Nei paesi più colpiti dalla crisi climatica la fame estrema è più che raddoppiata
In molte delle regioni più colpite dai cambiamenti climatici la fame estrema è più che raddoppiata in appena sei anni. L’allarme arriva da Oxfam, che nell’ultimo rapporto La fame in un mondo che si riscalda delinea una situazione spaventosa.
In 10 dei peggiori hotspot dei cambiamenti climatici del mondo – ovvero quelli che le Nazioni Unite hanno identificato come i paesi più colpiti da fenomeni estremi – la fame acuta è aumentata del 123 per cento negli ultimi 6 anni. Le nazioni esaminate da Oxfam sono Somalia, Haiti, Gibuti, Kenya, Niger, Afghanistan, Guatemala, Madagascar, Burkina Faso e Zimbabwe, i cui territori sono stati ripetutamente colpiti da condizioni meteorologiche e climatiche estreme negli ultimi due decenni. Si stima che attualmente in questi paesi 48 milioni di persone soffrano la fame acuta: nel 2016 erano 21 milioni.
Gabriela Bucher, Direttrice Esecutiva di Oxfam International, ha sottolineato che «i cambiamenti climatici non sono più una bomba a orologeria: stanno già esplodendo davanti ai nostri occhi e stanno rendendo più frequenti e mortali condizioni estreme come siccità, cicloni e alluvioni, che sono aumentate di cinque volte negli ultimi 50 anni».
Ahead of #climateweeknyc 2022, we are releasing our report Hunger in a heating world, the 10 worst climate change hotspots around the world have seen acute hunger more than double since 2016.https://t.co/tgXeVJ33UL pic.twitter.com/guaU4A30iD
— Oxfam International (@Oxfam) September 16, 2022
La fame alimentata dal clima è una chiara dimostrazione della disuguaglianza globale, avverte Oxfam.I paesi meno responsabili della crisi climatica ne risentono maggiormente e hanno anche meno risorse per farvi fronte. Basti pensare che i 10 hotspot messi insieme sono responsabili solo dello 0,13 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica. Le nazioni più industrializzate e inquinanti come quelle del G20, che controllano l’80 per cento dell’economia mondiale, emettono più di tre quarti dell’anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera in tutto il mondo. «I leader di queste nazioni continuano a supportare aziende inquinanti ricchissime, che spesso sono grandi sostenitrici delle loro campagne elettorali», accusa Oxfam. E snocciola cifre impressionanti: «i profitti giornalieri delle aziende di combustibili fossili hanno raggiunto una media di 2,8 miliardi di dollari negli ultimi 50 anni. Meno di 18 giorni di quei profitti finanzierebbero l’intero appello umanitario delle Nazioni Unite per il 2022, che ammonta a 49 miliardi di dollari».
Per affrontare la doppia crisi dei cambiamenti climatici e della fame sono necessari cambiamenti politici profondi: «se non verrà intrapresa un’azione massiccia e immediata – avverte Oxfam – la fame continuerà a crescere».
Tra meno di due mesi l’appuntamento chiave con la diplomazia del clima: all’inizio di novembre l’Egitto ospiterà rappresentanti e delegazioni provenienti da tutto il mondo per la COP27, la Conferenza delle Nazioni Unite sulla crisi climatica. I leader «devono mantenere le loro promesse di ridurre le emissioni», sottolinea Gabriela Bucher. «Devono pagare le misure di adattamento e sostenere le perdite e i danni nei paesi a basso reddito, nonché introdurre immediatamente fondi salvavita per soddisfare l’appello delle Nazioni Unite a rispondere ai paesi più colpiti».
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«Non possiamo risolvere la crisi climatica senza correggere le disuguaglianze sistemiche nei nostri sistemi alimentari ed energetici. L’aumento della tassazione sulle realtà più inquinanti potrebbe facilmente coprire i costi. Solo l’1% del profitto medio annuo delle compagnie di combustibili fossili genererebbe 10 miliardi di dollari, sufficienti a coprire la maggior parte del deficit di finanziamento dell’appello umanitario delle Nazioni Unite per la sicurezza alimentare», ha affermato Bucher.
Anche la cancellazione del debito sarebbe un passo importante per liberare risorse da investire nella mitigazione del clima. «Le nazioni ricche e più inquinanti hanno la responsabilità morale di risarcire i paesi a basso reddito più colpiti dalla crisi climatica. Questo è un obbligo etico, non è carità», ha detto Bucher.
Il rapporto completo di Oxfam è disponibile, in lingua inglese, a questo link.
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