Grave siccità in Sud Africa: in Namibia si macellano gli animali selvatici per sostentare la popolazione
Una devastante siccità causata dal fenomeno climatico El Niño si sta abbattendo sul Sud Africa con gravi conseguenze: mancano acqua e cibo per 68 milioni di persone. Produzione agricola con raccolti diminuiti più del 50% ed allevamento di bestiame sono stati fortemente compromessi determinando significative carenze alimentari. In Namibia ad esempio la situazione è grave al punto che oltre metà della popolazione rischia di rimanere senza cibo: secondo l’ONU quella attualmente in corso è la peggior siccità che l’abbia mai colpita negli ultimi 100 anni con più dell’84% delle scorte di cibo esaurite.
In Namibia lo stato di emergenza nazionale per l’estrema carenza di piogge era stato dichiarato nel mese di maggio; a seguire le stesse orme Zambia, Zimbabwe, Malawi, Botswana, Zimbabwe e Lesotho che hanno proclamato lo stato di calamità alimentare nazionale. Particolarmente a rischio sono i più piccoli: i dati Unicef stimano infatti che oltre 270000 bambini soffrano di malnutrizione acuta grave potenzialmente letale.
Per cercare di alleviare le conseguenze di questa drammatica situazione, il governo della Namibia ha cominciato ad abbattere animali selvatici per destinarli al macello: secondo quanto comunicato alla stampa dal Responsabile delle relazioni pubbliche presso il Ministero dell’ambiente e del turismo, Romeo Muyunda, sono 723 esemplari di diverse specie per dare aiuti alimentari a circa 340000 famiglie. Sono state selezionate 300 zebre, 100 antilopi, 100 gnu striati, 83 elefanti, 60 bufali, 50 impala e 30 ippopotami.
Gli animali in questione provengono da 5 diversi parchi nazionali: Namib Naukluft uno dei più estesi d’Africa e del mondo, Mangetti, Bwabwata, Mudumu e Nkasa Rupara. Le colonie di animali coinvolte, secondo quanto riportato dal governo, sono in sovrannumero rispetto alla terra e al cibo disponibile.
La carne proveniente da questi animali verrà poi distribuita ai cittadini delle aree più povere nell’ambito di un programma nazionale di soccorso contro la siccità che è stato lanciato poco dopo la proclamazione dello stato di emergenza e per il quale la Namibia ha già predisposto di stanziare circa 41 milioni di euro. In tutto però, le stime dei politici arrivano ad oltre 65 milioni di euro; una larga fetta di questi fondi non è stata ancora finanziata e il governo ha più volte chiesto sostegno alla comunità internazionale in questo senso.
Sono oltre 157 gli animali già cacciati da cacciatori professionisti e da aziende incaricate dal governo, producendo più di 56800 kg di carne. “Questo provvedimento è necessario ed è in linea con il nostro mandato costituzionale secondo cui le nostre risorse naturali vengono utilizzate a beneficio dei cittadini namibiani. Si stima che più di 200000 elefanti vivano in un’area protetta distribuita in 5 Paesi dell’Africa meridionale, Zimbabwe, Zambia, Botswana, Angola e Namibia, rendendo la regione sede di una delle più grandi popolazioni di elefanti al mondo” queste le parole di Romeo Muyunda.
Dietro gli abbattimenti però ci sono anche altre motivazioni: la Namibia ritiene infatti l’uccisione degli animali necessaria per poter meglio gestire il conflitto con le comunità umane che vivono nelle stesse aree dove si trovano gli animali, che a causa della siccità non potranno far altro che peggiorare. Già nel 2023 il ministero dell’ambiente aveva stabilito di dover diminuire la popolazione di elefanti presenti, ritenuta troppo numerosa.
La questione è stata di recente anche al centro di alcune dispute fra governi dell’Africa meridionale ed europei. Diversi Paesi in Europa stanno infatti promuovendo delle leggi che prevedono il divieto all’importazione di trofei da caccia. Queste misure sono molto mal viste da Paesi come Namibia e Botswana che vedono nella caccia regolarizzata un’importante fonte di sostentamento economico per le comunità oltre che una modalità utile a livellare la presunta sovrappopolazione di alcuni animali per gestire il conflitto fra animali selvatici ed esseri umani.
Anche attivisti e animalisti si sono schierati contro i provvedimenti del governo, sostenendo che non ci sia ancora uno studio sull’impatto ambientale dell’operazione. Motivo per cui, alcuni hanno lanciato una petizione contro la caccia. Per adesso, però, sembra che i governi degli Stati sudafricani non abbiano soluzioni alternative.
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