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Usa, l’Agenzia per l’Ambiente pubblica il report osteggiato da Trump: dati allarmanti

L’ex presidente Usa Donald Trump rinviò fino all’ultimo l’uscita del report dell’Epa, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, ma ora questo documento è stato reso pubblico e i dati parlano chiaro.
Il negazionismo trumpiano appare un misero trucchetto oscurantista e nulla può davanti alla realtà.
Nel report viene scritto nero su bianco che la crisi climatica causata dall’uomo sta diventando sempre più grave così come gli eventi meteo estremi.

Usa, temperature in costante aumento

Negli Usa le temperature medie sono aumentate dal 1901, con un netto aumento del tasso di riscaldamento negli ultimi 30 anni. Otto dei primi 10 anni più caldi mai registrati si sono verificati a partire dal 1998. Le temperature medie globali mostrano una tendenza simile e tutti i primi 10 anni più caldi mai registrati a livello mondiale si sono verificati dal 2005. Le zone che hanno sperimentato un maggior aumento delle temperature sono alcuni settori settentrionali e occidentali del Paese e l’Alaska.

Dal 1896, le temperature medie invernali nei 48 Stati sono aumentate di quasi 3°F. Temperature un tempo considerate “estreme” stanno diventando sempre più comuni. Dagli anni ’70, le giornate estive insolitamente calde sono diventate più frequenti negli ultimi decenni negli Stati Uniti. Ma anche le temperature minime sono in netto aumento e le notti estive con valori molto elevati sono cresciute a un ritmo ancora più veloce. Questa tendenza ci indica che durante la notte il raffreddamento risulta sempre più difficile, con un danno diretto sulla salute delle persone, soprattutto sugli abitanti delle grandi città.

Gli Stati Uniti hanno sperimentato molti inverni con ondate di gelo record e valori insolitamente bassi, ma temperature invernali insolitamente fredde sono diventate meno comuni, in particolare le notti molto fredde. È più frequente, insomma, che si verifichino temperature diurne da record rispetto ai valori minimi. Le inondazioni costiere sono cinque volte più frequenti rispetto agli anni 50, specialmente nelle zone costiere lungo l’Atlantico e nella zona del Golfo del Messico.

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