Fusione nucleare: l’annuncio dà speranza. Energia illimitata e pulita? Non proprio
E’ arrivato l’annuncio di un grande successo nell’ambito della fusione nucleare, in cui gli scienziati statunitensi del National Ignition Facility (NIF) del Lawrence Livermore National Laboratory in California sono riusciti per la prima volta a generare più energia di quanta ne serve per innescare il processo (ignizione). Si tratta di una pietra miliare per la ricerca nel campo dell’energia nucleare, e dimostra che quanto teorizzato è possibile. Il grande limite delle centrali a fusione quindi, sarebbe stato superato, permettendo una svolta epocale nell’ambito della produzione di energia nucleare. A darne l’annuncio ufficiale è stato il Dipartimento di Energia degli Stati Uniti.
BREAKING NEWS: This is an announcement that has been decades in the making.
On December 5, 2022 a team from DOE’s @Livermore_Lab made history by achieving fusion ignition.
This breakthrough will change the future of clean power and America’s national defense forever. pic.twitter.com/hFHWbmCNQJ— U.S. Department of Energy (@ENERGY) December 13, 2022
La collisione tra crisi energetica e climatica ha dato una spinta notevole alle energie rinnovabili e non fossili, a zero o basse emissioni. L’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che la domanda di fonti fossili raggiunga l’apice nei prossimi anni, per poi calare in favore di un aumento di utilizzo di altre fonti energetiche più pulite. Sebbene il tema dell’energia nucleare sia ancora molto divisivo, si tratta di una fonte energetica che oggi, vuoi o non vuoi, non possiamo più permetterci di non considerare.
La pietra miliare della fusione nucleare: l’annuncio del raggiungimento della “ignizione”
L’annuncio della Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti sul progresso fatto al Lawrence Livermore National Laboratory rappresenta un grande passo per la scienza, una pietra miliare. Ci sono voluti decenni. La ricerca scientifica nell’ambito della fusione nucleare è partita negli anni ’50. Il NIF, in particolare, avrebbe dovuto raggiungere l’ignizione entro il 2012, e per questo motivo tutto il progetto ha subito forti critiche soprattutto per i suoi costi. Sempre il Lawrence Livermore National Laboratory aveva annunciato di aver “pareggiato” la quantità di energia generata con quella immessa nel reattore, e oggi si è arrivati a superarla.
Il raggiungimento della ignizione per la fusione è una svolta epocale, capace un domani di mettere fine alla dipendenza tossica del mondo dai combustibili fossili, ma è bene sottolineare che non parliamo di energia illimitata, né di energia completamente “pulita”.
Ad oggi l’energia generata dal reattore è sufficiente per far bollire l’acqua in 10 bollitori. Pochissima. Ma si tratta di un piccolo grande successo. Ora gli scienziati devono lavorare per poter produrre energia in quantità maggiori. L’obbiettivo ideale, per una tecnologia commerciale, sarebbe quello di ottenere dalla fusione almeno 5-10 volte la quantità di energia necessaria per innescarla. Un obiettivo che potrebbe richiedere altri decenni di ricerca.
Cos’è la fusione nucleare?
La fusione nucleare artificiale replica, ma in modo “semplificato”, quello che avviene nel nucleo del Sole. Possiamo dire che si tratta di una versione più semplice ma meno energetica di quella che alimenta la nostra stella. Due atomi leggeri vengono fusi in un atomo più pesante, e questo processo genera una grande quantità di energia sotto forma di calore. Si tratta del processo concettualmente inverso rispetto a quello utilizzato nelle attuali centrali nucleari a fissione.
Per produrre energia da fusione vengono utilizzati due isotopi dell’idrogeno, il deuterio e il trizio. L’idrogeno è l’elemento più abbondante nell’universo, ma il deuterio, che viene estratto dall’acqua, è piuttosto raro, e rappresenta solo lo 0,03% in peso di tutto l’idrogeno sulla Terra. Il trizio, radioattivo, deve invece essere prodotto artificialmente.
Quella sviluppata nel progetto National Ignition Facility crea energia dalla fusione nucleare mediante quella che è nota come “fusione inerziale termonucleare“, in cui si sfruttano circa 200 laser per creare una serie di esplosioni veloci, che si verificano 50 volte al secondo. Il 5 dicembre il NIF ha potuto creare una fusione nucleare capace di generare 3,15 megajoule di energia, circa il 54% in più dell’energia che è entrata nella reazione (2,05 megajoule).
Un’altra tipologia di reattore a fusione, utilizza invece i tokamak, una sorta di ciambella in cui viene iniettata una piccola quantità di combustibile nucleare in un ambiente sotto vuoto. Qui, attraverso l’azione di campi magnetici, viene intrappolato il plasma che si scalda fino a raggiungere almeno 150 milioni di gradi Celsius, 10 volte più caldo del nucleo del sole. In queste condizioni le particelle del “carburante” si fondono, e una frazione della massa iniziale viene persa e trasformata in una grande quantità di energia, secondo la celebre formula einsteniana E=mc2. Si tratta della tecnologia utilizzata dal progetto ITER, in cui collaborano Cina, Unione Europea, India, Giappone, Corea, Russia e Stati Uniti.
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Energia illimitata e pulita? Cosa c’è di vero?
L’annuncio di questo progresso scientifico è stato accompagnato da molto “rumore” e molte informazioni errate. Innanzitutto è sbagliato parlare di energia illimitata. L’energia nucleare artificiale, compresa la fusione, non è rinnovabile, e quindi non è illimitata. Quando due atomi si sono fusi, il processo è irreversibile. Quindi, anche per produrre energia da una centrale a fusione serve comunque un input di energia e di “materiale”.
Tra gli ingredienti necessari per la fusione, come abbiamo visto, serve il trizio: si tratta di un isotopo radioattivo che va prodotto attraverso la fissione del litio tramite bombardamento neutronico. L’obbiettivo sarebbe quello di produrre il trizio internamente alla stessa centrale a fusione, in modo che possa autoalimentarsi. Tuttavia, per fare ciò serve un modulo a fissione integrato nella centrale a fusione, che possa idealmente produrre almeno la stessa quantità di trizio che viene “bruciata” dalla fusione stessa. Purtroppo però una parte non trascurabile dei neutroni prodotti dalla fusione viene inevitabilmente persa. Per ovviare a questo problema servirebbe quindi un moltiplicatore di neutroni, come ad esempio l’uranio. E il processo di fissione dell’uranio genera scorie nucleari, le stesse prodotte in una centrale nucleare a fissione.
In futuro si punta quindi a rendere “autosufficiente” il reattore a fusione, in modo che una parte dei neutroni prodotti dalla fusione (molti vengono persi o assorbiti nel processo) possano essi stessi indurre il litio alla fissione e produrre il trizio. Potrebbe quindi autoalimentarsi, ma ad oggi, senza un modulo a fissione, la percentuale di neutroni “efficaci” non sarebbe sufficiente per produrre da sola tutta la quantità di trizio di cui ha bisogno.
Inoltre, le pareti del reattore subiscono un costante bombardamento con neutroni ad alta energia, i quali sfuggono dal campo magnetico, essendo privi di carica. I neutroni “attivano” quindi i metalli dell’involucro, rendendoli radioattivi e, alla lunga, anche fragili, rendendone la sostituzione periodica necessaria per garantire il corretto funzionamento del reattore. Questi metalli attivati andranno opportunamente stoccati per decenni o secoli, fino a quando la loro radioattività non sarà scesa a livelli accettabili.
Centrali a fusione ed emergenza climatica
Ad oggi quindi, al di là del grande passo simbolico reso possibile dai ricercatori della California, il cui risultato è una prova della fattibilità, l’energia nucleare da fusione su larga scala per ora resta un “miraggio”. Il NIF stesso non è stato progettato per produrre a livello commerciale energia da fusione nucleare, e alcuni scienziati dubitano che la fusione con laser possa essere l’approccio definitivo. Ora gli scienziati dovranno dimostrare che il tipo di fusione studiato al NIF può essere una via praticabile di produrre energia, e quindi aumentare l’efficienza (la differenza tra energia generata e necessaria) di almeno due ordini di grandezza. La notizia del raggiungimento di questa pietra miliare della ricerca aumenta la fiducia dell’opinione pubblica e degli investitori in questo progetto e apre la porta a un programma incentrato sulle applicazioni energetiche.
Tuttavia la crisi energetica e climatica ci obbligano a soluzioni più semplici, ma soprattutto immediate. La finestra di tempo per tagliare le nostre emissioni infatti continua a chiudersi: abbiamo solo questo decennio per fare qualcosa di abbastanza significativo per limitare il riscaldamento globale. Il tempo stringe, ogni report scientifico lo dimostra, e le possibilità che abbiamo di frenare il processo di riscaldamento globale si riducono anno dopo anno. L’urgenza di trovare fonti di energia pulita però, utilizzando quello che già abbiamo, allo stesso tempo, non deve certo fermare la ricerca e il progresso scientifico.
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