Amazzonia in pericolo: per la sua tutela LetItTrees propone adozioni di parti di foresta
La foresta amazzonica che si estende per 6 milioni di km² suddivisi in 9 Paesi, è un patrimonio naturale di inestimabile valore: ricca di altissimi livelli di biodiversità, gioca un ruolo importante nella regolazione del clima e dei cicli biologici che influenzano tutto il nostro Pianeta. Purtroppo gli incendi, l’abbattimento degli alberi per aumentare il suolo destinato all’agricoltura e i cambiamenti climatici, con fenomeni come l’attuale El Niño, influiscono pesantemente sulla sua salute. Uno spiraglio di luce è iniziato nel mese di gennaio quando il presidente brasiliano Inacio Lula da Silva è subentrato a Jair Bolsonaro. Secondo un report dell’Inpe, l’agenzia di ricerca spaziale brasiliana, tra agosto 2022 e luglio 2023 si è registrata una diminuzione delle aree tagliate pari al 22,3% rispetto a 12 mesi prima. I dati ufficiali, ottenuti grazie alle immagini satellitari, hanno rilevato il disboscamento di 9000 km², circa 2500 in meno rispetto agli 11500 della misurazione precedente.
Una start up italiana, LetItTrees, dal 2021 è in pole position per la tutela di questo polmone verde: l’idea è stata quella di sviluppare e promuovere una piattaforma in cui sia possibile adottare m² di foresta a prezzi alla portata di tutti e di controllarne attraverso le nuove tecnologie, conservazione, crescita e sviluppo, coinvolgendo anche le popolazioni locali. Il presidente è Pier Pierucci mentre l’AD Luca Picchio, un imprenditore che da anni vive in Brasile. La partecipazione di chi vive in quelle zone vuole essere un motore per migliorarne la qualità della vita in termini di istruzione, salute, servizi igienici, lavoro e reddito; al momento sono oltre 200 le famiglie native interessate.
Ho avuto la possibilità di intervistare Luca Picchio, AD di LetItTrees. Di seguito domande e risposte
LetItTrees è una start up italiana, nata nel giugno 2021 da un gruppo imprenditoriale che si occupava di tutt’altro. Com’è nato questo progetto? Perché avete pensato proprio all’Amazzonia?
L’idea è nata durante la prima fase del Covid, quando il lockdown teneva il mondo inchiodato davanti ai televisori: gli allarmi che i media diramavano per gli incendi nella foresta amazzonica, avevano suscitato il mio interesse, insieme a una grande tristezza. In particolare c’era una domanda che stava diventando sempre più insistente: è possibile che non ci siano soluzioni? Io sono di Rimini ma vivo in Brasile da 25 anni facendo l’imprenditore, dividendo la mia vita tra lunghi periodi in Brasile e viaggi in Italia, per mantenere le mie origini. Il binomio tra sensibilità italiana ed esperienza in Amazzonia ha generato LetItTrees. Ne ho parlato per primo con Pier Pierucci che oltre a essere un noto e sensibile esperto di marketing, è anche mio cognato. Pier ha abbracciato e condiviso completamente il progetto, diventando da subito il maggior sponsor morale e pilastro del Team. La mia esperienza di imprenditore in Brasile ha fornito il knowhow perché come dicono qui: il Brasile “Non è un Paese per dilettanti”.
Mi spieghi come funziona? Se adotto una parte di foresta, posso considerarla una mia proprietà?
LetItTrees si differenzia per essere un progetto green attraverso valori etici, per questo non acquistiamo noi i terreni. Fondando la società abbiamo subito chiarito “schietto e netto” come diciamo in Romagna, che non saremo mai “conquistadores”: i terreni devono rimanere proprietà locale. Per una durata che va dai 10 ai 20 anni i proprietari riceveranno un affitto, a patto che mantengano la foresta integra e non l’abbattano. Dobbiamo essere più appetibili e convincenti dei nostri concorrenti, ovvero i committenti di agricoltura e pastorizia, agguerriti e spesso sleali. Siamo convincenti se offriamo un reddito soddisfacente, sia coinvolgendo le popolazioni locali nella conservazione della “loro” foresta. Attualmente LetItTrees sostiene circa 200 famiglie a São Miguel con sussidi e investimenti. Offriamo educazione ambientale, una scuola di informatica, di calcio e soprattutto lavoro: la nostra sede locale ha già 7 dipendenti. Le nostre jeep hanno portato malati urgenti a 170 km di distanza. Ci integriamo completamente nella comunità per garantire un’esistenza dignitosa e prevenire il degrado del patrimonio verde. Sta funzionando: attualmente, il progetto pilota copre 3.000 ettari, con l’obiettivo di estendersi a 12.000 ettari.
Sul vostro sito le parole “Vogliamo lasciare il mondo meglio di come l’abbiamo trovato”; come lo avete realmente trovato?
Durante i miei primi viaggi nei territori ho trovato una situazione allarmante. Era tutto senza regole, il concetto dominante vedeva la foresta come una risorsa da sfruttare, fosse anche distruggendola. Noi vogliamo cambiare questo paradigma. Vogliamo che si diffonda l’idea che la foresta può essere una risorsa anche migliore se rimane integra. Le azioni che facciamo e i risultati che stanno arrivando ci incoraggiano a continuare. Stiamo creando un modello di business che può essere, e sarà, replicato anche in altre regioni amazzoniche.
Da quando siete partiti sono 30.000.000 i m² di foresta adottata con 2.600.000 tonnellate di CO2 evitate in atmosfera : come viene preso il vostro progetto dalle popolazioni locali?
Siamo solo al secondo anno di operazioni ma vediamo già la differenza nel rapporto con le popolazioni. All’inizio erano scettici e questo è comprensibile: arrivano degli stranieri che cercano di convincerti che la foresta può essere più redditizia se rimane in piedi piuttosto che se viene disboscata per far spazio a colture e allevamenti, che nel pensiero comune sono l’unico esempio di ciò che può sfamarti. Già con le prime azioni, tuttavia, abbiamo capito che il nostro approccio era valido: la comunità ha capito e ci ha seguito. Di certo le cose vanno progettate e presentate per bene, ma io sono dell’idea che vadano soprattutto realizzate, in modo che i risultati siano visibili. Devo dire che sono molto soddisfatto della reazione e collaborazione delle comunità.
Adottando m² di foresta si impedisce il disboscamento e queste terre dovrebbero rimanere inviolate almeno fino al 2032… poi cosa succede?
Il modello che stiamo impiantando si sta sviluppando in quattro diverse fasi: progetto pilota, sfida e cambio di paradigma, impegno sociale, ricerca e studio delle opportunità che offre la foresta. La prima fase si è già conclusa con successo, ora ci attende la vera sfida: il cambio di paradigma del business. Incoraggiati dai risultati e dall’interesse che il nostro modello ha suscitato, generando economia, mi sento di dire che lo spazio temporale è relativo. Ora il nostro impegno è con le comunità locali, perché apprendano che preservare è più redditizio che devastare. Sono loro che capiranno che la foresta offre innumerevoli possibilità per l’economia, a partire dalle adozioni e dal valore generato dal sequestro di anidride carbonica dall’atmosfera. Inoltre, all’interno della foresta ci sono ricchezze immense. Stiamo già preparando progetti che impieghino prodotti naturali della foresta, come le bacche di açai, per fare un esempio. Abbiamo un contratto con una grande azienda brasiliana attiva nella ricerca e sviluppo dei principi attivi delle specie vegetali amazzoniche. Le possibilità di sviluppo sono davvero tante. La foresta sarà un grande alleato dell’umanità: in primo luogo perché non esiste tecnologia in grado di ridurre l’impatto della CO2 dall’atmosfera, che costituisce una preoccupazione concreta negli effetti del cambiamento climatico, in secondo luogo perché al suo interno, si nasconde un patrimonio di soluzioni che possono offrire alle nostre vite qualità e prosperità.
Nel vostro team ci sono biologi, antropologi, topografi; avete in mente anche altri progetti?
Nel team operano 17 persone fra collaboratori e dipendenti diretti. Abbiamo 7 dipendenti, esponenti della comunità locale: sono loro a occuparsi di manutenzione. Ogni settimana organizziamo una spedizione nel cuore dei territori per verificarne la salute e controllare che non ci siano operazioni clandestine. È con lo staff che abbiamo colto in flagrante e sventato ben due attività clandestine: due segherie che depredavano la foresta di legni pregiati da commercializzare. Queste attività vanno portate avanti localmente, per ora non possiamo affidarci al monitoraggio satellitare, anche se sarebbe più vantaggioso economicamente. I satelliti, anche i più sofisticati, hanno una definizione sopra i 500 metri di altitudine. Se si considerano i tanti strati di altezze della foresta, è evidente che il monitoraggio satellitare non rende chiaro ciò che accade al di sotto dello strato più in alto. Siamo pignoli su questo principio: controllo e monitoraggio devono essere fatti da terra perché solo da lì ci si rende conto della situazione reale e si ottengono informazioni verificabili. Il team si avvale di tecnici , biologi, botanici e antropologi che collaborano con noi in tutte le nostre operazioni: studio, progetti, certificazione, attività di impatto sociale. Sono tutti professionisti qualificati, che sentono il progetto sulla pelle. Vi si dedicano e si prodigano, con dedizione e passione.
Come si può spronare la società ad essere culturalmente diversa, più sostenibile?
Qui ci sarebbero davvero tante cose da dire perché la sostenibilità passa attraverso tante strade, ben identificate dai 17 SDGs, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile diramati dall’ONU per la scadenza del 2030, dei quali ne attuiamo almeno 8. L’educazione è fondamentale: senza rispetto e inclusione non si può comprendere la biodiversità. Altrettanto fondamentali, ne parlo da imprenditore, sono gli incentivi economici alle aziende che si rendono sostenibili. Operando nell’ambito della foresta amazzonica, LetItrees si occupa di preservare risorse ma anche di accelerare lo sviluppo economico, sociale e ambientale nei territori dove incide: questo è ciò che fa la differenza, il “cambio di paradigma”. Ci mettiamo al servizio delle aziende con soluzioni concrete per sottrarre CO2 dall’atmosfera, per accompagnarle nel percorso di impresa sostenibile. Siamo al fianco dei privati che con le adozioni vogliono incidere attivamente sul destino del Pianeta. Ogni passo fatto è un progresso significativo perché la Terra continui a essere una casa accogliente e in salute per le generazioni che verranno.
© Iconameteo.it - Il presente contenuto è riproducibile solo in parte, non integralmente, inserendo la citazione della fonte (Iconameteo.it) e il link al contenuto originale