Primo piano - Icona Meteo https://www.iconameteo.it/primo-piano/ IconaMeteo.it - Sempre un Meteo avanti Wed, 23 Oct 2024 10:59:41 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://www.iconameteo.it/contents/uploads/2019/12/Favicon-150x150.png Primo piano - Icona Meteo https://www.iconameteo.it/primo-piano/ 32 32 Piena del Po e nuove piogge preoccupano l’Emilia Romagna https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/piena-del-po-e-nuove-piogge-preoccupano-emilia-romagna/ Wed, 23 Oct 2024 10:59:41 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78864 emilia romagna alluvioneDopo l’alluvione è la piena del Po a preoccupare l’Emilia Romagna: il passaggio della piena sta avvenendo in queste ore, e secondo l’Agenzia Interregionale per il fiume Po, dovrebbe raggiungere il mare nel corso della prossima notte. Piena del Po in transito in Emilia Romagna, ma nel frattempo arriva altra pioggia La piena del Fiume …

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Dopo l’alluvione è la piena del Po a preoccupare l’Emilia Romagna: il passaggio della piena sta avvenendo in queste ore, e secondo l’Agenzia Interregionale per il fiume Po, dovrebbe raggiungere il mare nel corso della prossima notte.

Piena del Po in transito in Emilia Romagna, ma nel frattempo arriva altra pioggia

La piena del Fiume Po ha raggiunto la Romagna, dove ha raggiunto il livello rosso, superando il livello di guardia, a Boretto e Pontelagoscuro, nel ferrarese, dove il fiume Po ha raggiunto i 2,56 metri di altezza sullo zero idrometrico. Il livello del Po di Goro ha superato la soglia di guardia anche ad Ariano, con 3,28 metri sul livello idrometrico.

emilia romagna fiume po piena

L’ARPA dell’Emilia Romagna ha diramato un’allerta arancione, valida dalle 12 del 23 ottobre, fino alle 00 del 25 ottobre, per il passaggio della piena nelle province di Parma, Piacenza e Ferrara, e per il rischio di frane e piene anche lungo i corsi d’acqua minori nelle province di Piacenza, Parma, Bologna e Ravenna.

Il rischio è che in giornata le piogge previste possano di nuovo ingrossare i fiumi.

Mercoledì 23 sono infatti previste piogge diffuse e localmente intense, con rischio di rovesci e temporali. “Le precipitazioni previste – avverte l’Arpa regionale – potranno generare nuovi incrementi nei bacini del settore centro-occidentale già interessati dalle piene precedenti. Nei corsi d’acqua della pianura piacentino-parmense si prevedono rapidi innalzamenti dei livelli idrometrici nei corsi d’acqua, con possibili superamenti della soglia 2″.

piena del po allerta emilia romagna

Allerta arancione anche giovedì

L’allerta arancione per le piene dei fiumi riguarderà giovedì 24 le pianure delle province di Reggio Emilia, Modena e Ferrara. Nella giornata di giovedì sono infatti previste nuove piogge, che potranno risultare localmente intense, anche a carattere di rovescio.

“La criticità idraulica nella pianura centro-occidentale è riferita – spiega l’Arpa nel bollettino di allerta – al lento esaurimento della piena del fiume Panaro e per i nuovi innalzamenti dei livelli idrometrici del fiume Secchia. La criticità idraulica sulle pianure centro-orientali rivierasche di Po è riferita al transito della piena con livelli superiori alla soglia 1 sull’asta centrale e superiori alla soglia 2 sull’asta orientale fino ai rami deltizi”.

Sui settori collinari e montani non si possono escludere frane o locali episodi di ruscellamento, mentre nell’area collinare di Bolognaprosegue la particolare vulnerabilità delle aree urbanizzate e della rete stradale ancora interessate da presenza di materiale detritico”.

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L’ex uragano Oscar causa sei vittime a Cuba: adesso punta le Bahamas https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/l-ex-uragano-oscar-causa-sei-vittime-a-cuba-ora-punta-bahamas/ Tue, 22 Oct 2024 09:19:58 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78851 ex uragano OscarL’ex uragano Oscar, ora declassato a tempesta tropicale, ha colpito la parte orientale di Cuba domenica scorsa causando almeno sei morti. Oscar era un uragano di categoria 1, con venti di 120 km/h, quando ha toccato terra nella provincia orientale cubana di Guantanamo, vicino alla città di Baracoa, domenica sera. Ora si dirige verso le …

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L’ex uragano Oscar, ora declassato a tempesta tropicale, ha colpito la parte orientale di Cuba domenica scorsa causando almeno sei morti. Oscar era un uragano di categoria 1, con venti di 120 km/h, quando ha toccato terra nella provincia orientale cubana di Guantanamo, vicino alla città di Baracoa, domenica sera. Ora si dirige verso le Bahamas.

Oscar adesso è una tempesta tropicale: gli ultimi aggiornamenti e la traiettoria prevista

Secondo le ultime previsioni del National Hurricane Center, tra oggi e domani Oscar girerà verso nord rientrando nell’oceano verso le Bahamas centrali, rimanendo una tempesta tropicale. I venti massimi sostenuti rimangono vicini a 65 km/h con raffiche più elevate.
Mentre sono previste poche variazioni di forza nei prossimi due giorni, si prevede che Oscar diventi un minimo post-tropicale entro stasera, per poi essere assorbito da un’altra area di bassa pressione entro giovedì. Sono previste condizioni di tempesta tropicale nelle Bahamas centrali e sudorientali.
tempesta tropicale Oscar
Traiettoria tempesta tropicale Oscar – National Hurricane Center

Oscar ha colpito Cuba aggravando un grosso blackout che ha colpito L’Avana

L’ex uragano ha provocato almeno sei morti a Cuba mentre un blackout di massa ha bloccato le attività e scatenato le proteste. La capitale di Cuba, L’Avana, è infatti rimasta in gran parte paralizzata lunedì mentre il resto dell’Isola si preparava a vivere la quarta notte al buio. I comuni di Imías e San Antonio del Sur, a Guantanamo, sono rimasti isolati lunedì a causa delle gravi inondazioni causate dalle piogge torrenziali dell’uragano Oscar.

Secondo fonti ufficiali e resoconti sui social media, entrambi i comuni nel sud della provincia hanno subito l’impatto maggiore di Oscar a iniziare da domenica pomeriggio, quando ha toccato terra a Guantánamo come uragano di categoria 1.

L’ex uragano ha scaricato molta pioggia in alcune zone di Guantanamo

Il Centro di previsione dell’Istituto di meteorologia (INSMET) ha riferito ieri che nelle 24 ore precedenti sono stati segnalati numerosi acquazzoni e piogge nella regione orientale, associati alla tempesta tropicale Oscar, che è diventata forte e intensa in alcune località, principalmente nelle province di Guantánamo e Holguín.
Nella rete combinata di stazioni meteorologiche e pluviometriche dell’Istituto nazionale delle risorse idrauliche, sono stati registrati accumuli superiori a 100 millimetri in 11 località e in tre di queste i record hanno superato i 200 millimetri. Gli accumuli più elevati sono stati segnalati nella stazione meteorologica di Punta de Maisí, con 366 mm; Puriales de Caujerí, a San Antonio del Sur, con 329 mm; Jamal, a Baracoa, con 208 mm.
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Il sistema globale dell’acqua è fuori equilibrio: un nuovo rapporto avverte di una crisi senza precedenti https://www.iconameteo.it/primo-piano/il-sistema-globale-dellacqua-e-fuori-equilibrio-un-nuovo-rapporto-avverte-di-una-crisi-senza-precedenti/ Sun, 20 Oct 2024 10:09:28 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78837 AcquaPer la prima volta nella storia, il ciclo globale dell’acqua è stato alterato dall’attività umana, dando origine a una crisi che minaccia economie, produzione alimentare e la sopravvivenza stessa di miliardi di persone. Un nuovo rapporto della Global Commission on the Economics of Water, composta da leader ed esperti internazionali, lancia l’allarme sulla necessità di …

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Per la prima volta nella storia, il ciclo globale dell’acqua è stato alterato dall’attività umana, dando origine a una crisi che minaccia economie, produzione alimentare e la sopravvivenza stessa di miliardi di persone. Un nuovo rapporto della Global Commission on the Economics of Water, composta da leader ed esperti internazionali, lancia l’allarme sulla necessità di un intervento urgente per affrontare questo problema.

Il ciclo dell’acqua è il processo naturale attraverso il quale l’acqua si muove sulla Terra: evaporando da laghi, fiumi e piante, si trasforma in vapore e si accumula nell’atmosfera, formando grandi correnti di vapore che viaggiano su lunghe distanze. Alla fine, l’acqua torna a terra sotto forma di pioggia o neve. Tuttavia, secondo il rapporto, decenni di gestione insostenibile delle risorse idriche e l’uso distruttivo del suolo, combinati con la crisi climatica causata dall’uomo, hanno messo “una pressione senza precedenti” su questo delicato equilibrio.

Gli effetti di questi sconvolgimenti si stanno già manifestando in diverse parti del mondo. Quasi 3 miliardi di persone soffrono attualmente di scarsità d’acqua, e le conseguenze si estendono oltre la semplice mancanza di risorse idriche. Campi agricoli si stanno inaridendo e intere città stanno affondando a causa dell’abbassamento delle falde acquifere. La crisi idrica non è solo una questione ambientale: se non si interviene, rischia di avere un impatto devastante sulle economie globali. Secondo il rapporto, senza un’azione urgente, oltre il 50% della produzione alimentare mondiale potrebbe essere compromesso e le economie potrebbero subire una riduzione media dell’8% del PIL entro il 2050, con perdite che potrebbero arrivare fino al 15% nei paesi a basso reddito.

Un esperto climatologo della commissione ha sottolineato come, per la prima volta nella storia umana, l’equilibrio del ciclo dell’acqua sia stato compromesso. “Le precipitazioni, che sono alla base di tutta l’acqua dolce, non possono più essere considerate una risorsa sicura e prevedibile”, ha dichiarato.

Stato globale dell’acqua: i dettagli del nuovo rapporto

Il rapporto distingue tra due tipi di acqua: quella “blu”, che rappresenta l’acqua liquida presente in fiumi, laghi e falde acquifere, e “acqua verde”, l’umidità immagazzinata nel suolo e nelle piante. Anche se spesso sottovalutata, l’acqua verde è essenziale per il ciclo idrico globale, poiché ritorna nell’atmosfera sotto forma di vapore rilasciato dalle piante, contribuendo a circa la metà delle precipitazioni che si verificano sulla terra. Il documento evidenzia come entrambe le forme d’acqua siano cruciali e come la loro gestione sostenibile sia fondamentale per la sicurezza idrica del pianeta.

La crisi idrica è strettamente legata ai cambiamenti climatici, creando un circolo vizioso. Una fornitura stabile di acqua verde è essenziale per sostenere la vegetazione, che a sua volta agisce come un serbatoio di carbonio, contribuendo a ridurre il riscaldamento globale. Tuttavia, le attività umane, come la distruzione di zone umide e la deforestazione, stanno esaurendo questi serbatoi di carbonio, accelerando il cambiamento climatico. A sua volta, il riscaldamento globale porta all’inaridimento dei paesaggi, riducendo l’umidità del suolo e aumentando il rischio di incendi.

La portata della crisi è resa ancora più urgente dalla crescente domanda di acqua. Il rapporto calcola che, in media, una persona ha bisogno di circa 200-250 litri d’acqua al giorno per condurre una “vita dignitosa”, molto più dei 50-100 litri che l’ONU considera necessari per soddisfare i bisogni primari. Tuttavia, poche regioni del mondo sono in grado di fornire tali quantità di acqua dalle risorse locali, soprattutto nelle aree già colpite dalla scarsità idrica.

Un professore di scienze climatiche ha commentato il rapporto, descrivendolo come un quadro preoccupante dell’interferenza umana sul ciclo idrico globale, una risorsa fondamentale per la vita e il sostentamento. Secondo lui, le attività umane stanno “alterando la struttura del nostro territorio e dell’aria sovrastante, riscaldando il clima, intensificando gli estremi di umidità e siccità e sconvolgendo i modelli di vento e precipitazioni”.

Per affrontare questa crisi, gli autori del rapporto sostengono che è necessario un cambio radicale nella gestione delle risorse naturali e una riduzione drastica delle emissioni di gas serra. Le nazioni devono riconoscere il ciclo dell’acqua come un “bene comune” e agire insieme per preservarlo. Le decisioni prese in un Paese possono avere effetti diretti sulle precipitazioni di un altro Paese, a causa dei flussi d’acqua nell’atmosfera che viaggiano su grandi distanze. Ciò significa che l’uso dell’acqua deve essere regolato e gestito in modo cooperativo tra le nazioni di tutto il mondo, non solo attraverso i laghi e i fiumi che attraversano i confini, ma anche per il vapore acqueo che si muove tra le diverse regioni del mondo.

Il rapporto suggerisce anche una revisione dei modelli economici che governano l’uso dell’acqua, proponendo prezzi che scoraggino lo spreco e riducano la tendenza a coltivare piante e costruire infrastrutture assetate d’acqua in regioni dove questa risorsa è già scarsa. Una co-presidente della commissione ha definito la crisi idrica “una tragedia, ma anche un’opportunità per trasformare l’economia dell’acqua”. Dare il giusto valore all’acqua è essenziale, ha spiegato, perché riconosce la sua scarsità e i numerosi benefici che offre.

In definitiva, il rapporto invita alla riflessione su come gestiamo la risorsa più preziosa del Pianeta. Senza un’azione concertata e globale, il rischio è che la crisi dell’acqua diventi un problema sempre più grave e irrisolvibile, con conseguenze devastanti per il futuro del pianeta e delle prossime generazioni.

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Maltempo in Liguria e nel resto d’Italia, gli aggiornamenti https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/maltempo-liguria-italia-gli-aggiornamenti/ Thu, 17 Oct 2024 10:58:14 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78826 Italia nel mirino di una pesante ondata di maltempo, che nelle ultime ore ha colpito duramente soprattutto la Liguria: intensi rovesci e temporali hanno interessato principalmente il tratto tra Savonese e Genovese, con particolare attenzione al promontorio di Portofino e al capoluogo ligure. Nelle ultime 24 ore, la regione ha registrato accumuli pluviometrici significativi, superando …

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Italia nel mirino di una pesante ondata di maltempo, che nelle ultime ore ha colpito duramente soprattutto la Liguria: intensi rovesci e temporali hanno interessato principalmente il tratto tra Savonese e Genovese, con particolare attenzione al promontorio di Portofino e al capoluogo ligure.
Nelle ultime 24 ore, la regione ha registrato accumuli pluviometrici significativi, superando i 200 mm in alcune aree, portando a numerose criticità. Sono stati segnalati allagamenti, esondazioni dei fiumi, in particolare il Bormida, e frane che hanno messo a rischio la sicurezza dei cittadini. Diverse scuole sono rimaste chiuse e alcune strade sono state interrotte a causa del maltempo.

La situazione non si limita alla Liguria, e il maltempo si sta estendendo anche alle Alpi Occidentali, dove piogge diffuse interessano il versante piemontese. Qui, si sono registrati accumuli superiori ai 20 mm nel giro di poche ore, con fenomeni particolarmente intensi nelle Alpi Marittime e Cozie. Anche le regioni del medio-alto Tirreno, tra cui la Sardegna, stanno subendo le conseguenze di questo fronte instabile, mentre sul resto d’Italia le condizioni meteorologiche rimangono più stabili e miti.

Maltempo protagonista anche tra domani e sabato

Gli aggiornamenti meteo confermano che l’ondata di maltempo in corso insisterà anche nei prossimi giorni, andando a coinvolgere anche le regioni centro meridionali.

In particolare, domani la pioggia interesserà tutte le regioni italiane, anche se in alcune zone le precipitazioni risulteranno più deboli e intervallate a pause più significative. Sabato, poi, vedremo i primi segnali di miglioramento dal Nord-Ovest e la Sardegna mentre le piogge, anche moderate, insisteranno sul Nord-Est, in gran parte del Centro-Sud e in Sicilia. Attenzione al rischio di fenomeni intensi, elevato anche nei prossimi giorni.

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Crisi idrica, nei prossimi 25 anni a rischio più di metà della produzione alimentare globale https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/crisi-idrica-nei-prossimi-25-anni-a-rischio-piu-di-meta-della-produzione-alimentare-globale/ Thu, 17 Oct 2024 10:56:35 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78823 Il mondo sta affrontando una crisi idrica senza precedenti, con il ciclo idrologico – il processo naturale che regola il flusso dell’acqua sulla Terra – fuori equilibrio per la prima volta nella storia umana. Questa instabilità ha conseguenze devastanti per l’umanità e per gli ecosistemi di tutto il pianeta. La scarsità d’acqua si aggrava e …

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Il mondo sta affrontando una crisi idrica senza precedenti, con il ciclo idrologico – il processo naturale che regola il flusso dell’acqua sulla Terra – fuori equilibrio per la prima volta nella storia umana. Questa instabilità ha conseguenze devastanti per l’umanità e per gli ecosistemi di tutto il pianeta. La scarsità d’acqua si aggrava e gli ecosistemi d’acqua dolce continuano a deteriorarsi, minacciando la sicurezza alimentare, l’economia globale e il raggiungimento di tutti gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).

Più della metà della produzione alimentare mondiale sarà a rischio nei prossimi 25 anni se non si interviene con urgenza per conservare le risorse idriche e fermare la distruzione degli ecosistemi da cui dipende l’acqua dolce. Attualmente, oltre metà della popolazione mondiale vive in condizioni di scarsità d’acqua, e questo numero è destinato a salire con l’aggravarsi della crisi climatica.

Secondo il rapporto della Global Commission on the Economics of Water, entro la fine del decennio la domanda globale di acqua dolce supererà l’offerta del 40%. Questo squilibrio è dovuto al fatto che i sistemi idrici globali sono sottoposti a uno stress senza precedenti, aggravato dai cambiamenti climatici, dalla cattiva gestione delle risorse idriche e dalla distruzione degli ecosistemi naturali.

Uno degli errori più gravi commessi finora è stato sottovalutare la quantità di acqua necessaria per garantire a ogni individuo una vita dignitosa. Mentre per la salute e l’igiene sono necessari dai 50 ai 100 litri di acqua al giorno per persona, il fabbisogno reale è di circa 4.000 litri al giorno, considerando anche l’acqua necessaria per l’alimentazione e altri bisogni primari.

La crisi idrica ha un impatto sproporzionato sulle comunità più vulnerabili. Secondo le stime, ogni giorno più di 1.000 bambini sotto i cinque anni muoiono per motivazioni legate alla mancanza di acqua potabile e servizi igienici adeguati.
Tra le persone più colpite ci sono poi le donne e le ragazze, che ogni giorno trascorrono collettivamente 200 milioni di ore per raccogliere e trasportare acqua. Inoltre, in molte aree rurali, la ricerca di acqua mette a rischio la sicurezza delle donne, esponendole a pericoli e abusi.

La connessione tra crisi idrica e crisi climatica

La crisi idrica è strettamente collegata ai cambiamenti climatici. L’aumento delle temperature globali influenza il ciclo idrologico causando siccità, inondazioni e ondate di calore sempre più frequenti e gravi.
La distruzione degli ecosistemi naturali, come le foreste e le zone umide, interrompe il ciclo dell’acqua e, a sua volta, accelera ulteriormente la crisi climatica.

Cosa possiamo fare

Per affrontare questa crisi, è necessario un approccio radicale e globale. Gli esperti sottolineano l’urgenza di conservare le risorse idriche, migliorare l’efficienza nell’uso dell’acqua e garantire un accesso equo all’acqua per tutte le comunità. È anche fondamentale ripensare le politiche agricole e industriali, eliminando i sussidi dannosi che incoraggiano pratiche idriche insostenibili.

L’acqua deve essere riconosciuta come un bene comune globale, e i governi devono collaborare per proteggerne le fonti e creare un’economia circolare dell’acqua, in cui il riutilizzo e la pulizia delle acque inquinate diventino pratiche standard. Inoltre, i paesi in via di sviluppo devono avere accesso ai finanziamenti necessari per riformare i propri sistemi idrici e fermare la distruzione degli ecosistemi naturali che sono parte integrante del ciclo idrologico.

Il rapporto della Global Commission on the Economics of Water può essere consultato, in inglese, a questo link.

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Il riscaldamento globale mette in ginocchio le stazioni sciistiche delle Alpi. Esiste ancora chi nega il cambiamento climatico? https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-riscaldamento-globale-mette-in-ginocchio-le-stazioni-sciistiche-delle-alpi-esiste-ancora-chi-nega-il-cambiamento-climatico/ Sun, 13 Oct 2024 10:37:42 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78805 neve sci francia climaAumentano gli esempi concreti dell’impatto del cambiamento climatico sull’economia di tutto il mondo ma la politica, troppo spesso, pensa ad altro.  La crisi climatica, con inverni sempre più caldi e meno nevosi, sta modificando in maniera irreversibile il panorama delle Alpi francesi. Un caso simbolico è la recente chiusura dell’Alpe du Grand Serre, un’importante stazione …

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Aumentano gli esempi concreti dell’impatto del cambiamento climatico sull’economia di tutto il mondo ma la politica, troppo spesso, pensa ad altro. 

La crisi climatica, con inverni sempre più caldi e meno nevosi, sta modificando in maniera irreversibile il panorama delle Alpi francesi. Un caso simbolico è la recente chiusura dell’Alpe du Grand Serre, un’importante stazione sciistica situata nella regione dell’Isère, nel sud-est della Francia. A causa della mancanza di neve e di difficoltà finanziarie, il consiglio della comunità locale ha deciso di interrompere i finanziamenti necessari per la sua trasformazione in una meta turistica attiva tutto l’anno.

Non è la prima volta che stazioni sciistiche di bassa quota affrontano problemi legati alla scarsità di neve, ma la chiusura di una stazione di questa portata segna un punto di svolta. Per anni, l’Alpe du Grand Serre ha cercato di adattarsi con il progetto “Alpe de Grande Serre 2050”, che mirava a rendere la località attrattiva anche in estate. Tuttavia, la mancanza di fondi e l’intensificazione della crisi climatica hanno accelerato il declino della stazione.
“La chiusura è inevitabile se non si ascoltano gli scienziati”, ha commentato il senatore Guillaume Gontard, ricordando che la gestione delle stazioni sciistiche diventa sempre più complessa nelle zone dove la neve è ormai una rarità.

La decisione di chiudere mette a rischio circa 200 posti di lavoro e colpisce duramente l’economia locale. “Una stazione sciistica non è solo turismo, è una storia, una tradizione che ha plasmato il territorio”, ha aggiunto Gontard, evidenziando la mancanza di una pianificazione a livello nazionale per gestire la transizione climatica nelle aree di montagna.

neve francia sci clima
Foto: Facebook/Alpe du Grand Serre

Il cambiamento climatico sta modificando il futuro di molte località alpine. Le stazioni a quote più basse, come l’Alpe du Grand Serre, sono le più colpite, mentre solo quelle situate in aree più elevate e con maggiori risorse economiche possono ancora sperare di resistere. Senza un intervento tempestivo e una ristrutturazione del modello economico del turismo montano, molte altre località potrebbero seguire lo stesso destino, lasciando un vuoto non solo economico, ma anche culturale nelle regioni alpine.

Ormai è acclarato che senza provvedimenti ragionati ma immediati la crisi economica generata dai cambiamenti climatici colpirà sempre più spesso i settori turistici fino a modificarli e trasformarli completamente. Nessun governo può esimersi dal mettere ai primi posti della propria agenda un piano concreto per l’adattamento ai disastri causati da scelte sbagliate e insensate degli ultimi decenni. I cittadini posso e devono contribuire, gli operatori possono e devono contribuire, ma la responsabilità è tutta della politica, dei politici e dei governi che non hanno ancora capito, o fingono di non capire, quale enorme sfida ci sia per le generazioni future contro l’inquinamento e il surriscaldamento globale.

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Piogge eccezionali nel Sahara: il deserto più arido del mondo sotto l’effetto di fenomeni estremi https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/sahara-sottacqua-piogge-eccezionali-sul-deserto-piu-arido/ Sun, 13 Oct 2024 08:24:25 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78800 Il Sahara, noto per essere il deserto più grande e caldo del pianeta, è stato recentemente teatro di un evento meteorologico straordinario: piogge torrenziali mai viste negli ultimi decenni. Nelle ultime settimane, aree solitamente secche del Sahara hanno registrato piogge talmente intense da causare inondazioni, con fenomeni che potrebbero alterare il clima della regione nei …

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Il Sahara, noto per essere il deserto più grande e caldo del pianeta, è stato recentemente teatro di un evento meteorologico straordinario: piogge torrenziali mai viste negli ultimi decenni. Nelle ultime settimane, aree solitamente secche del Sahara hanno registrato piogge talmente intense da causare inondazioni, con fenomeni che potrebbero alterare il clima della regione nei prossimi anni.

Nel sud-est del Marocco, in sole 48 ore, si è registrata una quantità di pioggia che solitamente cade in un anno intero. Questo ha portato al riempimento di bacini asciutti da decenni, come il Lago Iriqui, che non vedeva acqua da 50 anni. Le immagini satellitari della NASA hanno mostrato questo spettacolo inatteso, sottolineando l’impatto di quello che viene descritto come una tempesta extratropicale. Si stima che il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature globali stiano accelerando il ciclo idrologico e rendendo sempre più frequenti eventi meteorologici estremi come questo. Gli esperti, come Houssine Youabeb, della meteorologia marocchina, hanno dichiarato che il Sahara potrebbe assistere a ulteriori episodi simili in futuro.1

sahara alluvione
Foto: earthobservatory.nasa.gov

Non solo il Marocco è stato colpito: in tutto il Sahara, fenomeni di piogge monsoniche si sono verificati in zone che raramente vedono precipitazioni. La comunità scientifica si interroga su cosa stia causando questa ondata di piogge, e molti credono che ci sia un legame con la stagione degli uragani atlantici insolitamente tranquilla di quest’anno.
La cosiddetta Intertropical Convergence Zone (ITCZ), una fascia atmosferica che di solito trasporta nuvole e piogge, si è spostata più a nord del solito, spingendo le precipitazioni sul deserto. Questo spostamento potrebbe essere un segnale dei cambiamenti climatici in corso, con l’oceano Atlantico che assorbe più calore del normale, modificando i percorsi delle tempeste.2

Inoltre, alcuni scienziati suggeriscono che le temperature più elevate dell’Atlantico settentrionale e del Mediterraneo possano aver intensificato queste piogge. Con il riscaldamento degli oceani e l’aumento delle emissioni di gas serra, i modelli climatici prevedono un futuro in cui il Sahara potrebbe ricevere più pioggia, con un possibile spostamento delle piogge monsoniche verso nord entro il 2100.3

Mentre il Sahara rimane una delle regioni più aride al mondo, questi episodi meteorologici rappresentano un’ulteriore prova di quanto rapidamente il cambiamento climatico stia modificando il volto di ambienti estremi, con conseguenze potenzialmente significative non solo per il deserto, ma anche per i cicli meteorologici globali.


  1. Warming in the Arctic region has been four times faster than the global average – Finnish Meteorological Institute.
  2. Arctic Warming Four Times Faster than Rest of the World: Study | Earth.Org
  3. Report: Arctic heating nearly 4 times faster than rest of Earth | The Week

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Il riscaldamento nell’Artico accelera quattro volte più velocemente rispetto al resto del pianeta https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-riscaldamento-nellartico-accelera-quattro-volte-piu-velocemente-rispetto-al-resto-del-pianeta/ Sun, 13 Oct 2024 07:26:03 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78796 Mentre il ghiaccio marino scompare, la Groenlandia si scioglie e gli incendi devastano le foreste settentrionali, nuove ricerche confermano quanto gli scienziati stanno cercando di segnalare da tempo: l’Artico si sta riscaldando a un ritmo molto più rapido rispetto al resto del mondo. Il fenomeno, noto come amplificazione artica, è causato dalle emissioni di gas …

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Mentre il ghiaccio marino scompare, la Groenlandia si scioglie e gli incendi devastano le foreste settentrionali, nuove ricerche confermano quanto gli scienziati stanno cercando di segnalare da tempo: l’Artico si sta riscaldando a un ritmo molto più rapido rispetto al resto del mondo.

Il fenomeno, noto come amplificazione artica, è causato dalle emissioni di gas serra derivanti dalla combustione di combustibili fossili. Secondo uno studio pubblicato dal Finnish Meteorological Institute, la temperatura nella regione del Polo Nord negli ultimi decenni è aumentata a una velocità quattro volte superiore rispetto al resto del Pianeta.

Uno dei problemi riscontrati riguarda i modelli climatici, che non riescono a cogliere appieno questo rapido tasso di riscaldamento, come ha spiegato uno dei ricercatori principali dello studio. Questo rappresenta una preoccupazione perché, se i modelli non possono riprodurre accuratamente la situazione attuale, non si può essere certi delle previsioni a lungo termine. “A causa di questa discrepanza, abbiamo deciso che era necessario correggere i modelli e aggiornarli“, ha dichiarato uno degli scienziati coinvolti nello studio.

Lo studio, pubblicato nella rivista Communications Earth and Environment, ha analizzato le tendenze delle temperature nell’Artico tra il 1979 e il 2021, un periodo che corrisponde all’era moderna dei dati satellitari. È stato riscontrato che il tasso di riscaldamento è particolarmente elevato nella regione euroasiatica dell’Artico, in particolare nel Mar di Barents, dove la temperatura è aumentata sette volte più velocemente rispetto alla media globale.
I dati più recenti mostrano che la temperatura media annuale nella regione del Mar di Barents è aumentata fino a 2,7 gradi Celsius per decennio negli ultimi 40 anni, rendendo questa area la zona con il riscaldamento più rapido del pianeta.

Il cambiamento climatico ha portato a una rapida perdita di ghiaccio marino nell’Artico, che ha ulteriormente amplificato il riscaldamento globale. Il ghiaccio marino, con la sua superficie bianca brillante, riflette l’energia solare nello spazio; quando si scioglie, l’oceano scuro assorbe maggior calore, aggravando il problema.

Un climatologo indipendente ha sottolineato come questo studio evidenzi l’amplificazione artica in modo particolarmente chiaro negli ultimi decenni, più di quanto accaduto nella prima metà del Novecento. “L’amplificazione artica è innegabile“, ha affermato l’esperto. “Sia che si parli di un fattore di due, tre o quattro, ciò non cambia il fatto che l’Artico si stia riscaldando più velocemente del resto del mondo”.

L’annuale Arctic Report Card dello scorso anno, pubblicata dalla National Oceanic and Atmospheric Administration, ha rilevato che la regione artica si sta riscaldando più velocemente del resto della Terra e sta rapidamente perdendo la copertura di ghiaccio.

Questi risultati rispecchiano anche le ultime conclusioni delle Nazioni Unite sulla crisi climatica, secondo cui l’Artico continuerà a riscaldarsi a un ritmo superiore finché l’umanità continuerà a bruciare combustibili fossili e a rilasciare gas serra nell’atmosfera.

La sensibilità dell’Artico al riscaldamento globale è maggiore di quanto pensassimo“, ha concluso un ricercatore coinvolto nello studio. “Solo il tempo ci dirà come evolverà la situazione in futuro”.

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Milton ha stravolto la Florida con distruzione e morte. VIDEO terrificanti https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/milton-ha-stravolto-la-florida-con-distruzione-e-morte-video-terrificanti/ Fri, 11 Oct 2024 09:56:29 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78791 Uragano MiltonL’uragano Milton, come previsto, ha impattato sulla Florida come uragano di categoria 3, lasciando nuovamente una scia di morte e distruzione già causata da un altro grande uragano, Helene, soltanto qualche settimana fa. Mentre gli Stati Uniti fanno la conta dei danni, dagli ultimi aggiornamenti ciò che si sa è che le vittime sono almeno …

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L’uragano Milton, come previsto, ha impattato sulla Florida come uragano di categoria 3, lasciando nuovamente una scia di morte e distruzione già causata da un altro grande uragano, Helene, soltanto qualche settimana fa.

Mentre gli Stati Uniti fanno la conta dei danni, dagli ultimi aggiornamenti ciò che si sa è che le vittime sono almeno 16 (ma si prevede purtroppo un numero maggiore) e che almeno 3 milioni di case e aziende sono senza elettricità. Milton ha inoltre causato diversi tornado, una catastrofe nella catastrofe che ha generato appunto diverse vittime.

Uragano Milton: la “tempesta del secolo” tocca terra in Florida

L’uragano Milton si è indebolito prima dell’impatto: scongiurato lo scenario più drammatico

La tempesta ha toccato terra a Siesta Key, appena a sud di Tampa, mercoledì sera come uragano di categoria 3. Le case sono state danneggiate, gli alberi sradicati e milioni di persone hanno perso la corrente elettrica e ci sono già segnalazioni di diversi decessi, ma è stata evitata la devastazione totale.

Nonostante abbia perso parte della sua potenza mentre si avvicinava alla costa, Milton, che si era rafforzato ad una velocità sorprendente sulle calde acque del Golfo del Messico raggiungendo la categoria 5, è stato comunque uno degli uragani più forti ad aver colpito la terraferma degli Stati Uniti nella memoria recente, nonché il secondo colpo diretto sulla Florida nell’arco di 12 giorni.

Quanto è stata forte l’onda di tempesta?

Un rischio importante rappresentato da Milton era la violenza della sua onda di tempesta, ovvero i venti che avrebbero spinto enormi volumi di acqua dalla baia di Tampa alla città stessa. Quando la tempesta ha toccato terra, il peggio di questa mareggiata si è verificato nella contea di Sarasota, con volumi di acqua da 2,5 a 3 metri. Ma le inondazioni in alcuni punti sono state significative: appena nell’entroterra di Tampa, Plant City ha ricevuto oltre 330 mm di pioggia, inondando i quartieri.

Qual è stato l’impatto dei tornado?

Quando atterra un uragano, gli improvvisi cambiamenti nei venti possono generare dei tornado, ma il numero e la ferocia di quelli scatenati da Milton sono stati insolitamente elevati, affermano gli esperti. Mercoledì, ancora prima del landfall, erano in vigore oltre 140 avvisi di tornado in Florida, molti dei quali hanno causato danni ingenti.

Nella contea di St Lucie, sulla costa orientale della Florida, sono stati confermati quattro decessi a causa di un tornado che si è schiantato contro una casa di riposo. La Florida vede più tornado per miglio quadrato di qualsiasi altro stato, ma di solito sono piuttosto deboli. I tornado innescati da Milton erano della stessa intensità che si vede spesso nelle Grandi Pianure degli Stati Uniti.

Milton ha ormai attraversato la Florida e si sta dirigendo verso l’Oceano Atlantico, a nord delle Bahamas. Si stima che circa 11 milioni di persone siano in pericolo a causa del deflusso delle acque piovane nei fiumi in piena, che possono causare inondazioni. Dunque l’allerta è tutt’altro che terminata.

La devastazione dell’uragano Milton è impressionante: la “tempesta del secolo” rimarrà nella storia

Milton è stato definito da Joe Biden come la “tempesta del secolo“. E in effetti la devastazione causata dal suo atterraggio in Florida è stata impressionante, come testimoniano i video e le immagini pubblicate su X.

https://twitter.com/Ry_Bass/status/1844367980249178396

Lo stadio Tropicana Field completamente devastato: è situato in una delle aree maggiormente colpite, ovvero St. Petersburg.

Questo è il tornado impressionante che ha colpito Wellington.

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Aurora boreale, che spettacolo nei cieli del Nord Italia! E occhio al possibile bis https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/aurora-boreale-che-spettacolo-nei-cieli-del-nord-italia-e-occhio-al-possibile-bis/ Fri, 11 Oct 2024 08:30:25 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78787 Aurora boreale su TorinoL’aurora boreale, fenomeno di luci spettacolare tipico dei cieli del Nord Europa, ha raggiunto nuovamente l’Italia nella serata di ieri (giovedì 10 ottobre). Lo spettacolo, raro a queste latitudini, è stato ben visibile soprattutto al Nord, come testimoniano i tantissimi e bellissimi scatti condivisi sui social. Basilica di Superga – Torino 🇮🇹 Aurora boreale 🥹#aurora …

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L’aurora boreale, fenomeno di luci spettacolare tipico dei cieli del Nord Europa, ha raggiunto nuovamente l’Italia nella serata di ieri (giovedì 10 ottobre). Lo spettacolo, raro a queste latitudini, è stato ben visibile soprattutto al Nord, come testimoniano i tantissimi e bellissimi scatti condivisi sui social.

Aurora boreale nei cieli dell’Italia: tutto merito di una tempesta geomagnetica G4

Come previsto dagli esperti nei giorni precedenti, si è verificata una grave tempesta geomagnetica (G4) che ha raggiunto la Terra. Cos’è una grave tempesta geomagnetica? Si tratta di una grave perturbazione del campo magnetico terrestre, spesso con intensità variabile tra livelli più bassi e condizioni di forte tempesta nel corso dell’intero evento.

L’espulsione di massa coronale (Coronal Mass Ejection/CME) prevista è arrivata sulla Terra a circa 1,5 milioni di miglia orarie. In cosa consiste l’espulsione di massa coronale? Altro non è che un’eruzione di materiale solare e campi magnetici che quando raggiunge la Terra innesca appunto una tempesta geomagnetica. 

La tempesta geomagnetica può interferire con le operazione di soccorso degli uragani Helene e Milton: ecco come

Come sottolineato dalla NOAA, la tempesta geomagnetica potrebbe avere un impatto critico sugli sforzi di recupero in corso negli Stati Uniti in seguito agli uragani Helene e Milton in diversi modi: comunicazioni, poiché i sistemi che dipendono da satelliti in orbita terrestre bassa o da comunicazioni ad alta frequenza potrebbero subire interruzioni; reti elettriche, poiché la tempesta potrebbe mettere a dura prova le reti elettriche già indebolite dagli uragani; servizi GPS, poiché i sistemi di navigazione, in particolare quelli utilizzati nei soccorsi in caso di calamità, potrebbero risultare degradati.

Uragano Milton: la “tempesta del secolo” tocca terra in Florida

L’aurora boreale concede un bis? Gli ultimi aggiornamenti

In base agli ultimi aggiornamenti del centro di previsione meteorologica spaziale della NOAA, nella giornata odierna l’aurora boreale potrebbe concedere un secondo spettacolo. Le condizioni sono infatti ancora favorevoli per una seconda tempesta geomagnetica di livello G4 (grave). Dunque occhi rivolti al cielo anche stasera perché lo spettacolo luminoso dell’aurora boreale potrebbe nuovamente deliziarci.

L’aurora boreale conquista i social: immagini poetiche ed emozionanti

Come detto in precedenza, l’aurora boreale nella serata di ieri è stata ben visibile nei cieli del Nord Italia: dal Piemonte alla Lombardia passando per la Liguria. La miglior visuale si è avuta sulle Alpi.

L’aurora ha illuminato anche i cieli della Spagna.

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Esonda il Lambro: a Milano in 10 giorni caduti 160 litri di pioggia per metro quadro https://www.iconameteo.it/news/esonda-il-lambro-a-milano-in-10-giorni-caduti-160-litri-di-pioggia-per-metro-quadro/ Thu, 10 Oct 2024 09:59:36 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78781 milano lambro maltempoL’ennesimo peggioramento meteo innescato dalla coda dell’ormai ex uragano Kirk ha dato vita ad una rapida ma intensa fase di maltempo sul Nord Italia, che ha provocato notevoli disagi e allagamenti, nonché l’esondazione del Lambro a Milano.  Da inizio ottobre sono caduti 160 litri di pioggia per metro quadro a Milano: si tratta, secondo i …

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L’ennesimo peggioramento meteo innescato dalla coda dell’ormai ex uragano Kirk ha dato vita ad una rapida ma intensa fase di maltempo sul Nord Italia, che ha provocato notevoli disagi e allagamenti, nonché l’esondazione del Lambro a Milano. 

Da inizio ottobre sono caduti 160 litri di pioggia per metro quadro a Milano: si tratta, secondo i dati statistici di Meteo Expert, del doppio della pioggia che in media cade nell’arco dell’intero mese di ottobre.

Fiume Lambro esonda a Milano: è la quarta volta da inizio 2024

Il fiume Lambro è esondato questa mattina a Milano a causa delle forti piogge cadute. A comunicarlo è stato l’assessore alla protezione civile Marco Granelli, che precisa come l’allagamento sia iniziato in via Rilke, nel quartiere Ponte Lambro, e alle 8:40 del mattino anche il Parco Lambro stava iniziando ad allagarsi. Per fortuna tutte le zone a rischio erano state evacuate in tempo, e la situazione era sotto osservazione. La Polizia invita tutti alla “prudenza nei sottopassi e lungo le strade a scorrimento veloce”.

Il maltempo ha interessato il Nord Italia e, nello specifico, la Lombardia tra la notte e il primo mattino, con piogge anche intense. “Questa fase perturbata arriva dopo le abbondanti piogge di martedì 8, che hanno saturato terreni e fatto rapidamente alzare il livello dei fiumi. Dopo la breve tregua di mercoledì, l’arrivo di nuove piogge abbondanti ha subito avuto impatti sui livelli della rete fluviale”, spiega Flavio Galbiati, meteorologo di Meteo Expert Icona Meteo.

Tra la scorsa notte e le prime ore di oggi sono caduti accumuli importanti, che nell’area di Milano si assestano tra i 30 e 50 mm, mentre nelle Prealpi gli accumuli arrivano fino a 70 mm.

lambro milano maltempo

A causa della delicata situazione meteorologica, per la giornata di giovedì 10 la Protezione Civile ha diramato un’allerta rossa per rischio idro-geologico in Valchiavenna, Media-bassa Valtellina, Valcamonica, Lario e Prealpi occidentali, Orobie bergamasche, mentre nell’Nodo Idraulico di Milano è in vigore l’allerta arancione.

Il livello dei fiumi continuerà ad essere sotto osservazione poichè “le precipitazioni cadute sulle Prealpi – spiega Galbiati – nelle prossime ore continueranno a defluire nei corsi d’acqua a valle”.

Il Seveso è esondato questa mattina, sbendo un rapido innalzamento del livello idrometrico, e poco dopo le 8 del mattino è stata attivata la vasca anti-esondazione, in modo da contenere le acque ed evitare esondazioni in zona Niguarda. Questa, ha fatto sapere l’assessore alla sicurezza del comune di Milano, è la sesta volta che la vasca anti esondazione entra in funzione nel 2024.

lambro esonda milano

La situazione meteo per fortuna però tende a migliorare. “Adesso è in atto un rapido miglioramento delle condizioni meteo, grazie allo spostamento verso est della perturbazione. Già nelle prossime ore sulla Lombardia avremo un passaggio a tempo più soleggiato sulla Lombardia e tra venerdì e il weekend, il tempo tornerà sereno”, aggiunge Galbiati.

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Uragano Milton: la “tempesta del secolo” tocca terra in Florida https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-milton-la-tempesta-del-secolo-tocca-terra-in-florida/ Thu, 10 Oct 2024 07:44:17 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78767 uragano milton floridaMilton ha toccato in Florida, vicino a Siesta Key come potente uragano di categoria 3. Il suo impatto sulla terraferma ha indebolito il ciclone, che secondo il National Hurricane Center è stato declassato ora a categoria 1, con venti medi che soffiano a 144 km/h. Milton è il nono uragano nato sull’Oceano Atlantico nel 2024 …

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Milton ha toccato in Florida, vicino a Siesta Key come potente uragano di categoria 3. Il suo impatto sulla terraferma ha indebolito il ciclone, che secondo il National Hurricane Center è stato declassato ora a categoria 1, con venti medi che soffiano a 144 km/h.

Milton è il nono uragano nato sull’Oceano Atlantico nel 2024 e il quarto a raggiungere un’intensità di categoria 3 o superiore. Milton è approdato sugli Stati Uniti appena due settimane dall’altrettanto intenso uragano Helene, che ha devastato la Florida e divesi altri stati nel sud-est del Paese.

L’uragano Milton ha subito una rapida intensificazione mentre si trovava sulle calde acque del Golfo del Messico: nel momento di massima potenza ha raggiunto categoria 5, destando non poche preoccupazioni in Florida, dove era atteso il suo arrivo pochi giorni dopo. “Sembra la tempesta del secolo“, ha detto Biden in un discorso dalla Casa Bianca in cui ha esortato coloro che si trovano sul percorso della tempesta a seguire i consigli di sicurezza delle autorità locali: “è letteralmente una questione di vita o di morte“.

Uragano Milton sulla Florida, con venti a 170 km/h, piogge torrenziali e un’onda di tempesta di 4 metri

Fortunatamente Milton si è indebolito prima di toccare terra, ciononostante gli effetti del suo passaggio sulla penisola della Florida sono stati notevoli.

Sarasota, Tampa, St Petersburg e Fort Myers sono le aree maggiormente colpite dal passaggio dell’uragano Milton. Più di 2 milioni di case sono rimaste senza elettricità, e molte abitazioni sono state danneggiate o distrutte.

Oltre ai venti impetuosi, che in un uragano di categoria 2 arrivano a 154-177 km/h di media, con raffiche più forti, molte zone sono state allagate dalle forti piogge e dalle mareggiate. A St. Petersburg, ad esempio, sono caduti più di 400 mm di pioggia: un record per l’area.

Parti di Venice, nota località balneare della Florida a circa 30 chilometri da Sarasota, la località dove l’uragano ha toccato terra, risultano sommerse: qui i venti dell’uragano hanno spinto l’acqua del mare oltre la linea della costa per il fenomeno dello “storm surge” (onda di tempesta). Secondo le previsioni l’onda di tempesta sarebbe potuta arrivare fino a 4 metri di altezza nell zone direttamente colpite.

Come ogni potente uragano, anche Milton ha dato vita a diversi tornado durante il suo passaggio sulla terraferma. Secondo la Protezione Civile statunitense si sono contati finora 19 tornado che hanno purtroppo provocato anche delle vittime.

Milton sulla Florida: la traiettoria prevista dell’Uragano

L’occhio dell’uaragano Milton si trova in questo momento centrato sulla Florida peninsulare. Secondo le previsioni del Centro Uragani della NOAA, Milton dovrebbe mantenere il suo status di uragano di categoria 1 mentre procede verso est. Raggiungerà l’Oceano Atlantico nel corso della giornata di oggi.

Secondo le proiezioni, una volta raggiunto il mare aperto, Milton dovrebbe indebolirsi a tempesta tropicale entro venerdì 11. Il sistema potrebbe quindi transitare a sud delle Bermuda come tempesta, per poi dissiparsi entro domenica 13.

uragano milton florida

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Il Settembre delle piogge: L’Italia segnata da fenomeni eccezionali. https://www.iconameteo.it/primo-piano/il-settembre-delle-piogge-litalia-segnata-da-fenomeni-eccezionali/ Wed, 09 Oct 2024 14:25:26 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78752 maltempo pioggia allertaIl dato più rilevante che scaturisce dalle elaborazioni di settembre è, senz’altro, la quantità di precipitazioni che si sono accumulate nel corso del mese, che hanno dato origine a un’anomalia di +77% a livello nazionale (confronto con le medie del trentennio 1991-2020), il valore più elevato della serie storica che parte dal 1959. Dunque, un …

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Il dato più rilevante che scaturisce dalle elaborazioni di settembre è, senz’altro, la quantità di precipitazioni che si sono accumulate nel corso del mese, che hanno dato origine a un’anomalia di +77% a livello nazionale (confronto con le medie del trentennio 1991-2020), il valore più elevato della serie storica che parte dal 1959.

Dunque, un settembre eccezionale per le piogge, il cui maggior contributo è stato determinato dai valori circa doppi rispetto alla norma osservati al Centro-Nord (+107% al Nord-Ovest, +104% al Nord-Est, +94% al Centro). Fra i vari eventi di pioggia estrema verificatisi nel mese, spicca quello che ha colpito l’Emilia Romagna e le Marche fra il 17 e il 19, dove gli accumuli hanno superato i 200 mm, fino a punte intorno ai 300 mm in soli tre giorni, con conseguenti esondazioni dei fiumi, criticità varie ed evacuazioni di abitanti, in particolare in Romagna.

Piogge record in Italia

Oltre a questo, ci sono da segnalare altre due giornate notevoli dal punto di vista del maltempo, ossia i giorni 5 e 8: si tratta dei giorni più piovosi dell’anno (per il momento) al Nord; in aggiunta, l’8 rappresenta il giorno più piovoso dell’anno anche al Centro e in generale nell’Italia intera. Nell’ambito della rete nazionale di stazioni meteo dell’Aeronautica Militare/Enav, sono stati osservati alcuni accumuli mensili record, in particolare a Rimini con 221 mm, a Treviso Istrana con 228 mm e ad Ancona Falconara con 309 mm. I primi due valori sono i più elevati almeno degli ultimi 45 anni, mentre quello di Ancona è il più elevato degli ultimi 65 anni.

Non tutto il territorio italiano ha sperimentato precipitazioni sopra la media. In Sicilia e alcuni settori di Calabria, Puglia e Sardegna gli accumuli sono rimasti inferiori alla norma, ma con il dato più vistoso in Sicilia (-22%) che presenta anche il deficit più ampio dall’inizio dell’anno (-14%) rispetto alle altre regioni meridionali dove il dato da gennaio è solo leggermente negativo. Anomalie decisamente positive, invece, negli ultimi nove mesi al Centro-Nord (+85% al Nord-Ovest, +41% al Nord-Est, +13% al Centro), in virtù delle quali ci troviamo con un surplus nazionale di +32% da gennaio, equivalente a circa 43 miliardi di metri cubi di acqua in più rispetto alla norma.

Accumulazioni piovose in Italia

Le temperature hanno subito alcuni sbalzi che hanno portato i valori dai livelli estivi della prima decade ai livelli inferiori alla norma della seconda decade, per poi risalire temporaneamente sopra la media durante la terza decade del mese. I primi giorni del mese non sono stati altro che la fase conclusiva dell’ultima ondata di calore ereditata da agosto, che ha fatto in tempo a dare origine a nuovi record di temperatura massima di settembre esattamente il 1° del mese. Le stazioni della rete Aeron.Mil./Enav che hanno ritoccato i record sono quasi tutte al Nord e solo una al Centro e, per la precisione, si tratta di: Torino con 32.7°C, Milano L. e Bergamo con 34°C, Brescia con 34.2°C, Verona con 34.8°C, Treviso I. con 35.2°C, Treviso S.A. con 34.7°C, Venezia con 32.8°C, Udine R. con 35°C e Monte Argentario con 34.1°C.

Il tracollo della seconda decade è stato causato dall’irruzione di una massa di aria da latitudini artiche, che ci ha fatti piombare improvvisamente nell’autunno e che ha contribuito a generare un vortice ciclonico dapprima in movimento verso i Balcani, successivamente, complice il blocco anticiclonico sul Nord Europa, di ritorno verso ovest con un lento movimento retrogrado fino a investire nuovamente l’Italia dove ha causato le criticità fra Emilia Romagna e Marche, dopo aver dato luogo a grossi problemi anche in alcuni paesi balcanici. Una volta ristabilita la circolazione zonale (quella normale da ovest), nell’ultima parte del mese il clima si è fatto più mite con anche un picco di caldo dovuto alla temporanea risalita di aria subtropicale.

Nel complesso, la temperatura media ha risentito di queste ampie variazioni, ma con una preponderanza dei periodi sopra la media: infatti, il risultato finale è stato uno scarto non particolarmente vistoso, ma positivo e pari a +0.7°C che fa scendere leggermente l’abnorme anomalia da inizio anno a +1.5°C, valore che resta comunque saldamente al 1° posto a mezzo grado oltre il record annuale, ad appena tre mesi dalla fine dell’anno.

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Trasporti green in europa: Roma si classifica al 13° posto ma la sfida sostenibile è solo all’inizio https://www.iconameteo.it/primo-piano/trasporti-green-in-europa-roma-si-classifica-al-13-posto-ma-la-sfida-sostenibile-e-solo-allinizio/ Wed, 09 Oct 2024 14:23:36 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78758 RomaI trasporti, sia per persone che per merci, sono una delle principali fonti di inquinamento, responsabili di circa il 72% delle emissioni di CO2 in Europa. Tra questi, il settore automobilistico incide per il 60%, secondo i dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente. Ridurre drasticamente queste emissioni è essenziale per centrare l’obiettivo del “net zero” entro …

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I trasporti, sia per persone che per merci, sono una delle principali fonti di inquinamento, responsabili di circa il 72% delle emissioni di CO2 in Europa. Tra questi, il settore automobilistico incide per il 60%, secondo i dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente. Ridurre drasticamente queste emissioni è essenziale per centrare l’obiettivo del “net zero” entro il 2050, con un taglio del 90%. Ma già entro il 2030, l’Unione Europea impone una riduzione del 55% delle emissioni delle auto. Non tutti i Paesi europei, però, viaggiano alla stessa velocità.

La lotta all’inquinamento nelle città europee

Un recente studio, realizzato in vista dello Smart City Expo World Congress di Barcellona (5-7 novembre 2024), ha analizzato i trasporti eco-sostenibili nelle principali città europee, stilando una classifica delle migliori. Sono stati considerati parametri come il numero di veicoli elettrici, stazioni di ricarica, bus elettrici e la presenza di piste ciclabili. Anche l’inquinamento ambientale è stato un fattore determinante. Roma, pur rimanendo fuori dalla top 10, si posiziona al 13° posto, preceduta da città come Madrid e Dublino.

Roma: vicina alla top 10, ma penalizzata dall’inquinamento

Roma si piazza al 13° posto nella classifica, con 10.000 auto elettriche, 842 stazioni di ricarica e 400 autobus elettrici. La capitale italiana dispone di una rete ciclabile di 300 km, ma l’elevato indice di inquinamento la esclude dalle prime posizioni.

Ecco la top ten delle città più green in Europa

  1. Londra: Oltre 80.000 veicoli elettrici e 11.000 stazioni di ricarica. La città vanta 1.397 autobus elettrici e l’obiettivo di una flotta a zero emissioni entro il 2034.
  2. Amsterdam: Con più biciclette che auto (15.000 elettriche), Amsterdam dispone di 13.000 colonnine di ricarica e 800 km di piste ciclabili.
  3. Vienna: 18.000 veicoli elettrici e una rete di trasporti pubblici composta da tram, metropolitane e 150 autobus elettrici. La città ha anche 1.300 km di piste ciclabili.
  4. Berlino: 30.000 auto elettriche e 3.800 stazioni di ricarica, con 230 autobus elettrici e 1.000 km di piste ciclabili.
  5. Helsinki: Il più alto numero di piste ciclabili pro capite in Europa, con 25.000 veicoli elettrici e 450 autobus elettrici.
  6. Parigi: Offre 500 autobus elettrici e oltre 20.000 auto elettriche, con un sistema di noleggio bici ben sviluppato.
  7. Oslo: Eccelle con 95.466 auto elettriche, superando quelle a combustione. Ha 150 autobus elettrici e mira a zero emissioni.
  8. Andorra: Con 100 auto elettriche e 10 autobus elettrici, si distingue per i suoi bassi livelli di inquinamento.
  9. Bruxelles: Conta 14.000 veicoli elettrici e 75 autobus elettrici, sostenuti da 650 km di piste ciclabili.
  10. Lussemburgo: Piccola ma efficiente, ha 10.000 veicoli elettrici e 500 km di rete ciclabile, con solo 30 autobus elettrici.

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Caldo africano anche a ottobre! Picchi di 30°C: ecco quando e dove https://www.iconameteo.it/primo-piano/caldo-africano-anche-a-ottobre-picchi-di-30c-ecco-quando-e-dove/ Wed, 09 Oct 2024 11:24:15 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78754 caldo ottobreIl caldo africano non abbandona le regioni del Sud Italia e la Sicilia nemmeno ad ottobre, con un aumento delle temperature verso valori oltre la norma anche nei prossimi giorni e ad inizio della prossima settimana. L’Italia si prepara, tra la notte di mercoledì e la giornata di domani (giovedì 10) ad una nuova fase di …

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Il caldo africano non abbandona le regioni del Sud Italia e la Sicilia nemmeno ad ottobre, con un aumento delle temperature verso valori oltre la norma anche nei prossimi giorni e ad inizio della prossima settimana. L’Italia si prepara, tra la notte di mercoledì e la giornata di domani (giovedì 10) ad una nuova fase di maltempo legata a ciò che rimane dell’ex uragano Kirk.

Seppur la traiettoria di Kirk stia puntando l’Europa occidentale, la nostra Penisola dovrebbe essere coinvolta in maniera marginale, ma senza escludere piogge e temporali localmente intensi nonché un rinforzo dei venti. Le regioni interessate da rovesci temporaleschi dovrebbero essere in particolare la Liguria, il Piemonte, la Toscana e l’Emilia-Romagna. Anche le aree appenniniche sono a rischio di temporali intensi, con la possibilità di locali nubifragi. Al Sud l’impatto sarà meno significativo, ma qui con l’avvicinarsi della perturbazione si avrà un richiamo di aria di origine africana che innescherà un deciso aumento delle temperature.

criticità giovedì

Il caldo africano insiste al Centro-Sud, con una breve tregua tra venerdì e sabato: le previsioni

La circolazione atmosferica è caratterizzata da correnti mediamente sud-occidentali che convogliano aria di per sé già mite nell’area del Mediterraneo. Con l’arrivo delle perturbazioni atlantiche – spiega il meteorologo di Meteo Expert Simone Abelli -, come ad esempio domani (giovedì 10), si ha un ulteriore richiamo di aria ancora più calda da sud (quindi aria di origine africana) che determina un deciso aumento delle temperature fino a valori vicini ai 30 gradi nel settore del medio Adriatico e al meridione.

Fra venerdì 11 e sabato 12 questi flussi caldi verranno temporaneamente sostituiti da correnti settentrionali più fresche con un conseguente ridimensionamento delle temperature. Fra domenica 13 e la prima parte della prossima settimana è probabile una ripresa delle correnti calde meridionali, messe in moto dall’azione congiunta di un’alta pressione di blocco sull’Europa orientale e una depressione sui Paesi occidentali che, come un ingranaggio, favoriranno la risalita della massa d’aria africana sufficientemente calda da portare di nuovo i termometri ben oltre i 25 gradi fino a sfiorare i 30 gradi al Sud.

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Settembre 2024: Caldo da Record! Il Pianeta Vicino al Punto di Non Ritorno https://www.iconameteo.it/primo-piano/settembre-2024-caldo-da-record-il-pianeta-vicino-al-punto-di-non-ritorno/ Wed, 09 Oct 2024 10:31:43 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78745 Secondo i dati di , settembre 2024 ha visto una temperatura media globale dell’aria superficiale di 16,17°C, ben 0,73°C al di sopra della media 1991-2020. Questo lo rende il secondo settembre più caldo mai registrato, subito dopo settembre 2023. Inoltre, l’anomalia della temperatura per questo mese è stata di 1,54°C al di sopra dei livelli …

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Secondo i dati di , settembre 2024 ha visto una temperatura media globale dell’aria superficiale di 16,17°C, ben 0,73°C al di sopra della media 1991-2020. Questo lo rende il secondo settembre più caldo mai registrato, subito dopo settembre 2023. Inoltre, l’anomalia della temperatura per questo mese è stata di 1,54°C al di sopra dei livelli preindustriali, evidenziando una tendenza che vede 14 mesi su 15 superare la soglia critica di 1,5°C.

Il 2024 sarà l’anno più caldo di sempre?
Il report di Copernicus indica che la temperatura media globale degli ultimi 12 mesi (ottobre 2023 – settembre 2024) è la seconda più alta mai registrata, con un aumento di 0,74°C rispetto alla media 1991-2020, equivalente a 1,62°C sopra i livelli preindustriali. Per evitare che il 2024 diventi l’anno più caldo di sempre, l’anomalia termica dei restanti mesi dovrebbe diminuire di oltre 0,4°C, un fatto mai accaduto nei dati ERA5. Questo rende quasi certo che il 2024 sarà l’anno più caldo della storia.

Settembre 2024: Europa divisa tra caldo e piogge
A livello europeo, le temperature sono state significativamente superiori alla media nell’Europa orientale e nord-orientale, mentre nell’Europa occidentale, incluse Francia, Spagna e Islanda, sono state leggermente al di sotto della media. Il continente ha anche visto eventi di precipitazioni estreme, come la tempesta Boris, che ha causato alluvioni in Europa centrale e orientale, mentre le aree più secche, come la penisola iberica, hanno sofferto di gravi incendi.

Samantha Burgess, vicedirettore del Copernicus Climate Change Service Service, ha affermato che “le precipitazioni estreme sono aggravate dal riscaldamento globale, e più aumentano le temperature, maggiore sarà il rischio di eventi meteorologici catastrofici”.

L’incremento delle temperature globali non è solo un dato climatico, ma rappresenta una grave minaccia per ecosistemi e popolazioni umane. Piogge torrenziali e ondate di calore estremo diventano sempre più frequenti, aumentando il rischio di danni a infrastrutture, vite umane e agricoltura. La transizione verso un futuro a emissioni zero diventa sempre più urgente per mitigare questi rischi.

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Meteo estremo: da inizio 2024 in Italia circa duemila eventi. E l’ex uragano Kirk punta l’Europa https://www.iconameteo.it/primo-piano/meteo-estremo-da-inizio-2024-in-italia-circa-duemila-eventi-e-lex-uragano-kirk-punta-leuropa/ Wed, 09 Oct 2024 09:12:40 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78742 Gli eventi meteo estremi sono purtroppo sempre più all’ordine del giorno a livello globale. Il potente uragano Helene che ha colpito la Florida a fine settembre, causando danni catastrofici e oltre 200 vittime, è soltanto l’ultimo grande evento climatico estremo ma all’orizzonte se ne intravede un altro. Si tratta di Milton, un potente uragano di …

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Gli eventi meteo estremi sono purtroppo sempre più all’ordine del giorno a livello globale. Il potente uragano Helene che ha colpito la Florida a fine settembre, causando danni catastrofici e oltre 200 vittime, è soltanto l’ultimo grande evento climatico estremo ma all’orizzonte se ne intravede un altro.

Si tratta di Milton, un potente uragano di categoria 5 che sta puntando ancora una volta la Florida: l’approdo è previsto mercoledì notte sulla cosa occidentale dello stato americano, dove andrà a colpire l’area densamente popolata di Tampa Bay. Considerando la sua forza, l’impatto potrebbe rivelarsi particolarmente catastrofico.

Milton in avvicinamento: l’uragano da record pronto a colpire la Florida

Eventi meteo estremi: a quanto ammontano finora in Italia?

I fenomeni climatici estremi in Italia da inizio 2024 ammontano a circa duemila, come stabilito dall’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche. Come sono suddivisi? Gli eventi estremi, da gennaio 2024 a metà settembre, lungo la nostra Penisola ammontano per la precisione a 1.899.

Di questi, 212 tornado (52 nella prima metà di settembre, il 71% sulle coste tirreniche), 1.023 nubifragi (157 nella prima metà di settembre, il 91% sulle regioni del Centro-Nord), 664 grandinate con chicchi di grandi dimensioni (37 nella prima metà di settembre, record in Versilia con chicchi di diametro fra 7 e 9 cm).

La regione colpita con maggior violenza è stata l’Emilia Romagna che nell’arco di un anno e mezzo ha fatto registrare tre alluvioni, di cui l’ultima risalente proprio al mese di settembre da poco trascorso e innescata dalla tempesta Boris, che ha devastato diverse zone d’Europa. Tra il 1970 e il 2021 i fenomeni climatici estremi hanno causato più di 2 milioni di morti e perdite economiche che sfiorano i 4mila miliardi di euro.

Anche la siccità sta mettendo a dura prova diverse zone del mondo: tra i casi più drammatici c’è quello della regione amazzonica brasiliana, dove il porto fluviale della città di Manaus, importante arteria commerciale della regione, è sceso ai livelli di acqua più bassi degli ultimi 122 anni. Non va meglio in altre zone del Sudamerica: il fiume Paraguay, che nasce in Brasile e scorre attraverso Paraguay e Argentina, è sceso al suo minimo storico. Carenza idrica e temperature elevate contribuiscono a innescare incendi record, con la Bolivia che sta sperimentando i roghi peggiori degli ultimi 10 anni. In estrema sofferenza i fiumi di tutto il mondo, per i quali il 2023 è stato l’anno più secco degli ultimi tre decenni.

Una nuova minaccia all’orizzonte: l’ex uragano Kirk si prepara a colpire l’Europa. Quali conseguenze per l’Italia?

L’uragano Kirk, formatosi lunedì scorso come l’undicesima tempesta tropicale della stagione atlantica, si sta dirigendo verso l’Europa, sollevando preoccupazioni per le possibili conseguenze meteorologiche anche sul nostro Paese. L’ex uragano ha iniziato la sua corsa come tempesta tropicale per poi rafforzarsi rapidamente in uragano di categoria 4 lo scorso fine settimana. Tuttavia domenica ha mostrato segni di indebolimento, un trend che proseguirà nel suo percorso verso l’Europa.

Secondo le previsioni della NOAA, Kirk dopo essere passato a nord delle Azzorre già trasformato in un ciclone extratropicale, si dirigerà verso la Spagna, interagendo con un vortice tra Francia e Inghilterra. Questa combinazione potrebbe generare condizioni di maltempo intenso su gran parte dell’Europa occidentale entro metà settimana. E l’Italia?

Le regioni potenzialmente interessate dall’ex uragano Kirk

Nonostante Kirk stia puntando l’Europa occidentale, l’Italia dovrebbe essere coinvolta soltanto in maniera marginale. In ogni caso la perturbazione che ne deriva potrebbe dar vita a piogge e temporali in alcune regioni, principalmente settentrionali e centrali.

In base alle previsioni, le zone più colpite a metà settimana dovrebbero essere la Liguria, il Piemonte, la Toscana e l’Emilia-Romagna, con forti rovesci temporaleschi e un rinforzo dei venti. Anche le aree appenniniche sono a rischio di temporali intensi, con la possibilità di locali nubifragi, mentre il resto della penisola potrebbe assistere a un calo delle temperature e a un aumento della nuvolosità. Al Sud l’impatto sarà ancora più marginale, ma in ogni caso le coste tirreniche e adriatiche potrebbero sperimentare alcune piogge e un rinforzo della ventilazione.

Kirk - precipitazioni previste domani (giovedì)
Precipitazioni previste giovedì 10 ottobre – Mappa Meteo Expert
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Eventi meteo estremi: quanti in Italia da inizio 2024? E intanto si avvicina l’ex uragano Kirk

Antartide: il continente di ghiaccio si tinge di verde a causa del riscaldamento globale

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Uragano Milton in arrivo: la Florida si prepara a un impatto catastrofico https://www.iconameteo.it/primo-piano/uragano-milton-in-arrivo-la-florida-si-prepara-a-un-impatto-catastrofico/ Tue, 08 Oct 2024 16:00:40 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78732 L’uragano Milton si sta rapidamente trasformando in una minaccia devastante per la Florida, dopo aver fatto il suo debutto come undicesima tempesta tropicale dell’anno. A sole due settimane dal passaggio dell’uragano Helene, che ha causato oltre 200 vittime e ingenti danni, la costa occidentale della Florida è in allerta per un nuovo, potente uragano. Milton …

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L’uragano Milton si sta rapidamente trasformando in una minaccia devastante per la Florida, dopo aver fatto il suo debutto come undicesima tempesta tropicale dell’anno. A sole due settimane dal passaggio dell’uragano Helene, che ha causato oltre 200 vittime e ingenti danni, la costa occidentale della Florida è in allerta per un nuovo, potente uragano. Milton ha raggiunto la categoria 5 in un tempo record e si prevede che tocchi terra mercoledì sera, indebolendosi leggermente (categoria 3) ma mantenendo comunque un’intensità capace di causare gravi distruzioni.

Milton: Venti distruttivi e mareggiate senza precedenti

Secondo le ultime informazioni del National Hurricane Center, Milton si sposterà appena a nord della penisola dello Yucatan oggi (martedì 8 ottobre) e si avvicinerà alla costa della Florida domani, mercoledì 9, toccando terra nella densamente popolata area di Tampa Bay. I meteorologi avvertono che si prevede una mareggiata record di 2,4-3,6 metri nella baia, un livello mai registrato prima nella regione, e quasi il doppio di quanto osservato durante il passaggio di Helene. Le inondazioni diffuse sono previste, con accumuli di pioggia che andranno dai 130 ai 250 mm per la Florida continentale e le Keys, con picchi fino a 380 mm in alcune zone.

La Tampa Bay, con oltre 3,3 milioni di abitanti, è particolarmente vulnerabile e si stanno attuando misure di evacuazione per i residenti nelle aree costiere.

Intensificazione esplosiva: Milton entra nella storia

Milton ha guadagnato il soprannome di “mostro” grazie alla sua rapida intensificazione. In meno di 24 ore, è diventata una delle tempeste più forti mai registrate nel Golfo del Messico. Solo due uragani nella storia dell’Atlantico, Wilma (2005) e Felix (2007), si sono rafforzati più velocemente. Wilma ha visto i suoi venti sostenuti aumentare di 170 km/h in un solo giorno, mentre Felix ha guadagnato 160 km/h.

Milton è ora la tredicesima tempesta nominata della stagione e la settima a intensificarsi rapidamente nel bacino atlantico.

Ultimi aggiornamenti: cosa aspettarsi nei prossimi giorni?

Le ultime previsioni indicano che, mentre Milton si avvicina alla Florida, ci saranno importanti cambiamenti nelle condizioni meteorologiche. Oggi, si prevede che Milton tocchi terra con venti sostenuti di circa 205 km/h, portando con sé piogge torrenziali e mareggiate che potrebbero allagare vaste aree. Le autorità locali hanno emesso ordini di evacuazione per diverse aree costiere e sono state attivate misure di emergenza in preparazione all’impatto.

Le famiglie sono incoraggiate a seguire attentamente gli aggiornamenti meteorologici e a rispettare le istruzioni delle autorità locali. Gli scienziati continueranno a monitorare la tempesta nei prossimi giorni, dato che Milton potrebbe rimanere un fattore di rischio mentre attraversa la Florida e si dirige verso l’Oceano Atlantico.

Con la minaccia dell’uragano Milton, la Florida si prepara ad affrontare condizioni meteorologiche estreme. Le mareggiate record, le forti piogge e il potenziale per inondazioni catastrofiche pongono gravi rischi per la sicurezza pubblica.

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L’uragano Kirk si dirige verso l’Europa: l’Italia è in allerta? https://www.iconameteo.it/primo-piano/luragano-kirk-si-dirige-verso-leuropa-litalia-e-in-allerta/ Tue, 08 Oct 2024 14:22:37 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78729 L’uragano Kirk, formatosi lunedì come undicesima tempesta tropicale atlantica della stagione, ha rapidamente scalato le categorie fino a diventare un pericoloso uragano di categoria 4 nel fine settimana. Dopo aver mostrato i primi segnali di cedimento, Kirk ha iniziato il suo viaggio verso nordest, dirigendosi verso l’Europa. Le previsioni indicano che l’uragano, ora in fase …

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L’uragano Kirk, formatosi lunedì come undicesima tempesta tropicale atlantica della stagione, ha rapidamente scalato le categorie fino a diventare un pericoloso uragano di categoria 4 nel fine settimana. Dopo aver mostrato i primi segnali di cedimento, Kirk ha iniziato il suo viaggio verso nordest, dirigendosi verso l’Europa. Le previsioni indicano che l’uragano, ora in fase di indebolimento, perderà progressivamente forza e, nelle prossime ore, si trasformerà in un ciclone extratropicale.

Kirk si trasforma in ciclone e raggiunge l’Europa
Secondo il National Hurricane Center della NOAA, il ciclone tropicale continuerà a spostarsi verso l’Europa, interagendo con i sistemi extratropicali e perdendo le caratteristiche di uragano. L’arrivo a nord delle Azzorre è previsto tra lunedì notte e martedì mattina, quando Kirk sarà già diventato un ciclone extratropicale. Successivamente, il ciclone raggiungerà la Spagna, inglobando un vortice tra Francia e Inghilterra. A metà settimana, l’ex-uragano interesserà gran parte dell’Europa occidentale, comportandosi come una normale tempesta atlantica.

Gli effetti in Italia: venti forti e piogge localizzate
Anche l’Italia sarà toccata dal passaggio di Kirk, seppur marginalmente. Le aree più esposte saranno le regioni settentrionali e centrali, dove si potranno verificare forti venti e piogge locali. Altre regioni, come Liguria e Toscana, potrebbero essere interessate da fenomeni più intensi, con raffiche di vento e precipitazioni concentrate soprattutto tra mercoledì e giovedì. Tuttavia, non si prevedono impatti significativi sul resto del Paese.

Previsioni meteo: le regioni più colpite
Il passaggio di Kirk sull’Europa porterà piogge e venti in alcune zone dell’Italia. Le regioni settentrionali, come Lombardia e Piemonte, potrebbero sperimentare raffiche di vento più intense, mentre le coste tirreniche, come Liguria e Toscana, potrebbero essere soggette a piogge locali, soprattutto tra mercoledì e giovedì. Le regioni centrali come Umbria e Marche vedranno fenomeni meteorologici più leggeri, con un calo delle temperature e venti moderati.

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2023: l’anno più secco per i fiumi a livello globale in tre decenni https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/2023-lanno-piu-secco-per-i-fiumi-a-livello-globale-in-tre-decenni/ Tue, 08 Oct 2024 13:20:17 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78727 fiumi-sempre-piu-caldiIl 2023 si è rivelato l’anno più secco degli ultimi trent’anni per i fiumi di tutto il mondo, secondo un nuovo rapporto coordinato dall’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM). Lo studio segnala cambiamenti allarmanti nella disponibilità di risorse idriche in un contesto di domanda crescente, mettendo a rischio le comunità, l’agricoltura e gli ecosistemi. Fiumi e …

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Il 2023 si è rivelato l’anno più secco degli ultimi trent’anni per i fiumi di tutto il mondo, secondo un nuovo rapporto coordinato dall’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM). Lo studio segnala cambiamenti allarmanti nella disponibilità di risorse idriche in un contesto di domanda crescente, mettendo a rischio le comunità, l’agricoltura e gli ecosistemi.

Fiumi e risorse idriche globali

Negli ultimi cinque anni, le condizioni idriche hanno mostrato anomalie diffuse a livello globale, con un andamento particolarmente preoccupante per i fiumi e i bacini idrici. La carenza d’acqua sta creando stress sulle riserve idriche, rendendo sempre più difficile il sostentamento delle comunità e la coltivazione agricola. Il rapporto evidenzia che il 2023 ha segnato il secondo anno consecutivo in cui tutte le regioni dotate di ghiacciai hanno segnalato una significativa perdita di massa, un segnale allarmante per il futuro delle risorse idriche.

Eventi estremi e impatti climatici

L’anno 2023 si distingue anche per essere il più caldo mai registrato, con temperature elevate e condizioni di siccità che hanno contribuito a prolungati periodi di aridità. Tuttavia, non sono mancati eventi di inondazione in diverse parti del mondo. L’alternanza tra fenomeni naturali come La Niña e El Niño ha amplificato questi eventi estremi. In particolare, l’Africa è stata colpita duramente, come evidenziato dalla tragica alluvione in Libia che ha causato oltre 11.000 vittime.

Punti salienti del rapporto

Il rapporto sullo stato delle risorse idriche globali, giunto al suo terzo anno e considerato il più completo fino ad oggi, ha fornito nuove informazioni sui volumi dei laghi e dei bacini idrici, sull’umidità del suolo e sull’equivalente in acqua della neve. Ecco alcuni dei principali risultati:

  • Portata dei fiumi: Oltre il 50% delle aree di raccolta globali ha mostrato condizioni idriche anomale, con gravi siccità registrate in tutto il continente americano. Bacini come il Mississippi e l’Amazzonia hanno raggiunto livelli record di acque basse.
  • Bacini e laghi: Gli afflussi nei bacini hanno seguito tendenze simili a quelle della portata dei fiumi, con condizioni inferiori alla norma in diverse regioni tra cui l’India e l’America centrale.
  • Livelli delle falde acquifere: Mentre in alcune aree come Sudafrica e Irlanda si sono registrati livelli superiori alla norma, altre regioni, come il Cile e la Giordania, hanno sofferto di impoverimento delle falde acquifere dovuto a un’eccessiva estrazione.
  • Umidità del suolo: La maggior parte delle terre a livello globale ha mostrato livelli di umidità inferiori alla norma, in particolare in Nord America e Nord Africa. Contrariamente, alcune zone, come l’Alaska e il Canada nordorientale, hanno visto umidità del suolo molto superiore alla norma.
  • Ghiacciai: I ghiacciai hanno subito una perdita senza precedenti, con oltre 600 gigatonnellate di acqua scomparsa, principalmente a causa dello scioglimento in America settentrionale e nelle Alpi europee. La copertura nevosa nell’emisfero settentrionale ha raggiunto i livelli più bassi mai registrati, evidenziando ulteriormente l’impatto dei cambiamenti climatici.

Il rapporto mette in luce l’urgenza di affrontare i cambiamenti climatici e le loro conseguenze sulle risorse idriche. È fondamentale aumentare la consapevolezza e attuare misure per garantire un uso sostenibile delle risorse idriche, fondamentali per il sostentamento delle popolazioni e degli ecosistemi in tutto il mondo.

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Alaska: il surriscaldamento marino minaccia l’ecosistema artico https://www.iconameteo.it/primo-piano/alaska-il-surriscaldamento-marino-minaccia-lecosistema-artico/ Tue, 08 Oct 2024 13:11:07 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78723 I ghiacciai in AlaskaNel 2022, miliardi di granchi delle nevi sono scomparsi dal Mare di Bering, suscitando grande preoccupazione tra scienziati e pescatori in Alaska. Contrariamente a quanto si potesse pensare, la causa di questa drammatica diminuzione non è attribuibile alla pesca eccessiva, ma al riscaldamento delle acque, che ha accelerato il metabolismo dei granchi, portandoli a una …

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Nel 2022, miliardi di granchi delle nevi sono scomparsi dal Mare di Bering, suscitando grande preoccupazione tra scienziati e pescatori in Alaska. Contrariamente a quanto si potesse pensare, la causa di questa drammatica diminuzione non è attribuibile alla pesca eccessiva, ma al riscaldamento delle acque, che ha accelerato il metabolismo dei granchi, portandoli a una crisi alimentare. Lo studio condotto dalla NOAA, guidato da Michael Litzow, ha rivelato che il Mare di Bering sta diventando sempre meno artico, con condizioni più calde e prive di ghiaccio che ora sono 200 volte più probabili rispetto al passato, minacciando l’intero ecosistema marino.

Impatto devastante sull’industria della pesca

I granchi delle nevi, che prosperano in acque sotto i 2°C, sono stati gravemente colpiti da un’ondata di calore marino tra il 2018 e il 2019. Questo evento ha spinto il loro metabolismo al limite, senza fornire loro sufficiente cibo per sopravvivere. Le conseguenze sono state disastrose per l’industria della pesca in Alaska, che rappresenta una delle colonne portanti dell’economia locale, con un valore annuale che può raggiungere i 227 milioni di dollari. Litzow avverte che il settore dovrà adattarsi rapidamente a queste nuove condizioni climatiche per garantire la sostenibilità della pesca.

Nuove specie marine in competizione

Il riscaldamento marino non ha solo ridotto drasticamente la popolazione dei granchi delle nevi, ma ha anche aperto la strada a nuove specie marine, come il merluzzo del Pacifico. Durante l’ondata di calore, queste nuove specie hanno invaso le acque tradizionalmente fredde dei granchi, aumentando la competizione per le risorse alimentari e accelerando il declino della popolazione di granchi.

Il cambiamento climatico in atto

Le trasformazioni climatiche stanno portando a cambiamenti significativi negli ecosistemi artici, con effetti che superano le sole dinamiche della pesca. La regione artica si sta riscaldando quattro volte più rapidamente rispetto al resto del mondo, e il Mare di Bering si presenta come un campanello d’allarme per le future sfide ambientali. Gli scienziati sono attivamente impegnati nel migliorare il monitoraggio e la risposta a questi cambiamenti, impiegando tecnologie avanzate come droni e intelligenza artificiale.

Una crisi che richiede attenzione

Il drastico cambiamento in corso richiede una maggiore attenzione e consapevolezza. Gli impatti del cambiamento climatico stanno mettendo a rischio i mezzi di sussistenza di intere comunità che dipendono da questi ecosistemi, rendendo il futuro incerto non solo per molte specie marine, ma anche per le persone che si affidano a esse.

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Forte maltempo in arrivo: Liguria e Lombardia sotto allerta rossa fino a martedì 8 https://www.iconameteo.it/primo-piano/forte-maltempo-in-arrivo-liguria-e-lombardia-sotto-allerta-rossa-fino-a-martedi-8/ Tue, 08 Oct 2024 09:57:03 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78719 maltempo lombardiaUna perturbazione intensa ha investito l’Italia, portando piogge battenti e condizioni climatiche avverse, con particolare focus sulla Liguria e la Lombardia, dove è stata emessa un’allerta meteo rossa dalla Protezione Civile. Maltempo estremo: rischio nubifragi e criticità idro-geologiche Nella Liguria, le precipitazioni sono state straordinarie: dalla mezzanotte fino alle 10 del mattino, sono stati registrati …

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Una perturbazione intensa ha investito l’Italia, portando piogge battenti e condizioni climatiche avverse, con particolare focus sulla Liguria e la Lombardia, dove è stata emessa un’allerta meteo rossa dalla Protezione Civile.

Maltempo estremo: rischio nubifragi e criticità idro-geologiche

Nella Liguria, le precipitazioni sono state straordinarie: dalla mezzanotte fino alle 10 del mattino, sono stati registrati oltre 200 litri di pioggia per metro quadro, causando allagamenti e un preoccupante aumento del livello dei fiumi Stura e Orba. La perturbazione si sta spostando verso est e porterà piogge intense e persistenti su gran parte del Nord Italia, nonché sulle regioni centrali tirreniche. Gli accumuli più significativi sono previsti in Liguria, sull’Appennino tosco-emiliano, e nelle Alpi e Prealpi centro-orientali.

allerta meteo

Il maltempo sarà ulteriormente amplificato da un rinforzo del vento, con raffiche meridionali che in Liguria potrebbero raggiungere i 70-100 km/h, rendendo le condizioni meteorologiche ancora più critiche. In aggiunta, la ventilazione meridionale porterà a un’impennata delle temperature nelle regioni centro-meridionali, con punte che potrebbero sfiorare i 30 gradi.

A Venezia, è attesa un’acqua alta, con un picco di marea che potrebbe raggiungere i 110 cm in mare, riducendosi a 90 cm in città grazie all’attivazione del sistema MOSE.

Previsioni meteo: nuovi fenomeni di maltempo in arrivo

Il maltempo non accennerà a placarsi nel corso della settimana. Dopo una parziale tregua mercoledì, una nuova perturbazione, legata all’ex uragano Kirk, si prepara a colpire principalmente Francia e Europa centro-settentrionale.

Già da giovedì 10, si prevede il ritorno di piogge diffuse su gran parte del Paese. La situazione sarà monitorata con attenzione, poiché le nuove precipitazioni potrebbero colpire aree già duramente provate dalla perturbazione in corso. Secondo le attuali proiezioni, le piogge potrebbero risultare localmente intense, soprattutto tra Lombardia, Liguria e Triveneto.

È fondamentale seguire gli aggiornamenti meteorologici per restare informati su una situazione in continua evoluzione e potenzialmente pericolosa.

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L’uragano Milton si trasforma in un ‘mostro’ in 24 ore: la Florida in stato d’allerta https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/luragano-milton-si-trasforma-in-un-mostro-in-24-ore-la-florida-in-stato-dallerta/ Tue, 08 Oct 2024 09:44:32 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78715 L’uragano Milton si dirige verso la Florida, a sole due settimane dal passaggio dell’uragano Helene, che ha causato oltre 200 morti e danni catastrofici. La costa occidentale della Florida è in preallerta per il potente uragano, che ha raggiunto la categoria 5 con una velocità sorprendente. Le previsioni indicano che Milton dovrebbe approdare in Florida …

© Icona Meteo - Il presente contenuto è riproducibile solo in parte, non integralmente, inserendo la citazione della fonte (Icona Meteo) e il link al contenuto originale (L’uragano Milton si trasforma in un ‘mostro’ in 24 ore: la Florida in stato d’allerta)

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L’uragano Milton si dirige verso la Florida, a sole due settimane dal passaggio dell’uragano Helene, che ha causato oltre 200 morti e danni catastrofici. La costa occidentale della Florida è in preallerta per il potente uragano, che ha raggiunto la categoria 5 con una velocità sorprendente. Le previsioni indicano che Milton dovrebbe approdare in Florida mercoledì sera come uragano di categoria 3, ma con un’intensità sufficiente a provocare ulteriori devastazioni.

Con venti massimi sostenuti di almeno 250 km/h, Milton si presenta come un vero ‘mostro’. L’ultimo aggiornamento del National Hurricane Center rivela che il centro della tempesta si sposterà a nord della penisola dello Yucatan oggi, per poi avvicinarsi alla costa occidentale della Florida domani, toccando terra nell’area densamente popolata di Tampa Bay. Sebbene si preveda un leggero indebolimento prima dell’impatto, Milton potrebbe mantenere la sua forza mentre attraversa la Florida centrale e si dirige verso l’Oceano Atlantico.

Uragano Delta

I meteorologi avvertono della possibilità di una mareggiata di 2,4-3,6 metri nella baia di Tampa, un livello senza precedenti per la regione e quasi il doppio di quello registrato durante l’uragano Helene. La tempesta potrebbe anche portare a inondazioni diffuse, con previsioni di pioggia variabile tra 130 e 250 mm per la Florida continentale e le Keys, e fino a 380 mm in alcune località. L’area metropolitana di Tampa conta oltre 3,3 milioni di abitanti.

L’intensificazione estremamente rapida di Milton e i precedenti storici

Milton ha mostrato una rapidità di intensificazione senza pari nel Golfo del Messico, ma eventi simili non sono rari nell’Atlantico. Solo due uragani, Wilma nel 2005 e Felix nel 2007, hanno registrato un rafforzamento più rapido di Milton in 24 ore. Wilma detiene il record dal 1982, con un aumento di 170 km/h mentre si muoveva nel Mar dei Caraibi, mentre Felix nel 2007 si intensificò di 160 km/h.

L’uragano Milton è la tredicesima tempesta nominata di questa stagione e la settima a intensificarsi rapidamente. Questo fenomeno è stato accelerato dalla temperatura della superficie del mare, riscaldata dai cambiamenti climatici. Per “intensificazione estremamente rapida” si intende un incremento dei venti massimi sostenuti di almeno 93 km/h in un periodo di 24 ore. Nel caso di Milton, l’aumento è stato di 150 km/h. Le temperature della superficie del mare nella zona di sviluppo dell’uragano sono superiori ai livelli record, e una rapida analisi di attribuzione ha mostrato che questi aumenti di temperatura sono diventati da 400 a 800 volte più probabili a causa dei cambiamenti climatici negli ultimi 14 giorni.

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Frane devastano le ville californiane: un futuro incerto https://www.iconameteo.it/primo-piano/frane-devastano-le-ville-californiane-un-futuro-incerto/ Tue, 08 Oct 2024 09:36:59 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78713 pioggeLe splendide ville affacciate sull’Oceano Pacifico, spesso immortalate in film di Hollywood e di proprietà di celebrità, stanno affrontando una crisi senza precedenti. I proprietari di queste abitazioni da milioni di dollari devono ora confrontarsi con una minaccia crescente: le frane, un fenomeno che ha inizio negli anni ’50, ma che negli ultimi anni ha …

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Le splendide ville affacciate sull’Oceano Pacifico, spesso immortalate in film di Hollywood e di proprietà di celebrità, stanno affrontando una crisi senza precedenti. I proprietari di queste abitazioni da milioni di dollari devono ora confrontarsi con una minaccia crescente: le frane, un fenomeno che ha inizio negli anni ’50, ma che negli ultimi anni ha visto un’accelerazione drammatica. Le recenti piogge e tempeste intense hanno intensificato il movimento del terreno, con conseguenze devastanti per la stabilità delle abitazioni.

Nel sud della California, molte delle ville a strapiombo ora si trovano su terreni deformati, con strade incrinate e centinaia di abitazioni senza elettricità. Il governatore della California ha dichiarato stato di emergenza in diverse aree colpite, mentre le immagini di case che si inclinano pericolosamente sulle scogliere o che sono parzialmente inghiottite dal suolo diventano sempre più comuni. Le frane non solo distruggono queste proprietà, ma mettono in pericolo le vite umane e lasciano le comunità in uno stato di apprensione per il loro futuro.

L’impatto del cambiamento climatico

Gli scienziati avvertono che la frequenza di questi eventi aumenterà a causa della crisi climatica, che si traduce in piogge più intense e tempeste più forti, rimodellando il paesaggio californiano. Le frane sono influenzate da tre fattori principali: la pendenza del terreno, il tipo di roccia e le condizioni climatiche. Secondo un esperto del Jet Propulsion Laboratory della NASA, gran parte della California si trova su un substrato di ceneri vulcaniche, che degrada in argilla espandibile e scivolosa quando è bagnata.

Le precipitazioni sono tra i principali fattori scatenanti delle frane. Quando piove, l’acqua si infiltra nel terreno, riducendo l’attrito che mantiene insieme i granelli di terra e di roccia. Questo indebolisce il suolo, facilitando i movimenti. Il cambiamento climatico altera questo equilibrio, rendendo le pendenze più instabili.

Negli ultimi due anni, i cosiddetti “fiumi atmosferici” hanno portato abbondanti piogge nello Stato. Solo lo scorso febbraio, un fiume atmosferico ha scaricato quantità record di pioggia nel sud della California, scatenando centinaia di frane e causando numerose vittime. Le immagini di ville sull’orlo di precipitare sulla spiaggia sono diventate emblematiche di questa crisi. La correlazione tra la crisi climatica e le piogge più intense è evidente: un’atmosfera più calda può trattenere più umidità, portando a precipitazioni più violente. Inoltre, le temperature oceaniche in aumento alimentano tempeste più potenti.

Le previsioni future e i fattori di rischio

Le previsioni climatiche per la California indicano un futuro in cui le piogge saranno meno frequenti ma più intense, specialmente a causa dell’intensificarsi dei fiumi atmosferici. “Negli anni più piovosi, le frane accelerano in tutto lo Stato californiano”, afferma un esperto di geoscienze.

Oltre al cambiamento climatico, altri fattori contribuiscono al rischio di frane. L’innalzamento del livello del mare e le mareggiate erodono le scogliere, mentre estati più calde e secche aumentano la probabilità di incendi boschivi, che a loro volta lasciano il terreno vulnerabile. Le frane che nel 2018 devastarono Montecito, uccidendo 23 persone, seguirono un incendio di grande portata che aveva distrutto gran parte della vegetazione.

Questo fenomeno non è esclusivo della California. In tutto il mondo, gli scienziati stanno osservando un aumento delle frane legate ai cambiamenti climatici. Eventi recenti, come il ciclone Gabrielle in Nuova Zelanda, hanno innescato oltre 140.000 frane, mentre in India, un’intensa pioggia monsonica ha causato una frana che ha ucciso almeno 150 persone.

Il ruolo del comportamento umano

Il comportamento umano gioca un ruolo significativo nell’intensificare il rischio di frane. La costruzione su pendii instabili e la deforestazione, che rimuove le radici delle piante che stabilizzano il suolo, aggravano la situazione. Tuttavia, gli esperti concordano sul fatto che “il cambiamento climatico è la chiave” di questi fenomeni.

Per i residenti delle aree colpite dalle frane in California, il futuro è incerto. In alcune zone a sud di Los Angeles, il terreno si muove a una velocità di 30 centimetri a settimana. Non è chiaro quando o se questi movimenti si stabilizzeranno, ma ciò che è certo è che il cambiamento climatico sta avendo un impatto profondo e inesorabile anche sulle lussuose ville dei milionari californiani.

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Cambiamenti climatici e sport invernali: OMM e FIS uniscono le forze https://www.iconameteo.it/primo-piano/cambiamenti-climatici-e-sport-invernali-omm-e-fis-uniscono-le-forze/ Tue, 08 Oct 2024 09:25:30 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78708 Monti imbiancati dalla prima neve della stagioneL’accordo, che entrerà in vigore prima dell’imminente stagione invernale 2024-2025, punta a utilizzare dati scientifici per preservare il futuro degli sport invernali e del turismo montano. La Federazione Internazionale Sci e Snowboard (FIS) e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) hanno siglato un’alleanza strategica per accendere i riflettori sul crescente impatto dei cambiamenti climatici sugli sport invernali …

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L’accordo, che entrerà in vigore prima dell’imminente stagione invernale 2024-2025, punta a utilizzare dati scientifici per preservare il futuro degli sport invernali e del turismo montano.

La Federazione Internazionale Sci e Snowboard (FIS) e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) hanno siglato un’alleanza strategica per accendere i riflettori sul crescente impatto dei cambiamenti climatici sugli sport invernali e sul turismo nelle regioni montane. Con un Memorandum d’intesa appena firmato, le due organizzazioni si impegnano a collaborare per sensibilizzare l’opinione pubblica e adottare misure pratiche per mitigare gli effetti delle temperature globali in aumento sulla neve e sul ghiaccio. Questa storica collaborazione segna la prima volta che l’agenzia meteorologica delle Nazioni Unite stringe un accordo con una federazione sportiva internazionale.

 

Il dibattito sull’emergenza climatica nel mondo degli sport invernali non è nuovo. Già il 12 febbraio 2023, 142 sciatori professionisti avevano indirizzato una lettera alla FIS, richiedendo azioni concrete contro il cambiamento climatico. L’iniziativa, capitanata dallo sciatore austriaco Julian Schütter, ambasciatore della campagna “Protect Our Winters”, sollecitava un intervento urgente. La scorsa stagione, la FIS ha organizzato 616 gare di Coppa del Mondo, distribuite su 166 località; ben 26 di queste sono state cancellate a causa di condizioni meteorologiche sfavorevoli.

“Le vacanze invernali rovinate e gli eventi sportivi annullati sono solo la punta dell’iceberg del cambiamento climatico”, ha sottolineato Celeste Saulo, Segretaria Generale dell’OMM. “Il ritiro dei ghiacciai, la diminuzione della copertura nevosa e lo scioglimento del permafrost stanno avendo effetti devastanti sugli ecosistemi, sulle comunità e sull’economia delle aree montane. Queste tendenze continueranno ad aggravarsi con conseguenze a lungo termine, a livello sia locale che globale”.

Foto: Tommaso Fimiano

Johan Eliasch, Presidente della FIS, ha espresso preoccupazione per il futuro degli sport invernali: “La crisi climatica va oltre la nostra federazione e lo sport stesso; è una sfida cruciale per l’intera umanità. Tuttavia, il cambiamento climatico rappresenta una minaccia diretta per lo sci e lo snowboard. Ignorare la scienza e i dati oggettivi sarebbe irresponsabile. Questa collaborazione con l’OMM rappresenta un’opportunità per affrontare la crisi con strumenti basati su analisi scientifiche”.

L’accordo, che sarà operativo per un periodo iniziale di cinque anni, prevede la possibilità di rinnovo automatico. Nel corso di questo periodo, le due organizzazioni collaboreranno su una vasta gamma di iniziative. L’obiettivo principale sarà mettere a disposizione degli sport sulla neve e del turismo montano il patrimonio di dati scientifici e le competenze fornite dall’OMM e dai suoi servizi meteorologici nazionali. Le prime attività congiunte sono già in programma: il 7 novembre si terrà un webinar rivolto alle 137 associazioni nazionali di sci, ai gestori delle strutture e agli organizzatori di eventi. Il focus sarà sui cambiamenti climatici e sull’impatto potenziale su neve, ghiaccio e sport invernali, con un approfondimento sugli strumenti avanzati di previsione meteorologica per ottimizzare la gestione della neve nelle stazioni sciistiche.

La Svizzera, sede sia della FIS che dell’OMM, ha recentemente sollevato la questione dello scioglimento dei ghiacciai al punto da proporre una ridefinizione dei confini alpini con l’Italia. Studi recenti rivelano che i ghiacciai alpini hanno perso circa il 60% del loro volume dal 1850, mentre dal 1970 i giorni di nevicate sotto gli 800 metri si sono dimezzati, con precipitazioni che cadono sempre più spesso sotto forma di pioggia invece che neve.

Lo scioglimento del permafrost, specialmente nelle regioni montane, artiche e subartiche, sta compromettendo la stabilità delle infrastrutture costruite su questo terreno fragile. Inoltre, l’aumento del carbonio rilasciato nell’atmosfera contribuisce ulteriormente al riscaldamento globale. Le modifiche nella copertura nevosa non influenzano soltanto il turismo invernale, ma impattano anche settori come l’energia idroelettrica e i trasporti, rendendo evidente come i cambiamenti climatici abbiano effetti profondi e ramificati sull’intero ecosistema alpino.

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L’uragano Kirk punta verso l’Europa: coinvolta anche l’Italia? Le previsioni https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/uragano-kirk-punta-verso-leuropa-coinvolta-anche-litalia-le-previsioni/ Mon, 07 Oct 2024 10:52:33 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78686 uragano kirkL’uragano Kirk è nato lunedì scorso come l’undicesima tempesta tropicale atlantica della stagione, nonché la quarta della settimana iniziata con Helene, l’uragano che ha portato morte e distruzione dalla Florida alla Carolina del Nord. In breve tempo Kirk ha scalato la classifica, passando rapidamente dalla prima categoria alla terza categoria nella giornata di venerdì. Nel …

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L’uragano Kirk è nato lunedì scorso come l’undicesima tempesta tropicale atlantica della stagione, nonché la quarta della settimana iniziata con Helene, l’uragano che ha portato morte e distruzione dalla Florida alla Carolina del Nord. In breve tempo Kirk ha scalato la classifica, passando rapidamente dalla prima categoria alla terza categoria nella giornata di venerdì. Nel fine settimana nel mezzo dell’Atlantico centrale c’era un potente uragano di categoria 4, domenica con iniziali segni di cedimento.

Immagine Meteosat del 6 ottobre alle 12:00 UTC – L’uragano Kirk (margine sinistro) in avvicinamento all’Europa.

L’uragano Kirk punta verso l’Europa: ecco cosa succederà e dove andrà a colpire

Secondo il National Hurricane Center della NOAA, il ciclone tropicale nelle prossime ore si dirigerà verso nordest, lungo una traiettoria che in breve tempo lo porterà ad interagire direttamente con i sistemi extratropicali che regolano il tempo sull’Europa. Durante il viaggio verso latitudini sempre più alte continuerà a perdere potenza a causa della diminuzione della temperatura della superficie del mare e della disponibilità di vapore acqueo nell’aria.

Traiettoria del centro dell’uragano Kirk prevista dal National Hurricane Center (NHC) della NOAA. Il cerchio che indica la posizione prevista del centro è nero se si prevede che il ciclone sarà tropicale, bianco con un contorno nero se si prevede che il ciclone sarà extratropicale. La lettera all’interno del cerchio indica l’intensità del vento prevista dall’NHC in quel momento: D = Tropical Depression – wind speed less than 39 MPH; S = Tropical Storm – wind speed between 39 MPH and 73 MPH; H = Hurricane – wind speed between 74 MPH and 110 MPH; M = Major Hurricane – wind speed greater than 110 MPH.

Kirk perderà così le caratteristiche proprie di un uragano e, tra lunedì notte a martedì mattina, transiterà a nord delle Azzorre già come ciclone extratropicale. Raggiungerà poi la Spagna e, a metà settimana, dopo aver “inglobato” un vortice già presente tra Francia e Inghilterra, raggiungerà anche il resto dell’Europa occidentale, comportandosi come le “normali” tempeste atlantiche che conosciamo. Anche l’Italia sarà interessata dal passaggio dell’ex-Kirk sull’Europa, ma solo marginalmente.

Pressione al suolo e soggetti sinottici previsti dall’Aeronautica Militare per martedì 8 ottobre alle 12:00 UTC (https://www.meteoam.it/it/suolo)
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Meteo, forte Maltempo in arrivo al Centro-Nord: accumuli ingenti, ecco dove https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/meteo-forte-maltempo-in-arrivo-al-centro-nord-accumuli-ingenti-ecco-dove/ Mon, 07 Oct 2024 09:26:36 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/meteo-forte-maltempo-in-arrivo-al-centro-nord-accumuli-ingenti-ecco-dove/ Una nuova perturbazione sta per dare il via ad una fase di intenso maltempo sulle regioni del Centro-Nord, dove si attendono piogge diffuse e ingenti. La fase di maltempo sarà intensa: il modello previsionale di Meteo Expert prevede accumuli di pioggia ingenti, specie su Alpi e Prealpi, in Liguria e alta Toscana. Maltempo intenso: le …

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Una nuova perturbazione sta per dare il via ad una fase di intenso maltempo sulle regioni del Centro-Nord, dove si attendono piogge diffuse e ingenti. La fase di maltempo sarà intensa: il modello previsionale di Meteo Expert prevede accumuli di pioggia ingenti, specie su Alpi e Prealpi, in Liguria e alta Toscana.

Maltempo intenso: le previsioni meteo per martedì 8

Il sistema perturbato darà vita a un peggioramento diffuso nella giornata di martedì 8. Coinvolgerà tutte le regioni del Centro-Nord e la Sardegna, e parzialmente la Campania. Nel resto del Sud il tempo resterà più stabile al mattino, mentre tenderà a peggiorare tra pomeriggio e sera.

Altrove le piogge saranno diffuse e anche abbondanti. I settori che riceveranno gli accumuli più ingenti sono le Prealpi e Alpi, specie nei settori centro-orientali, la Liguria e l’alta Toscana. In queste zone potrebbero cadere, nell’arco di 24 ore, accumuli intorno ai 100 litri per metro quadro (100 mm) o addirittura superiori.

maltempo martedì 8 ottobre
Forte maltempo. Le precipitazioni previste per la giornata di martedì 8. Crediti Meteo Expert

Data l’intensità del maltempo, non possiamo escludere locali criticità. I fenomeni potrebbero risultare intensi, a carattere di rovescio o temporale, con rischio di nubifragi.

Sulle regioni centrali Adriatiche il maltempo sarà invece meno intenso, con piogge più deboli e isolate.

In rinforzo anche il vento. La perturbazione attiverà venti meridionali, che potranno essere fino a forti sui mari del Centro-Nord, in Liguria e nell’alto Adriatico.

In questo contesto le temperature aumenteranno sulle regioni del Sud, in Sicilia e lungo il versante Adriatico, con valori massimi fino a sfiorare i 30 gradi.

maltempo 8 ottobre

Tregua a metà settimana, poi sull’Italia arriva ciò che resta dell’Uragano Kirk

Nella giornata di mercoledì 9 le condizioni meteo tenderanno a migliorare sull’Italia, ma la tregua sarà breve perché ciò che resta dell’uragano Kirk potrebbe portare una nuova fase di maltempo. L’uragano Kirk si trova ora in pieno Atlantico, ma secondo le attuali proiezioni, punta verso l’Europa nord-occidentale.

Nella notte tra lunedì e martedì Kirk transiterà a nord delle Azzorre, declassato a ciclone extratropicale, poi è previsto il suo impatto sull’Europa a metà settimana.

Siccità in Italia e crisi idrica in Sicilia: la politica deve assumersi la responsabilità di scelte urgenti

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AWorld rivoluziona la sostenibilità con l’intelligenza artificiale: nuove sfide per tutelare il nostro Pianeta https://www.iconameteo.it/primo-piano/aworld-rivoluziona-la-sostenibilita-con-lintelligenza-artificiale-nuove-sfide-per-tutelare-il-nostro-pianeta/ Sun, 06 Oct 2024 10:41:35 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/aworld-rivoluziona-la-sostenibilita-con-lintelligenza-artificiale-nuove-sfide-per-tutelare-il-nostro-pianeta/ AWorld la piattaforma che incoraggia ed educa a comportamenti sostenibili per contribuire a limitare il riscaldamento globale e costruire un futuro migliore, rivoluziona la sostenibilità con l’intelligenza artificiale made in Italy. La nuova versione di AWorld punta ad offrire soluzioni concrete alla lotta contro i cambiamenti climatici guidando ciascun utente verso azioni efficaci e misurabili: …

© Icona Meteo - Il presente contenuto è riproducibile solo in parte, non integralmente, inserendo la citazione della fonte (Icona Meteo) e il link al contenuto originale (AWorld rivoluziona la sostenibilità con l’intelligenza artificiale: nuove sfide per tutelare il nostro Pianeta)

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AWorld la piattaforma che incoraggia ed educa a comportamenti sostenibili per contribuire a limitare il riscaldamento globale e costruire un futuro migliore, rivoluziona la sostenibilità con l’intelligenza artificiale made in Italy. La nuova versione di AWorld punta ad offrire soluzioni concrete alla lotta contro i cambiamenti climatici guidando ciascun utente verso azioni efficaci e misurabili: sono stati ideati percorsi chiari e personalizzati per un cambiamento impattante, incentivando l’azione attraverso educazione, coinvolgimento e misurazione della Carbon Footprint.


Al centro della piattaforma c’è l’Impact Engagement Intelligence (IEI), un AI proprietaria che analizza le abitudini e le preferenze degli utenti per offrire un’esperienza personalizzata. La nostra AI non si limita a suggerimenti generici, ma affina costantemente le raccomandazioni in base alle azioni e al contesto dell’utente. Il nostro approccio dinamico permette di mantenere alta la motivazione degli utenti, aiutandoli a restare concentrati sugli obiettivi di miglioramento che si sono prefissati, nonostante le distrazioni quotidiane e premiandoli per i successi ottenuti” queste le parole di Giuseppe Valetto, Head of AI di AWorld.



“La nuova esperienza di AWorld nasce dalla consapevolezza che, pur avendo buone intenzioni, molte persone faticano a tradurre il desiderio di adottare stili di vita più sostenibili in azioni concrete. Oggi, con la crisi climatica, ambientale e sociale, non possiamo più permetterci di rimanere inattivi. AWorld punta a colmare questo divario usando l’intelligenza artificiale per trasformare il cambiamento in un’esperienza positiva, grazie all’engagement, alla gamification e alla personalizzazione, aiutando così le persone a fare scelte sostenibili concrete” ha dichiarato Alessandro Armillotta, CEO e co-fondatore di AWorld.

 

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La nuova mascotte di AWorld si chiama Twig e sarà l’assistente AI che guiderà gli utenti nel viaggio alla scoperta di un futuro sostenibile, suggerendo diverse missioni da completare per guadagnare punti e gemme. Completando le attività quotidiane proposte in app si ottengono punti che permettono di scalare le classifiche e le leghe di AWorld. Ogni attività suggerita da Twig aiuta a completare missioni della community e permette di ricevere gemme per sbloccare funzionalità speciali e ottenere premi.

Twig, la nuova mascotte di AWorld

Gamification” è un termine che sta guadagnando sempre più popolarità e che diventerà in pochi anni di uso comune in tutti i dipartimenti di marketing e non solo. Proviene dalla parola inglese “game” ossia “gioco” ma non si tratta solo di divertimento; traendo vantaggio dall’interattività concessa dai mezzi moderni rappresenta uno strumento estremamente efficace in grado di veicolare messaggi di vario tipo, a seconda delle esigenze, e di indurre a comportamenti attivi da parte dell’utenza permettendo di raggiungere specifici obiettivi, personali o d’impresa.

Foto di Markus Winkler da Pixabay

Proprio questo concetto è uno dei punti centrali del restyling dell’app: missioni quotidiane e mensili trasformano le azioni sostenibili in un’avventura che motiva a migliorarsi continuamente. Con oltre 1000 storie educative curate da esperti e suggerite dall’AI, AWorld offre percorsi educativi stimolanti su temi legati alla sostenibilità, con un sistema di premialità, dove le azioni sostenibili vengono ricompensate con punti spendibili in un marketplace di prodotti e servizi green, incentivando comportamenti virtuosi e generando benefici concreti.

 

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Questa nuova versione di AWorld segna un punto di svolta non solo per la piattaforma ma per l’intero panorama delle soluzioni digitali dedicate alla sostenibilità. In un momento storico in cui l’intelligenza artificiale è spesso al centro dei dibattiti globali, AWorld dimostra come questa tecnologia possa diventare un motore di cambiamento positivo.


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La California cita in giudizio ExxonMobil https://www.iconameteo.it/primo-piano/la-california-cita-in-giudizio-exxonmobil/ Sat, 28 Sep 2024 10:08:14 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78638 La California ha intentato una causa senza precedenti contro la ExxonMobil, accusando la compagnia petrolifera di aver ingannato il pubblico per oltre cinquant’anni riguardo l’efficacia del riciclaggio della plastica. Il procuratore generale dello Stato, Rob Bonta, sostiene che la ExxonMobil abbia utilizzato campagne pubblicitarie ingannevoli per far credere che il riciclaggio fosse una soluzione concreta …

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La California ha intentato una causa senza precedenti contro la ExxonMobil, accusando la compagnia petrolifera di aver ingannato il pubblico per oltre cinquant’anni riguardo l’efficacia del riciclaggio della plastica. Il procuratore generale dello Stato, Rob Bonta, sostiene che la ExxonMobil abbia utilizzato campagne pubblicitarie ingannevoli per far credere che il riciclaggio fosse una soluzione concreta per la gestione dei rifiuti plastici. Tuttavia, la realtà è che solo una piccola percentuale di plastica viene effettivamente riciclata mentre la maggior parte finisce in discariche, inceneritori o direttamente dispersa nell’ambiente.

Secondo la causa, presentata presso la Corte Superiore della Contea di San Francisco, la ExxonMobil avrebbe promosso falsamente il riciclaggio come soluzione alla crisi dei rifiuti plastici, pur sapendo che, tecnicamente ed economicamente, la maggior parte della plastica non può essere riciclata. Il riciclaggio avanzato, un processo promosso dall’industria, si è dimostrato inefficace, con impianti chiusi, obiettivi mancati e incidenti, tra cui incendi e fuoriuscite di sostanze chimiche.

La causa legale, nata dopo oltre due anni di indagini da parte del Dipartimento di Giustizia della California, mira a costringere la ExxonMobil a interrompere le sue pratiche ingannevoli e a pagare sanzioni civili per i danni causati dall’inquinamento da plastica nello Stato. La ExxonMobil è uno dei maggiori produttori mondiali di polimeri, componenti chiave della plastica monouso, che includono utensili, bottiglie e imballaggi.

Le accuse avanzate dalla California rappresentano un nuovo fronte nella battaglia legale contro le grandi aziende petrolifere, già sotto accusa per il loro ruolo nel cambiamento climatico e nell’inquinamento atmosferico. Tuttavia, questo è il primo caso che affronta direttamente il modo in cui un’azienda ha promosso il riciclaggio della plastica come una soluzione fattibile alla crisi dei rifiuti, nonostante fosse noto che il riciclaggio non avrebbe mai potuto risolvere il problema in modo significativo.

Secondo il comunicato del procuratore generale Bonta, l’inquinamento da plastica è ormai onnipresente: si trova nelle profondità degli oceani, sulle cime delle montagne e persino nei nostri corpi. Gli effetti dannosi della plastica sull’ambiente e sulla salute umana sono profondi e, in molti casi, irreversibili. Solo il 9% della plastica mondiale viene effettivamente riciclato, addirittura negli Stati Uniti la percentuale scende ulteriormente al 5-6%. La produzione di plastica, alimentata dai combustibili fossili, è raddoppiata negli ultimi vent’anni, e il suo impatto sulla crisi climatica è sempre più evidente.

La ExxonMobil ha risposto sostenendo che le autorità californiane conoscono da anni i problemi legati al riciclaggio, ma non sono riuscite a intervenire in modo efficace. L’azienda afferma che la tecnologia del riciclaggio chimico, ancora in fase di sviluppo, potrebbe rappresentare una vera soluzione per affrontare il problema dei rifiuti plastici che non possono essere riciclati con i metodi tradizionali.

Nonostante queste affermazioni, gli ambientalisti americani ritengono che l’industria della plastica abbia deliberatamente ingannato il pubblico per massimizzare i propri profitti, contribuendo a una crisi globale che mette a rischio sia l’ecosistema che la salute umana. Judith Enck, ex funzionaria dell’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti e ora presidente del progetto Beyond Plastics, ha definito questa causa “la più importante mai presentata contro l’industria della plastica per le sue continue menzogne sul riciclaggio.”

Questa causa potrebbe avere un impatto significativo non solo per la California, ma per l’intero movimento globale contro l’inquinamento da plastica e la lotta per un futuro più sostenibile.

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Uragano Helene e il Fenomeno Fujiwara: Un Evento Straordinario e le sue Implicazioni https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-helene-e-il-fenomeno-fujiwara-un-evento-straordinario-e-le-sue-implicazioni/ Sat, 28 Sep 2024 08:23:50 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78635 In queste ore l’uragano Helene, dopo aver toccato la costa occidentale degli Stati Uniti, sta proseguendo verso l’entroterra, dopo aver coinvolto Stati come North Carolina, South Carolina, Tennessee e Kentucky. Questo evento così catastrofico avrebbe potuto dare origine a un fenomeno meteorologico molto raro noto come effetto Fujiwara, che si verifica quando due cicloni tropicali …

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In queste ore l’uragano Helene, dopo aver toccato la costa occidentale degli Stati Uniti, sta proseguendo verso l’entroterra, dopo aver coinvolto Stati come North Carolina, South Carolina, Tennessee e Kentucky. Questo evento così catastrofico avrebbe potuto dare origine a un fenomeno meteorologico molto raro noto come effetto Fujiwara, che si verifica quando due cicloni tropicali si avvicinano l’uno all’altro e cominciano a orbitare reciprocamente, simili a pianeti nel cosmo.

Cosa Comporta l’Effetto Fujiwara?

Come descrive un esperto meteorologo di IconaMeteo, l’effetto Fujiwara si attua quando i centri di bassa pressione di due cicloni tropicali si posizionano in prossimità. A seconda della loro potenza e della distanza che li separa, questi sistemi possono fondersi in un unico grande ciclone oppure influenzarsi a vicenda. È importante sottolineare che ciò non implica una somma delle loro intensità, formando un mega ciclone. In genere, il sistema meno potente tende a indebolirsi o addirittura a dissolversi in seguito a questa interazione.

Differenze nei Tipi di Cicloni

Sebbene l’effetto Fujiwara si manifesti più frequentemente tra cicloni tropicali, è possibile anche l’interazione tra un uragano e un vortice di bassa pressione tipico delle medie latitudini. Di norma, gli uragani che colpiscono gli Stati Uniti seguono un percorso verso nord-est, perdendo forza lungo il tragitto. Tuttavia, Helene ha intrapreso un percorso inusuale, deviando bruscamente verso nord-ovest una volta penetrato nell’entroterra a causa del fenomeno Fujiwara perché secondo gli studiosi americani sarebbe stato influenzato da un altro ciclone attivo in pieno Atlantico: l’uragano Isaac. Questa traiettoria non convenzionale di Helene ha reso più complessa la previsione degli impatti.

Implicazioni dell’Effetto Fujiwara

Per colpa dell’effetto Fujiwara, Helene ha mantenuto una consistente velocità di movimento anche dopo essere avanzata nell’entroterra, provocando raffiche di vento molto intense. Molte località sulla terraferma hanno assistito a una potenza dei venti superiore alle normali tempeste del recente passato, le zone a rischio si sono estese fino al fiume Ohio in Kentucky e hanno presentato intensità paragonabili a quelle di un uragano tipico della costa, nonostante l’uragano avesse già raggiunto le zone interne. Questo ha portato e sta portando, in queste ore, a situazioni di rischio e allerta per le comunità lungo il suo cammino. Proprio per questi motivi vigono delle allerte massime in molte zone degli Stati interessati dal cammino di Helene.

PAROLA ALL’ESPERTO

L’effetto Fujiwara si manifesta principalmente tra cicloni tropicali, ma le differenze nelle interazioni possono influenzare il comportamento e l’evoluzione dei sistemi. Ecco alcune delle principali differenze nel contesto dell’effetto Fujiwara:

  1. Tipi di Cicloni Coinvolti:
    • Cicloni Tropicali: L’effetto Fujiwara si osserva spesso tra due cicloni tropicali, come uragani, che seguono simili dinamiche atmosferiche ed energetiche. Quando si avvicinano, iniziano a ruotare l’uno attorno all’altro, e le loro interazioni possono portare a fusioni o all’indebolimento del sistema più debole.
    • Vortici di Bassa Pressione delle Medie Latitudini: Anche se meno comune, l’effetto Fujiwara può verificarsi tra un uragano e un vortice di bassa pressione delle medie latitudini. Tuttavia, in questo caso, la dinamica è diversa, dato che i vortici di bassa pressione delle medie latitudini hanno caratteristiche e meccanismi di funzionamento distinti.
  2. Impatto e Conseguenze:
    • Cicloni Tropicali: Quando due cicloni tropicali interagiscono, è possibile che si verifichi un cambiamento significativo nella loro traiettoria o nella loro intensità. Uno dei cicloni potrebbe rinforzarsi mentre l’altro si indebolisce.
    • Bassa Pressione delle Medie Latitudini: L’interazione tra un uragano e un vortice di bassa pressione può portare a una modifica della traiettoria dell’uragano e può influenzare il suo comportamento, anche se l’impatto è generalmente meno drastico rispetto alle interazioni tra cicloni tropicali.
  3. Meccanismi di Interazione:
    • Cicloni Tropicali: Sono sistemi caldi e forti che si nutrono del calore dell’oceano; quindi, quando interagiscono, possono generare effetti dinamici notevoli, come la fusione dei sistemi o il cambiamento della direzione del vento.
    • Bassa Pressione delle Medie Latitudini: Questi sistemi sono influenzati da dinamiche atmosferiche diverse, come la circolazione occidentale, e l’interazione con un uragano potrebbe non portare a un effetto Fujiwara così pronunciato come avverrebbe tra due cicloni tropicali.

In sintesi, sebbene l’effetto Fujiwara possa verificarsi in entrambi i contesti, le dinamiche e le conseguenze delle interazioni differiscono a seconda dei tipi di sistemi coinvolti.

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Il Contratto Climatico di Milano e il percorso verso la neutralità climatica https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/il-contratto-climatico-di-milano-e-il-percorso-verso-la-neutralita-climatica/ Sat, 28 Sep 2024 08:22:32 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78631 Durante la Green Week, Milano ha presentato per la prima volta alla città il proprio Climate City Contract, un accordo ambizioso che coinvolge oltre 25 enti e aziende interessate, tra cui il Comune stesso, aziende partecipate, università, cooperative edilizie e diverse organizzazioni della società civile e fondazioni filantropiche. Milano non è sola in questo percorso, …

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Durante la Green Week, Milano ha presentato per la prima volta alla città il proprio Climate City Contract, un accordo ambizioso che coinvolge oltre 25 enti e aziende interessate, tra cui il Comune stesso, aziende partecipate, università, cooperative edilizie e diverse organizzazioni della società civile e fondazioni filantropiche. Milano non è sola in questo percorso, ma parte di un gruppo di altre otto città italiane che aderiscono alla “Missione 100 Città”, tra cui Bergamo, Bologna, Firenze, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino. Il fine comune è accelerare il processo di transizione verso la neutralità climatica entro il 2030, con un piano di azioni condivise che mira a ridurre drasticamente le emissioni di CO2 nelle aree urbane.

Il sindaco Giuseppe Sala ha sottolineato come il nuovo obiettivo di Milano, rispetto al precedente fissato dal Piano Aria Clima che guardava al 2050, abbia portato a una maggiore urgenza nell’azione: “Con il Climate City Contract, abbiamo alzato ulteriormente l’asticella e ci impegniamo a raggiungere la neutralità climatica entro il 2030. Questo è un traguardo molto impegnativo, ma è reso possibile grazie alla collaborazione tra le istituzioni, le imprese e le organizzazioni del terzo settore che hanno firmato questo patto con noi.” Sala ha inoltre spiegato che il riconoscimento da parte della Commissione Europea, attraverso il “label di missione”, sarà fondamentale per ottenere i fondi necessari a sostenere le ulteriori azioni necessarie, garantendo al contempo la serietà delle politiche climatiche intraprese dalla città.

Clima, cosa prevede il Contratto Climatico di Milano

All’interno del Contratto Climatico di Milano sono state delineate più di 150 azioni concrete, da realizzare entro il 2030. Questi interventi includono progetti di efficientamento delle reti energetiche, sviluppo di Comunità Energetiche Solidali, rigenerazione urbana a zero emissioni, forestazione urbana, espansione delle infrastrutture per la mobilità sostenibile e pedonale, e promozione dell’economia circolare. Ad esempio, vi sono iniziative per recuperare il calore dai data center e ampliare le aree verdi della città, riducendo così le emissioni e migliorando la qualità della vita dei cittadini.

Il Comune di Milano è direttamente coinvolto in circa 50 di questi progetti, molti dei quali già finanziati anche grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Tra le azioni previste vi sono la riqualificazione energetica di circa 60 edifici pubblici, tra cui scuole e alloggi di edilizia popolare, l’espansione della rete metropolitana e tramviaria per promuovere una mobilità urbana più sostenibile, e il potenziamento del verde cittadino attraverso nuove piantumazioni e la valorizzazione delle risorse idriche.

Il valore complessivo degli interventi presentati ammonta a circa 6 miliardi di euro, di cui 2,6 miliardi sono a carico del Comune di Milano e i restanti 3,3 miliardi verranno coperti dagli altri firmatari del contratto. Questo sforzo finanziario collettivo riflette la serietà dell’impegno preso da tutti i soggetti coinvolti.

Un ulteriore passo importante avverrà entro il mese di ottobre, quando Milano riceverà ufficialmente il “Label di Missione” dalla Commissione Europea. Questo riconoscimento rappresenterà una fiducia formale nel piano delineato nel Climate City Contract e sarà un segno tangibile del valore e della qualità delle azioni climatiche proposte. Il Contratto Climatico di Milano prevede, inoltre, un monitoraggio costante delle azioni intraprese fino al 2030, per verificare e misurare l’impatto delle singole iniziative e permettere l’adesione di nuovi attori che potranno contribuire con ulteriori progetti.

Tra i firmatari del Climate City Contract si annoverano alcune delle principali realtà del territorio, tra cui A2A, ATM, Fondazione Cariplo, Politecnico di Milano, Legambiente Lombardia e molte altre, dimostrando una forte coesione tra pubblico e privato, tra accademia e società civile, nella lotta ai cambiamenti climatici.

Milano, dunque, si pone all’avanguardia nella sfida climatica, promuovendo un approccio integrato e condiviso, che potrebbe diventare un modello per altre città italiane ed europee. L’impegno verso la neutralità climatica entro il 2030 rappresenta non solo una sfida tecnica ed economica, ma anche un cambiamento culturale che coinvolgerà tutti i settori della società.

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Alluvione Emilia Romagna, tempesta Boris resa più probabile dai cambiamenti climatici https://www.iconameteo.it/primo-piano/alluvione-emilia-romagna-tempesta-boris-resa-piu-probabile-dai-cambiamenti-climatici/ Wed, 25 Sep 2024 09:44:46 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/alluvione-emilia-romagna-tempesta-boris-resa-piu-probabile-dai-cambiamenti-climatici/ Un nuovo studio condotto da World Weather Attribution ha rivelato che gli effetti devastanti della tempesta Boris – come l’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna e le Marche, ma anche i disastri letali che si sono verificati in molte zone d’Europa – sono stati resi più probabili e più intensi dai cambiamenti climatici provocati dall’uomo. …

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Un nuovo studio condotto da World Weather Attribution ha rivelato che gli effetti devastanti della tempesta Boris – come l’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna e le Marche, ma anche i disastri letali che si sono verificati in molte zone d’Europa – sono stati resi più probabili e più intensi dai cambiamenti climatici provocati dall’uomo.

Le precipitazioni estreme causate dalla tempesta Boris hanno ucciso 24 persone, distrutto infrastrutture e lasciato migliaia di persone senza casa. L’evento rappresenta un segnale preoccupante della crescente frequenza e intensità dei disastri climatici, che stanno diventando una realtà sempre più spaventosa anche per l’Europa.

La “tempesta perfetta”

Tra il 12 e il 16 settembre la tempesta Boris ha colpito un’area molto estesa dell’Europa che comprende Polonia, Romania, Slovacchia, Austria, Repubblica Ceca e Germania. Durante questo periodo, le piogge torrenziali hanno causato alluvioni che hanno spazzato via case, ponti e provocato interruzioni di corrente su larga scala.

Secondo lo studio, la quantità di pioggia caduta in questi quattro giorni è stata la più alta mai registrata nella regione. Gli scienziati hanno spiegato che una combinazione di aria fredda e aria calda proveniente dal Mediterraneo e dal Mar Nero ha creato le condizioni per la tempesta perfetta.

Il ruolo dei cambiamenti climatici

Gli esperti hanno sottolineato che i cambiamenti climatici hanno avuto un impatto significativo su questo evento. Le precipitazioni sono state rese almeno due volte più probabili e il 7% più intense a causa del riscaldamento globale.

«Ancora una volta queste inondazioni evidenziano i risultati devastanti del riscaldamento provocato dai combustibili fossili», ha sottolineato Joyce Kimutai, ricercatrice del Grantham Institute.
«Finché il petrolio, il gas e il carbone non saranno sostituiti da energie rinnovabili, tempeste come Boris scateneranno precipitazioni ancora più intense, provocando inondazioni devastanti per l’economia».

Sulla base dei dati storici, si prevede che l’evento di quattro giorni di precipitazioni si verifichi in media circa una volta ogni 100-300 anni nel clima odierno con un riscaldamento di 1,3°C. Una frequenza che è chiaramente destinata ad aumentare di pari passo con l’innalzamento delle temperature. Se il mondo non abbandonerà i combustibili fossili e raggiungerà un riscaldamento globale di 2°C, simili eventi di pioggia di quattro giorni diventeranno più intensi del 5% e più frequenti del 50%, con il rischio di inondazioni ancora più distruttive.

Gli esperti hanno sottolineato anche la necessità sempre più urgente di fare passi avanti rapidi e concreti sul fronte dell’adattamento, per affrontare gli effetti ormai inevitabili della crisi climatica e attenuarne il più possibile l’impatto. Con l’intensificarsi delle inondazioni a causa dei cambiamenti climatici, avvertono i ricercatori, investire in spazi di stoccaggio su larga scala nelle pianure alluvionali e in sistemi di allerta, nonché ridurre al minimo lo sviluppo urbano nelle aree a rischio di inondazioni, ridurrà l’impatto e salverà vite umane.

«I cambiamenti climatici stanno creando scompiglio in Europa, ma i politici di tutto il continente stanno cercando di fare marcia indietro sugli impegni climatici», osserva Friederike Otto del Grantham Institute. «Il cambiamento climatico è una minaccia esistenziale, soprattutto per le fasce più povere della società, e tutti gli europei devono sapere che affrontarlo renderà le loro vite molto migliori: l’abbandono dei combustibili fossili crea posti di lavoro, abbassa le bollette energetiche, rende le città luoghi più sani in cui vivere e riduce il rischio di inondazioni micidiali».

Lo studio di World Weather Attribution è disponibile, in inglese, a questo link.

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Uragano John e Helene: doppia minaccia sul Nord America in appena 72 ore https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-john-e-helene-doppia-minaccia-sul-nord-america-in-appena-72-ore/ Tue, 24 Sep 2024 09:09:55 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-john-e-helene-doppia-minaccia-sul-nord-america-in-appena-72-ore/ Sono due gli uragani che potrebbero colpire il Nord America nell’arco di appena 72 ore: l’uragano John sta già per colpire la costa pacifica del Messico, mentre sul Golfo del Messico si teme l’intensificazione del ciclone tropicale 9 ad uragano Helene. Uragano John: colpita la costa pacifica del Messico Sul Pacifico orientale, l’uragano John sta …

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Sono due gli uragani che potrebbero colpire il Nord America nell’arco di appena 72 ore: l’uragano John sta già per colpire la costa pacifica del Messico, mentre sul Golfo del Messico si teme l’intensificazione del ciclone tropicale 9 ad uragano Helene.

Uragano John: colpita la costa pacifica del Messico

Sul Pacifico orientale, l’uragano John sta per raggiungere il Messico come potente uragano di categoria 3, con venti a 195 km/h e raffiche fino a 200 km/h. L’impatto sulla terraferma potrebbe essere devastante: oltre alle mareggiate e ai venti forti si temono infatti piogge intense che potrebbero causare inondazioni lampo e frane nelle zone costiere degli stati di Chiapas, Oaxaca e Guerrero. Una volta fatto landfall, John si indebolirà rapidamente transitando sull’entroterra.

urahano john
Fino a giovedì, si prevede che l’uragano John scaricherà al suolo da 150-380 mm di pioggia nelle aree costiere del Chiapas. Nelle aree lungo e vicino alla costa di Oaxaca fino a Guerrero sud-orientale, si possono prevedere tra 250 e 500 mm di pioggia con totali isolati di circa 750 mm entro giovedì

Le zone costiere sono in allerta e sono pronte in caso di ordini di evacuazione. L’uragano John entro giovedì potrebbe scaricare il suolo dai 150 ai 300 mm di pioggia nelle aree costiere dello stato del Chiapas, con accumuli localmente superiori. Nelle aree lungo e vicino alla costa di Oaxaca fino a Guerrero sud-orientale, si prevedono accumuli complessivi tra i 250 e i 500 mm, con punte isolate fino a 750 mm.

Dopo John, l’Uragano Helene sul golfo del Messico: giovedì l’impatto sugli Stati Uniti

Dall’altro lato del Messico, nel frattempo, il ciclone tropicale 9 potrebbe presto intensificarsi fino a raggiungere l’intensità di un uragano: secondo le previsioni del Centro Uragani della NOAA il ciclone potrebbe raggiungere l’intensità di tempesta già nella giornata di martedì 24, quando transiterà tra Messico e Ciba. Helene, questo il nome che prenderà, potrebbe infine diventare un uragano nell’arco delle 24 ore successive per poi raggiungere la costa sud degli Stati Uniti nella giornata di giovedì 26.

uragano helene

Martedì 24 Helene porterà forti piogge, forti raffiche di vento e inondazioni da mareggiata su Cancún, Cozumel e Cuba occidentale. Mercoledì 25 insisterà su Cancún, Cozumel e Cuba occidentale, soprattutto ad inizio giornata. Poi Helene entrerà nel Golfo del Messico meridionale come uragano con i primi impatto sulla costa del Golfo della Florida, dalle Keys al Panhandle. Giovedì 26 pomeriggio o sera Helene potrebbe raggiungere la terraferma tra il Big Bend della Florida e il Panhandle.

uragano helene

Al momento non si esclude che anche Helene possa diventare un uragano intenso, quindi di categoria 3 o superiore. Si prevede, infatti, che il sistema si sposti su acque con un contenuto di calore oceanico molto elevato, che dovrebbe portare ad un suo rafforzamento considerevole, fino a diventare un uragano di grandi dimensioni.

 

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Inquinamento: il 99% della popolazione mondiale respira aria non sana. Com’è messa l’Italia? https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/inquinamento-il-99-della-popolazione-mondiale-respira-aria-non-sana-come-messa-litalia/ Tue, 17 Sep 2024 09:27:22 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/inquinamento-il-99-della-popolazione-mondiale-respira-aria-non-sana-come-messa-litalia/ L’inquinamento è sempre più un’emergenza sanitaria pubblica globale. In vista di Urban Nature, la Festa della Natura in città che si terrà nei giorni 28 e 29 settembre, il WWF ha pubblicato il report “Non c’è salute in un ambiente malato: inquinamento e inquinanti. Aria” che fotografa appunto il livello di inquinamento dell’aria che respiriamo …

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L’inquinamento è sempre più un’emergenza sanitaria pubblica globale. In vista di Urban Nature, la Festa della Natura in città che si terrà nei giorni 28 e 29 settembre, il WWF ha pubblicato il report “Non c’è salute in un ambiente malato: inquinamento e inquinanti. Aria” che fotografa appunto il livello di inquinamento dell’aria che respiriamo e le dirette conseguenze di un’aria malsana.

Inquinamento: il 99% della popolazione mondiale respira aria non sana

L’inquinamento è oggi la causa principale di morti premature al mondo con oltre 7 milioni di decessi l’anno e con il 99% della popolazione mondiale che respira aria non sicura. I bambini sono i soggetti più colpiti: sono oltre 700.000 i decessi sotto i 5 anni, ovvero il 15% di tutte le morti in questa fascia d’età.

Il 70% dei cittadini europei vive in aree urbane, vale a dire quelle aree dove l’elevata densità di popolazione e le numerose attività commerciali incrementano l’inquinamento dell’aria. Gli inquinanti che oggi rappresentano il maggiore problema per la salute pubblica includono il particolato fine (PM), il monossido di carbonio (CO), l’ozono (O3), il biossido di azoto (NO2) e il biossido di zolfo (SO2). In Europa, l’esposizione al PM2,5 ha causato 253.000 morti premature, 52.000 sono le morti correlate all’esposizione a NO2 e 22.000 quelle O3, per un totale di quasi 330.000 decessi.

Ma qual è la situazione in Italia? Nella Pianura Padana l’emergenza è più elevata

Gli stessi inquinanti citati in precedenza in Italia causano 63.000 morti, con il PM2,5 che da solo contribuisce a 47.000 decessi: il nostro è infatti il secondo Paese in Europa per numero di morti premature a causa di questo inquinante. Solo nella Pianura Padana, che presenta in Europa tra i livelli più elevati di inquinamento da PM, sono stati stimati 39mila decessi.

La regione più inquinata dal PM2,5 è la Lombardia, che presenta 121 morti premature ogni 100.000 abitanti a causa del particolato. Subito dopo troviamo Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna, tutte e tre al di sopra del dato medio nazionale di 79 morti ogni 100.000 abitanti. Fra le città, il maggior numero di morti premature in termini assoluti si è registrato nelle città metropolitane di Milano, Roma e Torino.

L’importanza della biodiversità: il WWF avanza qualche proposta

L’Unione Europa sta adottando misure specifiche per migliorare la qualità dell’aria, al fine innanzitutto di tutelare la salute dei cittadini ma anche di ridurre i costi legati all’inquinamento atmosferico. Ma tutto ciò, come sottolinea il WWF, non è ancora sufficiente: serve infatti una maggior tutela del diritto all’aria pulita.

Secondo l’associazione ambientalista, tutti devono e possono fare la loro parte. Le istituzioni devono sforzarsi di più per allinearsi alle nuove soglie fissate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), anche finanziando progetti che mirino appunto a rendere più pulita l’aria che respiriamo.

Le aziende a loro volta devono adottare le migliori tecnologie disponibili (BAT, Best available technologies) con particolare attenzione agli impatti sulla salute, agli ecosistemi e alle catene del valore di produzione-consumo. Infine anche i cittadini possono fare la loro parte, per esempio scegliendo i mezzi di trasporto a minor impatto ambientale e curando il verde dell’area in cui vivono, poiché la biodiversità è uno dei nostri più preziosi alleati.

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Tempesta Boris: sull’Europa centro-orientale la peggiore alluvione da decenni

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La tempesta Boris ha imperversato per giorni sull’Europa centrale e orientale determinando gravissime alluvioni, inondazioni e almeno 8 vittime oltre a migliaia di sfollati. Oggi vige ancora allerta rossa tra Austria, Repubblica Ceca, Germania e Slovacchia. Molte le alluvioni e i disastri segnalati nelle ultime ore, in quella che sembra la peggiore catastrofe alluvionale nell’Europa centrale e orientale dopo quella del 2002, quando furono sommerse parti di grandi città come Praga, Dresda e Vienna.

Almeno otto persone sono morte finora in Polonia, Romania e Austria. In pochi giorni è arrivata la pioggia di settimane su diverse capitali come Vienna, Bratislava e Praga.

La tempesta Boris, un ampio sistema di bassa pressione, sta sferzando l’area da giovedì, e diverse zone hanno sperimentato la pioggia di un intero mese in poche ore. Alcune aree che hanno registrato le precipitazioni più intense degli ultimi 100 anni tra sabato e domenica.

“Stiamo di nuovo affrontando gli effetti del cambiamento climatico, che sono sempre più presenti nel continente europeo, con conseguenze drammatiche”, ha dichiarato il presidente rumeno Klaus Iohannis, come riporta The Guardian.

I meteorologi prevedono che le precipitazioni si attenueranno gradualmente in alcune delle aree più colpite, e la tempesta Boris si dirigerà lentamente a sud verso il Mediterraneo.
Secondo gli scienziati l’emergenza climatica ha reso più probabili le inondazioni estreme in Europa. La tempesta ha fatto seguito all’estate più calda mai registrata e a un inizio di settembre molto caldo nella regione.

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Cambiamenti climatici e squali. Lo studio https://www.iconameteo.it/primo-piano/cambiamenti-climatici-e-squali-lo-studio/ Fri, 13 Sep 2024 14:41:53 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/cambiamenti-climatici-e-squali-lo-studio/ Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Communications Biology, lo stress ambientale determinato dal continuo riscaldamento dell’acqua degli oceani, sta portando gli squali ad abbandonare le barriere coralline. La crisi climatica sta quindi allontanando i principali predatori dalle loro case e minaccia un ecosistema già in difficoltà. Lo studio condotto da esperti marini presso l’Università …

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Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Communications Biology, lo stress ambientale determinato dal continuo riscaldamento dell’acqua degli oceani, sta portando gli squali ad abbandonare le barriere coralline. La crisi climatica sta quindi allontanando i principali predatori dalle loro case e minaccia un ecosistema già in difficoltà. Lo studio condotto da esperti marini presso l’Università inglese di Lancaster e la Società zoologica di Londra afferma che questa migrazione forzata potrebbe danneggiare gli squali, che sono già una specie in pericolo e la loro assenza potrebbe avere gravi conseguenze per le barriere coralline anch’esse in difficoltà. Gli squali di barriera sono infatti una parte fondamentale di questo ecosistema altamente diversificato e delicato che potrebbe diventare pericolosamente squilibrato senza di loro.

Foto di Pexels da Pixabay

I ricercatori dal 2013 al 2020 hanno taggato e tracciato più di 120 squali grigi di barriera che vivevano sulle remote barriere coralline dell’arcipelago di Chagos nell’Oceano Indiano centrale, producendo più di 700000 punti dati; questi sono stati combinati con dati satellitari che hanno registrato 9 diverse misurazioni dello stress ambientale sulle barriere coralline, le più importanti delle quali sono la temperatura della superficie del mare e i modelli di vento e corrente. Ne è emerso che man mano che le barriere coralline diventavano più stressate, in particolare durante il grande evento di riscaldamento degli oceani El Niño del 2015-16, gli squali vi trascorrevano molto meno tempo, non riuscendo a tornare alla normale residenza fino almeno 16 mesi dopo un evento di stress.

Foto di Andrea Bohl da Pixabay

“Molte specie di squali dipendono dalle barriere coralline e svolgono una serie di ruoli ecologici significativi in ​​questi ecosistemi. Il modo in cui lo stress ambientale influisce sul comportamento di routine degli squali di barriera legati al sito, rimane relativamente inesplorato. Abbiamo combinato 8 anni di dati di tracciamento acustico (2013-2020) di squali grigi di barriera residenti nelle remote barriere coralline dell’arcipelago di Chagos nell’Oceano Indiano centrale, con un indice basato su satellite dell’esposizione allo stress ambientale delle barriere coralline. In media in tutta la regione, l’aumento dello stress sulle barriere riduce significativamente la residenza degli squali grigi di barriera, promuovendo un uso più diffuso dello spazio e aumentando il tempo lontano dalle barriere anteriori poco profonde. È importante notare che questo impatto ha un effetto ritardato fino a 16 mesi. Ciò può avere importanti conseguenze fisiologiche e di conservazione per gli squali di barriera, nonché implicazioni più ampie per il funzionamento dell’ecosistema della barriera corallina. Poiché si prevede che il cambiamento climatico aumenterà lo stress ambientale sugli ecosistemi, comprendere come i predatori locali rispondono allo stress sarà fondamentale per prevedere l’importanza funzionale della modifica del comportamento dei predatori e i potenziali impatti sulla conservazione sia degli squali di barriera che delle barriere coralline stesse“.

Foto di Marcelo Kato da Pixabay

I ricercatori hanno anche evidenziato che gli squali hanno trascorso più tempo su una minoranza di barriere coralline più sane e più resistenti a causa di fattori tra cui l’eliminazione radicale di specie invasive e una maggiore popolazione di uccelli che aiutano a fertilizzarle. Diventa così di fondamentale importanza proteggere le barriere coralline dai danni causati dall’uomo per tutelare gli squali a rimanere sulle loro zone di origine.

Foto di G M da Pixabay

“Gli squali sono animali a sangue freddo e la loro temperatura corporea è legata alla temperatura dell’acqua. Se fa troppo caldo, sono costretti a spostarsi. Pensiamo che molti stiano scegliendo di spostarsi in acque più profonde, più fredde e al largo, il che è preoccupante. Alcuni squali stavano scomparendo completamente per lunghi periodi di tempo dalla barriera corallina. Gli squali di barriera sono già assenti da circa il 20% delle barriere coralline a livello globale, in parte a causa della pesca eccessiva e questa nuova scoperta ha il potenziale per esacerbare queste tendenze” ha affermato il dott. David Jacoby docente di zoologia all’Università di Lancaster e responsabile del progetto di ricerca.

Foto di Cifer88 da Pixabay

Le barriere coralline tropicali sono ecosistemi spettacolari e incredibilmente ricchi di biodiversità, ospitano un quarto di tutti i pesci marini e sono gravemente danneggiate dal riscaldamento delle acque oceaniche, dalla pesca eccessiva e dall’inquinamento. La stragrande maggioranza potrebbe andare perduta se il riscaldamento globale raggiungesse i 2 gradi e si prevede che la maggior parte di esse soffrirà di gravi eventi di sbiancamento ogni anno entro la metà del secolo, anche se le promesse dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici venissero rispettate. Almeno 500 milioni di persone dipendono da queste per il loro cibo e il loro sostentamento.

Foto Pixabay

Gli squali grigi di barriera studiati nella ricerca trascorrono la maggior parte del giorno sulle loro barriere coralline, socializzando, riparandosi dagli squali più grandi in acque libere e mangiando pesci di barriera. Si nutrono soprattutto di notte e al largo; le loro feci forniscono nutrienti importanti per la sopravvivenza di altri abitanti della barriera.

Foto di wanzi989813 da Pixabay

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Arriva l’Autunno: la Tempesta Boris porta forte maltempo, freddo e neve https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/arriva-lautunno-la-tempesta-boris-porta-forte-maltempo-freddo-e-neve/ Thu, 12 Sep 2024 08:26:42 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/arriva-lautunno-la-tempesta-boris-porta-forte-maltempo-freddo-e-neve/ L’autunno arriva in anticipo quest’anno a causa dell’arrivo della tempesta Boris, la seconda della stagione dopo Atena, che provocherà ore di forte maltempo e un brusco crollo delle temperature. La perturbazione sarà infatti seguita da aria polare marittima che, una volta raggiunto il Mediterraneo, darà vita ad un vortice ciclonico che porterà piogge a tratti …

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L’autunno arriva in anticipo quest’anno a causa dell’arrivo della tempesta Boris, la seconda della stagione dopo Atena, che provocherà ore di forte maltempo e un brusco crollo delle temperature. La perturbazione sarà infatti seguita da aria polare marittima che, una volta raggiunto il Mediterraneo, darà vita ad un vortice ciclonico che porterà piogge a tratti intense.

Il peggioramento interesserà giovedì 12 le regioni del Nord, quelle del Centro e la Sardegna. Entro sera-notte il maltempo riguarderà anche il Sud. Venerdì 13 il tempo risulterà ancora molto instabile, specie al Nord-Est e al Centro-Sud. La perturbazione porterà piogge a tratti intense, con rischio di temporali e nubifragi.

Non si possono escludere infatti locali criticità. Per la giornata di giovedì 12 la Protezione Civile ha diramato allerta fino ad arancione in Lombardia, gialla in 15 regioni. Oltre alle piogge aumenterà anche il vento, con raffiche burrascose che potranno raggiungere gli 80 km/h.

Come anticipato, la perturbazione sarà seguita da aria fredda che darà vita ad un crollo delle temperature. Da valori leggermente sopra la norma, infatti, si passerà ad un clima pienamente autunnale. Sulle Alpi orientali potrebbe perfino vedersi un po’ di neve sotto i 2000 metri di quota.

autunno tempesta boris freddo
Anomalia della temperatura delle masse d’aria. Fonte Tropical TidBits

Il fronte si sta spostando verso sud sull’Europa, portando forti venti, un forte calo delle temperature e nevicate precoci sulle Alpi. Il freddo potrebbe far registrare alcuni record, principalmente nei valori minimi pe ril mese di settembre.

Con l’avanzare dell’intensa perturbazione è probabile che forti piogge cadano sull’Europa centrale: Austria, Repubblica Ceca e Polonia, stando alle previsioni, potrebbero ricevere accumuli di pioggia addirittura di 350 mm.

Accumuli totali previsti per giovedì 12 settembre. Fonte Tropical TidBits

Tempesta Boris porta l’Autunno sull’Italia: giovedì 12 maltempo, vento e aria fredda

La giornata di giovedì 12 sarà caratterizzata da condizioni meteo instabili o perturbate su gran parte del Centro-Nord e della Sardegna. Sin dal mattino avremo precipitazioni diffuse, inclusi rovesci e temporali, interesseranno la Lombardia orientale, le regioni del Nord-Est, il Levante ligure, le regioni centrali tirreniche, l’Umbria e la Sardegna. Il Nord-Ovest godrà invece di condizioni prevalentemente asciutte, con alcune schiarite.

Nel pomeriggio i fenomeni si estenderanno parzialmente alle Marche e all’Abruzzo occidentale, per poi raggiungere la Campania in serata. Sulle Alpi orientali, la neve cadrà a quote comprese tra 1700 e 1900 metri.

Sono attesi fenomeni localmente intensi, con possibili nubifragi e grandinate. I venti saranno in notevole rinforzo, con raffiche di burrasca fino a 60-70 Km/h: settentrionali su Alpi e Valpadana, con Föhn al Nord-Ovest, e di Libeccio altrove. I mari di ponente saranno molto mossi.

Le temperature massime subiranno un sensibile calo al Nord-Est, nelle regioni centrali tirreniche e in Sardegna, mentre si manterranno intorno o poco sopra i 30 gradi sul medio Adriatico e al Sud.

Venerdì 13 condizioni meteo instabili al Centro-Sud, temperature in calo e venti forti

La situazione meteorologica venerdì 13 si presenta variegata sul territorio nazionale. Il Nord-Ovest, l’Emilia occidentale e la Sardegna godranno di condizioni prevalentemente soleggiate. Anche la Sicilia vedrà ampie schiarite, particolarmente evidenti dal pomeriggio.

Nel resto del Paese, invece, prevarrà un’instabilità diffusa, con cieli nuvolosi e precipitazioni sparse, principalmente sotto forma di rovesci o temporali. Queste manifestazioni saranno più probabili nelle aree del Nord-Est, del Centro, in Campania, sulla costa tirrenica della Calabria, in Basilicata e nel nord della Puglia, con la possibilità di fenomeni localmente intensi.

Sulle Alpi orientali e in Alto Adige, la neve continuerà a cadere fino a quote intorno ai 1600 metri. Con l’arrivo della sera, i fenomeni tenderanno a concentrarsi nelle regioni del medio Adriatico.

Le temperature subiranno un generale calo, sia nei valori minimi che in quelli massimi. I venti soffieranno con intensità fino a burrasca, di provenienza occidentale o di Maestrale al Sud e sulle Isole, mentre nelle vallate alpine e nel Nord-Ovest si farà sentire l’effetto del Foehn. I mari si presenteranno molto mossi o agitati.

Le previsioni dettagliate su IconaMeteo.it

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Il ghiacciaio della Marmolada è ‘in coma irreversibile’: destinato a sparire entro il 2040 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/il-ghiacciaio-della-marmolada-e-in-coma-irreversibile-destinato-a-sparire-entro-il-2040/ Tue, 10 Sep 2024 08:26:34 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/il-ghiacciaio-della-marmolada-e-in-coma-irreversibile-destinato-a-sparire-entro-il-2040/ Il ghiacciaio della Marmolada è destinato a sparire entro il 2040. È quanto emerge dal bilancio di ‘Carovana dei Flipboard 2024’, la campagna di Legambiente in collaborazione con Cipra Italia (un’organizzazione indipendente che dal 1952 si impegna nella protezione e nello sviluppo sostenibile delle Alpi) dedicata al monitoraggio dei giganti bianchi delle Alpi che ha …

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Il ghiacciaio della Marmolada è destinato a sparire entro il 2040. È quanto emerge dal bilancio di ‘Carovana dei Flipboard 2024’, la campagna di Legambiente in collaborazione con Cipra Italia (un’organizzazione indipendente che dal 1952 si impegna nella protezione e nello sviluppo sostenibile delle Alpi) dedicata al monitoraggio dei giganti bianchi delle Alpi che ha concluso con la sesta e ultima tappa proprio sulla Marmolada.

Il ghiacciaio della Marmolada è “in coma irreversibile”: Legambiente fotografa una situazione avvilente

Il più grande ghiacciaio delle Dolomiti perde 7 centimetri al giorno. Secondo Legambiente la Marmolada è “in coma irreversibile” e “a questo ritmo entro il 2040 non esisterà più“. A causa della crisi climatica, dal 1888 il ghiacciaio della Marmolada è arretrato di 1200 metri.
Quella che emerge è una situazione di forte sofferenza: se 136 anni fa il ghiaccio si estendeva per circa 500 ettari, ed era grande come 700 campi da calcio, dal 1888 ha registrato una perdita areale superiore al 80% e una perdita volumetrica superiore al 94%. Nel 2024 lo spessore massimo è di 34 metri. La fusione del ghiaccio, sempre più rapida e inesorabile, sta lasciando il posto alla nuda roccia bianca, levigata da quello che un tempo era un grande gigante bianco. E, di conseguenza, stanno prendendo vita nuovi ecosistemi.

Non solo il declino della Marmolada: preoccupa la situazione di altri due ghiacciai alpini

Il report sulla situazione dei ghiacciai evidenza altre due situazioni allarmanti. Preoccupa infatti la perdita di spessore anche dei due ghiacciai più grandi delle Alpi: l’Adamello e quello dei Forni. Sul primo “le misurazioni a lungo termine rilevano che la perdita di spessore permette di camminare oggi sul ghiaccio derivato dalle nevicate degli anni ’80”, si legge. Sul ghiacciaio dei Forni “i picchi di perdita arrivano invece a 10 centimetri di spessore al giorno”.

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Cambiamenti climatici e turismo in Australia: in un rapporto emerge quanto siano tristemente collegati https://www.iconameteo.it/primo-piano/cambiamenti-climatici-e-turismo-in-australia-in-un-rapporto-emerge-quanto-siano-tristemente-collegati/ Mon, 09 Sep 2024 14:41:38 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/cambiamenti-climatici-e-turismo-in-australia-in-un-rapporto-emerge-quanto-siano-tristemente-collegati/ La compagnia assicurativa Zurich Financial Services Australia e Mandala Partners società di consulenza economica, strategica e politica, hanno pubblicato in un rapporto un’analisi sui rischi climatici per il settore turistico australiano. Utilizzando la capacità di analisi dell’esposizione globale di Zurich, la ricerca analizza l’impatto dei cambiamenti climatici sui più importanti siti turistici dell’Australia, tra cui i …

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La compagnia assicurativa Zurich Financial Services Australia e Mandala Partners società di consulenza economica, strategica e politica, hanno pubblicato in un rapporto un’analisi sui rischi climatici per il settore turistico australiano. Utilizzando la capacità di analisi dell’esposizione globale di Zurich, la ricerca analizza l’impatto dei cambiamenti climatici sui più importanti siti turistici dell’Australia, tra cui i principali aeroporti, parchi nazionali, spiagge e musei, in base a diversi scenari del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici.

Foto di beasternchen da Pixabay

Si tratta della prima valutazione climatica completa e quantitativa del suo genere per il turismo australiano che ha rilevato che attualmente metà delle risorse turistiche del Paese rientrano in una categoria di rischio elevato, con notevoli rischi climatici e naturali. Secondo i ricercatori questa percentuale è destinata a salire tra il 55 e il 68% entro il 2050, rispettivamente in uno scenario climatico futuro IPCC intermedio (2 gradi di riscaldamento entro il 2041-2060) o estremo (3 gradi). Nello scenario più estremo, l’80% dei siti turistici subirà un aumento del rischio tra il 2025 e il 2050.

Foto di moerschy da Pixabay

Justin Delaney, amministratore delegato di Zurich Australia e Nuova Zelanda, ha affermato: “Le risorse turistiche dell’Australia non solo svolgono un ruolo significativo in un’economia turistica sempre più diversificata, ma sono anche centrali nel loro insieme per la nostra identità nazionale. Questa analisi, condotta in collaborazione con Mandala, serve a evidenziare l’importanza critica di migliorare la resilienza delle nostre risorse turistiche, sia per garantire la sostenibilità, la longevità di questi siti, sia per ridurre al minimo gli impatti economici a valle, in particolare nelle aree regionali, sull’occupazione, la formazione aziendale, i consumi e gli investimenti. Più in generale, serve anche a evidenziare la quantità di dati e approfondimenti disponibili per comprendere l’ambiente di rischio prevalente al fine di modellare e preparare la nostra risposta collettiva“.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

L’industria turistica australiana svolge un ruolo importante nell’economia del posto, contribuendo con oltre 170 miliardi di dollari di spesa annuale e creando oltre 620000 posti di lavoro. In termini di impatto economico, circa il 30% di questi posti di lavoro a livello nazionale potrebbero essere compromessi, il 65% dei quali al di fuori delle capitali, nel caso di uno scenario di disastro simile a quello sperimentato in seguito agli incendi boschivi del 2019-20. L’analisi rivela inoltre che il rischio climatico varia notevolmente a seconda della geografia e del tipo di sito (naturale o artificiale).

Foto di Anna Mustermann da Pixabay

Il Queensland si trova in triste pole position con il numero più elevato di zone che affrontano rischi elevati (79%) e il maggior numero di quelle che rientrano nella categoria di rischio più elevato (52%) rispetto a qualsiasi altra giurisdizione. A seguire Australia Occidentale e Territorio del Nord con il 69% e il 63% di siti nelle categorie di rischio più elevato. Negli stati del sud, i rischi sono relativamente più bassi. In base alla categoria del sito, l’indice rileva che tutti i 31 aeroporti più trafficati in Australia rientrano nelle categorie di rischio climatico più elevate, compreso il 94% nella categoria più estrema, a causa della loro posizione geografica e della suscettibilità a pericoli quali vento e tempeste.

Thunderstorm-Pixabay

Purtroppo anche tutte le regioni vinicole analizzate, i giardini botanici, le strade panoramiche, le ferrovie, le foreste pluviali e i parchi nazionali sono risultati rientrare nelle categorie di rischio climatico più elevate. Le formazioni geologiche naturali, i musei, le gallerie e gli stadi affrontano un rischio relativamente più basso.

“In Australia ci siamo concentrati molto su come ridurre le emissioni di carbonio, ma ci siamo concentrati meno su come prepararci agli impatti fisici del cambiamento climatico che stiamo già vedendo: attrazioni turistiche distrutte da incendi boschivi, siti turistici resi inaccessibili dalle inondazioni, attrazioni artificiali danneggiate dalla grandine e aeroporti chiusi a causa di venti estremi. Una delle ragioni principali per cui l’Australia si concentra meno sugli impatti fisici del cambiamento climatico è la mancanza di dati, e questa è esattamente la lacuna che la nostra partnership con Zurigo cerca di colmare” queste le parole di Adam Triggs, Partner del gruppo Mandala.

Foto di Matthias Fischer da Pixabay

Daniel Gschwind, professore presso il Griffith Institute for Tourism, la principale università per il turismo australiana, ha affermato che i risultati del rapporto dovrebbero essere preoccupanti per tutti. “Ciò dimostra chiaramente che l’industria del turismo sta sopportando il peso di decenni di fallimento delle politiche globali per ridurre le emissioni. L’industria del turismo ha la responsabilità di sostenere con forza l’azione per il clima e deve utilizzare le sue opportunità di comunicazione per aumentare la consapevolezza. Le risorse turistiche, insieme ai governi e alla comunità, devono continuare a costruire la loro resilienza agli impatti climatici. Dobbiamo rispondere su tutti i fronti e raddoppiare i nostri sforzi”.

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Plastica, per il 2024 la Terra ha già prodotto troppi rifiuti: i dati del Plastic Overshoot Day https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/plastica-per-il-2024-la-terra-ha-gia-prodotto-troppi-rifiuti-i-dati-del-plastic-overshoot-day/ Fri, 06 Sep 2024 08:41:17 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/plastica-per-il-2024-la-terra-ha-gia-prodotto-troppi-rifiuti-i-dati-del-plastic-overshoot-day/ La plastica è già troppa per il pianeta. Una frase che dice tutto o niente, poiché i rifiuti di plastica erano e sono ancora, purtroppo, un cronico problema per l’intero pianeta. Ciò che forse non tutti sanno è che nel 2024 verranno prodotte più di 220 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Ieri, 5 …

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La plastica è già troppa per il pianeta. Una frase che dice tutto o niente, poiché i rifiuti di plastica erano e sono ancora, purtroppo, un cronico problema per l’intero pianeta. Ciò che forse non tutti sanno è che nel 2024 verranno prodotte più di 220 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Ieri, 5 settembre, si è infatti celebrato il Plastic Overshoot Day, ossia quel momento dell’anno in cui i rifiuti plastici prodotti dall’umanità superano la capacità dei sistemi di gestione degli stessi.

Plastica, il 66% della popolazione mondiale vive in luoghi in cui i rifiuti hanno superato la capacità di gestione

La ONG svizzera Earth Action dall’anno scorso ha dato vita al Plastic Overshoot Day, vale a dire un rapporto che svela quel preciso momento in cui i rifiuti di plastica presenti sul pianeta superano la capacità dei sistemi di gestione. Nel 2024 coincide appunto con il 5 settembre: secondo i dati raccolti da Earth Action, il 66% della popolazione mondiale vive in aree in cui i rifiuti di plastica hanno già superato la capacità locale di gestione. La pubblicazione di questo rapporto precede l’ultimo ciclo di negoziati riguardanti l’ormai famoso trattato internazionale giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica, che si svolgeranno a novembre in Corea del Sud.

Quanto è grave la situazione dei rifiuti di plastica nel mondo? Ecco qualche dato utile

Ora come ora, solo 12 Paesi sono responsabili del 60% dei rifiuti di plastica mal gestiti a livello mondiale. I primi cinque sono Cina, Russia, India, Brasile e Messico. Ovviamente nessun Paese è esente dalla produzione di rifiuti: ogni anno ne vengono prodotti a livello globale circa 28 kg e, dal 2021, questa cifra è aumentata del 7,11%. La Terra non ha la capacità di gestire tutta la plastica prodotta e quindi – secondo quanto stabilito dal rapporto -, un terzo sarà mal gestito alla fine del suo ciclo di vita, vale a dire 69,5 milioni di tonnellate di plastica esistenti in natura.

Che tipo di rifiuti vengono inclusi nel rapporto? Una differenza rispetto allo scorso anno

Mentre nel rapporto inaugurale, quello del 2023, la ONG svizzera ha analizzato soltanto gli imballaggi di plastica quest’anno ha preso in considerazione anche i rifiuti provenienti dall’industria tessile e i rifiuti domestici. Nonostante un miglioramento nella capacità di gestione dei rifiuti di plastica, la quantità complessiva dei rifiuti mal gestiti è rimasta più o meno invariata. E la causa risiede nel continuo aumento dei rifiuti prodotti. Ciò significa, in teoria, che ci sono 117 giorni di eccesso di plastica: questo mette in luce il fatto che i rifiuti di plastica prodotti dal 5 settembre fino alla fine del 2024 saranno probabilmente gestiti male in tutto il mondo.

Al contrario, la platica ben gestita è quella che mira a ridurre al minimo l’impatto ambientale. I mezzi possono essere svariati, ma quelli che vengono considerati più efficaci sono il riciclo e la progettazione di plastiche per la riciclabilità, la riduzione della plastica utilizzata in modo da abbattere l’inquinamento e le emissioni, il riutilizzo e l’eliminazione degli imballaggi non necessari. Secondo Earth Action, qualsiasi miglioramento nella capacità di gestione dei rifiuti viene spesso superato dalla crescente produzione di plastica. Ritengono inoltre che l’ipotesi che il riciclo “risolva la crisi della plastica” sia fondamentalmente errata.

Quale può essere dunque la soluzione?

“Il Plastic Overshoot Day dovrebbe servire sia come testimonianza della nostra attuale traiettoria sia come modello per le azioni necessarie. Le decisioni prese oggi riecheggeranno negli ecosistemi e nelle economie per generazioni”, afferma Sarah Perreard, Co-CEO di Earth Action & Plastic Footprint Network. “Molte aziende e piccole e medie imprese – afferma -, stanno adottando misure per tenere conto della loro impronta di plastica e instillare circolarità attraverso le catene di fornitura. Sono queste azioni aziendali, la collaborazione e la regolamentazione attraverso un efficace Trattato ONU che produrranno il cambiamento”.

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L’estate 2024 è stata la più calda di sempre: i dati Copernicus https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/lestate-2024-e-stata-la-piu-calda-di-sempre-i-dati-copernicus/ Fri, 06 Sep 2024 07:41:20 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/lestate-2024-e-stata-la-piu-calda-di-sempre-i-dati-copernicus/ estate 2024Abbiamo appena vissuto l’estate più calda di sempre a livello globale. Lo confermano i dati Copernicus che illustrano anche le grandi anomalie del mese di agosto appena trascorso. L’agosto 2024, infatti, è stato il più caldo a livello globale (insieme all’agosto 2023), con una temperatura media dell’aria superficiale ERA5 di 16,82°C, 0,71°C al di sopra …

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Abbiamo appena vissuto l’estate più calda di sempre a livello globale. Lo confermano i dati Copernicus che illustrano anche le grandi anomalie del mese di agosto appena trascorso.
L’agosto 2024, infatti, è stato il più caldo a livello globale (insieme all’agosto 2023), con una temperatura media dell’aria superficiale ERA5 di 16,82°C, 0,71°C al di sopra della media 1991-2020 per il mese di agosto.

L’agosto 2024 è stato di 1,51°C al di sopra del livello pre-industriale ed è il 13° mese in un periodo di 14 mesi in cui la temperatura media globale dell’aria superficiale ha superato di 1,5°C i livelli pre-industriali.

La temperatura media globale degli ultimi 12 mesi (settembre 2023 – agosto 2024) è la più alta mai registrata per qualsiasi periodo di 12 mesi, con 0,76°C al di sopra della media 1991-2020 e 1,64°C al di sopra della media preindustriale 1850-1900. Questi valori sono identici a quelli registrati per i due precedenti periodi di 12 mesi, terminati a giugno e luglio 2024.

L’anomalia della temperatura media globale per tutto l’anno (gennaio-agosto 2024) è di 0,70°C al di sopra della media 1991-2020, che è la più alta registrata per questo periodo e 0,23°C più calda rispetto allo stesso periodo del 2023. L’anomalia media per i restanti mesi di quest’anno dovrebbe scendere di almeno 0,30°C perché il 2024 non sia più caldo del 2023. Questo non è mai accaduto nell’intero set di dati ERA5, rendendo sempre più probabile che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato.

Europa: il secondo agosto più caldo

La temperatura media del territorio europeo per agosto 2024 è stata di 1,57°C al di sopra della media 1991-2020, rendendo il mese il secondo agosto più caldo mai registrato in Europa dopo l’agosto 2022, che è stato di 1,73°C al di sopra della media.

Le temperature europee sono state maggiormente al di sopra della media nell’Europa meridionale e orientale, ma al di sotto della media nelle zone nord-occidentali dell’Irlanda e del Regno Unito, in Islanda, sulla costa occidentale del Portogallo e nella Norvegia meridionale.

Temperatura della superficie del mare

La temperatura media della superficie del mare (SST) per l’agosto 2024 su 60°S-60°N è stata di 20,91°C, il secondo valore più alto registrato per il mese, e solo 0,07°C al di sotto dell’agosto 2023.
Il Pacifico equatoriale ha registrato temperature inferiori alla media, indicando lo sviluppo di una La Niña, ma le SST degli oceani sono rimaste insolitamente alte in molte regioni.

Il 2024 è sulla strada per diventare l’anno più caldo di sempre

Secondo Samantha Burgess, vicedirettore del Copernicus Climate Change Service (C3S): “Negli ultimi tre mesi del 2024, il globo ha vissuto i mesi di giugno e agosto più caldi, il giorno più caldo mai registrato e l’estate boreale più calda mai registrata. Questa serie di temperature record aumenta la probabilità che il 2024 sia l’anno più caldo mai registrato. Gli eventi estremi legati alla temperatura a cui si è assistito quest’estate non potranno che diventare più intensi, con conseguenze sempre più devastanti per le persone e per il pianeta, a meno che non si intervenga con urgenza per ridurre le emissioni di gas serra”.

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I cambiamenti climatici rendono più pericoloso viaggiare? Se la meta è il Grand Canyon sembrerebbe di si https://www.iconameteo.it/primo-piano/i-cambiamenti-climatici-rendono-piu-pericoloso-viaggiare-se-la-meta-e-il-grand-canyon-sembrerebbe-di-si/ Wed, 04 Sep 2024 15:41:26 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/i-cambiamenti-climatici-rendono-piu-pericoloso-viaggiare-se-la-meta-e-il-grand-canyon-sembrerebbe-di-si/ Il Grand Canyon, situato a nord dell’Arizona, rappresenta uno dei luoghi più iconici non solo degli Stati Uniti ma di tutto il mondo: è un’immensa gola naturale scavata dal fiume Colorado che si estende per centinaia di chilometri. Le rocce erose dall’azione del fiume rivelano strati di roccia rossa che testimoniano una storia geologica di …

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Il Grand Canyon, situato a nord dell’Arizona, rappresenta uno dei luoghi più iconici non solo degli Stati Uniti ma di tutto il mondo: è un’immensa gola naturale scavata dal fiume Colorado che si estende per centinaia di chilometri. Le rocce erose dall’azione del fiume rivelano strati di roccia rossa che testimoniano una storia geologica di milioni di anni e che concorre alla creazione di uno spettacolo naturale unico nel suo genere.

Foto di kahern da Pixabay

Purtroppo eventi meteorologici estremi legati ai cambiamenti climatici, stanno rendendo le condizioni di visita sempre più pericolose: quest’estate sono stati segnalati 14 decessi tra i frequentatori del parco, 3 dei quali in poco più di una settimana di agosto. Heather Klein Olson, direttrice esecutiva dell’American Hiking Society, un’organizzazione nazionale senza scopo di lucro che incoraggia tutti a godere, condividere e preservare l’esperienza escursionistica ha dichiarato a The Hill, giornale politico statunitense, che il numero di decessi all’interno del parco è probabilmente influenzato da una serie di fattori, tra cui le precipitazioni intense e il flusso mutevole dell’acqua. Ha anche osservato però che il parco ha registrato un aumento del traffico pedonale negli ultimi 2 anni, soprattutto da quando è scoppiato il COVID.

Foto di balder815 da Pixabay

Secondo le statistiche il Grand Canyon ha registrato più decessi negli ultimi 17 anni rispetto a qualsiasi altro parco nazionale, portando alcuni commentatori a definirlo il parco più pericoloso d’America, come ha fatto il sito di viaggi Outforia. Tuttavia, queste analisi spesso non tengono conto della popolarità del luogo: con 4,74 milioni di visitatori nel 2023, è una delle unità più frequentate del mondo. Annovera però un discreto numero di incidenti: i decessi avvengono per una serie di ragioni, tra cui arresti cardiaci legati al caldo eccessivo e inondazioni improvvise.

Foto di cecilevanmeensel da Pixabay

Le temperature del canyon possono superare i 38 gradi durante i mesi estivi, con picchi di 49 gradi. La stagione dei monsoni invece va da giugno a fine settembre in Arizona: questo periodo dell’anno è noto per le improvvise inondazioni determinate da forti ed insistenti piogge che contribuiscono a far traboccare i bacini idrici che poi si riversano nei canyon circostanti. Tali inondazioni possono rivelarsi mortali. I funzionari del National Park Service, l’agenzia federale statunitense incaricata della gestione dei parchi nazionali, dei Monumenti nazionali e di altri luoghi protetti, stanno così esortando i visitatori a essere cauti riguardo al potenziale di inondazioni improvvise e temperature fatali.

Foto di Dom Carver da Pixabay

L’ambiente arido e scarsamente vegetato porta le piogge a generare rapidamente cascate perché il terreno non riesce ad assorbirle. Queste immense ondate si muovono rapidamente attraverso stretti canyon e terreni scoscesi, trasformando i letti dei corsi d’acqua asciutti in torrenti d’acqua nel giro di pochi minuti, anche durante temporali relativamente piccoli” queste le parole di Rebecca Roland, portavoce del National Parks Service.

Foto di Gloria Niemela da Pixabay

Quest’anno gli Stati Uniti sono stati colpiti da eventi meteorologici da record, tra cui una serie di ondate di calore che hanno avuto un impatto sulla vita quotidiana di milioni di americani. Solo nel mese di luglio oltre 130 milioni di residenti sono stati sottoposti ad allerte di caldo: dati pubblicati il ​​27 agosto indicano che i decessi correlati al caldo negli Stati Uniti sono aumentati del 117% dal 1999 al 2023.

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Agosto tra i più caldi di sempre, di questo passo il 2024 sarà un altro anno da record per l’Italia https://www.iconameteo.it/primo-piano/agosto-tra-i-piu-caldi-di-sempre-di-questo-passo-il-2024-sara-un-altro-anno-da-record-per-litalia/ Wed, 04 Sep 2024 07:41:17 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/agosto-tra-i-piu-caldi-di-sempre-di-questo-passo-il-2024-sara-un-altro-anno-da-record-per-litalia/ I primi dati elaborati dal centro Meteo Expert confermano che, nel mese di agosto 2024, il clima in Italia è stato eccezionalmente caldo. Con l’impressionante anomalia di 2.5 gradi al di sopra della media 1991-2020, infatti, conquista il secondo posto tra i mesi di agosto più caldi mai registrati nella storia del nostro Paese. «Le …

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I primi dati elaborati dal centro Meteo Expert confermano che, nel mese di agosto 2024, il clima in Italia è stato eccezionalmente caldo. Con l’impressionante anomalia di 2.5 gradi al di sopra della media 1991-2020, infatti, conquista il secondo posto tra i mesi di agosto più caldi mai registrati nella storia del nostro Paese.

«Le elaborazioni dei dati confermano un mese di agosto estremamente caldo e meno piovoso della norma», commenta Simone Abelli, meteorologo di Meteo Expert e autore dell’analisi.
«In effetti, ha chiuso con un’anomalia termica di +2.5°C rispetto alla media di riferimento (trentennio 1991-2020) che rappresenta il 2° valore più elevato, a un soffio dal record dell’agosto 2003 (+2.7°C) che rimane per il momento in vetta alla classifica».

Il clima è stato rovente soprattutto per le regioni del Sud Italia, comprese le Isole maggiori. Qui, avverte il meteorologo, si è raggiunto il record: «per le regioni meridionali l’agosto appena trascorso è risultato caldo quanto quello del 2003, guadagnandosi così il primo posto a pari merito».

Prosegue anche la carenza di piogge, nonostante i numerosi fenomeni estremi che hanno colpito molte delle nostre regioni durante fasi temporalesche che le elevate temperature hanno contribuito a rendere più intense e pericolose. In media, ad agosto è arrivato il 16 per cento in meno delle precipitazioni tipiche del mese, con una siccità particolarmente prolungata e grave nelle regioni meridionali e le Isole.

Il 2024 rischia di essere un altro anno da record

Se le temperature resteranno oltre la media anche nei prossimi mesi, il 2024 sarà il nuovo anno più caldo mai registrato in Italia. «I dati di agosto – conferma Abelli – amplificano ulteriormente l’anomalia da inizio anno, che sale a +1.6°C. Si tratta di un valore record nell’ambito della serie storica».

L’intera stagione estiva è stata eccezionalmente calda per il nostro Paese, con un’anomalia di 1.8°C che la porta al terzo posto dopo le estati del 2003 (+2.5°C) e 2022 (+2°C). 5 ondate di calore hanno colpito l’Italia, e tra queste spicca in particolare quella che, fra luglio e agosto, ha soffocato il Belpaese per ben 40 giorni senza darci tregua. È stata anche un’estate particolarmente asciutta, con un deficit di pioggia che nell’ultimo trimestre ha raggiunto il 12 per cento nonostante le precipitazioni a tratti abbondanti che hanno raggiunto in particolare il Nord.

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La Grande Barriera Corallina è in pericolo dopo l’estate più calda degli ultimi 400 anni nel Mar dei Coralli https://www.iconameteo.it/primo-piano/la-grande-barriera-corallina-e-in-pericolo-dopo-lestate-piu-calda-degli-ultimi-400-anni-nel-mar-dei-coralli/ Tue, 03 Sep 2024 08:41:15 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/la-grande-barriera-corallina-e-in-pericolo-dopo-lestate-piu-calda-degli-ultimi-400-anni-nel-mar-dei-coralli/ I coralli della Grande Barriera Corallina stanno subendo gli effetti del riscaldamento globale in modo drammatico. Gli effetti di questa situazione non riguardano solo i coralli ma anche la fauna marina che abita quel delicato ecosistema. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature ha analizzato le temperature marine degli ultimi 400 anni ed è emerso …

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I coralli della Grande Barriera Corallina stanno subendo gli effetti del riscaldamento globale in modo drammatico. Gli effetti di questa situazione non riguardano solo i coralli ma anche la fauna marina che abita quel delicato ecosistema. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature ha analizzato le temperature marine degli ultimi 400 anni ed è emerso che le ondate di calore che hanno causato questo disastro negli ultimi anni sono eventi eccezionali.

I risultati dello studio a lungo termine suggeriscono che i cambiamenti climatici causati dall’uomo sono il fattore trainante delle temperature estive sempre più elevate nel Mar dei Coralli, che mettono sotto stress i coralli e possono provocare sbiancamenti di massa.

I ricercatori avvertono che i risultati mostrano che la Grande Barriera Corallina si sta avvicinando a un punto critico da cui potrebbe non riprendersi e che è necessario un intervento urgente per limitare l’aumento della temperatura globale a un massimo di 1,5°C.
I ricercatori hanno scoperto che il periodo da gennaio a marzo 2024 è stato il più caldo in oltre quattro secoli, seguito dalle estati del 2017, 2020, 2016, 2004 e 2022.

I risultati non sono solo significativi dal punto di vista scientifico, ma anche particolarmente drammatici, poiché rivelano che il mondo rischia di perdere una delle sue meraviglie naturali più spettacolari, la Grande Barriera Corallina.

Secondo i dati del Coral Reef Watch, circa il 54% delle acque oceaniche contenenti barriere coralline hanno subito uno stress termico sufficientemente elevato da causare lo sbiancamento. Un evento di sbiancamento globale viene dichiarato quando almeno il 12% dei coralli in ciascuno dei principali bacini oceanici, dunque Pacifico, Atlantico e Indiano, sperimenta uno stress termico pari a livelli di sbiancamento entro un periodo di 12 mesi.

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Grave siccità in Sud Africa: in Namibia si macellano gli animali selvatici per sostentare la popolazione https://www.iconameteo.it/primo-piano/grave-siccita-in-sud-africa-in-namibia-si-macellano-gli-animali-selvatici-per-sostentare-la-popolazione/ Sat, 31 Aug 2024 14:41:24 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/grave-siccita-in-sud-africa-in-namibia-si-macellano-gli-animali-selvatici-per-sostentare-la-popolazione/ Una devastante siccità causata dal fenomeno climatico El Niño si sta abbattendo sul Sud Africa con gravi conseguenze: mancano acqua e cibo per 68 milioni di persone. Produzione agricola con raccolti diminuiti più del 50% ed allevamento di bestiame sono stati fortemente compromessi determinando significative carenze alimentari. In Namibia ad esempio la situazione è grave …

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Una devastante siccità causata dal fenomeno climatico El Niño si sta abbattendo sul Sud Africa con gravi conseguenze: mancano acqua e cibo per 68 milioni di persone. Produzione agricola con raccolti diminuiti più del 50% ed allevamento di bestiame sono stati fortemente compromessi determinando significative carenze alimentari. In Namibia ad esempio la situazione è grave al punto che oltre metà della popolazione rischia di rimanere senza cibo: secondo l’ONU quella attualmente in corso è la peggior siccità che l’abbia mai colpita negli ultimi 100 anni con più dell’84% delle scorte di cibo esaurite.

Namibia, foto Stefania Andriola

In Namibia lo stato di emergenza nazionale per l’estrema carenza di piogge era stato dichiarato nel mese di maggio; a seguire le stesse orme Zambia, Zimbabwe, Malawi, Botswana, Zimbabwe e Lesotho che hanno proclamato lo stato di calamità alimentare nazionale. Particolarmente a rischio sono i più piccoli: i dati Unicef stimano infatti che oltre 270000 bambini soffrano di malnutrizione acuta grave potenzialmente letale.

Namibia, foto Stefania Andriola

Per cercare di alleviare le conseguenze di questa drammatica situazione, il governo della Namibia ha cominciato ad abbattere animali selvatici per destinarli al macello: secondo quanto comunicato alla stampa dal Responsabile delle relazioni pubbliche presso il Ministero dell’ambiente e del turismo, Romeo Muyunda, sono 723 esemplari di diverse specie per dare aiuti alimentari a circa 340000 famiglie. Sono state selezionate 300 zebre, 100 antilopi, 100 gnu striati, 83 elefanti, 60 bufali, 50 impala e 30 ippopotami.

Namibia, foto Stefania Andriola

Gli animali in questione provengono da 5 diversi parchi nazionali: Namib Naukluft uno dei più estesi d’Africa e del mondo, Mangetti, Bwabwata, Mudumu e Nkasa Rupara. Le colonie di animali coinvolte, secondo quanto riportato dal governo, sono in sovrannumero rispetto alla terra e al cibo disponibile.

Namibia, foto Stefania Andriola

La carne proveniente da questi animali verrà poi distribuita ai cittadini delle aree più povere nell’ambito di un programma nazionale di soccorso contro la siccità che è stato lanciato poco dopo la proclamazione dello stato di emergenza e per il quale la Namibia ha già predisposto di stanziare circa 41 milioni di euro. In tutto però, le stime dei politici arrivano ad oltre 65 milioni di euro; una larga fetta di questi fondi non è stata ancora finanziata e il governo ha più volte chiesto sostegno alla comunità internazionale in questo senso.

Namibia, foto Stefania Andriola

Sono oltre 157 gli animali già cacciati da cacciatori professionisti e da aziende incaricate dal governo, producendo più di 56800 kg di carne. “Questo provvedimento è necessario ed è in linea con il nostro mandato costituzionale secondo cui le nostre risorse naturali vengono utilizzate a beneficio dei cittadini namibiani. Si stima che più di 200000 elefanti vivano in un’area protetta distribuita in 5 Paesi dell’Africa meridionale, Zimbabwe, Zambia, Botswana, Angola e Namibia, rendendo la regione sede di una delle più grandi popolazioni di elefanti al mondo” queste le parole di Romeo Muyunda.

Namibia, foto Stefania Andriola

Dietro gli abbattimenti però ci sono anche altre motivazioni: la Namibia ritiene infatti l’uccisione degli animali necessaria per poter meglio gestire il conflitto con le comunità umane che vivono nelle stesse aree dove si trovano gli animali, che a causa della siccità non potranno far altro che peggiorare. Già nel 2023 il ministero dell’ambiente aveva stabilito di dover diminuire la popolazione di elefanti presenti, ritenuta troppo numerosa.

Namibia, foto Stefania Andriola

La questione è stata di recente anche al centro di alcune dispute fra governi dell’Africa meridionale ed europei. Diversi Paesi in Europa stanno infatti promuovendo delle leggi che prevedono il divieto all’importazione di trofei da caccia. Queste misure sono molto mal viste da Paesi come Namibia e Botswana che vedono nella caccia regolarizzata un’importante fonte di sostentamento economico per le comunità oltre che una modalità utile a livellare la presunta sovrappopolazione di alcuni animali per gestire il conflitto fra animali selvatici ed esseri umani.

Namibia, foto Stefania Andriola

Anche attivisti e animalisti si sono schierati contro i provvedimenti del governo, sostenendo che non ci sia ancora uno studio sull’impatto ambientale dell’operazione. Motivo per cui, alcuni hanno lanciato una petizione contro la caccia. Per adesso, però, sembra che i governi degli Stati sudafricani non abbiano soluzioni alternative.

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Buone e cattive notizie dall’Amazzonia tra deforestazione ed incendi https://www.iconameteo.it/primo-piano/buone-e-cattive-notizie-dallamazzonia-tra-deforestazione-ed-incendi/ Thu, 29 Aug 2024 13:41:13 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/buone-e-cattive-notizie-dallamazzonia-tra-deforestazione-ed-incendi/ Secondo gli studiosi dell’Istituto Nazionale di Ricerca Spaziale Brasiliano il mese di luglio appena trascorso non è stato clemente per la foresta amazzonica brasiliana: è stato segnalato un aumento della deforestazione e del numero dei focolai di incendi. Sono stati registrati 666 km² di deforestazione con un incremento del 33,2% rispetto a luglio 2023 ed …

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Secondo gli studiosi dell’Istituto Nazionale di Ricerca Spaziale Brasiliano il mese di luglio appena trascorso non è stato clemente per la foresta amazzonica brasiliana: è stato segnalato un aumento della deforestazione e del numero dei focolai di incendi. Sono stati registrati 666 km² di deforestazione con un incremento del 33,2% rispetto a luglio 2023 ed è stato rilevato il numero più alto di focolai di incendio per il mese di luglio dal 2005, anno in cui la regione subì incendi record. Solo rispetto a luglio 2023 i focolai sono aumentati del 98%. Questi dati sono un campanello d’allarme perché l’Amazzonia è nella sua stagione secca e si prevede un altro periodo di siccità estrema, simile a quello dello scorso anno.

Focolai, Amazzonia

L’allarme per l’aumento della deforestazione in Amazzonia è emerso nell’ambito di un’analisi del governo brasiliano che riporta anche segnali positivi. Nel periodo tra agosto 2023 e luglio 2024 la deforestazione è infatti diminuita complessivamente del 45,7%. Tuttavia, l’inversione di tendenza evidenziata nel luglio di quest’anno ricorda che il Brasile è ancora lontano dall’obiettivo di zero deforestazione che dovrebbe essere raggiunto ben prima del 2030.

Amazzonia, deforestazione

Il rapido avanzamento della deforestazione illegale per il bestiame e la produzione di soia, l’estrazione ed il disboscamento illegale mettono in grave pericolo la natura e le popolazioni indigene. L’Amazzonia è fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici ma è sempre più vicina a un punto di non ritorno, quando non potrà più riprendersi come foresta tropicale. Negli ultimi 50 anni circa il 17% della sua superficie è stato trasformato in coltivazioni o pascoli: se questa tendenza prosegue, raggiungendo il 20-25%, potrebbe trasformarsi in una savana arbustiva nel giro di pochi decenni, con conseguenze devastanti per la biodiversità e il clima globale.

 

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Questi dati sono un campanello d’allarme perché l’Amazzonia è nella sua stagione secca e si prevede un altro periodo di siccità estrema, simile a quello dello scorso anno. Non è il momento di allentare gli sforzi: il governo brasiliano, a livello federale e statale, deve intensificare le azioni per prevenire gli incendi, ridurre la deforestazione e lavorare per aumentare la severità delle pene per i criminali ambientali. L’Amazzonia è infatti ormai vicina al suo punto di non ritorno climatico, oltre il quale buona parte dell’ecosistema collasserebbe, mettendo in pericolo il ruolo di questa foresta come deposito di CO2 e rendendo gli effetti della crisi climatica ancora più devastanti”, dichiara Martina Borghi, campaigner Foreste di Greenpeace Italia.

Amazzonia, deforestazione

Tra il 29 luglio e il 2 agosto Greenpeace Brasile ha condotto diversi voli di monitoraggio per documentare gli incendi negli stati brasiliani di Amazonas e Rondônia. “I nostri monitoraggi mostrano chiaramente come il sistema finanziario brasiliano sia complice della distruzione dell’Amazzonia e del peggioramento della crisi climatica. Le immagini che abbiamo raccolto mettono in evidenza l’urgenza di una regolamentazione molto più severa, con criteri rigorosi per impedire che i finanziamenti finiscano nelle mani di agricoltori e aziende che alimentano la deforestazione e gli incendi illegali. Chi finanzia i distruttori delle foreste non può più nascondersi: è parte integrante del problema“.

Secondo l’Istituto Nazionale di Ricerca Spaziale Brasiliano dall’inizio del 2024, il Brasile ha registrato 109943 incendi, segnando il numero più alto dal 2010 e un drammatico aumento del 76% rispetto ai 62353 incendi dello stesso periodo nel 2023. La gravità della situazione ha spinto un giudice della Corte Suprema brasiliana a ordinare al governo di Luiz Inácio Lula da Silva di mobilitare, entro due settimane, un contingente maggiore di forze militari e di polizia per combattere gli incendi in Amazzonia e nel Pantanal, la più grande area umida del mondo. Questo intervento straordinario si rende necessario a causa delle condizioni climatiche estreme, con ondate di caldo e siccità che hanno anticipato e intensificato il picco degli incendi, solitamente atteso per settembre.

Foto di Leonel Barreto da Pixabay

L’Amazzonia è la più grande foresta tropicale del mondo, con oltre 550 milioni di ettari che ospitano il 10% della biodiversità mondiale, inclusi 40.000 specie di piante e numerose specie animali. La sua capacità di immagazzinare oltre 75 miliardi di tonnellate di carbonio è cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico. La distruzione di questa foresta metterebbe a rischio il raggiungimento degli obiettivi globali di limitare il riscaldamento a 1,5°C, rendendo urgente la necessità di proteggere e preservare questo prezioso ecosistema.

 

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AMA Stay, l’albergo sulle Dolomiti che pensa all’ambiente e al concetto di “workation” https://www.iconameteo.it/primo-piano/ama-stay-lalbergo-sulle-dolomiti-che-pensa-allambiente-e-al-concetto-di-workation/ Sat, 24 Aug 2024 12:41:16 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/ama-stay-lalbergo-sulle-dolomiti-che-pensa-allambiente-e-al-concetto-di-workation/ A San Vigilio di Marebbe, sulle Dolomiti, si trova la struttura ricettiva AMA Stay che ha fatto della sostenibilità ecologica e della responsabilità sociale le sue parole d’ordine per distinguersi in quanto residence ecologico e allo stesso tempo come mezzo di promozione e supporto di pratiche rispettose per l’ambiente. Ha aperto nel novembre del 2022 basandosi …

© Icona Meteo - Il presente contenuto è riproducibile solo in parte, non integralmente, inserendo la citazione della fonte (Icona Meteo) e il link al contenuto originale (AMA Stay, l’albergo sulle Dolomiti che pensa all’ambiente e al concetto di “workation”)

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A San Vigilio di Marebbe, sulle Dolomiti, si trova la struttura ricettiva AMA Stay che ha fatto della sostenibilità ecologica e della responsabilità sociale le sue parole d’ordine per distinguersi in quanto residence ecologico e allo stesso tempo come mezzo di promozione e supporto di pratiche rispettose per l’ambiente. Ha aperto nel novembre del 2022 basandosi su una filosofia che scandisce ogni aspetto dell’agire quotidiano, dalla selezione di collaboratori che condividono la stessa passione, alla responsabilità di preservare sempre la bellezza del territorio. Per arrivare a questi risultati sono state prese misure che spaziano dalla scelta accurata e l’utilizzo di risorse locali, minimizzando il consumo energetico attraverso tecnologie innovative, al sostegno alla comunità locale, promuovendo opportunità lavorative sostenibili, oltre alla protezione della cultura e dell’ambiente circostante.

Vista esterna ©Andreas Tauber

Questi provvedimenti oltre a creare un ecosistema a sostegno dell’ambiente in cui gli ospiti prendono parte attiva, hanno permesso ad AMA Stay di ottenere due prestigiosissime certificazioni in termini di sostenibilità: il Sigillo GSTC (Global Sustainable Tourism Council) e il Marchio di sostenibilità dell’Alto Adige (IDM). Il Sigillo GSTC è uno standard di carattere internazionale che vuole incentivare concretamente lo sviluppo di un turismo sostenibile, tanto delle strutture alberghiere quanto delle destinazioni visitate. Essendo riconosciuto a livello mondiale, tale certificazione permette alle strutture e alle destinazioni di dimostrare in maniera concreta il loro impegno nel promuovere una gestione sostenibile del turismo dal punto di vista economico, sociale ed ambientale.

Il Marchio di sostenibilità dell’Alto Adige riconosce tutte quelle strutture ricettive dell’Alto Adige, prevalentemente a conduzione familiare, di piccole dimensioni e fortemente radicate nel territorio, in cui il rispetto per la natura e la cultura locale, l’utilizzo di prodotti del territorio e l’economia circolare rappresentano valori vissuti quotidianamente. Con il questo Marchio, si vuole premiare l’impegno delle realtà ricettive, renderlo visibile e promuoverlo sul lungo periodo.

Il bistrò ©Andreas Tauber

Tra le iniziative sostenibili messe in pratica da AMA Stay vi sono l’installazione di un impianto fotovoltaico ad alta efficienza e di speciali colonnine di ricarica per veicoli elettrici, l’esclusione di imballaggi in plastica e l’utilizzo di room card in legno proveniente da fonti rinnovabili. A questi si aggiungono i materiali che sono stati utilizzati nell’edilizia e nella costruzione dell’hotel, l’impiego di prodotti locali e stagionali nelle cucine, l’attenzione alla raccolta differenziata e l’offerta del servizio di noleggio e ricarica di E-mountain bike.

Innovazione e sostenibilità ©Andreas Tauber

Molto importante per l’hotel è anche il concetto di “workation” (working vacation) emerso in un momento storico dove si punta sempre più spesso sullo smart working; consente di trasformare ogni luogo in un potenziale ufficio. Gli ospiti hanno quindi la possibilità in struttura di unire rigenerazione ed intensa produttività lavorativa, concorrendo così a limitare il traffico automobilistico e le relative ripercussioni sull’ambiente.

La card key in legno ©Andreas Tauber

AMA Stay inoltre punta anche su continui confronti interculturali, sensibilizzando il team interno con proposte formative su temi ambientali, con iniziative come gli AMA Community Days, giornate il cui obiettivo è creare una comunità che possa condividere le proprie conoscenze e ispirarsi a vicenda. Si vuole promuovere un’immersione culturale profonda e un’esperienza di viaggio autentica, in linea con la filosofia di AMA Stay che è sinonimo di ospitalità, interconnessione e crescita personale.

Lavoro agile in struttura ©Andreas Tauber

Il primo evento AMA Community Days si è svolto dal 17 al 21 ottobre 2023 ed ha riscosso grande successo; quest’anno si replica sempre nel mese di ottobre dal 16 al 20, con il tema guida “Travel and Cultural Immersion”. É già stato stilato un programma ricco di attività e opportunità di apprendimento e questa edizione sarà resa ancora più speciale grazie alla collaborazione con l’associazione Thrive+, una piattaforma che riunisce le competenze già disponibili in Alto Adige e le rende visibili, fruibili e ne continua ad ampliare la sua missione di inclusività ed empowerment attraverso i suoi principi di ispirare, abilitare e connettere.

Ho avuto la possibilità di intervistare Markus Promberger, direttore e managing director dell’hotel. Di seguito domande e risposte.

Cos’è per lei la sostenibilità?

Per me, la sostenibilità rappresenta un impegno a lungo termine verso la protezione dell’ambiente, la valorizzazione del benessere sociale e la creazione di valore economico. Significa adottare pratiche che minimizzano l’impatto ambientale, garantiscono che le risorse naturali siano disponibili per le generazioni future e – molto importante – supportino le comunità locali.

E-MTB sostenibile ©Andreas Tauber

AMA Stay vanta certificazioni importanti in termini di sostenibilità: scelte di questo tipo come sono state recepite dai vostri ospiti?

I nostri ospiti hanno accolto molto positivamente le nostre iniziative di sostenibilità. Apprezzano il nostro impegno nel ridurre l’impatto ambientale e nel sostenere la comunità locale. Molti di loro ci scelgono proprio per le nostre pratiche sostenibili, riconoscendo il valore di un soggiorno responsabile e consapevole.

Il turismo green sarà la “conditio sine qua non” del futuro?

Assolutamente sì. Il turismo green non è solo una tendenza, ma una necessità per garantire la preservazione del nostro Pianeta. I viaggiatori sono sempre più consapevoli dell’impatto ambientale delle loro scelte e cercano destinazioni che riflettano i loro valori. Crediamo fermamente che il turismo sostenibile sarà un requisito imprescindibile nel futuro del settore. Sono felice che San Vigilio sia già una destinazione certificata. Questo non rende orgogliosi solo noi professionisti del turismo, ma anche la gente del posto. Lo viviamo insieme.

La facciata esterna di AMA Stay ©Andreas Tauber
AMA Stay_Außenansicht ©AMA Stay_Andreas Tauber

Qual è l’idea realizzata che vi rende maggiormente fieri?

Siamo particolarmente fieri del nostro concetto di workation che combina perfettamente lavoro e tempo libero in un ambiente sostenibile. Abbiamo creato spazi che non solo permettono ai nostri ospiti di lavorare in modo efficiente ma anche di godere della bellezza naturale delle Dolomiti. Questo approccio integrato supporta sia il benessere personale che la sostenibilità ambientale. Questo concetto favorisce anche i soggiorni prolungati, permette di ridurre il traffico e rende le persone più consapevoli del luogo in cui soggiornano.

Postazioni smart ©Andreas Tauber

Crede che gli italiani siano un popolo particolarmente attento all’ambiente oppure perdiamo punti rispetto a chi viene dall’estero?

Gli italiani stanno diventando sempre più attenti alle questioni ambientali ma c’è ancora del lavoro da fare per raggiungere il livello di consapevolezza e azione di alcuni altri paesi. Tuttavia, vediamo un crescente interesse e impegno da parte degli italiani verso pratiche più sostenibili, il che è un segnale molto positivo. Possiamo trarre vantaggio da ciò che gli altri hanno già testato e passare direttamente a pratiche già approvate.

L’idea vincente è quella di poter unire al meglio vacanza, tempo libero ma anche lavoro, non a caso il vostro motto è: “Lavorare al meglio, per vivere al meglio”. Come avviene questa importante comunione?

Abbiamo progettato AMA Stay per facilitare questa fusione tra lavoro e tempo libero. Offriamo spazi di co-working ben attrezzati, connessioni internet ad alta velocità e servizi che permettono di lavorare in modo produttivo. Allo stesso tempo, i nostri ospiti possono godere delle attività ricreative, del benessere e della natura circostante, creando un equilibrio perfetto tra produttività e relax. Molti di noi hanno vissuto a lungo in questo modo nella loro vita privata, conducendo una vita per così dire ibrida. Abbiamo voluto dare forma a questo concetto di vacanza per creare un luogo che fosse più di un semplice hotel nelle Dolomiti.

Tra i progetti futuri ci sono gli AMA Community Days, nella seconda edizione, dal 16 al 20 ottobre. Ci racconta in prima persona come sono nati, quali sono gli obiettivi e come coinvolgono gli ospiti di AMA Stay?

Gli AMA Community Days sono nati dal desiderio di creare un evento che celebri la nostra filosofia di comunità e sostenibilità. L’obiettivo è di coinvolgere i nostri ospiti in attività che promuovano il benessere, la condivisione di conoscenze e l’impegno per l’ambiente. Durante questi giorni, organizziamo workshop, escursioni e momenti di confronto, creando un’esperienza unica che rafforza il senso di appartenenza alla nostra comunità.

La piscina panoramica della Spa ©Andreas Tauber

Gli AMA Community Days riflettono la filosofia di AMA Stay: ci spiega esattamente come?

Gli AMA Community Days incarnano la nostra filosofia di unire persone con valori condivisi, promuovendo la sostenibilità e il benessere collettivo. Questi eventi offrono l’opportunità di imparare, crescere e contribuire insieme a progetti che hanno un impatto positivo sull’ambiente e sulla società. È un modo per dimostrare concretamente il nostro impegno verso una vita equilibrata e sostenibile. Quest’anno il tema sarà “Travel & Cultural Immersion”: Invitiamo la nostra community per esplorare il mondo dei viaggi e del turismo del futuro. Insieme ci immergeremo in temi come il nomadismo digitale, i viaggi sostenibili, la sensibilità culturale nel turismo e molto altro ancora. Scambieremo idee con esperti, svilupperemo nuove idee e plasmeremo insieme il futuro dei viaggi.



Quali sono stati i risultati ottenuti nella prima edizione e cosa vi aspettate per quella del 2024?

La prima edizione degli AMA Community Days è stata un grande successo, con una partecipazione entusiasta e un forte senso di comunità tra i partecipanti. Abbiamo ricevuto feedback molto positivi e abbiamo visto una crescente consapevolezza e impegno verso le pratiche sostenibili. Per l’edizione del 2024, ci aspettiamo un coinvolgimento ancora maggiore, con nuovi workshop e attività che continueranno a ispirare e a educare i nostri ospiti su come vivere in modo più sostenibile e connesso.

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Mediterraneo mai così caldo: nuovo record di temperatura superficiale ad agosto 2024 https://www.iconameteo.it/primo-piano/mediterraneo-mai-cosi-caldo-nuovo-record-di-temperatura-superficiale-ad-agosto-2024/ Sat, 17 Aug 2024 10:41:47 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/mediterraneo-mai-cosi-caldo-nuovo-record-di-temperatura-superficiale-ad-agosto-2024/ Mediterraneo caldo recordIl Mar Mediterraneo ha stabilito un nuovo e preoccupante record di temperatura superficiale: nel pieno dell’intensa e duratura ondata di caldo che ha interessato l’Italia e il sud Europa, la temperatura ha raggiunto una media di 28,9°C. Si tratta del valore più alto mai registrato dal 1982, ovvero dall’inizio delle rilevazioni, ma potrebbe anche essere …

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Il Mar Mediterraneo ha stabilito un nuovo e preoccupante record di temperatura superficiale: nel pieno dell’intensa e duratura ondata di caldo che ha interessato l’Italia e il sud Europa, la temperatura ha raggiunto una media di 28,9°C.

Si tratta del valore più alto mai registrato dal 1982, ovvero dall’inizio delle rilevazioni, ma potrebbe anche essere il valore più elevato su una scala temporale molto più ampia. Il record precedente appartiene a fine luglio 2023 con 28,7 gradi, e ancora prima all’estate del 2003 quando il Mediterraneo aveva raggiunto i 28,25 gradi.

caldo record mare mediterraneo

Normalmente il Mediterraneo raggiunge la temperatura media più elevata dell’anno durante il mese di agosto, intorno a metà mese. Mediamente, prendendo come riferimento il periodo 1982-2011, la superficie del Mediterraneo dovrebbe raggiungere i 26 gradi circa.

Eppure nell’ultimo periodo la superficie del Mediterraneo è risultata particolarmente elevata soprattutto nell’Alto Adriatico e nel Mar Ligure, dove le temperature sono più di 5 gradi più alte del normale, e superano i 29-30 gradi. Temperature praticamente tropicali che hanno avuto conseguenze importanti sullo stato delle acque e degli organismi, favorendo la fioritura di alghe e mucillagine nell’Alto Adriatico, e che potranno amplificare l’intensità delle perturbazioni in arrivo.

In alcuni settori marini, la temperatura dell’acqua dall’inizio di agosto ha superato i 30 gradi, in particolare di fronte all’Egitto dove ha raggiunto i 31,96 °C, nel tratto di mare di fronte a Monaco, alla Corsica e nei pressi della città spagnola di Valencia.

La situazione corrente è sintomo di un trend allarmante: ben diciotto dei venti giorni più caldi mai registrati per la superficie del Mediterraneo si sono verificati negli ultimi 13 mesi. Questa concentrazione di temperature estreme in un periodo così ristretto sottolinea la rapidità e l’intensità del riscaldamento in corso.

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Dal 7 luglio sull’Italia un’unica e lunghissima ondata di caldo https://www.iconameteo.it/primo-piano/dal-7-luglio-sullitalia-ununica-e-lunghissima-ondata-di-caldo/ Wed, 14 Aug 2024 12:41:38 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/dal-7-luglio-sullitalia-ununica-e-lunghissima-ondata-di-caldo/ Il caldo di questa estate 2024 è intenso, estenuante e afoso. Il grafico qui di seguito rappresenta l’andamento della temperatura media nazionale dal 1 giugno al 13 agosto. Come si può osservare, mentre le prime tre ondate di caldo si presentano in maniera netta con un inizio, un apice e una fine, quelle successive non …

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Il caldo di questa estate 2024 è intenso, estenuante e afoso. Il grafico qui di seguito rappresenta l’andamento della temperatura media nazionale dal 1 giugno al 13 agosto. Come si può osservare, mentre le prime tre ondate di caldo si presentano in maniera netta con un inizio, un apice e una fine, quelle successive non sembrano separate.

Il nostro Paese, dunque, sta vivendo un’unica lunga ondata di calore cominciata il 7 luglio e non ancora terminata (per ora sono 39 giorni), in cui le varie 4, 5 e 6 rappresentano solo delle fasi di intensificazione. Infatti, anche nelle fasi di attenuazione fra un apice e l’altro, la curva della temperatura resta sensibilmente oltre la media (i momenti meno caldi sono paragonabili o superiori agli apici delle prime tre ondate di caldo), segno che in quei giorni molte regioni sono rimaste preda della massa d’aria subtropicale che non si è mai allontanata veramente.

In quest’ottica, l’eccezionale durata dell’attuale onda è superata solo da quella terribile ondata da calore del 2003 che si protrasse per più di 50 giorni fra luglio e agosto.

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Il mare in Italia è più pulito della media europea: le regioni migliori https://www.iconameteo.it/primo-piano/il-mare-in-italia-e-piu-pulito-della-media-europea-le-regioni-migliori/ Fri, 09 Aug 2024 06:41:16 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/il-mare-in-italia-e-piu-pulito-della-media-europea-le-regioni-migliori/ Il mare d’Italia continua a mantenere elevati standard di qualità per la pulizia dell’acqua, con risultati migliori della media europea. Secondo i dati aggiornati dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), 5.090 chilometri di costa marittima – che rappresentano il 95,6% della costa monitorata – rientrano nella classe di qualità “eccellente”, la più alta prevista …

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Il mare d’Italia continua a mantenere elevati standard di qualità per la pulizia dell’acqua, con risultati migliori della media europea. Secondo i dati aggiornati dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), 5.090 chilometri di costa marittima – che rappresentano il 95,6% della costa monitorata – rientrano nella classe di qualità “eccellente”, la più alta prevista dal sistema di classificazione europeo. Includendo anche i tratti classificati come “buoni” (153 chilometri, pari al 2,9% del totale), si raggiunge una percentuale complessiva del 98,5% per le acque di qualità ottima o buona.

Le regioni d’Italia con il mare più pulito

Le regioni italiane mostrano una distribuzione uniforme della qualità delle acque marine. In Puglia, il 99,7% della costa monitorata è classificata come eccellente, seguita da Friuli Venezia Giulia con il 99%, Sardegna con il 98,4% e Toscana con il 98,2%.
Queste cifre indicano un alto livello di qualità delle acque lungo le coste italiane, attribuibile alle specifiche caratteristiche regionali e alle attività di monitoraggio e controllo.

La qualità delle acque di laghi e fiumi

Anche la qualità delle acque di balneazione di laghi e fiumi in Italia è generalmente alta. Su 662 chilometri di tratti monitorati, ben 630 sono classificati come eccellenti (95,2%), 20 chilometri come buoni (3,1%), 6 chilometri come sufficienti (0,9%) e 1 chilometro come scarso (0,2%).

Monitoraggio e controllo

Questi dati sono il risultato di un’attività di sorveglianza e controllo condotta dalle Agenzie ambientali regionali, che in tutta Italia hanno prelevato circa 26mila campioni di acqua di mare e oltre 2.300 campioni di acque di fiumi e laghi nel corso del 2023, per un totale di più di 28mila campionamenti.
Complessivamente, il monitoraggio ha coperto 4.710 aree e la balneabilità delle acque è stata valutata principalmente sulla base delle concentrazioni di Escherichia coli ed enterococchi intestinali.

A livello europeo, le acque italiane risultano migliori della media dei paesi UE, secondo i dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente.
La classificazione attuale, basata sulle campagne di monitoraggio svolte nei quattro anni precedenti, è comunicata all’Agenzia Europea per l’Ambiente e i prelievi per tutelare i bagnanti continuano durante tutta la stagione balneare: i risultati vengono pubblicati sui siti delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) e sul portale Acque del Ministero della Salute. In caso di superamenti dei limiti di legge, vengono emanati divieti temporanei di balneazione.

Il monitoraggio e la classificazione delle acque derivano dalla direttiva europea 2006/7/CE e dalle normative nazionali di recepimento. Oltre ai parametri microbiologici, le ARPA monitorano anche la presenza di organismi potenzialmente tossici e contaminazioni chimiche, adottando misure restrittive quando necessario.

 

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Luglio 2024 è stato il secondo più caldo a livello globale: i dati https://www.iconameteo.it/primo-piano/luglio-2024-e-stato-il-secondo-piu-caldo-a-livello-globale-i-dati/ Thu, 08 Aug 2024 09:41:21 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/luglio-2024-e-stato-il-secondo-piu-caldo-a-livello-globale-i-dati/ Luglio 2024 è stato il secondo luglio più caldo a livello globale nella registrazione dei dati, con una temperatura media dell’aria superficiale di 16,91°C, ovvero 0,68°C al di sopra della media 1991-2020 per luglio e solo 0,04°C in meno rispetto al precedente massimo stabilito nel luglio 2023. Questo pone fine alla serie di 13 mesi …

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Luglio 2024 è stato il secondo luglio più caldo a livello globale nella registrazione dei dati, con una temperatura media dell’aria superficiale di 16,91°C, ovvero 0,68°C al di sopra della media 1991-2020 per luglio e solo 0,04°C in meno rispetto al precedente massimo stabilito nel luglio 2023. Questo pone fine alla serie di 13 mesi consecutivi in cui ogni mese è stato il più caldo nel record di dati.

Luglio 2024 ha vissuto i suoi due giorni più caldi nel record di dati

Secondo il report mensile di Copernicus Climate Change Service, sebbene luglio 2024 non sia stato in media così caldo come luglio 2023, la Terra ha vissuto i suoi due giorni più caldi nel record di dati. La temperatura media globale giornaliera ha raggiunto i 17,16°C e i 17,15°C il 22 e 23 luglio.

Data la piccola differenza, specifica Copernicus, non può essere stabilito con assoluta certezza quale dei due giorni sia stato il più caldo. Secondo i dati, inoltre, il mese è stato di 1,48°C al di sopra della media stimata di luglio per il periodo 1850-1900, il periodo di riferimento preindustriale designato.

L’anomalia media per i mesi rimanenti del 2024 dovrebbe scendere di 0,23°C affinché non si riveli un anno più caldo del 2023

La temperatura media globale degli ultimi 12 mesi (agosto 2023 – luglio 2024) è di 0,76 °C superiore alla media del periodo 1991-2020 e di 1,64 °C superiore alla media preindustriale del periodo 1850-1900.  

L’anomalia della temperatura globale da inizio anno (gennaio-luglio) per il 2024 è di 0,70 °C superiore alla media 1991-2020, 0,27 °C più calda rispetto allo stesso periodo del 2023. L’anomalia media per i mesi rimanenti di quest’anno dovrebbe scendere di almeno 0,23 °C affinché il 2024 non si riveli più caldo del 2023. 

Luglio 2024 e temperatura della superficie del mare: secondo valore più elevato mai registrato per il mese

La temperatura della superficie del mare per luglio 2024 è stato il secondo valore più alto mai registrato per il mese, ovvero 20,88°C, soli 0,01°C al di sotto di luglio 2023. Anche questo dato segna la fine di un periodo di 15 mesi in cui la temperatura superficiale del mare era stata la più calda nel record di dati.

Ghiaccio marino: l’estensione nell’Antartico è stata la seconda più bassa per luglio nel record di dati satellitari

A luglio 2024 l’estensione del ghiaccio marino artico è stata del 7% inferiore alla media, più bassa ancora rispetto al 2022 e al 2023, ma non tanto quanto il record del -14% osservato nel 2020. Le anomalie della concentrazione di ghiaccio marino sono state inferiori alla media nella maggior parte del Mar Glaciale Artico, in particolare lungo la costa settentrionale della Siberia.

L’estensione del ghiaccio marino antartico è stata dell’11% inferiore alla media, la seconda estensione più bassa per luglio nel record di dati satellitari, dietro il valore più basso di luglio di -15% osservato nel 2023. Per quanto riguarda le precipitazioni, luglio 2024 è stato più piovoso della media nell’Europa settentrionale mentre in quella meridionale e orientale è allerta per la siccità.

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Ondate di calore: oltre 8 milioni di italiani esposti a 40°C in città. Milano come Palermo https://www.iconameteo.it/primo-piano/ondate-di-calore-oltre-8-milioni-di-italiani-esposti-a-40c-in-citta-milano-come-palermo/ Mon, 05 Aug 2024 09:40:14 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/ondate-di-calore-oltre-8-milioni-di-italiani-esposti-a-40c-in-citta-milano-come-palermo/ L’ondata di calore che sta interessando in questo momento anche l’Italia è la quinta della stagione e si preannuncia ancora piuttosto lunga e intensa, con temperature in continuo aumento. Secondo l’ultimo report “L’Estate che scotta”, realizzato da Greenpeace in collaborazione con i ricercatori di Istat, oltre 8 milioni di persone sono esposte a temperature di …

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L’ondata di calore che sta interessando in questo momento anche l’Italia è la quinta della stagione e si preannuncia ancora piuttosto lunga e intensa, con temperature in continuo aumento. Secondo l’ultimo report “L’Estate che scotta”, realizzato da Greenpeace in collaborazione con i ricercatori di Istat, oltre 8 milioni di persone sono esposte a temperature di 40 gradi in città. E se pensiamo che sia normale visto che si parla della cosiddetta bella stagione, è utile sottolineare che di normale non c’è un bel niente.

Ondate di calore, il report di Greenpeace e Istat che misura le temperature superficiali: i dati sono allarmanti

Come detto, il report “L’Estate che scotta” ha preso in analisi la temperatura superficiale. Ma cosa si intende? Mentre la temperatura dell’aria, quella che solitamente viene indicata nelle previsioni del tempo, è la misura di quanto sia calda l’aria al di sopra del suolo, la temperatura della superficie terrestre indica il calore “al tatto” della “superficie” della Terra. È importante notare come queste rilevazioni siano state effettuate tra le 9 e le 11 del mattino, quindi non rappresentano le temperature massime giornaliere, il che suggerisce che la situazione potrebbe essere anche più grave.

Lo studio ha preso in considerazione la temperatura superficiale dei capoluoghi di Regione italiani e delle province di Trento e Bolzano stimando il numero di persone residenti delle zone soggette a temperature superiori ai 40 gradi. Ne scaturisce un quadro piuttosto allarmante, con ben l’87,3% della popolazione costretta a vivere in luoghi con una temperatura superficiale media, pari o superiore a 40°C (dati luglio 2023). Un dato anche questo sottostimato dato che analizza solo la popolazione residente e sappiamo bene che quella che realmente vive nelle città analizzate è maggiore.

A luglio 2023 oltre 8,3 milioni di persone esposte a temperature superficiali medie, pari o superiori ai 40 gradi

Il dato scaturito è certamente rilevante se si pensa che è stato analizzato prendendo in considerazione solo una piccola porzione del popolo italiano (circa il 16%). Di questi 8,3 milioni di italiani, più di una persona su otto fa parte di categorie “fragili” per via della loro età anagrafica, ovvero persone che subiscono maggiormente gli impatti negativi di queste temperature. Rispettivamente, più di 1 milione erano anziani con più di 74 anni e ben 300 mila bambine e bambini fino ai 5 anni. Guardando ai trend degli ultimi anni, si può notare come la popolazione esposta a temperature superficiali elevate sia raddoppiata: da agosto 2019 ad agosto 2023 si è passati da 4,4 milioni a quasi 8,3 milioni.

Ma come sta andando l’estate 2024?

Guardando ai dati relativi a giugno 2024, in quasi tutti i capoluoghi italiani le temperature
superficiali massime sono state superiori ai 35°C, arrivando a toccare soglie superiori a 39°C
in ben 12 città sulle 21 analizzate. Temperature superficiali da record sono state registrate a Bari, Napoli, Roma, Catanzaro, Ancona, Palermo e Campobasso, dove il termometro delle temperature superficiali ha superato i 40°C. Al Nord, non è da meno Milano con una media delle temperature superficiali massime di 39,9°C.

Andando ancor di più nel dettaglio, in 11 capoluoghi su 21 più del 90% della popolazione è stata interessata dal fenomeno, con picchi di percentuali oltre il 98% a Bari, Firenze, Cagliari, Napoli e Palermo. Ma una delle novità è che «anche in alcuni capoluoghi del Nord riscontriamo degli importanti valori di popolazione esposta a temperature al suolo uguali e superiori a 40°C», conferma il ricercatore di Istat Stefano Tersigni. Prova ne sono Aosta (96,7% di popolazione coinvolta), Torino (95,6%) e Milano (91,3%). In soli tre capoluoghi la percentuale di popolazione coinvolta dal fenomeno scende sotto il 60% (Trieste 51,3%, Genova 47%, Bolzano 2,1%).

E in Europa come si presenta il quadro generale?

Un recente studio che ha coinvolto ricercatori da tutta Europa, ha messo in evidenza come le ondate di calore in tutto il continente siano in aumento, con un incremento del 57% delle persone esposte rispetto al decennio 2000-2009 e con impatti particolarmente pronunciati nelle città a causa del cosiddetto effetto isola di calore.

Sebbene le ondate di calore siano caratterizzate da diversi fattori, in primis le temperature dell’aria, calcolare la temperatura superficiale e la popolazione esposta – sottolinea Greenpeace -, resta un elemento molto rilevante, dal momento che il calore irradiato dal suolo e dalle superfici contribuisce alla vivibilità di un determinato ambiente.

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Dal 2010 il 29 luglio ricorre la giornata mondiale della tigre: dalla Thailandia arrivano buone notizie https://www.iconameteo.it/primo-piano/dal-2010-il-29-luglio-ricorre-la-giornata-mondiale-della-tigre-dalla-thailandia-arrivano-buone-notizie/ Sat, 03 Aug 2024 14:40:16 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/dal-2010-il-29-luglio-ricorre-la-giornata-mondiale-della-tigre-dalla-thailandia-arrivano-buone-notizie/ Dal 2010 ogni 29 luglio si celebra la Giornata Mondiale della Tigre, istituita al Vertice della tigre di San Pietroburgo in Russia. In quell’occasione il primo ministro russo Vladimir Putin aveva ospitato rappresentanti delle 13 nazioni con le popolazioni di tigri più gravemente minacciate, ponendosi l’obiettivo di creare un programma comune che potesse essere utilizzato …

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Dal 2010 ogni 29 luglio si celebra la Giornata Mondiale della Tigre, istituita al Vertice della tigre di San Pietroburgo in Russia. In quell’occasione il primo ministro russo Vladimir Putin aveva ospitato rappresentanti delle 13 nazioni con le popolazioni di tigri più gravemente minacciate, ponendosi l’obiettivo di creare un programma comune che potesse essere utilizzato per finanziare e realizzare progetti per proteggere questo animale in via di estinzione. Durante il summit era stata fatta una dichiarazione secondo cui i governi dei Paesi popolati da questo felino avevano promesso di raddoppiarne la popolazione entro il 2020.

Foto di Ralph da Pixabay

Nel 2010 le stime degli esperti prospettavano addirittura l’estinzione della specie entro il 2022. In occasione di questa ricorrenza, le organizzazioni per la protezione degli animali condividono i propri dati riguardo la situazione della popolazione mondiale: il rapporto annuale 2023 del WWF pubblicato a maggio 2024 sottolinea come la popolazione globale delle tigri sia ancora in grave pericolo di estinzione, nonostante alcuni progressi nelle iniziative di conservazione degli ultimi anni. Quindi nonostante un lieve miglioramento, questo felino è ancora a rischio anche se in questo 2024 il governo reale thailandese ha annunciato che la popolazione nazionale in natura sta aumentando: dopo anni di ingenti sforzi di conservazione oggi si stimano tra le 179 e 223 tigri.

Foto di Buy me a coffee da Pixabay

Questi numeri segnano un punto di svolta significativo per le tigri del Sud-Est asiatico dove la maggior parte delle popolazioni è in declino: negli ultimi 25 anni le tigri si sono estinte in Cambogia, Laos e Vietnam. La presenza di un numero sufficiente di prede per le tigri è fondamentale per consentire un ulteriore incremento e recupero della specie e il governo reale thailandese, con il sostegno di partner come il WWF-Thailandia, ha lavorato proprio in questa direzione.

Rungnapa Phoonjampa, WWF-Thailandia

Negli ultimi 3 anni, il governo reale thailandese, con il sostegno del WWF-Thailandia, ha liberato oltre 100 cervi sambar nei territori abitati dalle tigri nel complesso forestale occidentale ed altre reintroduzioni sono previste nei prossimi anni. Inoltre, anche gli sforzi di conservazione per aumentare la popolazione di banteng, una specie di bovino selvatico classificata come in pericolo, hanno avuto successo, con primi diversi segnali di aumento della popolazione e di espansione dell’areale in alcune aree protette ben gestite. Il WWF-Thailandia ha recentemente avviato lo sviluppo di un piano nazionale di valutazione e recupero del banteng in collaborazione con il Dipartimento dei Parchi Nazionali, della Fauna Selvatica e della Conservazione delle Piante e con la Facoltà di Scienze Forestali. Più riusciremo ad aumentare le prede delle tigri, più crescerà anche il numero dei predatori.

Solo alcuni anni fa la scena di una tigre che si riproduce e alleva con successo due cucciolate una dopo l’altra, non si sarebbe mai verificata. Fino ad alcuni anni fa, le tigri e le loro prede erano gravemente minacciate dalla piaga del bracconaggio. Ma il nostro governo ha intensificato le squadre di pattugliamento antibracconaggio nei parchi nazionali e nei santuari della fauna selvatica, il che ha avuto un impatto positivo su queste specie. La presenza dei ranger, infatti, aiuta a scoraggiare i bracconieri e, con l’aiuto di strumenti innovativi di monitoraggio della fauna selvatica come lo SMART, è possibile monitorare e prevenire le zone più calde del bracconaggio. Questo significa che le tigri hanno una possibilità di sopravvivenza molto più alta nelle nostre foreste e stiamo assistendo a risultati sempre più straordinari” ha dichiarato Rungnapa Phoonjampa, direttrice del programma Foreste occidentali e fauna selvatica del Mae Ping National Park del WWF-Thailandia.

Foto di Sasin Tipchai da Pixabay

Jedsada Taweekan, responsabile del programma regionale per il commercio illegale di animali selvatici del WWF-Thailandia, ha affermato: “La Thailandia ha la più grande popolazione di tigri in cattività del Sud-Est asiatico. Il commercio illegale di fauna selvatica è alimentato dalla domanda di tigri delle strutture in cattività. Questo processo va a minare gli sforzi per la conservazione delle tigri in natura. Le parti di tigre e i prodotti che ne derivano attraversano i nostri confini e contribuiscono ad incrementare il problema del commercio illegale in altre zone della regione. Il WWF-Tailandia sta collaborando con il Dipartimento dei Parchi Nazionali, della Fauna Selvatica e della Conservazione delle Piante per istituire un database nazionale del DNA delle tigri in cattività, con l’obiettivo di aumentare l’efficacia di rilevare i casi in cui le tigri selvatiche entrano nel commercio illegale e vengono trasferite in strutture in cattività. L’aggiornamento delle tecniche forensi aiuterà le forze dell’ordine a utilizzare le analisi nei procedimenti giudiziari e porterà a condanne più adeguate ai crimini”.

Foto di Mike Wall da Pixabay

Se da una parte è fondamentale che le tigri siano protette dai bracconieri, dall’altra è altrettanto necessario che siano garantite le condizioni giuste per sopravvivere nei loro territori in natura. Il disboscamento storico ha portato al degrado degli habitat delle tigri in Thailandia e il WWF-Thailandia ha lavorato per migliorare lo stato delle foreste e delle praterie per le tigri e le loro prede. “Le praterie potrebbero non sembrare importanti ad un primo sguardo ma sono essenziali per le principali specie preda dei grandi felini, come i cervi sambar e i banteng. Abbiamo migliorato l’habitat di prateria, con interventi di ripristino e conservazione. Queste aree sono per gli ungulati importanti fonti di minerali, come il magnesio e il sale” queste le parole di Michael Roy, direttore conservazione del WWF-Thailandia.

Foto di Josef Schilk da Pixabay

La Thailandia è un faro di speranza per il recupero delle tigri nel sud-est asiatico. Un ulteriore aumento della popolazione di tigri nel Paese potrebbe portare questo iconico felino ad espandersi e riprodursi in luoghi dove la specie è scomparsa da tempo, con la prospettiva concreta che nei decenni a venire le tigri possano espandersi dal nord della Thailandia al Laos, dove si sta lavorando per ripristinare i territori favorevoli alla presenza della specie.

Natalie Phaholyothin, WWF-Thailandia

Mi congratulo con il governo reale tailandese per questo annuncio. Quello per arrivare a questo risultato è stato un lungo viaggio e sono orgogliosa che il WWF-Thailandia lo abbia sostenuto e continui a sostenerlo. La Thailandia sta portando avanti le azioni di conservazione delle tigri nella regione e spero che questo successo ispiri altri governi del Sud-est asiatico a investire negli sforzi per favorire il recupero di questo iconico felino anche nei loro territori. Quando proteggiamo le tigri, proteggiamo molto di più e non possiamo permetterci di perdere questo grande entusiasmo che in tantissimi hanno costruito così faticosamente. Ora è il momento di continuare ad agire con urgenza” ha dichiarato Natalie Phaholyothin, CEO del WWF-Thailandia.

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Overshoot day: siamo in debito con il pianeta e le nuove generazioni https://www.iconameteo.it/primo-piano/e-lovershoot-day-siamo-in-debito-con-il-pianeta-e-le-nuove-generazioni/ Thu, 01 Aug 2024 07:40:13 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/e-lovershoot-day-siamo-in-debito-con-il-pianeta-e-le-nuove-generazioni/ Il 1° agosto 2024 segna l’Earth Overshoot Day, una data simbolica che rappresenta il momento in cui l’umanità ha esaurito le risorse naturali che la Terra è in grado di rigenerare in un anno. Calcolata annualmente dal Global Footprint Network, questa data ci ricorda che in soli sette mesi abbiamo già consumato più di quanto …

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Il 1° agosto 2024 segna l’Earth Overshoot Day, una data simbolica che rappresenta il momento in cui l’umanità ha esaurito le risorse naturali che la Terra è in grado di rigenerare in un anno. Calcolata annualmente dal Global Footprint Network, questa data ci ricorda che in soli sette mesi abbiamo già consumato più di quanto il nostro pianeta possa sostenere, entrando in un “debito ecologico” che continua a crescere.

La ricorrenza dell’Overshoot Day è un ennesimo campanello d’allarme che ci ricorda come stiamo vivendo ben al di sopra delle capacità rigenerative della Terra.
Attualmente, l’umanità consuma l’equivalente di 1,7 pianeti all’anno. Se non cambiamo rotta, questa cifra potrebbe salire a due pianeti entro il 2030, uno scenario insostenibile che minaccia la stabilità ecologica del nostro mondo.

Per i prossimi 5 mesi del 2024, intanto, divoreremo il capitale naturale dei nostri figli:

crediti: Global Footprint Network

Come si calcola l’Earth Overshoot Day?

Il calcolo dell’Earth Overshoot Day si basa su un rapporto semplice ma inquietante: la biocapacità del Pianeta, ovvero la quantità di risorse che la Terra può generare in un anno, viene divisa per l’impronta ecologica dell’umanità, cioè la domanda complessiva di risorse naturali.

Il risultato, moltiplicato per il numero di giorni dell’anno, determina la data in cui superiamo il budget naturale annuale. Quest’anno la soglia è stata raggiunta giovedì 1° agosto, il che significa che da questo momento stiamo consumando risorse che il pianeta non è in grado di rigenerare nel breve termine.

Una scadenza che arriva sempre prima

Negli ultimi 50 anni, l’Earth Overshoot Day è andato ad anticiparsi costantemente nel calendario. Nel 1974 cadeva il 30 novembre, nel 2004 il 2 settembre, e nel 2014 il 5 agosto.
Questa tendenza riflette un aumento progressivo del nostro debito ecologico. Il persistente sovrasfruttamento delle risorse naturali ha portato a una drammatica perdita di biodiversità, a un accumulo di gas serra nell’atmosfera e a un incremento degli eventi climatici estremi, come ondate di calore, incendi boschivi, siccità e inondazioni.

crediti: Global Footprint Network

La situazione è aggravata dal contesto climatico attuale: quest’estate, il 21, 22 e 23 luglio sono stati i giorni più caldi mai registrati a livello globale dal 1940, con una temperatura media record di 17,16 gradi Celsius il 22 luglio. Questi dati allarmanti sono parte di una tendenza più ampia, con giugno 2024 che segna il 13esimo mese consecutivo di temperature globali fuori scala e il 12esimo mese in cui è stato superato il limite di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.

Il debito ecologico dell’Italia

Il quadro è particolarmente preoccupante per l’Italia, che ha raggiunto il proprio Overshoot Day il 19 maggio 2024. Se tutti nel mondo consumassero come gli italiani, avremmo bisogno di 2,6 pianeti per soddisfare le nostre esigenze.

crediti: Global Footprint Network

Possiamo posticipare l’Earth Overshoot Day?

Nonostante la gravità della situazione, esistono molte soluzioni pratiche e implementabili che potrebbero invertire la rotta (e, in molti casi, migliorare anche la nostra salute e la qualità della vita).
Un’alleata fondamentale in questa sfida è, per esempio, l’energia rinnovabile: aumentarne l’utilizzo e ridurre quello delle fonti fossili ci permetterebbe di posticipare l’Overshoot Day di diversi giorni. Tra le altre, troviamo anche il miglioramento dell’efficienza energetica di edifici e processi industriali, la riduzione del consumo di carne e degli sprechi alimentari, il potenziamento della mobilità sostenibile, la protezione e il ripristino degli ecosistemi naturali.

Le soluzioni ci sono, insomma, ma serve la volontà collettiva e politica di adottarle e di ridisegnare il nostro rapporto con la Terra. Non possiamo più permetterci di ignorare il debito ecologico che stiamo accumulando.
«Il sovrasfruttamento finirà – commenta Lewis Akenji, membro del consiglio del Global Footprint Network -. La domanda è come: con una pianificazione o con un disastro?».

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Ondata di caldo eccezionale: elevato inquinamento da ozono in Pianura Padana https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/ondata-di-caldo-eccezionale-elevato-inquinamento-da-ozono-in-pianura-padana/ Wed, 31 Jul 2024 08:25:30 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/ondata-di-caldo-eccezionale-elevato-inquinamento-da-ozono-in-pianura-padana/ Le elevate temperature che stiamo raggiungendo in Italia e in Europa, coinvolti dall’ondata di caldo intenso portato dall’anticiclone africano, stanno facendo aumentare le concentrazioni di ozono nella bassa atmosfera. Di solito si parla di inquinamento atmosferico principalmente nei mesi freddi, ma l’inquinamento è un problema anche estivo. L’ozono è un inquinante fotochimico che si forma …

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Le elevate temperature che stiamo raggiungendo in Italia e in Europa, coinvolti dall’ondata di caldo intenso portato dall’anticiclone africano, stanno facendo aumentare le concentrazioni di ozono nella bassa atmosfera.

inquinamento ozono caldo pianura padana

Di solito si parla di inquinamento atmosferico principalmente nei mesi freddi, ma l’inquinamento è un problema anche estivo. L’ozono è un inquinante fotochimico che si forma quando la radiazione solare reagisce con inquinanti già presenti nell’aria. Nei periodi tardo-primaverili ed estivi, il forte irraggiamento solare e il caldo favoriscono le reazioni fotochimiche che generano l’ozono. I livelli aumentano, infatti, durante le ore più calde della giornata.

Elevate concentrazioni di questo inquinante possono favorire l’insorgenza di disturbi sanitari, specie per i soggetti più sensibili: l’ozono è un gas con capacità irritanti per gli occhi, per le vie respiratorie e per le mucose in genere. Oltre agli effetti negativi sulla salute umana, le concentrazioni di ozono superficiale hanno anche impatti dannosi sulla vegetazione e sugli ecosistemi e possono anche compromettere gravemente la resa dei raccolti ed essere responsabili della perdita di biodiversità.

Inquinamento da ozono, concentrazioni in aumento in Pianura Padana

Dall’inizio dell’estate, il Servizio di Monitoraggio Atmosferico di Copernicus CAMS ha monitorato diversi periodi favorevoli all’aumento delle concentrazioni di ozono superficiale. A causa dell’attuale ondata di caldo intenso, tra il 29 luglio e il 4 agosto è previsto un nuovo episodio di elevate concentrazioni di ozono superficiale e superamenti dei valori limite fissati dalla legislazione europea sulla qualità dell’aria in diverse aree dell’Europa occidentale e meridionale.

In particolare, sono previste concentrazioni di ozono superficiale con valori di picco per la regione parigina, il Benelux e la Germania. Si prevede che in questi giorni anche la Pianura Padana registrerà concentrazioni di ozono superficiale molto elevate.

inquinamento ozono caldo pianura padana

Secondo la Direttiva Europea sulla qualità dell’aria ambiente, la media massima giornaliera su otto ore dei livelli di ozono deve essere inferiore a 120 µg/m3, con un superamento consentito di 25 giorni all’anno (18 giorni nella direttiva riveduta sulla qualità dell’aria ambiente adottata dal Parlamento Europeo nell’aprile 2024).

In Pianura Padana, secondo le previsioni del CAMS, le concentrazioni potrebbero superare i 120-140 µg/m3 ad inizio agosto. A Milano la media di 8 ore supera già i 170 µg/m3, a Varese raggiunge i 176 µg/m³, con picco giornaliero di 207 µg/m³, a Novara raggiuti ieri i 155 μg/m³, ad Alessandria i 138 μg/m³, a Modena raggiunge i 133 μg/m³, a Reggio Emilia 139 μg/m³, a Piacenza 159 μg/m³.

Inquinamento, come si forma l’ozono nella bassa atmosfera?

L’ozono è un gas composto da molecole instabili con un odore pungente e dotato di grande reattività. Viene prodotto in atmosfera dalla reazione tra ossidi di azoto, composti organici volatili e raggi solari.

In genere, la quota proveniente dall’esterno rappresenta la maggior parte dell’ozono presente in un ambiente confinato, tuttavia, nelle abitazioni può essere emesso in maniera significativa da strumenti elettrici ad alto voltaggio, quali motori elettrici, stampanti laser e fax, da apparecchi che producono raggi ultravioletti, da filtri elettronici per pulire l’aria, non correttamente installati e senza una adeguata manutenzione.

In ambiente esterno, le principali sorgenti di particolato sono due: di origine naturale (suolo, sospensioni marine, emissioni vulcaniche, spore, ecc.), per le quali si riscontra una maggiore frazione di particelle grossolane; e di origine antropica (motori a combustione, impianti industriali, impianti per riscaldamento, ecc.), per le quali si riscontra una maggiore frazione di particelle fini.

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Gigantesco incendio in California: il Park Fire è ora il quinto più grande della storia della California https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/gigantesco-incendio-in-california-il-park-fire-e-ora-il-quinto-piu-grande-della-storia-della-california/ Wed, 31 Jul 2024 08:05:15 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/gigantesco-incendio-in-california-il-park-fire-e-ora-il-quinto-piu-grande-della-storia-della-california/ Resta fuori controllo il Park Fire, l’incendio gigantesco che sta interessando le contee di Butte, Plumas, Shasta, Tehama in California è diventato ora il quinto più esteso nella storia dello stato americano. L’incendio è stato appiccato da un uomo, già identificato e arrestato. Il Park Fire è ora il quinto più grande della storia della …

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Resta fuori controllo il Park Fire, l’incendio gigantesco che sta interessando le contee di Butte, Plumas, Shasta, Tehama in California è diventato ora il quinto più esteso nella storia dello stato americano. L’incendio è stato appiccato da un uomo, già identificato e arrestato.

Il Park Fire è ora il quinto più grande della storia della California

Il Park Fire è scoppiato il 24 luglio probabilmente per mano di un uomo, ora accusato di reato grave. Il sospettato è stato avvistato da un testimone che afferma di averlo visto spingere un’auto in fiamme lungo un terrapieno di 60 piedi. L’uomo, ascoltato durante un’udienza in tribunale lunedì 29, sostiene di non aver spinto l’auto e al momento non ha presentato nessuna ammissione di colpevolezza.

Le fiamme si sono propagate velocemente, tanto da ricoprire ora un’area di 156 mila ettari, oltre 1500 chilometri quadrati. Finora ha bruciato un’area più grande di quella di Los Angeles. Si tratta del quinto incendio più grande mai registrato in California, ed è ad oggi il più grande incendio attivo negli Stati Uniti.

park fire incendio california
Mappa dell’incendio Park Fire. Fonte Cal Fire. Earthstar Geographics | California State Parks, Esri, TomTom, Garmin, FAO, NOAA, USGS, EPA, USFWS

“Questa regione, sia Butte che Tehama, ha avuto quattro dei 10 incendi più grandi conosciuti nella storia della California“, ha detto il comandante degli incidenti di Cal Fire Billy See in una conferenza stampa lunedì.

Al momento il Park Fire è contenuto per appena il 18%. Al lavoro ci sono quasi 6 mila vigili del fuoco, 40 elicotteri e oltre 500 camion del pompieri.

Nella contea di Butte sono andati distrutti 214 edifici, tra abitazioni, negozi, ed altri edifici, mentre nella contea di Tehama se ne contano 63, mentre altri 29 risultano danneggiati dalle fiamme.

Si prevede che il tempo diventerà molto più caldo e secco nel corso di questa settimana, si legge in un aggiornamento del Dipartimento di silvicoltura e protezione antincendio della California (Cal Fire), con possibilità di raffiche di vento e temporali. Si prevedono temperature superiori alla norma in alcune parti del Pacifico nord-occidentale e delle Montagne Rocciose settentrionali. Potrebbero cadere nuovi record giornalieri di temperatura soprattutto nel Pacifico nord-occidentale nel prossimo fine settimana.

Le squadre dei vigili del fuoco stanno provvedendo alla difesa delle strutture dove necessario, stanno tentando di completare le linee di contenimento e di ottenere una roccaforte in una topografia piuttosto complicata, impegnandosi anche nelle operazioni di bonifica ove possibile.

Al momento si contano 89 grandi incendi attivi negli Stati Uniti, la maggior parte dei quali si trovavano nell’ovest del Paese, tra cui 31 in Oregon e 10 in California e Idaho, secondo il  National Interagency Fire Center . Complessivamente gli incendi attivi hanno stanno ricoprendo più di 8 mila chilometri quadrati di territorio.

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Mari italiani protetti: i dati del Governo ‘gonfiati’ e smentiti da Greenpeace! https://www.iconameteo.it/primo-piano/mari-italiani-protetti-i-dati-del-governo-gonfiati-e-smentiti-da-greenpeace/ Tue, 30 Jul 2024 09:40:11 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/mari-italiani-protetti-i-dati-del-governo-gonfiati-e-smentiti-da-greenpeace/ I mari italiani sono realmente protetti come dice il governo? Secondo un’indagine di Greenpeace, i dati rilasciati non sono del tutto veritieri. Meno dell’1% dei mari italiani è protetto e soltanto lo 0,04% rientra nelle aree in cui è vietata qualsiasi tipo di attività inclusa la pesca. Il governo invece sostiene ufficialmente di tutelare l’11,6% …

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I mari italiani sono realmente protetti come dice il governo? Secondo un’indagine di Greenpeace, i dati rilasciati non sono del tutto veritieri. Meno dell’1% dei mari italiani è protetto e soltanto lo 0,04% rientra nelle aree in cui è vietata qualsiasi tipo di attività inclusa la pesca. Il governo invece sostiene ufficialmente di tutelare l’11,6% dei mari italiani. Da che parte sta la verità?

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Mari italiani, quanto e come sono protetti? Greenpeace smentisce i dati del governo

Per verificare la veridicità dei dati rilasciati dal governo sulla protezione dei mari, Greenpeace ha mappato le aree marine protette (AMP) italiane, i parchi nazionali che prevedono zone di protezione marina, i SIC (siti di interesse comunitario) e il Santuario Pelagos e di ognuna di esse ha esaminato le tipologie di tutele presenti.

L’inganno ovviamente c’è e corrisponde ai cosiddetti “parchi di carta”

L’indagine di Greenpeace ha dunque rivelato che soltanto le AMP (Aree Marine Protette) e i parchi nazionali hanno regolamenti davvero efficaci per la protezione della biodiversità marina. Contrariamente, il Santuario Pelagoc e i SIC (siti di interesse comunitario) sono considerati “parchi di carta”, vale a dire aree riconosciute per la loro importanza ambientale ma sostanzialmente prive di misure concrete per limitare l’impatto delle attività svolte dall’uomo. Il governo include però questi “parchi di carta” nel conteggio delle aree marine protette ed ecco come da meno dell’1% si schizza improvvisamente all’11,6% di mari italiani protetti.

Includere i “parchi di carta” nel calcolo delle aree protette rappresenta una scappatoia per il governo, ma la verità è che senza misure di gestione e una governance adeguata queste aree non garantiscono alcuna protezione reale, riferisce Valentina Di Miccoli, campaigner Mare di Greenpeace Italia.

L’Italia entro il 2030 dovrebbe arrivare a proteggere almeno il 30% dei nostri mari, ma l’obiettivo è ancora troppo lontano

L’Italia, in base all’obiettivo 30×30, ha preso l’impegno di riuscire a proteggere entro il 2030 almeno il 30% dei mari italiani, di cui il 10% con aree a protezione integrale. Ma il raggiungimento dell’obiettivo è alquanto lontano poiché, sottolinea Greenpeace, dovrebbe proteggere altri 102 mila chilometri quadrati di mare, ovvero circa 14,5 mila chilometri quadrati all’anno in più da oggi al 2030.

Le aree marine protette funzionano se realmente tutelate: Greenpeace ne ha avuto la prova

Nella recente spedizione effettuata nel Mar Mediterraneo, Greenpeace ha avuto modo di verificare lo stato di salute delle aree marine protette. Per farlo ha esaminato due aree marine, entrambe in provincia di Savona, una protetta e una no: Bergeggi e Gallinara. I risultati evidenziano chiaramente come le aree marine protette siano fondamentali per proteggere la biodiversità marina, come dimostra lo stato dei fondali di Gallinara danneggiati dalle attività umane.

Il Mediterraneo ospita circa 17 mila specie, pari all’8% delle specie del mondo, di cui il 20% endemica. Nel 2023 la Commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia per non aver adottato misure adeguate a proteggere diverse specie marine e di uccelli nei siti SIC – Natura 2000 designati per la loro conservazione. Dunque, non c’è tempo da perdere, conclude Greenpeace. Il governo deve accelerare per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030 e ratificare il prima possibile il Trattato ONU per la protezione degli oceani.

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Siccità al Sud da ‘profondo rosso’: stato d’emergenza in Calabria https://www.iconameteo.it/primo-piano/siccita-al-sud-da-profondo-rosso-stato-demergenza-in-calabria/ Mon, 29 Jul 2024 09:40:16 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/siccita-al-sud-da-profondo-rosso-stato-demergenza-in-calabria/ La siccità in particolare nel Sud Italia è sempre più allarmante. Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha dichiarato lo “stato di emergenza regionale di Protezione Civile“, in conseguenza proprio della gravissima carenza idrica che coinvolge la regione, principalmente i territori di Crotone e della città metropolitana di Reggio Calabria. Territori per i quali, …

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La siccità in particolare nel Sud Italia è sempre più allarmante. Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha dichiarato lo “stato di emergenza regionale di Protezione Civile“, in conseguenza proprio della gravissima carenza idrica che coinvolge la regione, principalmente i territori di Crotone e della città metropolitana di Reggio Calabria. Territori per i quali, lo scorso 24 luglio, l’Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici nel Distretto idrografico dell’Appennino meridionale, aveva dichiarato lo stato di severità idrica “alto” per il comparto idro-potabile.

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In seguito allo stato di emergenza, la Regione Calabria insieme alla Protezione Civile e agli altri enti interessati farà il punto della situazione riguardo agli interventi urgenti da compiere, principalmente legati all’assistenza alla popolazione. La Calabria non rappresenta un caso unico, purtroppo.

L’Osservatorio dell’Associazione nazionale dei consorzi di gestione delle acque irrigue (ANBI) lo scorso giovedì ha presentato un quadro da “profondo rosso” per il Sud annunciando sostanzialmente che tra massimo “3 settimane mancherà l’acqua nei campi della Puglia, mentre in Sicilia è compromessa la semina nella zona di Gela”, si legge nel report.

La situazione in Sicilia: razionamenti dell’acqua non solo a Palermo. Compromessa la semina e la produzione nella zona di Gela

Come si legge nel report citato in precedenza, a fine giugno in Sicilia le precipitazioni cumulate in 12 mesi sono state mediamente di 414 mm, vale a dire un solo millimetro in più rispetto a quanto registrato durante la grande siccità del 2002. Su larga parte della Sicilia orientale il deficit pluviometrico supera il 60% su base annua. Gli invasi regionali trattengono circa 267 milioni di metri cubi d’acqua (38,21% del volume di riempimento autorizzato e 42% in meno sulla media del periodo nello scorso quindicennio).

Sull’isola, 6 bacini su 29 non hanno più acqua utilizzabile, altri 6 hanno disponibile meno di un milione di metri cubi e 4 meno di due milioni. Dal più recente verbale dell’Autorità di Bacino regionale si evince che Gela non potrà ricevere alcun genere d’irrigazione, considerata la totale indisponibilità di volumi negli invasi Cimia, Disueri e Comunelli: questo comprometterà la campagna di semina e di produzione nella Piana. Tutti i comuni della provincia di Caltanissetta stanno subendo riduzioni nella distribuzione idrica, mentre ad Enna l’acqua potabile viene erogata un giorno sì e due no. L’acqua è razionata anche a Palermo.

Ha sete anche l’altra grande isola italiana: il punto sulla Sardegna

Sempre secondo il report dell’Osservatorio ANBI, in Sardegna le dighe trattengono 1048 milioni di metri cubi d’acqua, cioè il 57% del volume autorizzato. Gli invasi dell’Alto Cixerri sono al 13,59% dei volumi invasabili (stato d’emergenza). Tutti gli altri bacini, fatta eccezione per quello della diga del Liscia in Gallura, sono a livello di pericolo e quindi applicano riduzioni nell’erogazione idrica.

I territori che maggiormente soffrono la carenza idrica sono le campagne della parte centro-orientale dell’isola: Ogliastra e Nuorese, così come il Sulcis. L’irrigazione è stata interrotta nel distretto di Posada, dove il bacino di Maccheronis è al 26,8% della capacità e nelle campagne di Torpè, Siniscola, Budoni e San Teodoro.

Siccità in Puglia: il rischio è che a metà agosto non ci sia più acqua per irrigare i campi

Secondo l’Osservatorio ANBI, la situazione più eclatante riguarda l’invaso di Occhito, un bacino da 250 milioni di metri cubi d’ acqua, posto tra le regioni Molise e Puglia e fonte preziosa di risorsa destinata all’uso potabile: in soli 8 giorni ha visto ridursi i propri volumi di oltre 15 milioni di metri cubi. La diga sul fiume Fortore ne trattiene adesso solo 77 milioni circa e, d’ora in poi, l’acqua dell’invaso servirà quasi esclusivamente per l’uso potabile.

Si prevede dunque che per la metà del mese di agosto la Puglia non avrà più risorsa per irrigare i campi. In totale negli invasi foggiani restano meno di 94 milioni di metri cubi d’acqua (in una settimana si sono svuotati di ulteriori 16 milioni) e a preoccupare è la possibilità che, come avvenuto negli scorsi anni, il periodo secco si prolunghi fino agli inizi di novembre per poi essere interrotto da eventi meteorologici estremi.

“È reale il rischio di vedere inaridita la pianura foggiana, così come ampie porzioni di territorio salentino” indica Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

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Intorno la metà di luglio una tartaruga marina della specie Chelonia mydas, conosciuta anche come tartaruga franca o verde, ha tentato di nidificare su una spiaggia dello Ionio: si tratta del primo caso mai registrato in Italia. Le uniche specie di questi animali che nidificano regolarmente in Calabria, infatti, sono le Caretta caretta, mentre la Chelonia mydas e la Liuto non erano mai state osservate in fase di nidificazione. La segnalazione è partita da un gruppo di volontari del WWF di Vibo Valentia/Vallata dello Stilaro che stava svolgendo le quotidiane attività di monitoraggio dei nidi quando ha avvistato l’inconfondibile traccia della tartaruga marina, successivamente segnalata anche da alcuni giovani turisti che l’hanno ripresa.

Nel video si vede l’esemplare mentre emerge dalla spiaggia e torna in mare. Il dottor Pino Paolillo, naturalista del WWF, pioniere della protezione dei rettili marini in Calabria, ha subito riconosciuto la specie grazie ad alcune caratteristiche distintive, come il numero di placche costali (4 nella Chelonia mydas, 5 nella Caretta caretta) e le inconfondibili caratteristiche tracce che ha lasciato sull’arenile. L’evento eccezionale è stato confermato anche dal professor Toni Mingozzi, responsabile scientifico del progetto TartAmar del WWF e docente presso il Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell’Università della Calabria, da 25 anni impegnato nello studio delle tartarughe marine che ha affermato che era in qualche modo prevedibile, data la graduale espansione verso ovest dell’areale mediterraneo della specie, dovuta al riscaldamento delle acque marine.

Foto di Pexels da Pixabay

La biologa Jasmine De Marco e tutti gli appassionati volontari del WWF Vibo Valentia/Vallata dello Stilaro, hanno ispezionato la traccia, verificando che la femmina di Chelonia non ha deposto un nido (dal monitoraggio emergono solo tentativi di scavo) ma potrebbe averlo fatto in zone limitrofe che saranno controllate con cura. A partire dal mese di giugno, ogni giorno questo gruppo si impegna nella faticosa ricerca e nella messa in sicurezza dei nidi di tartaruga marina sulle coste calabresi che si confermano sempre tra le più importanti, dopo la Sicilia, per la riproduzione della specie in Italia.

WWF O.A. Vibo Valentia-Vallata dello Stilaro

La Chelonia mydas è la seconda per grandezza dopo la gigantesca Liuto: arriva a pesare anche oltre 230 kg con un carapace che può arrivare a 140 cm. Presente in tutti i mari tropicali e subtropicali del Pianeta, nidifica nel settore orientale del Mediterraneo (Grecia, Turchia, Cipro, Siria, Libano e Israele) con una media di 1500 casi, in incremento negli ultimi anni. La sua presenza nei mari italiani, soprattutto Adriatico e Ionio, era un evento piuttosto raro (una ottantina circa di segnalazioni negli ultimi quarant’anni, di soggetti per lo più giovani). L’eccezionale episodio calabrese è un indice di una verosimile espansione verso ovest dell’areale mediterraneo della specie come conseguenza del riscaldamento delle acque nel contesto dei mutamenti climatici in corso.

Foto di Mollyroselee da Pixabay

Cacciata e sfruttata per le sue carni e per le sue uova in diverse parti del mondo, da adulta si nutre quasi esclusivamente di Fanerogame e alghe; è minacciata anche dalle catture accidentali, dall’inquinamento e dal progressivo degrado delle aree di nidificazione, oltre che da una malattia di origine virale, la fibropapillomatosi. È infatti inserita nelle Liste Rosse dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) come specie in pericolo ed è protetta da diverse direttive e convenzioni internazionali.

Foto di Kanenori da Pixabay

Attraverso la campagna OurNature che attiva ogni anno la sua comunità di GenerAzione Mare per la salvaguardia della biodiversità marina, il WWF è impegnato nella protezione delle tartarughe marine nel Mediterraneo con azioni rivolte alla riduzione dell’inquinamento dei mari, tutela degli habitat costieri, sensibilizzazione dell’opinione pubblica e iniziative di citizen science. Inoltre, il WWF protegge attivamente la specie con campagne di monitoraggio, individuazione e tutela dei nidi e con l’attività svolta dai centri di recupero (Policoro, Molfetta, Torre Guaceto e Capo Rizzuto) che ogni anno riesce a fornire soccorso a centinaia di individui in difficoltà.

© Icona Meteo - Il presente contenuto è riproducibile solo in parte, non integralmente, inserendo la citazione della fonte (Icona Meteo) e il link al contenuto originale (Cambiamenti climatici: in Calabria è stata avvistata una tartaruga che normalmente vive nei mari tropicali)

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L’impegno di Kamala Harris per il clima https://www.iconameteo.it/primo-piano/limpegno-di-kamala-harris-per-il-clima/ Fri, 26 Jul 2024 08:40:28 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/limpegno-di-kamala-harris-per-il-clima/ Anche il clima tra i temi che maggiormente dividono l’ex presidente Donald Trump e la sempre più probabile candidata democratica, l’attuale vicepresidente Kamala Harris, nella corsa verso le prossime elezioni presidenziali degli Stati Uniti, che si terranno a novembre. Per quanto riguarda il clima, le posizioni antiscientifiche di Trump sono purtroppo ben note: durante il …

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Anche il clima tra i temi che maggiormente dividono l’ex presidente Donald Trump e la sempre più probabile candidata democratica, l’attuale vicepresidente Kamala Harris, nella corsa verso le prossime elezioni presidenziali degli Stati Uniti, che si terranno a novembre.

Per quanto riguarda il clima, le posizioni antiscientifiche di Trump sono purtroppo ben note: durante il suo mandato alla Casa Bianca ha ritirato gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, ha indebolito importanti politiche ambientali e ha mostrato un atteggiamento scettico verso le questioni climatiche, proponendo perfino di smantellare la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), accusata di alimentare gli allarmi sul cambiamento climatico. In confronto, Harris appare come una figura fortemente orientata verso la protezione dell’ambiente e l’azione per il clima.

Anche se finora il suo lavoro non è stato spesso al centro dell’attenzione mediatica, Kamala Harris ha giocato un ruolo significativo nelle politiche americane per il clima e l’ambiente. Su questo fronte, dunque, il largo sostegno raccolto fino a oggi dalla sua candidatura per una delle posizioni di maggior potere al mondo rappresenta una buona notizia. Anche se, naturalmente, la vera partita si giocherà a novembre.

Kamala Harris alla COP28 di Dubai, 2023. Foto: COP28/Christopher Pike via UNFCCC

Cos’ha fatto Kamala Harris, fino ad ora, per il clima e l’ambiente

L’impegno di Kamala Harris sulle questioni ambientali risale ai primi anni della sua carriera, circa due decenni fa, quando, come procuratrice distrettuale di San Francisco, creò una delle prime unità di giustizia ambientale degli Stati Uniti.
In seguito, come procuratrice generale della California, impose risarcimenti multimilionari a Volkswagen per aver equipaggiato i suoi veicoli con un software che manipolava i dati sulle emissioni, e alle compagnie petrolifere Phillips 66 e ConocoPhillips per violazioni ambientali.

Nel suo ruolo di senatrice, Harris ha co-sponsorizzato il Green New Deal, un progetto volto a trasformare radicalmente il sistema energetico statunitense, spingendo per una transizione rapida verso l’energia pulita e garantendo al contempo posti di lavoro ben retribuiti e assicurazioni sanitarie.
Durante la sua campagna per le primarie democratiche nel 2019 ha proposto un’agenda ambiziosa, che includeva una tassa sul carbonio, il divieto di fracking su terreni pubblici e un investimento di 10 trilioni di dollari per combattere il riscaldamento globale.

Infine, come vicepresidente di Joe Biden, Harris ha giocato un ruolo cruciale nell’approvazione dell’Inflation Reduction Act, una legislazione d’importanza storica che prevede lo stanziamento di centinaia di miliardi di dollari per sviluppare capacità di energia pulita e veicoli elettrici.

L’impegno di Kamala Harris sul clima si è fatto notare anche sul piano internazionale.
Durante la COP28 a Dubai, l’ultima conferenza ONU sui cambiamenti climatici, ha rappresentato gli Stati Uniti e ha sottolineato l’importanza dell’azione collettiva per affrontare la crisi climatica. Ha criticato apertamente i leader che negano la scienza climatica e le aziende che praticano il greenwashing.
La sua posizione è chiara: il progresso climatico richiede una lotta incessante contro la disinformazione e l’inazione.
Alla COP28 Harris ha anche annunciato l’impegno degli Stati Uniti a raddoppiare l’efficienza energetica e triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030, insieme a un piano da 3 miliardi di dollari per il “Fondo verde per il clima” per aiutare le nazioni in via di sviluppo ad adattarsi alle sfide climatiche.

La candidatura di Harris alla Casa Bianca ha finora raccolto il sostegno di numerose figure politiche di spicco, da Barack Obama ad Alexandra Ocasio-Cortez, da Nancy Pelosi a Bill e Hillary Clinton. A supportare l’attuale vicepresidente anche diverse organizzazioni che si impegnano per il clima e l’ambiente, come Evergreen, Sierra Club, League of Conservation Voters Action Fund e NRDC Action Fund.
La speranza è che, se dovesse essere eletta, Kamala Harris continui a spingere per politiche ambiziose sul fronte del clima e dell’ambiente, guidando gli Stati Uniti verso un impegno più significativo e concreto.

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