempo, il cambiamento climatico sta rendendo alcune aree dell’Europa più adatte allo sviluppo di varie malattie infettive, sottolinea il nuovo Osservatorio, «tra cui la febbre dengue, le infezioni da Vibrio e la febbre del Nilo occidentale».

Mortalità globale correlata al calore per le persone di età superiore ai 65 anni . Fonte: Watts et al., 2020, via Osservatorio europeo su clima e salute

Il rapporto Responding to the health risks of climate change in Europe, pubblicato in occasione della presentazione dell’Osservatorio, rileva che, sebbene tutti gli Stati membri dell’UE abbiano strategie o piani di adattamento, le azioni che affrontano le minacce per la salute legate al clima sono in ritardo. L’UE esorta inoltre a coinvolgere maggiormente i professionisti della sanità pubblica nelle strategie che vengono portate avanti, a livello locale, nel domino della pianificazione del territorio, della progettazione urbana o dei dipartimenti ambientali.

La versione integrale del rapporto è consultabile a questo link

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INCENDI e CLIMA, in fiamme sempre più zone che prima erano inviolate: coinvolta anche l’EUROPA https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/gli-incendi-stanno-colpendo-sempre-piu-zone-che-prima-erano-inviolate-centra-la-crisi-climatica-ecco-cosa-sta-succedendo/ Mon, 22 Feb 2021 09:49:20 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/gli-incendi-stanno-colpendo-sempre-piu-zone-che-prima-erano-inviolate-centra-la-crisi-climatica-ecco-cosa-sta-succedendo/ Influenzando il clima del Pianeta l’umanità sta modificando anche la mappa degli incendi, che ora devastano anche zone precedentemente inviolate. Naturalmente gli incendi hanno sempre fatto parte del nostro mondo, ma gli scienziati hanno scoperto che si stanno spostando verso ecosistemi che prima non dovevano affrontare questo problema, e c’è lo zampino del clima. Fa …

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Influenzando il clima del Pianeta l’umanità sta modificando anche la mappa degli incendi, che ora devastano anche zone precedentemente inviolate.

Naturalmente gli incendi hanno sempre fatto parte del nostro mondo, ma gli scienziati hanno scoperto che si stanno spostando verso ecosistemi che prima non dovevano affrontare questo problema, e c’è lo zampino del clima.

A far luce su come il clima sta influenzando gli incendi è il giornale britannico The Guardian, che ha analizzato i dati registrati in tutto il mondo negli ultimi 20 anni. Dalla ricerca è emerso che i roghi si stanno letteralmente spostando: come spiegano gli scienziati, infatti, l’area complessiva delle zone bruciate nel mondo è rimasta relativamente statica nel periodo analizzato, ma è evidente uno spostamento degli incendi, che colpiscono più foreste e meno praterie. In particolare, in Africa si osserva una riduzione dei roghi nella savana, mentre negli ultimi anni gli incendi hanno devastato aree che prima erano relativamente libere da questo problema, come alcune zone della California, dell’Australia, della Siberia e del Pantanal, in Sudamerica.

Secondo gli esperti, è colpa nostra: la mappa degli incendi sta cambiando per il clima sempre più caldo, che sta trasformando le foreste in vere e proprie polveriere, e anche per come stiamo modificando il territorio, trasformando le praterie in campi agricoli, agglomerati urbani e strade.

Non conosciamo ancora del tutto le conseguenze di questa evoluzione, ma gli scienziati sono preoccupati: lo spostamento degli incendi probabilmente provocherà maggiori emissioni di anidride carbonica proveniente dalle foreste in fiamme e modificherà anche la biodiversità tipica delle praterie, che sono più adatte a sopportare il fuoco.

Citato dal Guardian, il ricercatore Niels Andela dell’Università di Cardiff ha avvertito che molto probabilmente lo spostamento degli incendi è destinato a diventare sempre più evidente, investendo anche altre parti del mondo.

incendi australia clima
Foto: WWF Australia

Con il clima cambiano anche gli incendi, e si spostano verso nuove zone

Tra le aree un tempo inviolate che negli ultimi anni sono state colpite con più violenza dagli incendi ci sono alcune parti dell’Australia e della California, l’Amazzonia e anche l’Europa meridionale.

L’Australia, per esempio, ha dovuto far fronte a una stagione degli incendi senza precedenti l’anno scorso. Tra le sue peculiarità c’è stata anche la diffusione geografica dei roghi: come spiega il Guardian, le zone dell’Australia che storicamente sono quelle più colpite dagli incendi sono quelle meno popolate, a nord e a ovest. Di recente, invece, gli incendi hanno colpito il sud-est, divorando anche foreste che non erano abituate a fronteggiare roghi di quella portata. 

Il dottor Canadell, capo ricercatore del Climate Science Center presso l’Organizzazione per la ricerca scientifica e industriale del Commonwealth in Australia, ha spiegato come il clima abbia influito sugli incendi che hanno messo in ginocchio il Paese. L’Australia aveva vissuto una stagione da record per il caldo, con le temperature più elevate che fossero mai state registrate in oltre 100 anni e una siccità senza precedenti che si era prolungata per due anni, prosciugando le foreste del sud-est e creando le condizioni ideali per la proliferazione del fuoco. Canadell ha avvertito che questa situazione è il sintomo di una tendenza che probabilmente è destinata a proseguire.

«Non ci sono dubbi sul fatto che i cambiamenti del clima siano stati un fattore molto significativo nell’attività estrema degli incendi della scorsa stagione» ha sottolineato lo scienziato, spiegando che la temperatura media del Paese è già aumentata di un grado rispetto ai livelli preindustriali, «con ondate di calore molto più intense e durature di prima» e una siccità sempre più estrema.

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Anche in California gli incendi hanno devastato zone che non erano abituate a far fronte a catastrofi di questo tipo.
Il professor John Abatzoglou, dell’Università della California, ha spiegato che il clima più caldo e secco degli ultimi anni ha reso vulnerabili agli incendi anche nuove zone dello stato.

incendi california
Foto twitter/PlatinumPhilips

Il dottor Matthew W Jones, ricercatore associato presso il Tyndall Center for Climate Change Research dell’Università dell’East Anglia, ha affermato che «negli ultimi 20 anni, l’area bruciata dagli incendi boschivi in ​​California ha registrato un sorprendente aumento di otto volte» e ha spiegato che «cambiamenti su questa scala non si vedono solo in California, ma più in generale nelle foreste degli Stati Uniti occidentali». A causa dei cambiamenti climatici, ha avvertito lo scienziato «l’acqua sta diventando più scarsa, e le foreste si stanno prosciugando più regolarmente durante la primavera, l’estate e l’autunno. Essenzialmente, le foreste si stanno trasformando in vere e proprie polveriere ricche di materiale combustibile».

Negli ultimi anni anche l’Amazzonia brasiliana ha dovuto affrontare sempre più incendi: quasi tutti sono stati dolosi, quindi innescati direttamente dall’uomo, ma gli esperti affermano che il clima gioca comunque un ruolo fondamentale nell’influenzare la loro gravità. I cambiamenti climatici stanno infatti rendendo più vulnerabile soprattutto il sottobosco della foresta pluviale, sempre più caldo e più secco. 

Non si salva neanche la nostra Europa, e in particolare i settori meridionali del continente. «Il clima mediterraneo ha sempre portato allo sviluppo di incendi nella stagione secca – spiega il professor Chase della California State University -, ma le dimensioni che hanno assunto (negli ultimi anni, ndr) sono chiaramente associate ai recenti cambiamenti». Sotto accusa ci sono sempre le temperature sempre più elevate e la siccità sempre più estrema, che creano il mix ideale per lo sviluppo degli incendi anche in zone dell’Europa dove prima se ne registravano di meno.

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La CRISI CLIMATICA è una crisi umanitaria, l’ONU: «affrontiamola subito, insieme» https://www.iconameteo.it/news/video/la-crisi-climatica-e-anche-una-crisi-umanitaria-ed-e-destinata-a-diventare-sempre-piu-grave-lonu-affrontiamola-subito-insieme/ Tue, 16 Feb 2021 09:44:03 +0000 https://www.iconameteo.it/news/video/la-crisi-climatica-e-anche-una-crisi-umanitaria-ed-e-destinata-a-diventare-sempre-piu-grave-lonu-affrontiamola-subito-insieme/ «La crisi climatica è una crisi umanitaria». A confermarlo è l’ONU, che attraverso l’Ufficio per gli Affari Umanitari (OCHA) ha sottolineato l’importanza di agire in fretta puntando sia alla mitigazione che all’adattamento. «Il nostro mondo sta cambiando in modo drammatico» osserva l’ONU: il livello del mare sta aumentando a ritmi spaventosi, gli incendi divorano foreste, …

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«La crisi climatica è una crisi umanitaria». A confermarlo è l’ONU, che attraverso l’Ufficio per gli Affari Umanitari (OCHA) ha sottolineato l’importanza di agire in fretta puntando sia alla mitigazione che all’adattamento.

«Il nostro mondo sta cambiando in modo drammatico» osserva l’ONU: il livello del mare sta aumentando a ritmi spaventosi, gli incendi divorano foreste, case e vite umane, i cicloni sono sempre più frequenti e più violenti.
E i rischi aumenteranno ulteriormente, con eventi estremi che si profilano sempre più frequenti e più intensi. Si prevede che, entro il 2050, 200 milioni di persone potrebbero aver bisogno di aiuti umanitari ogni anno per disastri legati alla crisi climatica.

crisi climatica alluvione uragano
Haiti, membri del battaglione giordano della Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti (MINUSTAH) portano in salvo dei bambini tra le acque alluvionali allontanandoli da un orfanotrofio distrutto dall’uragano Ike. UN Photo/Marco Dormino.

«Mentre la crisi climatica colpisce tutto il mondo, sono sempre le persone più vulnerabili a essere danneggiate in modo sproporzionato – sottolinea l’ONU -, le stesse che devono affrontare molte altre minacce, inclusi conflitti, violenze e povertà».
Molti sfollati vivono nei cosiddetti “hotspot climatici“, ovvero zone in cui gli effetti della crisi climatica sono particolarmente evidenti, in cui sono regolarmente esposti ad alluvioni, ondate di caldo e siccità.
Quelle colpite più duramente sono anche le categorie più fragili e marginalizzate, come le donne, i bambini, i più poveri e coloro che non possono contare su una sicurezza alimentare.

La situazione è tragica, ma non tutte le speranze sono perdute. I disastri legati alla crisi climatica non sono inevitabili, afferma l’ONU: «abbiamo gli strumenti per gestire e ridurre il i rischi legati al clima e adattarci. Possiamo usare i dati scientifici per prevenire, anticipare e limitare gli impatti dei disastri». Possiamo anche «finanziare sistemi che ci permettano di agire prima che un evento estremo colpisca, per assicurarci che non si trasformi in un disastro e proteggere vite e mezzi di sussistenza».

«Le azioni globali legate al clima devono dare la priorità al supporto dei più vulnerabili per prevenire, essere preparati e adattati alla crisi climatica in corso» sottolinea l’ONU: «affrontiamo la crisi a testa alta, e facciamolo insieme».

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Il CLIMA influisce sui POLLINI: aumentano le allergie. La ricerca https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/clima-pollini-allergie/ Thu, 11 Feb 2021 07:28:22 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-clima-influisce-sui-pollini-pessime-notizie-per-la-salute-di-chi-soffre-di-allergia-la-ricerca/ Dalla ricerca arrivano sempre maggiori evidenze del legame strettissimo che unisce il clima alla nostra salute. Tra gli ultimi studi in questo campo arrivano le conferme di qualcosa che chi soffre di asma e allergie potrebbe aver già intuito dalla propria esperienza personale: il riscaldamento globale influenza anche questi aspetti. La notizia è stata resa …

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Dalla ricerca arrivano sempre maggiori evidenze del legame strettissimo che unisce il clima alla nostra salute. Tra gli ultimi studi in questo campo arrivano le conferme di qualcosa che chi soffre di asma e allergie potrebbe aver già intuito dalla propria esperienza personale: il riscaldamento globale influenza anche questi aspetti.

La notizia è stata resa nota dalla rivista Pnas, dell’Accademia Nazionale delle Scienze statunitense: i cambiamenti del clima hanno un impatto anche sulle allergie e sugli attacchi d’asma collegati ai pollini.

I ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università dello Utah hanno analizzato in particolare la situazione del Nord America, e hanno scoperto che rispetto agli anni Novanta ci sono state evoluzioni significative.

Il periodo di impollinazione inizia con un anticipo di ben 20 giorni e si conclude 10 giorni più tardi, accompagnato da un aumento dei pollini che ammonta a circa il 21 per cento. Il professor William Anderegg, che ha guidato l’equipe, non ha dubbi: «la correlazione che abbiamo trovato è un esempio cristallino di come l’emergenza climatica stia già avendo conseguenze dirette sulle persone», ha detto.

Al momento in Italia non sono state condotte ricerche su larga scala simili a quella americana, che ha portato al monitoraggio di 60 stazioni gestite dal National Allergy Bureau e all’esame di campioni di polline raccolti tra il 1990 e il 2018. Gli studi che finora sono stati realizzati nel nostro Paese, tuttavia, indicano che anche per noi la situazione è simile: l’impollinazione è sempre più intensa e duratura, con effetti significativi sulla salute delle persone allergiche.

Di recente ne ha parlato anche il dottore Renato Ariano, responsabile nazionale della Sezione di Aerobiologia, Ecologia e Prevenzione Ambientale dell’associazione AAIITO, che unisce gli Allergologi e Immunologi italiani territoriali e ospedalieri. In un’intervista a IconaClima il professore ha confermato che anche in Italia si stanno osservando cambiamenti importanti dovuti proprio al legame tra il clima e le allergie: aumentano i pollini e la durata dell’impollinazione, e si assiste anche a un numero sempre maggiore dei soggetti allergici. Qui trovate l’intervista integrale.

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CRISI CLIMATICA, non tutto è perduto: la SPERANZA arriva da un nuovo studio https://www.iconameteo.it/primo-piano/crisi-climatica-non-tutto-e-perduto-la-speranza-arriva-da-un-nuovo-studio/ Sun, 10 Jan 2021 14:08:43 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/crisi-climatica-non-tutto-e-perduto-la-speranza-arriva-da-un-nuovo-studio/ Il riscaldamento globale è sempre più evidente, nell’aumento delle temperature – il 2020 ha fatto segnare un nuovo record assoluto classificandosi come l’anno più caldo che sia mai stato registrato – come nelle conseguenze devastanti con cui la crisi climatica sta già colpendo duramente i nostri Paesi e le nostre economie. Usa, nel 2020 record …

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Il riscaldamento globale è sempre più evidente, nell’aumento delle temperatureil 2020 ha fatto segnare un nuovo record assoluto classificandosi come l’anno più caldo che sia mai stato registrato – come nelle conseguenze devastanti con cui la crisi climatica sta già colpendo duramente i nostri Paesi e le nostre economie.

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Ma non tutte le speranze sono perse: reagire a questa emergenza è ancora possibile e, secondo un nuovo studio, siamo ancora in tempo per contrastare il riscaldamento globale rendendo più stabili le temperature.

Finora si era pensato che le temperature avrebbero continuato a salire per molti anni anche se le emissioni di gas serra fossero state ridotte in tempi brevi, ma da nuove ricerche sulle implicazioni del taglio delle emissioni è emerso che in realtà il riscaldamento globale può essere ridotto più rapidamente di quanto ci aspettassimo.

Tuttavia, sottolineano gli scienziati, bisogna agire subito.
I modelli che ci mostrano gli scenari a cui andiamo incontro parlano chiaramente: se la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera dovesse restare ai livelli elevati che si registrano attualmente (e che finora continuano ad aumentare), andremmo incontro a una catastrofe climatica annunciata, e inevitabile.
Se aspettiamo ancora a lungo per intervenire riducendo le emissioni, il ritardo ci costerà caro: le temperature infatti sarebbero destinate a salire ulteriormente e a quel punto sarebbe impossibile porvi un rimedio.

riscaldamento globale ghiacci artico
Foto: NOAA

Il riscaldamento globale dipende dalle nostre azioni e possiamo ancora fare qualcosa per contrastarlo

La buona notizia è che finora oltre 100 paesi in tutto il mondo si sono impegnati ad azzerare le proprie emissioni entro il 2050, promettendo quindi che non emetteranno più anidride carbonica di quanta ne viene rimossa dall’atmosfera. Tra questi Paesi ci sono gli stati membri dell’Unione Europea, il Giappone e il Regno Unito; con la guida del presidente eletto Joe Biden, poi, si aggiungeranno anche gli Stati Uniti.

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Come ha riportato il Guardian, il climatologo Michael Mann della Pennsylvania State University ha affermato che se questo obiettivo dovesse essere raggiunto a livello planetario «le temperature smetterebbero di aumentare e il riscaldamento globale si stabilizzerebbe entro un paio di decenni».
«Questo significa che le nostre azioni hanno un impatto diretto e immediato sul riscaldamento globale» ha sottolineato lo scienziato.

Se tagliassimo rapidamente le emissioni di gas serra, la capacità di assorbire il carbonio che contraddistingue oceani, zone umide e foreste potrebbe salvarci. Secondo Mann la situazione in cui ci troviamo è paragonabile a quella di un lavandino che si riempie d’acqua con lo scarico aperto solo parzialmente: se l’acqua continua a scorrere finirà per straripare, ma riducendo il flusso dell’acqua si permette allo scarico di essere efficace.

Il dottor Andrew Dessler – coautore dello studio, che è stato pubblicato su Nature – ha sottolineato anche l’importanza dei tempi con cui le temperature stanno aumentando. «Al momento stiamo facendo cambiare le temperature cento volte più velocemente di quanto si era verificato nel corso dell’ultima era glaciale», ha spiegato: «l’aumento di un grado in alcune centinaia di anni provoca molti meno danni dello stesso riscaldamento concentrato in pochi decenni».
In poco tempo il mondo si è già riscaldato di 1,1°C e la soglia del 1,5°C – fissata dall’Accordo di Parigi come obiettivo da non superare – è estremamente vicina. Rallentando il riscaldamento globale la civiltà sarebbe in gradi di adattarsi ai cambiamenti e di trovare soluzioni tecnologiche per contrastarli.
Come avvertono gli scienziati la massima priorità, oggi, dev’essere quella di ridurre le emissioni globali e arrivare il prima possibile allo zero netto.

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI all’origine del CALDO estremo in SIBERIA https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/i-cambiamenti-climatici-allorigine-del-caldo-estremo-in-siberia/ Thu, 16 Jul 2020 13:26:47 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=50655 I cambiamenti climatici all’origine del caldo estremo in SiberiaI cambiamenti climatici all’origine del caldo estremo in Siberia. Le temperature da record registrate nelle terre artiche sarebbero, dunque, determinate proprio dal climate change. La notizia arriva da MetOffice. Ad effettuare lo studio sono stati i ricercatori di università e servizi meteorologici internazionali. Tra questi, PPShirshov Institute of Oceanology e Russian Academy of Science. In …

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I cambiamenti climatici all’origine del caldo estremo in Siberia. Le temperature da record registrate nelle terre artiche sarebbero, dunque, determinate proprio dal climate change. La notizia arriva da MetOffice. Ad effettuare lo studio sono stati i ricercatori di università e servizi meteorologici internazionali. Tra questi, PPShirshov Institute of Oceanology e Russian Academy of Science. In particolare, senza l’intervento dell’uomo e senza la conseguente emissione di gas serra in atmosfera, la temperatura media globale oggi sarebbe più bassa di ben 2 gradi. La recente, prolungata ondata di calore che ha investito la Siberia da gennaio a giugno 2020 sarebbe stata quasi impossibile senza l’influenza del cambiamento climatico causato dall’uomo. Le temperature in Siberia sono state ben al di sopra della media dall’inizio dell’anno. Una nuova temperatura record per l’Artico, 38 gradi, è stata registrata nella città russa di Verkhoyansk il 20 giugno. In generale, la temperatura massima media della Siberia è risultata superiore di 5 gradi rispetto alla norma da gennaio a giugno.

Devastanti le conseguenze delle temperature da record: vastissimi incendi, scioglimento del permafrost, proliferazione di insetti. I dati lo confermano: i cambiamenti climatici all’origine del caldo estremo in Siberia

Per misurare l’effetto del cambiamento climatico su queste alte temperature, gli scienziati hanno utilizzato sofisticatissime simulazioni al computer. Sono così riusciti a confrontare lo stato attuale del clima, con circa 1 grado dovuto al climate change, rispetto al clima di un mondo senza l’azione dell’uomo. La loro analisi ha mostrato che il calore prolungato sperimentato in Siberia da gennaio a giugno 2020, senza l’intervento dell’uomo, si sarebbe verificato meno di una volta ogni 80.000 anni. I cambiamenti climatici hanno aumentato le possibilità di lunghe ondate di calore di almeno 600 volte. Un dato allarmante. Devastanti, infatti, i risultati del caldo estremo in Siberia. Basti pensare agli incendi. 1, 15 milioni di ettari di terreno completamente rasi al suolo dalle fiamme a fine giugno. Il tutto, associato al rilascio di circa 56 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Parliamo di un quantitativo superiore alle attuali emissioni di alcuni Paesi industrializzati come la Svizzera e la Norvegia. Il caldo ha anche accelerato lo scioglimento del permafrost. Un’enorme quantità di petrolio, conservato all’interno del terreno ghiacciato, è così fuoriuscito, creando un disastro senza precedenti. I gas rilasciati da tutto questo aumenteranno ulteriormente il riscaldamento globale. Non ultima conseguenza, l’incontrollata proliferazione delle falene della seta, le cui larve si nutrono senza sosta di conifere, determinando ulteriori, gravissimi danni all’ambiente.

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Caldo record in Siberia: si può fare sci nautico [VIDEO] https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-siberia-video/ Wed, 08 Jul 2020 10:01:22 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=50224 caldo siberiaDa settimane la Siberia è nella morsa di un caldo senza precedenti: a giugno la temperatura è stata superiore alla media di 5 gradi e nel giorno del solstizio d’estate Verkhoyansk, che normalmente è una delle località più fredde della regione, ha toccato addirittura i 38 gradi, 17 in più rispetto alla media stagionale. Condizioni …

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Da settimane la Siberia è nella morsa di un caldo senza precedenti: a giugno la temperatura è stata superiore alla media di 5 gradi e nel giorno del solstizio d’estate Verkhoyansk, che normalmente è una delle località più fredde della regione, ha toccato addirittura i 38 gradi, 17 in più rispetto alla media stagionale.

Condizioni estreme per quella che è tra le zone abitate più fredde del mondo: fa così caldo che è possibile fare sci nautico nelle acque del Kolyma, uno dei grandi fiumi russi che attraversa la Yakutia per sfociare nell’Oceano Artico. Lo ha fatto Nikita Zimov, direttore del Parco del Pleistocene che si trova oltre il circolo polare artico. Come ha raccontato lui stesso all’Ansa, «abbiamo avuto la più prematura rottura di ghiaccio sul fiume, e giugno è stato probabilmente il mese più caldo di sempre. Ci sono stati circa 10 giorni di caldo senza precipitazioni, con due incendi boschivi in prossimità della stazione a causa della siccità».

«Con i cambiamenti climatici – ha scritto su Facebook la pagina del Parco, che ha pubblicato il video a giugno – nuovi divertimenti artici»:

With the climate change new Arctic entertainment. Super hot days for a second week in a row and forecast doesnt promise any changes. Everyone is suffering and spending much time in/by the water.

Pubblicato da Pleistocene Park su Venerdì 19 giugno 2020

«C’era troppo caldo, non si poteva fare altro», ha confermato all’Ansa il direttore del parco, fondato dal padre Serghei con la tesi che i grandi erbivori, come appunto quelli che esistevano nel Pleistocene, sono in grado di tenere sotto controllo le emissioni di gas serra attraverso il landscaping delle regioni artiche. Tesi che i fatti sembrano avvalorare: all’interno del Parco del Pleistocene, popolato da un grande numero di animali, c’è meno dispersione di calore e il permafrost rimane più freddo.

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Tornado vicino a Novara: con il clima che cambia è un evento sempre meno eccezionale https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/tornado-novara-clima/ Tue, 09 Jun 2020 14:27:13 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=48765 tornado novara 8 giugnoNel pomeriggio di lunedì 8 giugno, intorno alle 17:00, la zona di Novara è stata colpita da un forte temporale che, oltre a intense raffiche di vento e piogge estremamente abbondanti, ha dato origine anche a uno spettacolare tornado. Una funnel cloud, o “nube a imbuto”, ha preso forma nel cielo a Trecate, in provincia …

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Nel pomeriggio di lunedì 8 giugno, intorno alle 17:00, la zona di Novara è stata colpita da un forte temporale che, oltre a intense raffiche di vento e piogge estremamente abbondanti, ha dato origine anche a uno spettacolare tornado.
Una funnel cloud, o “nube a imbuto”, ha preso forma nel cielo a Trecate, in provincia di Novara, ed è diventata un tornado a tutti gli effetti quando, dopo pochi minuti, ha toccato terra.

Un tornado rappresenta senza dubbio un evento impressionante per l’Italia, ma quello di lunedì non è stato un caso eccezionale. Come conferma il meteorologo Rino Cutuli di IconaMeteo, «anche se è decisamente inferiore rispetto a quanto accade negli Stati Uniti, il rischio tornado esiste anche in Italia: in media se ne formano tra gli 8 e i 10 all’anno, ma negli ultimi decenni stiamo osservando una crescita di questo numero».

«Nello specifico – sottolinea il meteorologo – il tornado che si è formato nella giornata di lunedì a Trecate, nel Novarese, si inserisce in una fase meteorologica molto turbolenta sull’Italia, contraddistinta da numerosi episodi di maltempo, in una prima decade di giugno che, con buona probabilità, verrà ricordata come tra le più piovose degli ultimi anni, dopo una primavera tra le più secche di sempre».

tornado novara 8 giugno
Foto: @DeDietrich via IconaMeteo

Sempre più tornado colpiscono l’Italia: perché?

Abbiamo osservato una crescita del numero dei tornado – spiega Rino Cutuli – soprattutto a partire dal Ventunesimo secolo, in concomitanza con una drastica accelerazione dei cambiamenti climatici e, di conseguenza, con il sensibile aumento di eventi meteo estremi.

Basti pensare che negli ultimi 6 anni si sono contati ben 197 tornado, il più forte dei quali a Dolo (VE) nel 2015: era di intensità 3 in una scala, quella Fujita, che va da 1 a 5.

Quali sono le zone più a rischio?

In Italia, l’area in assoluto più esposta al rischio tornado è la pianura padana, pur con le sue dimensioni ridotte rispetto alle immense distese pianeggianti americane: in particolare il settore lombardo-veneto-emiliano dove i fenomeni vorticosi si possono verificare con maggiore frequenza, alcuni dei quali non hanno nulla da invidiare ai tornado che si sviluppano oltreoceano.

In primis il Veneto (soprattutto Vicentino, Trevigiano e Veneziano) e la pianura friulana. A seguire, la pianura piemontese orientale, quella laziale e pugliese centro-meridionale, particolarmente il Salento, mentre le aree costiere di queste ultime regioni vengono lambite dalle trombe marine che si formano sul mare prospiciente.

C’è una “stagione dei tornado”?

Per quanto riguarda il periodo, la stagione che appare più fertile al Nord è quella compresa tra la fine della primavera e la stagione estiva.
Tra settembre e novembre, mentre al Nord la probabilità di tornado si riduce notevolmente, aumenta al Centro-Sud, buona parte delle quali sono landfall di trombe marine.

https://www.instagram.com/p/CBL3Ch7psUO/

Che differenza c’è tra una tromba d’aria e un tornado? E come si formano?

Le trombe d’aria e i tornado sono lo stesso fenomeno: per svilupparsi hanno bisogno di estese e grandi superfici pianeggianti, che ne permettano prima la nascita e in seguito la sopravvivenza per un tempo sufficientemente lungo ( dell’ordine dei 5-15 minuti) da permettere loro di spostarsi insieme alla cella temporalesca dalla quale hanno tratto origine.

Infatti, non esiste tornado senza che prima si sia formato un temporale: stiamo parlando di uno dei fenomeni più complessi da spiegare dal punto di vista meteorologico e che per questo resta, ancora oggi, oggetto di studio e analisi.

Innanzitutto, questo fenomeno trae origine dagli intensi moti ascensionali all’interno di celle temporalesche più o meno violente, multicellulari o supercellulari, in grado di percorrere centinaia di chilometri e generare venti distruttivi anche fino ai 500 Km/h.

Ciò presuppone la presenza di un ambiente fortemente instabile, con una massa d’aria calda e umida nei bassi strati, più fredda e secca in quota, che sollevandosi si condensa e dà origine a forti temporali.

Se lungo la colonna d’aria calda ascendente che alimenta la nube temporalesca (la termica) i venti circostanti tendono a ruotare gradualmente con la quota, aumentando al contempo d’intensità (fenomeno anche noto come wind shear), allora la colonna d’aria è costretta ad assumere un moto rotatorio nel piano orizzontale. A questo punto, se le correnti ascensionali si intensificano ulteriormente, tutta la colonna d’aria in rotazione viene impennata verso l’alto: la massa d’aria in tal modo ruota attorno ad un asse che non è più parallelo al suolo, bensì quasi perpendicolare ad esso.

Nel frattempo, nella zona più interna della colonna rotante si forma una zona di relativa calma, caratterizzata da un minimo relativo di pressione (mesociclone) in cui l’aria, invece di salire, ridiscende lentamente verso il suolo: il centro di bassa pressione all’interno del tornado ha lo scopo di compensare l’intensa forza centrifuga da rotazione, altrimenti il vortice rotante si dilaterebbe verso l’esterno fino a dissolversi. L’aria che viene aspirata dal vortice si avvita a spirale attorno alla colonna di bassa pressione, per poi rallentare una volta raggiunto il cumulonembo che lo sovrasta. Si spiega così anche la caratteristica forma assunta dai tornado, che appaiono come un enorme imbuto che parte dalla base del cumulonembo e arriva a toccare il suolo: la distribuzione della pressione è infatti tale che l’area di bassa pressione si allarga via via che si sale verso la base della nube temporalesca.

Il suo diametro varia dai 100 ai 500 metri ma, in casi eccezionali, sono stati registrati tornado con diametro di base superiore ad 1 Km. L’altezza può variare tra i 100 e i 1000 metri, in relazione alla distanza tra il suolo e la base del cumulonembo.

I tornado più violenti sono quelli che si formano all’interno di temporali a supercella, perché qui la termica è molto più intensa e per di più già dotata del tipico moto rotatorio. Questo è il motivo per cui i tornado si formano con maggiore facilità e frequenza e con una potenza distruttiva molto maggiore negli USA piuttosto che in Italia, dove la stragrande maggioranza di essi è associata a temporali multicellulari.

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