Oltre 3 miliardi e mezzo di persone esposte ad alto rischio climatico. Scienziati dell’IPCC: «servono azioni urgenti»
Il rischio climatico continuerà ad aumentare in assenza di un’azione decisa e coordinata a livello internazionale: per questo motivo oggi è ancora più urgente intraprendere iniziative e azioni volte a frenare il riscaldamento globale, altrimenti andremo incontro a conseguenze irreversibili. Questo il monito lanciato dagli scienziati nell’ultimo bollettino pubblicato dall’IPCC sugli Impatti, l’Adattamento e la Vulnerabilità legati alla crisi climatica, che andrà a contribuire al Sesto Rapporto (AR6) del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, il cui report di sintesi è previsto per settembre 2022.
La nostra società, la biodiversità, gli ecosistemi e il clima sono infatti profondamente connessi. Ad ogni aumento della temperatura globale aumentano infatti i rischi connessi, non solo per l’uomo e per la società, ma anche per l’ecosistema nel suo insieme. Ogni piccola o grande variazione climatica innesca una serie di conseguenze a livello locale e globale, con ricadute sempre più vaste e importanti, per questo motivo tutti gli sforzi dell’azione climatica devono concentrarsi sul rallentamento del riscaldamento globale.
Crisi climatica, adattamento e vulnerabilità: sono 127 i rischi principali individuati dall’IPCC
Gli scienziati hanno studiato i rischi connessi alla crisi climatica derivanti dalle interazioni tra i pericoli legati al clima, l’esposizione e la vulnerabilità della nostra società e degli ecosistemi: ne hanno individuati ben 127.
Ciò che lega noi, l’ambiente e il clima globale è fonte di una soglia di rischio sempre più elevata a causa del riscaldamento globale che provoca la degradazione degli ecosistemi, la perdita di biodiversità e di benessere della nostra società.
Il cambiamento climatico causato dalla mano dell’uomo ha infatti una serie di ricadute sulla nostra società – ce ne stiamo già accorgendo – esponendoci a pericoli sempre maggiori, con rischi che potrebbero oltrepassare il limite dell’adattamento, risultando in perdite e danni sempre più consistenti.
Il cambiamento climatico ha già infatti alterato gli ecosistemi a livello globale, con impatti su scala locale e regionale che vanno dalla perdita di biodiversità alla variazione dei ritmi naturali. Allo stesso tempo abbiamo subito una ricaduta, più o meno intensa, anche sulla nostra società: basti pensare alle alterazioni della disponibilità d’acqua e di produzione di cibo, alle conseguenze del cambiamento climatico sulla salute e sulle città e le infrastrutture.
L’estremizzazione e la maggiore frequenza degli eventi meteo, tra l’altro, ha esposto molte zone a danni e perdite importanti, che – come spiegano gli esperti – vanno al di là della normale variazione climatica. Alcune misure di adattamento hanno permesso di ridurre la vulnerabilità, ma non dappertutto: spesso sono proprio i più vulnerabili a dover subire «sproporzionatamente» gli effetti più gravi dalla crisi climatica. E in alcune zone, gli impatti sono ormai irreversibili.
La vulnerabilità degli ecosistemi e della società, dipende molto da regione a regione, a causa delle differenze della struttura socio-economica, dell’uso e sfruttamento degli oceani e delle terre emerse, dalle ingiustizie, marginalizzazione e dal persistere di strutture come quelle del colonialismo.
Nel rapporto è stato dato spazio anche al concetto di trasformazione e transizione del sistema nel campo dell’energia, degli ecosistemi terrestri e marini, delle infrastrutture urbane e rurali, dell’industria e della società. Questa transizione ci permette non solo di raggiungere un certo livello di adattamento, necessario per mantenere il benessere della nostra società, ma è importante anche per limitare quanto più possibile il riscaldamento globale.
Oggi oltre 3 miliardi e mezzo di persone sono esposte ad elevato rischio climatico
Sono circa 3,3 – 3,6 miliardi le persone che oggi vivono in un contesto considerato molto vulnerabile al cambiamento climatico, e con l’andamento attuale sempre più persone e sempre più ecosistemi saranno soggetti a pericoli connessi al clima.
Con un aumento della temperatura globale di 1.5°C nei prossimi decenni, ci troveremmo a dover fare i conti con un «inevitabile aumento dei pericoli legati al clima»: questi rischi dipenderanno dalla vulnerabilità, dall’esposizione al rischio, e dal livello di adattamento e di sviluppo socio-economico. Frenare il riscaldamento globale quindi si tradurrebbe in una sostanziale riduzione, anche se non totale, delle perdite e dei danni connessi alla crisi climatica.
Dal 2040 in poi, a seconda del livello di riscaldamento globale raggiunto, si teme che il numero dei rischi aumenti significativamente. Tutto dipende dalla nostra capacità di adattarci e mitigare oggi: le azioni che intraprendiamo oggi, infatti, potranno contribuire a frenare il riscaldamento globale. Superare la soglia di 1,5°C già comporterebbe una serie di impatti su scala globale alcuni dei quali irreversibili.
Focus sulla situazione dell’Europa: il Mediterraneo è un “hot-spot” del cambiamento climatico. Preoccupa il caldo, la siccità e il rischio di alluvioni
L’Europa sta già risentendo del riscaldamento globale, e secondo il rapporto IPCC sono gli Stati più a sud, quelli affacciati sul Mediterraneo quelli che risentiranno maggiormente degli impatti della crisi climatica. Secondo gli scienziati sono 4 i rischi principali che l’Europa dovrà affrontare.
Innanzitutto c’è la mortalità e le ricadute sulla salute delle persone e dell’ecosistema a causa del caldo intenso. Le persone a rischio sono destinate ad aumentare di 2 o 3 volte con un riscaldamento globale di 3°C, rispetto alla soglia di 1,5°C. Con un riscaldamento di 3°C, città come Milano e Roma potrebbero avere un mese in più di caldo intenso ogni anno. Temperature così elevate renderanno molte zone inabitabili nemmeno dalle specie animali e vegetali, e il rischio di incendi tenderà ad essere molto più elevato in molte più zone del Continente.
Il caldo intenso e la siccità metteranno a rischio il raccolto. Nel corso del 21° secolo sono previsti importanti perdite di raccolto, alle quali probabilmente non potranno fare fronte nemmeno gli aumenti previsti nel Nord Europa. Inoltre sarà cruciale l’irrigazione che dipenderà strettamente dalla disponibilità di acqua, destinata a calare specie oltre i 3°C di riscaldamento globale.
A soffrire di mancanza di acqua saranno specialmente gli stati dell’Europa meridionale: qui più di un terzo della popolazione sarà esposto al problema della scarsità di acqua con un riscaldamento di 2°C. Da questo problema, inoltre, si avranno perdite importanti sui settori dipendenti dall’acqua e dall’energia.
In ultimo con un riscaldamento di 3°C l’aumento del livello del mare provocherà danni ingenti, mentre gli allagamenti causati da piogge intense e esondazioni fluviali interesserà il doppio delle persone. Gli allagamenti costieri sono destinati ad aumentare di 10 volte verso la fine di questo secolo, ma senza nuove politiche di adattamento e mitigazione, questo potrebbe verificarsi addirittura con anni di anticipo. Le attuali misure di adattamento non sono sufficienti, infatti, per evitare questi rischi, associati al cambiamento climatico.
Adattamento, rischio climatico e resilienza: serve un’azione urgente
Sul piano dell’adattamento, secondo gli scienziati dell’IPCC, sono stati fatti passi in avanti in tutti i settori e in tutte le regioni, con molti benefici. Ma alcuni sono rimasti più indietro: in alcune zone, infatti, sono stati intrapresi progetti per limitare i rischi climatici solo del breve termine, frenando così l’opportunità di una trasformazione più profonda, i cui benefici si vedranno nel lungo termine.
Per poter ridurre il rischio, servono azioni politiche, strutture istituzionali e strumenti per poter raggiungere priorità e obiettivi chiari, una migliore comprensione degli impatti e delle relative soluzioni, la mobilitazione e l’accesso a risorse finanziarie adeguate, il monitoraggio, la valutazione e un’amministrazione inclusiva.
Secondo il rapporto IPCC, tutti gli impatti e i potenziali rischi connessi al cambiamento climatico, l’aumento della vulnerabilità degli ecosistemi e della società, e i limiti di adattamento incontrati, dimostrano come lo sviluppo di un’azione per la resilienza climatica è oggi ancora più urgente di quanto previsto nel report precedente. Per poter fare passi in avanti con lo sviluppo sostenibile bisogna sfruttare le sinergie e ridurre i compromessi tra adattamento e mitigazione attraverso risposte efficaci e innovative.
Non c’è più dubbio: le evidenze scientifiche sono inequivocabili. Il rapporto IPCC chiarisce ancora una volta che il cambiamento climatico è una minaccia al benessere dell’umanità e alla salute del Pianeta. «Ogni altro ritardo in una azione preventiva, coordinata e globale per migliorare le misure di adattamento e mitigazione ci faranno perdere l’attimo, faranno chiudere quella sempre più piccola finestra di opportunità che ci permetterebbe di garantire un futuro vivibile e sostenibile, per tutti».
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