Trump e la negazione della crisi climatica

Immaginate, per un attimo, che l’infrastruttura petrolifera e del gas cominci a fendere la tundra del nord dell’Alaska, una terra di rifugio per i caribù in migrazione e gli orsi polari. Oppure che miniere di rame e nichel appaiano ai confini di una delle più vaste aree incontaminate a est delle Montagne Rocciose, un’enorme distesa di 450.000 ettari di laghi cristallini e foreste abitate da lupi e alci. O ancora, che l’esplorazione di uranio e carbone riprenda in paesaggi un tempo protetti, come quelli che confinano con il Grand Canyon.

Se Donald Trump dovesse vincere le elezioni presidenziali degli Stati Uniti a novembre, questi progetti potrebbero diventare realtà, facendo parte di un’agenda energica incentrata sull’estrazione di risorse. “Trivelleremo, eccome se trivelleremo,” ha dichiarato Trump a luglio, accettando formalmente la candidatura repubblicana alla convention nazionale del partito a Milwaukee.

I piani iniziali suggeriscono che Trump voglia ridefinire radicalmente il Dipartimento degli Interni, che gestisce oltre 200 milioni di ettari di terre pubbliche, compresi parchi nazionali e rifugi per la fauna selvatica, e ha il compito di proteggere le specie in pericolo. Mentre Joe Biden ha fatto della tutela delle terre pubbliche e della transizione verso l’energia verde il fulcro del suo mandato, Trump e i suoi alleati puntano a smantellare molte delle politiche di Biden, rimodellare la pubblica amministrazione e attuare una nuova agenda incentrata sulla riduzione delle regolamentazioni, sull’indebolimento delle protezioni ambientali e sull’espansione dello sviluppo di petrolio e gas nel West americano.

Uno degli artefici di questa visione è Daniel Jorjani, ex consigliere legale di punta del Dipartimento degli Interni durante l’amministrazione Trump. Ex avvocato per organizzazioni legate ai mega-donatori conservatori Charles e David Koch, Jorjani oggi lavora per Citizens United, un gruppo di pressione di estrema destra. Secondo fonti vicine a lui, è coinvolto nella definizione delle politiche ambientali della possibile seconda amministrazione Trump. Lynn Scarlett, che ha lavorato come vice segretaria degli Interni sotto George W. Bush, ha dichiarato che Jorjani, suo ex capo di gabinetto, sta collaborando con il team di Trump sulle questioni legate agli Interni.

Jorjani, attraverso un post su LinkedIn, ha confermato di aver fatto parte del team legale della campagna di Trump durante la convention repubblicana, contribuendo a promuovere la piattaforma del partito che promette di “liberare l’energia americana”. Recentemente, è stato nominato anche nel Consiglio statale per il controllo dell’inquinamento atmosferico in Virginia, e alcune fonti speculano che possa essere preso in considerazione per ruoli di alto livello all’Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA) o al Consiglio per la Qualità Ambientale della Casa Bianca.

Non è chiaro esattamente quali siano i piani di Jorjani e degli altri sostenitori di Trump per una seconda amministrazione, ma l’agenda ufficiale, nota come Agenda 47, rimane vaga. Tuttavia, gli alleati conservatori hanno già elaborato proposte dettagliate per smantellare le divisioni scientifiche di diverse agenzie federali, limitare leggi ambientali vecchie di decenni e abolire l’Antiquities Act, una legge federale che permette ai presidenti di designare ampie aree di terre pubbliche come monumenti nazionali, proteggendole dallo sviluppo. Terre selvagge sensibili, come la Boundary Waters Canoe Area nel Minnesota o il Parco Nazionale Storico della Cultura Chaco in New Mexico, potrebbero tornare sotto la minaccia dello sfruttamento minerario o petrolifero.

David Hayes, ex vice segretario agli Interni sotto Barack Obama e Bill Clinton, ha definito questa strategia un “ritorno al passato”, sottolineando la sua preoccupazione per la determinazione dei sostenitori di Trump.

Dietro queste proposte c’è un’organizzazione ben strutturata di gruppi conservatori, come la Heritage Foundation, che ha elaborato il “Project 2025”, un piano politico per aiutare la futura amministrazione Trump a partire a razzo. Tra i contributori del progetto, c’è William Perry Pendley, che ha diretto l’Ufficio per la Gestione delle Terre sotto Trump e ha cercato di svendere le terre pubbliche a basso costo, seguendo l’esempio del suo mentore James Watt, segretario degli Interni durante l’amministrazione Reagan.

David Bernhardt, ex segretario degli Interni di Trump, è oggi un attore centrale nel tessuto di organizzazioni che sostengono il ritorno all’agenda di Trump. A capo del Center for American Freedom presso l’America First Policy Institute, Bernhardt ha descritto in un libro come intende riformare la burocrazia federale, tra cui la creazione di una nuova categoria di impiegati pubblici, noti come “Schedule F”, che permetterebbe a Trump di licenziare migliaia di funzionari pubblici e sostituirli con alleati.

Trump ha anche intensificato i legami con l’industria petrolifera e del gas, promettendo di revocare molte delle politiche ambientali di Biden in cambio di enormi finanziamenti per la sua campagna elettorale. Mentre l’amministrazione Biden ha raggiunto livelli record di produzione di petrolio e gas e ha approvato progetti come Willow in Alaska, Trump ha promesso agli industriali del settore maggiore libertà di azione e meno restrizioni.

La futura amministrazione Trump punterà a riaprire vaste aree di terre pubbliche per l’estrazione di petrolio, gas e carbone, riportando al centro la sua agenda di “dominanza energetica”. Ciò potrebbe portare a una drastica riduzione delle protezioni per le terre pubbliche, i monumenti nazionali e le specie in via di estinzione.

Inoltre, l’aggressiva promozione di combustibili fossili sarà probabilmente accompagnata da un rifiuto sempre più marcato della scienza climatica. Durante il suo primo mandato, Trump ha cercato di ridimensionare il ruolo dei climatologi nelle agenzie governative e ha screditato studi fondamentali come la National Climate Assessment. Se Trump riuscirà a licenziare molti funzionari pubblici avrà pochi ostacoli nel portare avanti la sua agenda.

Le leggi fondamentali che proteggono l’ambiente americano potrebbero essere messe a dura prova durante un eventuale secondo mandato di Trump. Tra queste, l’Endangered Species Act e l’Antiquities Act rischiano di essere ridimensionate o abrogate, minacciando secoli di protezione ambientale negli Stati Uniti. L’obiettivo sembra chiaro: espandere al massimo le attività estrattive, ridurre le regolamentazioni e lasciare che l’economia e il denaro prevalgano sulla natura.

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