Mare Mediterraneo in sofferenza da inquinamento: dal nuovo report WWF non provengono buone notizie
Dal 2014 ogni 8 luglio ricorre la Giornata internazionale del Mar Mediterraneo istituita dalle Nazioni Unite per rimarcare l’importanza degli oceani e del mare come beni da proteggere, preservare e per sottolineare l’urgenza di contrastare i fattori di rischio che compromettono la sua integrità. Il Mediterraneo nonostante occupi solo l’1% della superficie degli oceani, rappresenta uno degli ecosistemi più ricchi di biodiversità della Terra: è popolato da oltre 12000 specie di animali, tra il 4 e il 12% della fauna marina mondiale. Quotidianamente viene minacciato dall’inquinamento derivato dalle acque reflue, da rifiuti, microplastiche disperse, costruzione di costiere, diffusione di specie non autoctone e dai cambiamenti climatici: secondo gli studiosi si tratta di una delle zone del Pianeta che subirà maggiormente l’aumento delle temperature.
In base al report “Non c’è salute in un ambiente malato” pubblicato dal WWF proprio in occasione dell’8 luglio, l’87% delle aree monitorate ha problemi di inquinamento, soprattutto legati a metalli tossici, sostanze chimiche industriali e rifiuti di plastica. A causa di questo degrado non solo del mare ma anche delle acque dolci, dell’aria e del suolo, la salute degli esseri umani è messa sempre più a rischio: negli ultimi 20 anni i decessi causati dalle moderne forme di inquinamento atmosferico e da sostanze chimiche tossiche sono aumentati del 66%, fino a raggiungere i 9 milioni di morti l’anno, fatto che rende l’inquinamento il principale fattore di rischio ambientale per malattie e morti premature a livello mondiale.
Il WWF si pone l’obiettivo di far riflettere e rafforzare la nostra consapevolezza sull’impatto dell’inquinamento sulle nostre vite, ma anche su quanto possiamo e dobbiamo fare tutti per ridurre la dispersione di sostanze nocive spesso invisibili ma che restano nell’ambiente e nel nostro organismo per moltissimo tempo e sono in grado di percorrere lunghe distanze senza subire alcuna degradazione, con sempre più evidenti rischi per la salute umana.
“Per ridurre l’inquinamento servono un’azione e un cambiamento collettivi poiché questo è il risultato di molteplici attività che si svolgono nella maggior parte dei settori sociali ed economici, ed è regolamentato da autorità internazionali, nazionali, regionali e locali. Serve maggiore trasparenza sulle sostanze chimiche presenti nei prodotti, sia lavorando sull’etichettatura, sia sulla sensibilizzazione dei consumatori, riducendo l’utilizzo di sostanze dannose per la salute e per l’ambiente. L’obiettivo comune è porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040 e per raggiungerlo i Paesi di tutto il mondo devono adottare un Trattato globale sulla plastica, in accordo con il mandato stabilito nella risoluzione del marzo 2022 dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente. Ognuno di noi deve e può adottare comportamenti più sicuri per la collettività e per il nostro benessere attraverso i prodotti che acquistiamo e il modo in cui li (ri)usiamo, ricicliamo o scartiamo. Spesso, sono le piccole cose a fare una grande differenza” queste le parole di Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del WWF Italia.
L’inquinamento chimico è tra le principali minacce per la salute dell’ambiente, delle persone e una delle sfide ecologiche più gravi e urgenti che siamo chiamati ad affrontare. Mari, fiumi laghi, zone umide e falde acquifere sono pesantemente colpiti soprattutto dall’inquinamento da pesticidi e nutrienti provenienti dall’agricoltura, metalli pesanti, agenti patogeni e residui chimici provenienti da fanghi e acque reflue non trattate sia industriali sia urbane. Fino a 400 milioni di tonnellate di queste sostanze provenienti da impianti industriali vengono scaricate ogni anno nelle acque del mondo: un terzo della perdita di biodiversità globale in base agli scienziati, avviene a causa del degrado degli ecosistemi d’acqua dolce dovuto principalmente all’inquinamento delle risorse idriche e degli ecosistemi acquatici. L’inquinamento idrico è anche responsabile di circa 1,4 milioni di morti premature al mondo ogni anno.
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In Europa il 44%, meno della metà, dei corpi idrici superficiali è in buono o ottimo stato ecologico anche dal punto di vista chimico. In Italia il 13% dei fiumi e l’11% dei laghi non raggiungono il buono stato, ma il 9% e il 20% rispettivamente non sono ancora classificati. Per quanto riguarda i mari d’Europa, tra il 75 e il 96% delle aree valutate presenta un problema di contaminazione. In Italia, per molte sostanze chimiche ancora non ci sono dati di monitoraggio sufficienti per valutare lo stato delle acque marine ma i dati disponibili indicano un diffuso e complessivo cattivo stato dei mari.
La plastica è una delle contaminazioni chimiche più pervasive, persistenti e diffuse a livello globale a cui siamo esposti tutti i giorni, non solo attraverso l’acqua ma anche attraverso l’aria e il cibo. Nel Mediterraneo purtroppo è stata evidenziata la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità marine: 1,9 milioni di frammenti per m², presenza che supera il limite massimo tollerabile oltre il quale non c’è più sicurezza di mantenere le condizioni favorevoli alla vita e al benessere umano. Le materie plastiche che costituiscono il 75% dei rifiuti marini trasportano sostanze chimiche: è stato calcolato che insieme a questo tipo di rifiuti, in un solo anno siano entrate negli oceani 190 tonnellate di 20 diversi additivi chimici. Fino a 16000 diverse sostanze chimiche sono state ritrovate nelle plastiche tra coloranti, ritardanti di fiamma, stabilizzanti, lubrificanti, plastificanti e altre sostanze, molte delle quali hanno funzioni, strutture e tossicità poco conosciute.
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La ricerca mette anche in evidenza gli effetti gravi che l’inquinamento chimico da microplastiche sta causando ad intere popolazioni di specie selvatiche, habitat ed ecosistemi acquatici e terrestri. Stanno aumentando anche le prove scientifiche degli effetti sulla salute umana: infiammazioni, alterazioni cellulari e genotossicità che possono portare conseguenze gravi, tra cui cancro, problemi riproduttivi, di sviluppo, respiratori e digestivi, obesità, diabete. Oltre ai danni importanti sulla nostra salute, sono stati valutati anche quelli economici: il 92% degli europei afferma che le aziende dovrebbero pagare i costi di disinquinamento, mentre il 74% concorda sul fatto che le autorità pubbliche dovrebbero pagare i costi.
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