Notizie mondo - Icona Meteo https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/ IconaMeteo.it - Sempre un Meteo avanti Thu, 17 Oct 2024 10:56:35 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://www.iconameteo.it/contents/uploads/2019/12/Favicon-150x150.png Notizie mondo - Icona Meteo https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/ 32 32 Crisi idrica, nei prossimi 25 anni a rischio più di metà della produzione alimentare globale https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/crisi-idrica-nei-prossimi-25-anni-a-rischio-piu-di-meta-della-produzione-alimentare-globale/ Thu, 17 Oct 2024 10:56:35 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78823 Il mondo sta affrontando una crisi idrica senza precedenti, con il ciclo idrologico – il processo naturale che regola il flusso dell’acqua sulla Terra – fuori equilibrio per la prima volta nella storia umana. Questa instabilità ha conseguenze devastanti per l’umanità e per gli ecosistemi di tutto il pianeta. La scarsità d’acqua si aggrava e …

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Il mondo sta affrontando una crisi idrica senza precedenti, con il ciclo idrologico – il processo naturale che regola il flusso dell’acqua sulla Terra – fuori equilibrio per la prima volta nella storia umana. Questa instabilità ha conseguenze devastanti per l’umanità e per gli ecosistemi di tutto il pianeta. La scarsità d’acqua si aggrava e gli ecosistemi d’acqua dolce continuano a deteriorarsi, minacciando la sicurezza alimentare, l’economia globale e il raggiungimento di tutti gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).

Più della metà della produzione alimentare mondiale sarà a rischio nei prossimi 25 anni se non si interviene con urgenza per conservare le risorse idriche e fermare la distruzione degli ecosistemi da cui dipende l’acqua dolce. Attualmente, oltre metà della popolazione mondiale vive in condizioni di scarsità d’acqua, e questo numero è destinato a salire con l’aggravarsi della crisi climatica.

Secondo il rapporto della Global Commission on the Economics of Water, entro la fine del decennio la domanda globale di acqua dolce supererà l’offerta del 40%. Questo squilibrio è dovuto al fatto che i sistemi idrici globali sono sottoposti a uno stress senza precedenti, aggravato dai cambiamenti climatici, dalla cattiva gestione delle risorse idriche e dalla distruzione degli ecosistemi naturali.

Uno degli errori più gravi commessi finora è stato sottovalutare la quantità di acqua necessaria per garantire a ogni individuo una vita dignitosa. Mentre per la salute e l’igiene sono necessari dai 50 ai 100 litri di acqua al giorno per persona, il fabbisogno reale è di circa 4.000 litri al giorno, considerando anche l’acqua necessaria per l’alimentazione e altri bisogni primari.

La crisi idrica ha un impatto sproporzionato sulle comunità più vulnerabili. Secondo le stime, ogni giorno più di 1.000 bambini sotto i cinque anni muoiono per motivazioni legate alla mancanza di acqua potabile e servizi igienici adeguati.
Tra le persone più colpite ci sono poi le donne e le ragazze, che ogni giorno trascorrono collettivamente 200 milioni di ore per raccogliere e trasportare acqua. Inoltre, in molte aree rurali, la ricerca di acqua mette a rischio la sicurezza delle donne, esponendole a pericoli e abusi.

La connessione tra crisi idrica e crisi climatica

La crisi idrica è strettamente collegata ai cambiamenti climatici. L’aumento delle temperature globali influenza il ciclo idrologico causando siccità, inondazioni e ondate di calore sempre più frequenti e gravi.
La distruzione degli ecosistemi naturali, come le foreste e le zone umide, interrompe il ciclo dell’acqua e, a sua volta, accelera ulteriormente la crisi climatica.

Cosa possiamo fare

Per affrontare questa crisi, è necessario un approccio radicale e globale. Gli esperti sottolineano l’urgenza di conservare le risorse idriche, migliorare l’efficienza nell’uso dell’acqua e garantire un accesso equo all’acqua per tutte le comunità. È anche fondamentale ripensare le politiche agricole e industriali, eliminando i sussidi dannosi che incoraggiano pratiche idriche insostenibili.

L’acqua deve essere riconosciuta come un bene comune globale, e i governi devono collaborare per proteggerne le fonti e creare un’economia circolare dell’acqua, in cui il riutilizzo e la pulizia delle acque inquinate diventino pratiche standard. Inoltre, i paesi in via di sviluppo devono avere accesso ai finanziamenti necessari per riformare i propri sistemi idrici e fermare la distruzione degli ecosistemi naturali che sono parte integrante del ciclo idrologico.

Il rapporto della Global Commission on the Economics of Water può essere consultato, in inglese, a questo link.

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Marocco, maltempo violento e Marrakech sott’acqua: i VIDEO colpiscono https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/marocco-maltempo-violento-e-marrakech-sottacqua-i-video/ Tue, 15 Oct 2024 10:33:47 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78816 MarrakechAnche Marrakech è stata colpita da precipitazioni intense e forti nubifragi con inondazioni che hanno travolto persino l’aeroporto Menara, costringendo il personale a sospendere sia le partenze che gli arrivi. Le piogge hanno naturalmente mandato il traffico in tilt, con auto intrappolate nei viali che portano dalla periferia al centro della città nuova, o nei …

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Anche Marrakech è stata colpita da precipitazioni intense e forti nubifragi con inondazioni che hanno travolto persino l’aeroporto Menara, costringendo il personale a sospendere sia le partenze che gli arrivi. Le piogge hanno naturalmente mandato il traffico in tilt, con auto intrappolate nei viali che portano dalla periferia al centro della città nuova, o nei sottopassi, poiché le strade si sono trasformate in fiumi e i tombini non hanno retto alla furia dell’acqua.

Marrakech, precipitazioni intense e improvvise mandano in tilt la città: video impressionanti

L’intensità delle piogge, nonostante fosse in vigore un’allerta, ha sicuramente colto di sorpresa la città. Le precipitazioni si sono rivelate infatti tanto veloci quanto violente. Secondo le ultime informazioni, non si sono verificati feriti né tantomeno vittime ma sicuramente la città, e in particolare alcuni quartieri non distanti dal centro storico, hanno riportato pesanti disagi.

https://twitter.com/volcaholic1/status/1845933088443871575

Precipitazioni eccezionali nel Sahara: ecco cosa è successo

Non solo il Marocco è stato colpito: in tutto il Sahara, fenomeni di piogge monsoniche si sono verificati in zone che raramente vedono precipitazioni. Il Sahara, noto per essere il deserto più grande e caldo del pianeta, è stato recentemente teatro di un evento meteorologico straordinario: piogge torrenziali mai viste negli ultimi decenni. Nelle ultime settimane, aree solitamente secche del Sahara hanno registrato piogge talmente intense da causare inondazioni, con fenomeni che potrebbero alterare il clima della regione nei prossimi anni.

Nel sud-est del Marocco, in sole 48 ore, si è registrata una quantità di pioggia che solitamente cade in un anno intero. Questo ha portato al riempimento di bacini asciutti da decenni, come il Lago Iriqui, che non vedeva acqua da 50 anni.

Per approfondire l’argomento Sahara cliccare a questo link

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Milton ed Helene: quasi la metà dei costi legati ai danni dei due uragani attribuibile al riscaldamento globale https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/milton-ed-helene-quasi-la-meta-dei-costi-legati-ai-danni-dei-due-uragani-attribuibile-al-riscaldamento-globale/ Mon, 14 Oct 2024 09:05:51 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78811 uragano idaliaGli uragani Milton e Helene hanno lasciato un segno devastante in Florida, causando danni economici enormi, evidenziando quanto il cambiamento climatico stia aggravando la situazione. Secondo ricerche recenti, quasi la metà dei costi legati ai danni provocati da questi due uragani può essere attribuita agli effetti del riscaldamento globale. Per approfondire sul ruolo del cambiamento …

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Gli uragani Milton e Helene hanno lasciato un segno devastante in Florida, causando danni economici enormi, evidenziando quanto il cambiamento climatico stia aggravando la situazione. Secondo ricerche recenti, quasi la metà dei costi legati ai danni provocati da questi due uragani può essere attribuita agli effetti del riscaldamento globale.

Per approfondire sul ruolo del cambiamento climatico nell’impatto di Milton cliccare a questo link

Uragano Milton, miliardi di dollari di danni a causa del cambiamento climatico

Il cambiamento climatico, causato principalmente dall’uso di combustibili fossili, ha aggiunto miliardi di dollari ai costi di ricostruzione e recupero post-uragano. Le temperature più elevate delle acque del Golfo del Messico, alimentate dall’aumento globale delle temperature, hanno reso gli uragani Milton e Helene più intensi, con effetti devastanti su case, edifici e infrastrutture in tutta la Florida. Si stima che il cambiamento climatico abbia contribuito al 44% dei danni causati da Helene e al 45% di quelli provocati da Milton.

I danni diretti sono solo una parte del problema. Il bilancio economico complessivo comprende perdite più a lungo termine, come la riduzione della produttività e l’impatto sulla salute pubblica. Gli uragani hanno distrutto infrastrutture vitali, paralizzato le comunità e provocato danni che richiederanno anni per essere riparati. Le reti elettriche e stradali hanno subito gravi danni, così come migliaia di abitazioni e attività commerciali, aumentando i costi di recupero ben oltre le prime stime.

Milton ha colpito duramente una delle principali fonti di reddito della Florida

Gli effetti economici degli uragani non si fermano qui: la perdita di lavoro a causa della distruzione di fabbriche, negozi e uffici, unita all’aumento della spesa per riparazioni e ricostruzioni, ha creato un circolo vizioso che rallenta la ripresa economica della regione. In particolare, il settore turistico della Florida, una delle principali fonti di reddito dello stato, ha subito un duro colpo, con spiagge devastate e strutture ricettive danneggiate.

Il cambiamento climatico, accelerando e intensificando eventi meteorologici estremi come questi uragani, sta facendo lievitare il costo della mancata azione. Il costo di Milton e Helene è solo l’ultimo esempio di quanto l’inerzia verso la riduzione delle emissioni di gas serra possa avere conseguenze economiche devastanti. Continuare a ignorare questo problema non farà altro che aumentare i costi per le economie locali e globali, e i danni diventeranno sempre più difficili da sostenere.

In conclusione, la devastazione causata dagli uragani Milton e Helene è un segnale di allarme che ci ricorda quanto il cambiamento climatico stia diventando sempre più costoso. Ogni grado di riscaldamento aumenta la frequenza e l’intensità di questi eventi, e con essi i costi economici associati.

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Uragano Milton in Florida: quanto e come ha influito il cambiamento climatico? https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-milton-in-florida-quanto-e-come-ha-influito-il-cambiamento-climatico/ Mon, 14 Oct 2024 07:47:32 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78808 uragano MiltonL’uragano Milton ha devastato la Florida la scorsa settimana colpendo la costa occidentale dello stato con la violenza di un uragano di categoria 3. I venti catastrofici, le precipitazioni e i tornado hanno causato oltre 15 vittime e naturalmente gravi disagi. Secondo un recente studio del World Weather Attribution, senza cambiamento climatico Milton avrebbe colpito …

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L’uragano Milton ha devastato la Florida la scorsa settimana colpendo la costa occidentale dello stato con la violenza di un uragano di categoria 3. I venti catastrofici, le precipitazioni e i tornado hanno causato oltre 15 vittime e naturalmente gravi disagi. Secondo un recente studio del World Weather Attribution, senza cambiamento climatico Milton avrebbe colpito con uragano di categoria 2, dunque con venti meno intensi.

L’uragano Milton devasta la Florida: ecco i VIDEO impressionanti

L’uragano Milton si è intensificato nelle acque del Golfo del Messico a una velocità impressionante

Milton è nato lo scorso 5 ottobre come depressione tropicale nel Golfo del Messico, intensificandosi velocemente in tempesta tropicale. In seguito ha subito un’intensificazione esplosiva nell’arco di 24 ore, tra lunedì 6 e martedì 7, che lo ha elevato a uragano di categoria 5.

Questa intensificazione estremamente rapida di Milton è stata resa possibile dalle temperature elevate delle acque del Golfo del Messico, rese 400-800 volte più probabili dai cambiamenti climatici, sottolineano gli esperti. Milton si è intensificata più velocemente di qualsiasi altra tempesta nel Golfo del Messico, ma questo livello di rafforzamento esplosivo non è senza precedenti nell’Atlantico. Solo due uragani si sono rafforzati più di Milton in un periodo di 24 ore: Wilma del 2005 e Felix del 2007.

L’uragano Milton in 24 ore è diventato un ‘mostro’: Florida in allerta

Il landfall di Milton e il ruolo del cambiamento climatico: i dati del nuovo studio

Milton ha toccato terra la sera di mercoledì 9 ottobre dopo aver subito un indebolimento da uragano di categoria 5 a uragano d categoria 3. Questo ha scongiurato uno scenario ancor più drammatico, inasprito inoltre dalla scia di morte e distruzione innescata solo due settimane prima dall’uragano Helene.

Secondo lo studio del World Weather Attribution – pubblicato l’11 ottobre, quindi solo due giorni dopo dall’impatto -, senza il cambiamento climatico Milton avrebbe colpito con la violenza di un uragano di categoria 2 e non di categoria 3. Uno studio separato, pubblicato lo stesso giorno dai ricercatori dell’Imperial College di Londra, ha scoperto che questo aumento di intensità ha reso Milton quasi due volte più distruttivo.

L’analisi di World Weather Attribution ha scoperto che le tempeste con velocità del vento di Milton sono diventate circa il 40% più frequenti e i venti associati a tempeste di simile rarità hanno subito un aumento di circa il 10% a causa di 1,3 gradi di riscaldamento globale dall’epoca preindustriale. Quindi, senza il cambiamento climatico, Milton avrebbe colpito la Florida come categoria 2, dunque con venti massimi sostenuti a 177 km/h, invece che come categoria 3 e quindi con venti a oltre 190 km/h.

Anche le piogge legate all’uragano sono aumento del 10-50% a causa dei cambiamenti climatici

Lo studio di attribuzione in questione, per poter essere pubblicato in modo così veloce, non ha utilizzato la modellazione tradizionale utilizzata per ricerche simili bensì si è basato sui dati degli ultimi 75 anni, più la modellazione eseguita per l’uragano Helene che ha colpito a distanza ravvicinata più o meno le stesse zone di Milton.

I ricercatori hanno così scoperto che gli estremi delle precipitazioni per la Florida centrale negli ultimi 75 anni sono aumentati in modo significativo a causa del cambiamento climatico. Per quanto riguarda le precipitazioni dell’uragano Milton, secondo lo studio sono state rese più intense del 10-50% dal cambiamento climatico con il doppio della probabilità di potersi verificare rispetto a condizioni normali.

L’influenza delle temperature oceaniche da record

Come detto in precedenza, Milton si è intensificato in maniera esplosiva nel Golfo del Messico. Le temperature oceaniche lungo il suo percorso erano costantemente più calde di 1 grado rispetto a quanto lo sarebbero state in un mondo senza cambiamenti climatici, hanno scoperto i ricercatori, diventando da 400 a 800 volte più probabili durante l’intensificazione in un grande uragano. Ciò ha influenzato l’ambiente di Milton, rendendo più probabile che la tempesta si sviluppasse e si intensificasse per tutta la sua durata.

Il cambiamento climatico ha reso gli uragani Helene e Milton quasi due volte più distruttivi

Il cambiamento climatico ha dunque aumentato l’intensità dei venti di Milton di circa il 10%. Sebbene possa sembrare un aumento poco considerevole, così non è poiché i danni legati agli uragani aumentano esponenzialmente in base alla velocità e all’intensità dei venti. Per esempio, secondo i ricercatori della NOAA, un uragano di categoria 2 con venti a 161 km/h causerà 10 volte i danni di un uragano di categoria 1 con venti a 121 km/h. Ciò include i danni non solo causati dai venti, ma anche da mareggiate, inondazioni e tornado. Quindi, un aumento del 10% dei venti di un uragano produce danni due volte maggiori.

Uno studio separato fa una stima sui danni economici di Helene e Milton

Secondo lo studio pubblicato separatamente dai ricercatori dell’Imperial College di Londra, il cambiamento climatico ha aumentato la velocità del vento di Helene al momento dell’atterraggio di circa l’11% e quella di Milton di quasi il 10%. Facendo una stima sui danni economici, i ricercatori stabiliscono che il 44% dei danni economici causati da Helene e il 45% di quelli causati da Milton potrebbero essere attribuiti al cambiamento climatico.

L’uragano Milton potrebbe causare 30-50 miliardi di dollari di perdite assicurate in Florida, secondo Fitch Ratings. Poiché le perdite totali dovute agli uragani sono in genere circa due volte più grandi delle perdite assicurate, Milton potrebbe costare circa 60-100 miliardi di dollari, rendendolo potenzialmente il quinto disastro meteorologico più costoso della storia, dopo Katrina, Harvey, Ian e Maria.

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Il riscaldamento globale mette in ginocchio le stazioni sciistiche delle Alpi. Esiste ancora chi nega il cambiamento climatico? https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-riscaldamento-globale-mette-in-ginocchio-le-stazioni-sciistiche-delle-alpi-esiste-ancora-chi-nega-il-cambiamento-climatico/ Sun, 13 Oct 2024 10:37:42 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78805 neve sci francia climaAumentano gli esempi concreti dell’impatto del cambiamento climatico sull’economia di tutto il mondo ma la politica, troppo spesso, pensa ad altro.  La crisi climatica, con inverni sempre più caldi e meno nevosi, sta modificando in maniera irreversibile il panorama delle Alpi francesi. Un caso simbolico è la recente chiusura dell’Alpe du Grand Serre, un’importante stazione …

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Aumentano gli esempi concreti dell’impatto del cambiamento climatico sull’economia di tutto il mondo ma la politica, troppo spesso, pensa ad altro. 

La crisi climatica, con inverni sempre più caldi e meno nevosi, sta modificando in maniera irreversibile il panorama delle Alpi francesi. Un caso simbolico è la recente chiusura dell’Alpe du Grand Serre, un’importante stazione sciistica situata nella regione dell’Isère, nel sud-est della Francia. A causa della mancanza di neve e di difficoltà finanziarie, il consiglio della comunità locale ha deciso di interrompere i finanziamenti necessari per la sua trasformazione in una meta turistica attiva tutto l’anno.

Non è la prima volta che stazioni sciistiche di bassa quota affrontano problemi legati alla scarsità di neve, ma la chiusura di una stazione di questa portata segna un punto di svolta. Per anni, l’Alpe du Grand Serre ha cercato di adattarsi con il progetto “Alpe de Grande Serre 2050”, che mirava a rendere la località attrattiva anche in estate. Tuttavia, la mancanza di fondi e l’intensificazione della crisi climatica hanno accelerato il declino della stazione.
“La chiusura è inevitabile se non si ascoltano gli scienziati”, ha commentato il senatore Guillaume Gontard, ricordando che la gestione delle stazioni sciistiche diventa sempre più complessa nelle zone dove la neve è ormai una rarità.

La decisione di chiudere mette a rischio circa 200 posti di lavoro e colpisce duramente l’economia locale. “Una stazione sciistica non è solo turismo, è una storia, una tradizione che ha plasmato il territorio”, ha aggiunto Gontard, evidenziando la mancanza di una pianificazione a livello nazionale per gestire la transizione climatica nelle aree di montagna.

neve francia sci clima
Foto: Facebook/Alpe du Grand Serre

Il cambiamento climatico sta modificando il futuro di molte località alpine. Le stazioni a quote più basse, come l’Alpe du Grand Serre, sono le più colpite, mentre solo quelle situate in aree più elevate e con maggiori risorse economiche possono ancora sperare di resistere. Senza un intervento tempestivo e una ristrutturazione del modello economico del turismo montano, molte altre località potrebbero seguire lo stesso destino, lasciando un vuoto non solo economico, ma anche culturale nelle regioni alpine.

Ormai è acclarato che senza provvedimenti ragionati ma immediati la crisi economica generata dai cambiamenti climatici colpirà sempre più spesso i settori turistici fino a modificarli e trasformarli completamente. Nessun governo può esimersi dal mettere ai primi posti della propria agenda un piano concreto per l’adattamento ai disastri causati da scelte sbagliate e insensate degli ultimi decenni. I cittadini posso e devono contribuire, gli operatori possono e devono contribuire, ma la responsabilità è tutta della politica, dei politici e dei governi che non hanno ancora capito, o fingono di non capire, quale enorme sfida ci sia per le generazioni future contro l’inquinamento e il surriscaldamento globale.

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Piogge eccezionali nel Sahara: il deserto più arido del mondo sotto l’effetto di fenomeni estremi https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/sahara-sottacqua-piogge-eccezionali-sul-deserto-piu-arido/ Sun, 13 Oct 2024 08:24:25 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78800 Il Sahara, noto per essere il deserto più grande e caldo del pianeta, è stato recentemente teatro di un evento meteorologico straordinario: piogge torrenziali mai viste negli ultimi decenni. Nelle ultime settimane, aree solitamente secche del Sahara hanno registrato piogge talmente intense da causare inondazioni, con fenomeni che potrebbero alterare il clima della regione nei …

© Icona Meteo - Il presente contenuto è riproducibile solo in parte, non integralmente, inserendo la citazione della fonte (Icona Meteo) e il link al contenuto originale (Piogge eccezionali nel Sahara: il deserto più arido del mondo sotto l’effetto di fenomeni estremi)

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Il Sahara, noto per essere il deserto più grande e caldo del pianeta, è stato recentemente teatro di un evento meteorologico straordinario: piogge torrenziali mai viste negli ultimi decenni. Nelle ultime settimane, aree solitamente secche del Sahara hanno registrato piogge talmente intense da causare inondazioni, con fenomeni che potrebbero alterare il clima della regione nei prossimi anni.

Nel sud-est del Marocco, in sole 48 ore, si è registrata una quantità di pioggia che solitamente cade in un anno intero. Questo ha portato al riempimento di bacini asciutti da decenni, come il Lago Iriqui, che non vedeva acqua da 50 anni. Le immagini satellitari della NASA hanno mostrato questo spettacolo inatteso, sottolineando l’impatto di quello che viene descritto come una tempesta extratropicale. Si stima che il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature globali stiano accelerando il ciclo idrologico e rendendo sempre più frequenti eventi meteorologici estremi come questo. Gli esperti, come Houssine Youabeb, della meteorologia marocchina, hanno dichiarato che il Sahara potrebbe assistere a ulteriori episodi simili in futuro.1

sahara alluvione
Foto: earthobservatory.nasa.gov

Non solo il Marocco è stato colpito: in tutto il Sahara, fenomeni di piogge monsoniche si sono verificati in zone che raramente vedono precipitazioni. La comunità scientifica si interroga su cosa stia causando questa ondata di piogge, e molti credono che ci sia un legame con la stagione degli uragani atlantici insolitamente tranquilla di quest’anno.
La cosiddetta Intertropical Convergence Zone (ITCZ), una fascia atmosferica che di solito trasporta nuvole e piogge, si è spostata più a nord del solito, spingendo le precipitazioni sul deserto. Questo spostamento potrebbe essere un segnale dei cambiamenti climatici in corso, con l’oceano Atlantico che assorbe più calore del normale, modificando i percorsi delle tempeste.2

Inoltre, alcuni scienziati suggeriscono che le temperature più elevate dell’Atlantico settentrionale e del Mediterraneo possano aver intensificato queste piogge. Con il riscaldamento degli oceani e l’aumento delle emissioni di gas serra, i modelli climatici prevedono un futuro in cui il Sahara potrebbe ricevere più pioggia, con un possibile spostamento delle piogge monsoniche verso nord entro il 2100.3

Mentre il Sahara rimane una delle regioni più aride al mondo, questi episodi meteorologici rappresentano un’ulteriore prova di quanto rapidamente il cambiamento climatico stia modificando il volto di ambienti estremi, con conseguenze potenzialmente significative non solo per il deserto, ma anche per i cicli meteorologici globali.


  1. Warming in the Arctic region has been four times faster than the global average – Finnish Meteorological Institute.
  2. Arctic Warming Four Times Faster than Rest of the World: Study | Earth.Org
  3. Report: Arctic heating nearly 4 times faster than rest of Earth | The Week

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Il riscaldamento nell’Artico accelera quattro volte più velocemente rispetto al resto del pianeta https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-riscaldamento-nellartico-accelera-quattro-volte-piu-velocemente-rispetto-al-resto-del-pianeta/ Sun, 13 Oct 2024 07:26:03 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78796 Mentre il ghiaccio marino scompare, la Groenlandia si scioglie e gli incendi devastano le foreste settentrionali, nuove ricerche confermano quanto gli scienziati stanno cercando di segnalare da tempo: l’Artico si sta riscaldando a un ritmo molto più rapido rispetto al resto del mondo. Il fenomeno, noto come amplificazione artica, è causato dalle emissioni di gas …

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Mentre il ghiaccio marino scompare, la Groenlandia si scioglie e gli incendi devastano le foreste settentrionali, nuove ricerche confermano quanto gli scienziati stanno cercando di segnalare da tempo: l’Artico si sta riscaldando a un ritmo molto più rapido rispetto al resto del mondo.

Il fenomeno, noto come amplificazione artica, è causato dalle emissioni di gas serra derivanti dalla combustione di combustibili fossili. Secondo uno studio pubblicato dal Finnish Meteorological Institute, la temperatura nella regione del Polo Nord negli ultimi decenni è aumentata a una velocità quattro volte superiore rispetto al resto del Pianeta.

Uno dei problemi riscontrati riguarda i modelli climatici, che non riescono a cogliere appieno questo rapido tasso di riscaldamento, come ha spiegato uno dei ricercatori principali dello studio. Questo rappresenta una preoccupazione perché, se i modelli non possono riprodurre accuratamente la situazione attuale, non si può essere certi delle previsioni a lungo termine. “A causa di questa discrepanza, abbiamo deciso che era necessario correggere i modelli e aggiornarli“, ha dichiarato uno degli scienziati coinvolti nello studio.

Lo studio, pubblicato nella rivista Communications Earth and Environment, ha analizzato le tendenze delle temperature nell’Artico tra il 1979 e il 2021, un periodo che corrisponde all’era moderna dei dati satellitari. È stato riscontrato che il tasso di riscaldamento è particolarmente elevato nella regione euroasiatica dell’Artico, in particolare nel Mar di Barents, dove la temperatura è aumentata sette volte più velocemente rispetto alla media globale.
I dati più recenti mostrano che la temperatura media annuale nella regione del Mar di Barents è aumentata fino a 2,7 gradi Celsius per decennio negli ultimi 40 anni, rendendo questa area la zona con il riscaldamento più rapido del pianeta.

Il cambiamento climatico ha portato a una rapida perdita di ghiaccio marino nell’Artico, che ha ulteriormente amplificato il riscaldamento globale. Il ghiaccio marino, con la sua superficie bianca brillante, riflette l’energia solare nello spazio; quando si scioglie, l’oceano scuro assorbe maggior calore, aggravando il problema.

Un climatologo indipendente ha sottolineato come questo studio evidenzi l’amplificazione artica in modo particolarmente chiaro negli ultimi decenni, più di quanto accaduto nella prima metà del Novecento. “L’amplificazione artica è innegabile“, ha affermato l’esperto. “Sia che si parli di un fattore di due, tre o quattro, ciò non cambia il fatto che l’Artico si stia riscaldando più velocemente del resto del mondo”.

L’annuale Arctic Report Card dello scorso anno, pubblicata dalla National Oceanic and Atmospheric Administration, ha rilevato che la regione artica si sta riscaldando più velocemente del resto della Terra e sta rapidamente perdendo la copertura di ghiaccio.

Questi risultati rispecchiano anche le ultime conclusioni delle Nazioni Unite sulla crisi climatica, secondo cui l’Artico continuerà a riscaldarsi a un ritmo superiore finché l’umanità continuerà a bruciare combustibili fossili e a rilasciare gas serra nell’atmosfera.

La sensibilità dell’Artico al riscaldamento globale è maggiore di quanto pensassimo“, ha concluso un ricercatore coinvolto nello studio. “Solo il tempo ci dirà come evolverà la situazione in futuro”.

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Milton ha stravolto la Florida con distruzione e morte. VIDEO terrificanti https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/milton-ha-stravolto-la-florida-con-distruzione-e-morte-video-terrificanti/ Fri, 11 Oct 2024 09:56:29 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78791 Uragano MiltonL’uragano Milton, come previsto, ha impattato sulla Florida come uragano di categoria 3, lasciando nuovamente una scia di morte e distruzione già causata da un altro grande uragano, Helene, soltanto qualche settimana fa. Mentre gli Stati Uniti fanno la conta dei danni, dagli ultimi aggiornamenti ciò che si sa è che le vittime sono almeno …

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L’uragano Milton, come previsto, ha impattato sulla Florida come uragano di categoria 3, lasciando nuovamente una scia di morte e distruzione già causata da un altro grande uragano, Helene, soltanto qualche settimana fa.

Mentre gli Stati Uniti fanno la conta dei danni, dagli ultimi aggiornamenti ciò che si sa è che le vittime sono almeno 16 (ma si prevede purtroppo un numero maggiore) e che almeno 3 milioni di case e aziende sono senza elettricità. Milton ha inoltre causato diversi tornado, una catastrofe nella catastrofe che ha generato appunto diverse vittime.

Uragano Milton: la “tempesta del secolo” tocca terra in Florida

L’uragano Milton si è indebolito prima dell’impatto: scongiurato lo scenario più drammatico

La tempesta ha toccato terra a Siesta Key, appena a sud di Tampa, mercoledì sera come uragano di categoria 3. Le case sono state danneggiate, gli alberi sradicati e milioni di persone hanno perso la corrente elettrica e ci sono già segnalazioni di diversi decessi, ma è stata evitata la devastazione totale.

Nonostante abbia perso parte della sua potenza mentre si avvicinava alla costa, Milton, che si era rafforzato ad una velocità sorprendente sulle calde acque del Golfo del Messico raggiungendo la categoria 5, è stato comunque uno degli uragani più forti ad aver colpito la terraferma degli Stati Uniti nella memoria recente, nonché il secondo colpo diretto sulla Florida nell’arco di 12 giorni.

Quanto è stata forte l’onda di tempesta?

Un rischio importante rappresentato da Milton era la violenza della sua onda di tempesta, ovvero i venti che avrebbero spinto enormi volumi di acqua dalla baia di Tampa alla città stessa. Quando la tempesta ha toccato terra, il peggio di questa mareggiata si è verificato nella contea di Sarasota, con volumi di acqua da 2,5 a 3 metri. Ma le inondazioni in alcuni punti sono state significative: appena nell’entroterra di Tampa, Plant City ha ricevuto oltre 330 mm di pioggia, inondando i quartieri.

Qual è stato l’impatto dei tornado?

Quando atterra un uragano, gli improvvisi cambiamenti nei venti possono generare dei tornado, ma il numero e la ferocia di quelli scatenati da Milton sono stati insolitamente elevati, affermano gli esperti. Mercoledì, ancora prima del landfall, erano in vigore oltre 140 avvisi di tornado in Florida, molti dei quali hanno causato danni ingenti.

Nella contea di St Lucie, sulla costa orientale della Florida, sono stati confermati quattro decessi a causa di un tornado che si è schiantato contro una casa di riposo. La Florida vede più tornado per miglio quadrato di qualsiasi altro stato, ma di solito sono piuttosto deboli. I tornado innescati da Milton erano della stessa intensità che si vede spesso nelle Grandi Pianure degli Stati Uniti.

Milton ha ormai attraversato la Florida e si sta dirigendo verso l’Oceano Atlantico, a nord delle Bahamas. Si stima che circa 11 milioni di persone siano in pericolo a causa del deflusso delle acque piovane nei fiumi in piena, che possono causare inondazioni. Dunque l’allerta è tutt’altro che terminata.

La devastazione dell’uragano Milton è impressionante: la “tempesta del secolo” rimarrà nella storia

Milton è stato definito da Joe Biden come la “tempesta del secolo“. E in effetti la devastazione causata dal suo atterraggio in Florida è stata impressionante, come testimoniano i video e le immagini pubblicate su X.

https://twitter.com/Ry_Bass/status/1844367980249178396

Lo stadio Tropicana Field completamente devastato: è situato in una delle aree maggiormente colpite, ovvero St. Petersburg.

Questo è il tornado impressionante che ha colpito Wellington.

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Uragano Milton: la “tempesta del secolo” tocca terra in Florida https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-milton-la-tempesta-del-secolo-tocca-terra-in-florida/ Thu, 10 Oct 2024 07:44:17 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78767 uragano milton floridaMilton ha toccato in Florida, vicino a Siesta Key come potente uragano di categoria 3. Il suo impatto sulla terraferma ha indebolito il ciclone, che secondo il National Hurricane Center è stato declassato ora a categoria 1, con venti medi che soffiano a 144 km/h. Milton è il nono uragano nato sull’Oceano Atlantico nel 2024 …

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Milton ha toccato in Florida, vicino a Siesta Key come potente uragano di categoria 3. Il suo impatto sulla terraferma ha indebolito il ciclone, che secondo il National Hurricane Center è stato declassato ora a categoria 1, con venti medi che soffiano a 144 km/h.

Milton è il nono uragano nato sull’Oceano Atlantico nel 2024 e il quarto a raggiungere un’intensità di categoria 3 o superiore. Milton è approdato sugli Stati Uniti appena due settimane dall’altrettanto intenso uragano Helene, che ha devastato la Florida e divesi altri stati nel sud-est del Paese.

L’uragano Milton ha subito una rapida intensificazione mentre si trovava sulle calde acque del Golfo del Messico: nel momento di massima potenza ha raggiunto categoria 5, destando non poche preoccupazioni in Florida, dove era atteso il suo arrivo pochi giorni dopo. “Sembra la tempesta del secolo“, ha detto Biden in un discorso dalla Casa Bianca in cui ha esortato coloro che si trovano sul percorso della tempesta a seguire i consigli di sicurezza delle autorità locali: “è letteralmente una questione di vita o di morte“.

Uragano Milton sulla Florida, con venti a 170 km/h, piogge torrenziali e un’onda di tempesta di 4 metri

Fortunatamente Milton si è indebolito prima di toccare terra, ciononostante gli effetti del suo passaggio sulla penisola della Florida sono stati notevoli.

Sarasota, Tampa, St Petersburg e Fort Myers sono le aree maggiormente colpite dal passaggio dell’uragano Milton. Più di 2 milioni di case sono rimaste senza elettricità, e molte abitazioni sono state danneggiate o distrutte.

Oltre ai venti impetuosi, che in un uragano di categoria 2 arrivano a 154-177 km/h di media, con raffiche più forti, molte zone sono state allagate dalle forti piogge e dalle mareggiate. A St. Petersburg, ad esempio, sono caduti più di 400 mm di pioggia: un record per l’area.

Parti di Venice, nota località balneare della Florida a circa 30 chilometri da Sarasota, la località dove l’uragano ha toccato terra, risultano sommerse: qui i venti dell’uragano hanno spinto l’acqua del mare oltre la linea della costa per il fenomeno dello “storm surge” (onda di tempesta). Secondo le previsioni l’onda di tempesta sarebbe potuta arrivare fino a 4 metri di altezza nell zone direttamente colpite.

Come ogni potente uragano, anche Milton ha dato vita a diversi tornado durante il suo passaggio sulla terraferma. Secondo la Protezione Civile statunitense si sono contati finora 19 tornado che hanno purtroppo provocato anche delle vittime.

Milton sulla Florida: la traiettoria prevista dell’Uragano

L’occhio dell’uaragano Milton si trova in questo momento centrato sulla Florida peninsulare. Secondo le previsioni del Centro Uragani della NOAA, Milton dovrebbe mantenere il suo status di uragano di categoria 1 mentre procede verso est. Raggiungerà l’Oceano Atlantico nel corso della giornata di oggi.

Secondo le proiezioni, una volta raggiunto il mare aperto, Milton dovrebbe indebolirsi a tempesta tropicale entro venerdì 11. Il sistema potrebbe quindi transitare a sud delle Bermuda come tempesta, per poi dissiparsi entro domenica 13.

uragano milton florida

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Settembre 2024: Caldo da Record! Il Pianeta Vicino al Punto di Non Ritorno https://www.iconameteo.it/primo-piano/settembre-2024-caldo-da-record-il-pianeta-vicino-al-punto-di-non-ritorno/ Wed, 09 Oct 2024 10:31:43 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78745 Secondo i dati di , settembre 2024 ha visto una temperatura media globale dell’aria superficiale di 16,17°C, ben 0,73°C al di sopra della media 1991-2020. Questo lo rende il secondo settembre più caldo mai registrato, subito dopo settembre 2023. Inoltre, l’anomalia della temperatura per questo mese è stata di 1,54°C al di sopra dei livelli …

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Secondo i dati di , settembre 2024 ha visto una temperatura media globale dell’aria superficiale di 16,17°C, ben 0,73°C al di sopra della media 1991-2020. Questo lo rende il secondo settembre più caldo mai registrato, subito dopo settembre 2023. Inoltre, l’anomalia della temperatura per questo mese è stata di 1,54°C al di sopra dei livelli preindustriali, evidenziando una tendenza che vede 14 mesi su 15 superare la soglia critica di 1,5°C.

Il 2024 sarà l’anno più caldo di sempre?
Il report di Copernicus indica che la temperatura media globale degli ultimi 12 mesi (ottobre 2023 – settembre 2024) è la seconda più alta mai registrata, con un aumento di 0,74°C rispetto alla media 1991-2020, equivalente a 1,62°C sopra i livelli preindustriali. Per evitare che il 2024 diventi l’anno più caldo di sempre, l’anomalia termica dei restanti mesi dovrebbe diminuire di oltre 0,4°C, un fatto mai accaduto nei dati ERA5. Questo rende quasi certo che il 2024 sarà l’anno più caldo della storia.

Settembre 2024: Europa divisa tra caldo e piogge
A livello europeo, le temperature sono state significativamente superiori alla media nell’Europa orientale e nord-orientale, mentre nell’Europa occidentale, incluse Francia, Spagna e Islanda, sono state leggermente al di sotto della media. Il continente ha anche visto eventi di precipitazioni estreme, come la tempesta Boris, che ha causato alluvioni in Europa centrale e orientale, mentre le aree più secche, come la penisola iberica, hanno sofferto di gravi incendi.

Samantha Burgess, vicedirettore del Copernicus Climate Change Service Service, ha affermato che “le precipitazioni estreme sono aggravate dal riscaldamento globale, e più aumentano le temperature, maggiore sarà il rischio di eventi meteorologici catastrofici”.

L’incremento delle temperature globali non è solo un dato climatico, ma rappresenta una grave minaccia per ecosistemi e popolazioni umane. Piogge torrenziali e ondate di calore estremo diventano sempre più frequenti, aumentando il rischio di danni a infrastrutture, vite umane e agricoltura. La transizione verso un futuro a emissioni zero diventa sempre più urgente per mitigare questi rischi.

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Uragano Milton in arrivo: la Florida si prepara a un impatto catastrofico https://www.iconameteo.it/primo-piano/uragano-milton-in-arrivo-la-florida-si-prepara-a-un-impatto-catastrofico/ Tue, 08 Oct 2024 16:00:40 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78732 L’uragano Milton si sta rapidamente trasformando in una minaccia devastante per la Florida, dopo aver fatto il suo debutto come undicesima tempesta tropicale dell’anno. A sole due settimane dal passaggio dell’uragano Helene, che ha causato oltre 200 vittime e ingenti danni, la costa occidentale della Florida è in allerta per un nuovo, potente uragano. Milton …

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L’uragano Milton si sta rapidamente trasformando in una minaccia devastante per la Florida, dopo aver fatto il suo debutto come undicesima tempesta tropicale dell’anno. A sole due settimane dal passaggio dell’uragano Helene, che ha causato oltre 200 vittime e ingenti danni, la costa occidentale della Florida è in allerta per un nuovo, potente uragano. Milton ha raggiunto la categoria 5 in un tempo record e si prevede che tocchi terra mercoledì sera, indebolendosi leggermente (categoria 3) ma mantenendo comunque un’intensità capace di causare gravi distruzioni.

Milton: Venti distruttivi e mareggiate senza precedenti

Secondo le ultime informazioni del National Hurricane Center, Milton si sposterà appena a nord della penisola dello Yucatan oggi (martedì 8 ottobre) e si avvicinerà alla costa della Florida domani, mercoledì 9, toccando terra nella densamente popolata area di Tampa Bay. I meteorologi avvertono che si prevede una mareggiata record di 2,4-3,6 metri nella baia, un livello mai registrato prima nella regione, e quasi il doppio di quanto osservato durante il passaggio di Helene. Le inondazioni diffuse sono previste, con accumuli di pioggia che andranno dai 130 ai 250 mm per la Florida continentale e le Keys, con picchi fino a 380 mm in alcune zone.

La Tampa Bay, con oltre 3,3 milioni di abitanti, è particolarmente vulnerabile e si stanno attuando misure di evacuazione per i residenti nelle aree costiere.

Intensificazione esplosiva: Milton entra nella storia

Milton ha guadagnato il soprannome di “mostro” grazie alla sua rapida intensificazione. In meno di 24 ore, è diventata una delle tempeste più forti mai registrate nel Golfo del Messico. Solo due uragani nella storia dell’Atlantico, Wilma (2005) e Felix (2007), si sono rafforzati più velocemente. Wilma ha visto i suoi venti sostenuti aumentare di 170 km/h in un solo giorno, mentre Felix ha guadagnato 160 km/h.

Milton è ora la tredicesima tempesta nominata della stagione e la settima a intensificarsi rapidamente nel bacino atlantico.

Ultimi aggiornamenti: cosa aspettarsi nei prossimi giorni?

Le ultime previsioni indicano che, mentre Milton si avvicina alla Florida, ci saranno importanti cambiamenti nelle condizioni meteorologiche. Oggi, si prevede che Milton tocchi terra con venti sostenuti di circa 205 km/h, portando con sé piogge torrenziali e mareggiate che potrebbero allagare vaste aree. Le autorità locali hanno emesso ordini di evacuazione per diverse aree costiere e sono state attivate misure di emergenza in preparazione all’impatto.

Le famiglie sono incoraggiate a seguire attentamente gli aggiornamenti meteorologici e a rispettare le istruzioni delle autorità locali. Gli scienziati continueranno a monitorare la tempesta nei prossimi giorni, dato che Milton potrebbe rimanere un fattore di rischio mentre attraversa la Florida e si dirige verso l’Oceano Atlantico.

Con la minaccia dell’uragano Milton, la Florida si prepara ad affrontare condizioni meteorologiche estreme. Le mareggiate record, le forti piogge e il potenziale per inondazioni catastrofiche pongono gravi rischi per la sicurezza pubblica.

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L’uragano Kirk si dirige verso l’Europa: l’Italia è in allerta? https://www.iconameteo.it/primo-piano/luragano-kirk-si-dirige-verso-leuropa-litalia-e-in-allerta/ Tue, 08 Oct 2024 14:22:37 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78729 L’uragano Kirk, formatosi lunedì come undicesima tempesta tropicale atlantica della stagione, ha rapidamente scalato le categorie fino a diventare un pericoloso uragano di categoria 4 nel fine settimana. Dopo aver mostrato i primi segnali di cedimento, Kirk ha iniziato il suo viaggio verso nordest, dirigendosi verso l’Europa. Le previsioni indicano che l’uragano, ora in fase …

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L’uragano Kirk, formatosi lunedì come undicesima tempesta tropicale atlantica della stagione, ha rapidamente scalato le categorie fino a diventare un pericoloso uragano di categoria 4 nel fine settimana. Dopo aver mostrato i primi segnali di cedimento, Kirk ha iniziato il suo viaggio verso nordest, dirigendosi verso l’Europa. Le previsioni indicano che l’uragano, ora in fase di indebolimento, perderà progressivamente forza e, nelle prossime ore, si trasformerà in un ciclone extratropicale.

Kirk si trasforma in ciclone e raggiunge l’Europa
Secondo il National Hurricane Center della NOAA, il ciclone tropicale continuerà a spostarsi verso l’Europa, interagendo con i sistemi extratropicali e perdendo le caratteristiche di uragano. L’arrivo a nord delle Azzorre è previsto tra lunedì notte e martedì mattina, quando Kirk sarà già diventato un ciclone extratropicale. Successivamente, il ciclone raggiungerà la Spagna, inglobando un vortice tra Francia e Inghilterra. A metà settimana, l’ex-uragano interesserà gran parte dell’Europa occidentale, comportandosi come una normale tempesta atlantica.

Gli effetti in Italia: venti forti e piogge localizzate
Anche l’Italia sarà toccata dal passaggio di Kirk, seppur marginalmente. Le aree più esposte saranno le regioni settentrionali e centrali, dove si potranno verificare forti venti e piogge locali. Altre regioni, come Liguria e Toscana, potrebbero essere interessate da fenomeni più intensi, con raffiche di vento e precipitazioni concentrate soprattutto tra mercoledì e giovedì. Tuttavia, non si prevedono impatti significativi sul resto del Paese.

Previsioni meteo: le regioni più colpite
Il passaggio di Kirk sull’Europa porterà piogge e venti in alcune zone dell’Italia. Le regioni settentrionali, come Lombardia e Piemonte, potrebbero sperimentare raffiche di vento più intense, mentre le coste tirreniche, come Liguria e Toscana, potrebbero essere soggette a piogge locali, soprattutto tra mercoledì e giovedì. Le regioni centrali come Umbria e Marche vedranno fenomeni meteorologici più leggeri, con un calo delle temperature e venti moderati.

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2023: l’anno più secco per i fiumi a livello globale in tre decenni https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/2023-lanno-piu-secco-per-i-fiumi-a-livello-globale-in-tre-decenni/ Tue, 08 Oct 2024 13:20:17 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78727 fiumi-sempre-piu-caldiIl 2023 si è rivelato l’anno più secco degli ultimi trent’anni per i fiumi di tutto il mondo, secondo un nuovo rapporto coordinato dall’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM). Lo studio segnala cambiamenti allarmanti nella disponibilità di risorse idriche in un contesto di domanda crescente, mettendo a rischio le comunità, l’agricoltura e gli ecosistemi. Fiumi e …

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Il 2023 si è rivelato l’anno più secco degli ultimi trent’anni per i fiumi di tutto il mondo, secondo un nuovo rapporto coordinato dall’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM). Lo studio segnala cambiamenti allarmanti nella disponibilità di risorse idriche in un contesto di domanda crescente, mettendo a rischio le comunità, l’agricoltura e gli ecosistemi.

Fiumi e risorse idriche globali

Negli ultimi cinque anni, le condizioni idriche hanno mostrato anomalie diffuse a livello globale, con un andamento particolarmente preoccupante per i fiumi e i bacini idrici. La carenza d’acqua sta creando stress sulle riserve idriche, rendendo sempre più difficile il sostentamento delle comunità e la coltivazione agricola. Il rapporto evidenzia che il 2023 ha segnato il secondo anno consecutivo in cui tutte le regioni dotate di ghiacciai hanno segnalato una significativa perdita di massa, un segnale allarmante per il futuro delle risorse idriche.

Eventi estremi e impatti climatici

L’anno 2023 si distingue anche per essere il più caldo mai registrato, con temperature elevate e condizioni di siccità che hanno contribuito a prolungati periodi di aridità. Tuttavia, non sono mancati eventi di inondazione in diverse parti del mondo. L’alternanza tra fenomeni naturali come La Niña e El Niño ha amplificato questi eventi estremi. In particolare, l’Africa è stata colpita duramente, come evidenziato dalla tragica alluvione in Libia che ha causato oltre 11.000 vittime.

Punti salienti del rapporto

Il rapporto sullo stato delle risorse idriche globali, giunto al suo terzo anno e considerato il più completo fino ad oggi, ha fornito nuove informazioni sui volumi dei laghi e dei bacini idrici, sull’umidità del suolo e sull’equivalente in acqua della neve. Ecco alcuni dei principali risultati:

  • Portata dei fiumi: Oltre il 50% delle aree di raccolta globali ha mostrato condizioni idriche anomale, con gravi siccità registrate in tutto il continente americano. Bacini come il Mississippi e l’Amazzonia hanno raggiunto livelli record di acque basse.
  • Bacini e laghi: Gli afflussi nei bacini hanno seguito tendenze simili a quelle della portata dei fiumi, con condizioni inferiori alla norma in diverse regioni tra cui l’India e l’America centrale.
  • Livelli delle falde acquifere: Mentre in alcune aree come Sudafrica e Irlanda si sono registrati livelli superiori alla norma, altre regioni, come il Cile e la Giordania, hanno sofferto di impoverimento delle falde acquifere dovuto a un’eccessiva estrazione.
  • Umidità del suolo: La maggior parte delle terre a livello globale ha mostrato livelli di umidità inferiori alla norma, in particolare in Nord America e Nord Africa. Contrariamente, alcune zone, come l’Alaska e il Canada nordorientale, hanno visto umidità del suolo molto superiore alla norma.
  • Ghiacciai: I ghiacciai hanno subito una perdita senza precedenti, con oltre 600 gigatonnellate di acqua scomparsa, principalmente a causa dello scioglimento in America settentrionale e nelle Alpi europee. La copertura nevosa nell’emisfero settentrionale ha raggiunto i livelli più bassi mai registrati, evidenziando ulteriormente l’impatto dei cambiamenti climatici.

Il rapporto mette in luce l’urgenza di affrontare i cambiamenti climatici e le loro conseguenze sulle risorse idriche. È fondamentale aumentare la consapevolezza e attuare misure per garantire un uso sostenibile delle risorse idriche, fondamentali per il sostentamento delle popolazioni e degli ecosistemi in tutto il mondo.

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Alaska: il surriscaldamento marino minaccia l’ecosistema artico https://www.iconameteo.it/primo-piano/alaska-il-surriscaldamento-marino-minaccia-lecosistema-artico/ Tue, 08 Oct 2024 13:11:07 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78723 I ghiacciai in AlaskaNel 2022, miliardi di granchi delle nevi sono scomparsi dal Mare di Bering, suscitando grande preoccupazione tra scienziati e pescatori in Alaska. Contrariamente a quanto si potesse pensare, la causa di questa drammatica diminuzione non è attribuibile alla pesca eccessiva, ma al riscaldamento delle acque, che ha accelerato il metabolismo dei granchi, portandoli a una …

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Nel 2022, miliardi di granchi delle nevi sono scomparsi dal Mare di Bering, suscitando grande preoccupazione tra scienziati e pescatori in Alaska. Contrariamente a quanto si potesse pensare, la causa di questa drammatica diminuzione non è attribuibile alla pesca eccessiva, ma al riscaldamento delle acque, che ha accelerato il metabolismo dei granchi, portandoli a una crisi alimentare. Lo studio condotto dalla NOAA, guidato da Michael Litzow, ha rivelato che il Mare di Bering sta diventando sempre meno artico, con condizioni più calde e prive di ghiaccio che ora sono 200 volte più probabili rispetto al passato, minacciando l’intero ecosistema marino.

Impatto devastante sull’industria della pesca

I granchi delle nevi, che prosperano in acque sotto i 2°C, sono stati gravemente colpiti da un’ondata di calore marino tra il 2018 e il 2019. Questo evento ha spinto il loro metabolismo al limite, senza fornire loro sufficiente cibo per sopravvivere. Le conseguenze sono state disastrose per l’industria della pesca in Alaska, che rappresenta una delle colonne portanti dell’economia locale, con un valore annuale che può raggiungere i 227 milioni di dollari. Litzow avverte che il settore dovrà adattarsi rapidamente a queste nuove condizioni climatiche per garantire la sostenibilità della pesca.

Nuove specie marine in competizione

Il riscaldamento marino non ha solo ridotto drasticamente la popolazione dei granchi delle nevi, ma ha anche aperto la strada a nuove specie marine, come il merluzzo del Pacifico. Durante l’ondata di calore, queste nuove specie hanno invaso le acque tradizionalmente fredde dei granchi, aumentando la competizione per le risorse alimentari e accelerando il declino della popolazione di granchi.

Il cambiamento climatico in atto

Le trasformazioni climatiche stanno portando a cambiamenti significativi negli ecosistemi artici, con effetti che superano le sole dinamiche della pesca. La regione artica si sta riscaldando quattro volte più rapidamente rispetto al resto del mondo, e il Mare di Bering si presenta come un campanello d’allarme per le future sfide ambientali. Gli scienziati sono attivamente impegnati nel migliorare il monitoraggio e la risposta a questi cambiamenti, impiegando tecnologie avanzate come droni e intelligenza artificiale.

Una crisi che richiede attenzione

Il drastico cambiamento in corso richiede una maggiore attenzione e consapevolezza. Gli impatti del cambiamento climatico stanno mettendo a rischio i mezzi di sussistenza di intere comunità che dipendono da questi ecosistemi, rendendo il futuro incerto non solo per molte specie marine, ma anche per le persone che si affidano a esse.

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L’uragano Milton si trasforma in un ‘mostro’ in 24 ore: la Florida in stato d’allerta https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/luragano-milton-si-trasforma-in-un-mostro-in-24-ore-la-florida-in-stato-dallerta/ Tue, 08 Oct 2024 09:44:32 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78715 L’uragano Milton si dirige verso la Florida, a sole due settimane dal passaggio dell’uragano Helene, che ha causato oltre 200 morti e danni catastrofici. La costa occidentale della Florida è in preallerta per il potente uragano, che ha raggiunto la categoria 5 con una velocità sorprendente. Le previsioni indicano che Milton dovrebbe approdare in Florida …

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L’uragano Milton si dirige verso la Florida, a sole due settimane dal passaggio dell’uragano Helene, che ha causato oltre 200 morti e danni catastrofici. La costa occidentale della Florida è in preallerta per il potente uragano, che ha raggiunto la categoria 5 con una velocità sorprendente. Le previsioni indicano che Milton dovrebbe approdare in Florida mercoledì sera come uragano di categoria 3, ma con un’intensità sufficiente a provocare ulteriori devastazioni.

Con venti massimi sostenuti di almeno 250 km/h, Milton si presenta come un vero ‘mostro’. L’ultimo aggiornamento del National Hurricane Center rivela che il centro della tempesta si sposterà a nord della penisola dello Yucatan oggi, per poi avvicinarsi alla costa occidentale della Florida domani, toccando terra nell’area densamente popolata di Tampa Bay. Sebbene si preveda un leggero indebolimento prima dell’impatto, Milton potrebbe mantenere la sua forza mentre attraversa la Florida centrale e si dirige verso l’Oceano Atlantico.

Uragano Delta

I meteorologi avvertono della possibilità di una mareggiata di 2,4-3,6 metri nella baia di Tampa, un livello senza precedenti per la regione e quasi il doppio di quello registrato durante l’uragano Helene. La tempesta potrebbe anche portare a inondazioni diffuse, con previsioni di pioggia variabile tra 130 e 250 mm per la Florida continentale e le Keys, e fino a 380 mm in alcune località. L’area metropolitana di Tampa conta oltre 3,3 milioni di abitanti.

L’intensificazione estremamente rapida di Milton e i precedenti storici

Milton ha mostrato una rapidità di intensificazione senza pari nel Golfo del Messico, ma eventi simili non sono rari nell’Atlantico. Solo due uragani, Wilma nel 2005 e Felix nel 2007, hanno registrato un rafforzamento più rapido di Milton in 24 ore. Wilma detiene il record dal 1982, con un aumento di 170 km/h mentre si muoveva nel Mar dei Caraibi, mentre Felix nel 2007 si intensificò di 160 km/h.

L’uragano Milton è la tredicesima tempesta nominata di questa stagione e la settima a intensificarsi rapidamente. Questo fenomeno è stato accelerato dalla temperatura della superficie del mare, riscaldata dai cambiamenti climatici. Per “intensificazione estremamente rapida” si intende un incremento dei venti massimi sostenuti di almeno 93 km/h in un periodo di 24 ore. Nel caso di Milton, l’aumento è stato di 150 km/h. Le temperature della superficie del mare nella zona di sviluppo dell’uragano sono superiori ai livelli record, e una rapida analisi di attribuzione ha mostrato che questi aumenti di temperatura sono diventati da 400 a 800 volte più probabili a causa dei cambiamenti climatici negli ultimi 14 giorni.

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Frane devastano le ville californiane: un futuro incerto https://www.iconameteo.it/primo-piano/frane-devastano-le-ville-californiane-un-futuro-incerto/ Tue, 08 Oct 2024 09:36:59 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78713 pioggeLe splendide ville affacciate sull’Oceano Pacifico, spesso immortalate in film di Hollywood e di proprietà di celebrità, stanno affrontando una crisi senza precedenti. I proprietari di queste abitazioni da milioni di dollari devono ora confrontarsi con una minaccia crescente: le frane, un fenomeno che ha inizio negli anni ’50, ma che negli ultimi anni ha …

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Le splendide ville affacciate sull’Oceano Pacifico, spesso immortalate in film di Hollywood e di proprietà di celebrità, stanno affrontando una crisi senza precedenti. I proprietari di queste abitazioni da milioni di dollari devono ora confrontarsi con una minaccia crescente: le frane, un fenomeno che ha inizio negli anni ’50, ma che negli ultimi anni ha visto un’accelerazione drammatica. Le recenti piogge e tempeste intense hanno intensificato il movimento del terreno, con conseguenze devastanti per la stabilità delle abitazioni.

Nel sud della California, molte delle ville a strapiombo ora si trovano su terreni deformati, con strade incrinate e centinaia di abitazioni senza elettricità. Il governatore della California ha dichiarato stato di emergenza in diverse aree colpite, mentre le immagini di case che si inclinano pericolosamente sulle scogliere o che sono parzialmente inghiottite dal suolo diventano sempre più comuni. Le frane non solo distruggono queste proprietà, ma mettono in pericolo le vite umane e lasciano le comunità in uno stato di apprensione per il loro futuro.

L’impatto del cambiamento climatico

Gli scienziati avvertono che la frequenza di questi eventi aumenterà a causa della crisi climatica, che si traduce in piogge più intense e tempeste più forti, rimodellando il paesaggio californiano. Le frane sono influenzate da tre fattori principali: la pendenza del terreno, il tipo di roccia e le condizioni climatiche. Secondo un esperto del Jet Propulsion Laboratory della NASA, gran parte della California si trova su un substrato di ceneri vulcaniche, che degrada in argilla espandibile e scivolosa quando è bagnata.

Le precipitazioni sono tra i principali fattori scatenanti delle frane. Quando piove, l’acqua si infiltra nel terreno, riducendo l’attrito che mantiene insieme i granelli di terra e di roccia. Questo indebolisce il suolo, facilitando i movimenti. Il cambiamento climatico altera questo equilibrio, rendendo le pendenze più instabili.

Negli ultimi due anni, i cosiddetti “fiumi atmosferici” hanno portato abbondanti piogge nello Stato. Solo lo scorso febbraio, un fiume atmosferico ha scaricato quantità record di pioggia nel sud della California, scatenando centinaia di frane e causando numerose vittime. Le immagini di ville sull’orlo di precipitare sulla spiaggia sono diventate emblematiche di questa crisi. La correlazione tra la crisi climatica e le piogge più intense è evidente: un’atmosfera più calda può trattenere più umidità, portando a precipitazioni più violente. Inoltre, le temperature oceaniche in aumento alimentano tempeste più potenti.

Le previsioni future e i fattori di rischio

Le previsioni climatiche per la California indicano un futuro in cui le piogge saranno meno frequenti ma più intense, specialmente a causa dell’intensificarsi dei fiumi atmosferici. “Negli anni più piovosi, le frane accelerano in tutto lo Stato californiano”, afferma un esperto di geoscienze.

Oltre al cambiamento climatico, altri fattori contribuiscono al rischio di frane. L’innalzamento del livello del mare e le mareggiate erodono le scogliere, mentre estati più calde e secche aumentano la probabilità di incendi boschivi, che a loro volta lasciano il terreno vulnerabile. Le frane che nel 2018 devastarono Montecito, uccidendo 23 persone, seguirono un incendio di grande portata che aveva distrutto gran parte della vegetazione.

Questo fenomeno non è esclusivo della California. In tutto il mondo, gli scienziati stanno osservando un aumento delle frane legate ai cambiamenti climatici. Eventi recenti, come il ciclone Gabrielle in Nuova Zelanda, hanno innescato oltre 140.000 frane, mentre in India, un’intensa pioggia monsonica ha causato una frana che ha ucciso almeno 150 persone.

Il ruolo del comportamento umano

Il comportamento umano gioca un ruolo significativo nell’intensificare il rischio di frane. La costruzione su pendii instabili e la deforestazione, che rimuove le radici delle piante che stabilizzano il suolo, aggravano la situazione. Tuttavia, gli esperti concordano sul fatto che “il cambiamento climatico è la chiave” di questi fenomeni.

Per i residenti delle aree colpite dalle frane in California, il futuro è incerto. In alcune zone a sud di Los Angeles, il terreno si muove a una velocità di 30 centimetri a settimana. Non è chiaro quando o se questi movimenti si stabilizzeranno, ma ciò che è certo è che il cambiamento climatico sta avendo un impatto profondo e inesorabile anche sulle lussuose ville dei milionari californiani.

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La siccità prosciuga la regione amazzonica: il porto di Manaus raggiunge il livello più basso degli ultimi 122 anni https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/la-siccita-prosciuga-la-regione-amazzonica-il-porto-di-manaus-raggiunge-il-livello-piu-basso-degli-ultimi-122-anni/ Mon, 07 Oct 2024 11:06:37 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/la-siccita-prosciuga-la-regione-amazzonica-il-porto-di-manaus-raggiunge-il-livello-piu-basso-degli-ultimi-122-anni/ La siccità sta flagellando il Brasile, in particolare lo stato di Amazonas, situato a nord del Paese. La grave carenza idrica impatta naturalmente anche sui mezzi di sostentamento delle principali città interessate, sull’esportazione di grano e sui beni essenziali. Siccità, il porto fluviale di Manaus ha raggiunto il livello più basso degli ultimi 122 anni …

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La siccità sta flagellando il Brasile, in particolare lo stato di Amazonas, situato a nord del Paese. La grave carenza idrica impatta naturalmente anche sui mezzi di sostentamento delle principali città interessate, sull’esportazione di grano e sui beni essenziali.

Siccità, il porto fluviale di Manaus ha raggiunto il livello più basso degli ultimi 122 anni

Venerdì scorso infatti, il porto fluviale della città di Manaus, la più grande della foresta pluviale amazzonica, ha raggiunto il livello più basso dal 1902, poiché la siccità prosciuga i corsi d’acqua ostacolando il trasporto delle esportazioni di grano e di beni di prima necessità, che rappresentano l’arteria vitale della regione.

Le precipitazioni inferiori alla media, anche durante la stagione delle piogge, stanno flagellando l’Amazzonia e altre parti del Sudamerica dall’anno scorso, alimentando anche gli incendi boschivi che sia in Brasile che in Bolivia sono stati annoverati come tra i peggiori degli ultimi 10 anni. Secondo esperti e scienziati, la causa principale va ricercata nel cambiamento climatico.

Le previsioni non sorridono: secondo gli scienziati la regione amazzonica potrebbe recuperare i livelli di umidità non prima del 2026

Secondo gli esperti dunque la carenza idrica potrebbe mettere a dura prova la regione amazzonica fino ai prossimi due anni. L’anno scorso la siccità ha innescato una crisi umanitaria poiché migliaia di persone sono rimaste bloccate senza cibo, acqua e medicinali. Quest’anno le autorità hanno già emanato lo stato di allerta in oltre 60 municipalità dello stato di Amazonas, dove oltre mezzo milione di persone risultato in emergenza a causa dell’assenza di acqua.

Si teme infatti che la regione, non essendosi completamente ripresa dalla precedente siccità, possa raggiungere nuovi estremi. Per quanto riguarda il Porto di Manaus, infatti, le autorità parlano della peggiore carenza idrica degli ultimi 120 anni. Secondo i dati riportati dal comune di Manaus, venerdì il livello del fiume Rio Negro è stato di 12,66 metri, superando il precedente minimo storico registrato l’anno scorso e continuando a scendere rapidamente.

Il Rio Negro è un importante affluente del Rio delle Amazzoni, il fiume più grande del mondo per volume. Il porto di Manaus si trova nel punto in cui le acque del Rio Negro incontrano quelle del Solimoes, che hanno anch’esse toccato un minimo storico. Anche il fiume Madeira, un altro affluente del Rio delle Amazzoni, sta risentendo della siccità, tanto da portare all’interruzione delle esportazioni di grano a causa dei bassi livelli del fiume.

Secondo l’agenzia nazionale di monitoraggio delle catastrofi, la siccità è il peggiore evento del genere in Brasile almeno dagli anni ’50

La grave siccità ha mandato in estrema difficoltà anche le centrali idroelettriche, principale fonte di elettricità del Brasile. Le autorità energetiche hanno infatti approvato il ritorno dell’ora legale per cercare di risparmiare elettricità, sebbene la misura richieda ancora l’approvazione presidenziale.

La grave carenza idrica e il clima estremo stanno mettendo a dura prova anche altre zone del Sudamerica. Per esempio, il livello del fiume Paraguay ha fatto registrare un minimo storico: il fiume nasce in Brasile e scorre attraverso Paraguay e Argentina fino all’Atlantico. Siccità e caldo estremo stanno contribuendo anche agli incendi in Amazzonia e nel vicino Pantanal, le più grande zone umide del mondo. Anche la Bolivia è sulla buona strada per battere il record del maggior numero di incendi mai registrati.

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L’uragano Kirk punta verso l’Europa: coinvolta anche l’Italia? Le previsioni https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/uragano-kirk-punta-verso-leuropa-coinvolta-anche-litalia-le-previsioni/ Mon, 07 Oct 2024 10:52:33 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78686 uragano kirkL’uragano Kirk è nato lunedì scorso come l’undicesima tempesta tropicale atlantica della stagione, nonché la quarta della settimana iniziata con Helene, l’uragano che ha portato morte e distruzione dalla Florida alla Carolina del Nord. In breve tempo Kirk ha scalato la classifica, passando rapidamente dalla prima categoria alla terza categoria nella giornata di venerdì. Nel …

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L’uragano Kirk è nato lunedì scorso come l’undicesima tempesta tropicale atlantica della stagione, nonché la quarta della settimana iniziata con Helene, l’uragano che ha portato morte e distruzione dalla Florida alla Carolina del Nord. In breve tempo Kirk ha scalato la classifica, passando rapidamente dalla prima categoria alla terza categoria nella giornata di venerdì. Nel fine settimana nel mezzo dell’Atlantico centrale c’era un potente uragano di categoria 4, domenica con iniziali segni di cedimento.

Immagine Meteosat del 6 ottobre alle 12:00 UTC – L’uragano Kirk (margine sinistro) in avvicinamento all’Europa.

L’uragano Kirk punta verso l’Europa: ecco cosa succederà e dove andrà a colpire

Secondo il National Hurricane Center della NOAA, il ciclone tropicale nelle prossime ore si dirigerà verso nordest, lungo una traiettoria che in breve tempo lo porterà ad interagire direttamente con i sistemi extratropicali che regolano il tempo sull’Europa. Durante il viaggio verso latitudini sempre più alte continuerà a perdere potenza a causa della diminuzione della temperatura della superficie del mare e della disponibilità di vapore acqueo nell’aria.

Traiettoria del centro dell’uragano Kirk prevista dal National Hurricane Center (NHC) della NOAA. Il cerchio che indica la posizione prevista del centro è nero se si prevede che il ciclone sarà tropicale, bianco con un contorno nero se si prevede che il ciclone sarà extratropicale. La lettera all’interno del cerchio indica l’intensità del vento prevista dall’NHC in quel momento: D = Tropical Depression – wind speed less than 39 MPH; S = Tropical Storm – wind speed between 39 MPH and 73 MPH; H = Hurricane – wind speed between 74 MPH and 110 MPH; M = Major Hurricane – wind speed greater than 110 MPH.

Kirk perderà così le caratteristiche proprie di un uragano e, tra lunedì notte a martedì mattina, transiterà a nord delle Azzorre già come ciclone extratropicale. Raggiungerà poi la Spagna e, a metà settimana, dopo aver “inglobato” un vortice già presente tra Francia e Inghilterra, raggiungerà anche il resto dell’Europa occidentale, comportandosi come le “normali” tempeste atlantiche che conosciamo. Anche l’Italia sarà interessata dal passaggio dell’ex-Kirk sull’Europa, ma solo marginalmente.

Pressione al suolo e soggetti sinottici previsti dall’Aeronautica Militare per martedì 8 ottobre alle 12:00 UTC (https://www.meteoam.it/it/suolo)
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Soluzioni e speranze per la gestione delle risorse idriche sotterranee https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/soluzioni-e-speranze-per-la-gestione-delle-risorse-idriche-sotterranee/ Mon, 07 Oct 2024 09:41:32 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/soluzioni-e-speranze-per-la-gestione-delle-risorse-idriche-sotterranee/ Nonostante la gravità della situazione, l’analisi dei dati sui livelli dell’acqua sotterranea ha rivelato alcuni esempi incoraggianti di recupero delle risorse idriche. In circa il 16% dei sistemi acquiferi esaminati, i livelli dell’acqua sotterranea che erano in declino nel ventesimo secolo hanno iniziato a risalire nel ventunesimo secolo. In altre aree, il tasso di declino …

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Nonostante la gravità della situazione, l’analisi dei dati sui livelli dell’acqua sotterranea ha rivelato alcuni esempi incoraggianti di recupero delle risorse idriche. In circa il 16% dei sistemi acquiferi esaminati, i livelli dell’acqua sotterranea che erano in declino nel ventesimo secolo hanno iniziato a risalire nel ventunesimo secolo. In altre aree, il tasso di declino è rallentato, dimostrando che, con le giuste politiche e strategie di gestione, è possibile invertire la tendenza.

Un esempio significativo è rappresentato dal bacino di Bangkok in Thailandia, dove le autorità hanno introdotto regolamentazioni più severe sul prelievo di acqua sotterranea, portando a una ripresa dei livelli dell’acqua. Anche in Arabia Saudita, la riduzione dell’uso agricolo di acqua sotterranea ha contribuito a rallentare il declino delle falde acquifere.

Progetti di ricarica e trasferimenti d’acqua

Un’altra strategia che ha mostrato risultati positivi è stata l’implementazione di progetti di ricarica delle falde acquifere. Questi progetti prevedono l’iniezione di acqua in eccesso nelle falde durante i periodi di abbondanza, per essere utilizzata nei periodi di scarsità. In Arizona, per esempio, il bacino del fiume Salt ha beneficiato di un progetto di ricarica che ha contribuito a stabilizzare i livelli dell’acqua.

In alcuni casi, i trasferimenti di acqua tra bacini idrografici si sono rivelati efficaci. Nella Cina settentrionale, il trasferimento di acqua dal bacino del Wanjiazhai ha portato a un recupero significativo delle risorse idriche sotterranee.

Il futuro della gestione delle falde acquifere

Nonostante questi esempi di successo, la strada da percorrere per proteggere e ripristinare le risorse idriche sotterranee è ancora lunga. La maggior parte dei sistemi acquiferi continuano a perdere acqua a un ritmo allarmante, specialmente nelle regioni agricole aride, dove la domanda di acqua è particolarmente elevata. Le strategie di gestione delle risorse idriche devono essere migliorate e adattate alle specificità locali per poter affrontare efficacemente il problema.

La gestione integrata delle acque superficiali e sotterranee è fondamentale per evitare che i bacini idrici si esauriscano. Progetti di ricarica artificiale, regolamentazioni più severe e politiche di gestione sostenibile dell’acqua possono fare la differenza. Tuttavia, queste strategie devono essere accompagnate da un maggiore impegno internazionale per affrontare i problemi legati al cambiamento climatico, che sta accelerando il declino delle risorse idriche in molte parti del mondo.

La gestione sostenibile delle risorse idriche sotterranee è essenziale per garantire un futuro meno vulnerabile alla scarsità d’acqua. Le falde acquifere svolgono un ruolo cruciale non solo nell’approvvigionamento idrico, ma anche nel mantenimento degli ecosistemi e nella stabilità delle economie locali. È necessario un impegno globale per proteggere queste risorse vitali, investendo in soluzioni innovative e collaborando a livello internazionale per combattere le cause alla radice, come il cambiamento climatico e l’uso incontrollato dell’acqua. Il recupero delle falde acquifere non è impossibile, ma richiede uno sforzo concertato e continuo da parte di governi, aziende e cittadini di tutto il mondo.

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Uragano Helene ‘aggravato dal riscaldamento globale’: intere aree cancellate https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-helene-aggravato-dal-riscaldamento-globale-intere-aree-cancellate/ Tue, 01 Oct 2024 09:06:49 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-helene-aggravato-dal-riscaldamento-globale-intere-aree-cancellate/ L’uragano Helene ha devastato il sud-est degli Stati Uniti, dove purtroppo il bilancio delle vittime continua ad aumentare: attualmente si contano circa 130 decessi in sei stati e le autorità temono che la situazione possa ulteriormente peggiorare. Centinaia di strade restano chiuse, soprattutto nelle Caroline, ostacolando la consegna di rifornimenti di cui c’è un disperato bisogno. …

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L’uragano Helene ha devastato il sud-est degli Stati Uniti, dove purtroppo il bilancio delle vittime continua ad aumentare: attualmente si contano circa 130 decessi in sei stati e le autorità temono che la situazione possa ulteriormente peggiorare. Centinaia di strade restano chiuse, soprattutto nelle Caroline, ostacolando la consegna di rifornimenti di cui c’è un disperato bisogno. E più di 2 milioni di persone restano senza elettricità.

Uragano Helene, sarà una ripresa complicata per gli stati colpiti

Helene ha toccato terra nella serata di giovedì scorso nella regione di Big Bend in Florida come uragano di categoria 4. Anche se si è indebolito fino a diventare una tempesta tropicale prima di attraversare la Georgia, le Caroline e il Tennessee, i venti, le piogge, l’ondata di tempesta e le inondazioni della tempesta hanno distrutto intere comunità sul suo cammino.

Secondo la Federal Emergency Management Agency (Fema), sarà una ripresa complicata per gli stati colpiti da Helene, vale a dire Nord e Sud Carolina, Georgia, Florida, Tennessee e Virginia. Sempre la Fema definisce Helene un vero e proprio “evento multi-stato”, aggravato dal riscaldamento globale. “Sarà una ripresa davvero complicata in ciascuno degli stati” ha affermato l’amministratore della Fema, Deanne Criswell.

Lo stesso ha fatto notare che un’onda di tempesta di 4,5 metri ha colpito la contea di Taylor in Florida, dove Helene è arrivata come uragano di categoria 4 giovedì sera, con venti di 225 km/h, e ha sottolineato che le aree della Carolina del Nord occidentale hanno registrato 740 mm di pioggia quando la tempesta si è fermata sulla regione.

Helene ha completamente cancellato alcuni villaggi della Carolina del Nord

Alcune aree sono state completamente cancellate: è il caso per esempio del piccolo villaggio di Chimney Rock, nella Carolina del Nord, che sta facendo i conti con la devastazione totale. Diverse persone risultano disperse, l’uragano ha distrutto case lungo il fiume e attività commerciali nel centro città.

Un’altra comunità completamente devastata è quella di Asheville, sempre nella Carolina del Nord, dove fino a lunedì pomeriggio risultavano circa 600 dispersi. Le strade e i ponti sono crollati, le linee telefoniche sono fuori uso e dunque le operazione di ricerca, salvataggio e rifornimento viveri procedono a rilento. Le forti piogge hanno quasi fatto crollare la diga di Nolichucky a Greeneville, nel Tennessee, situazione che il National Weather Service ha definito “particolarmente pericolosa”, esortando almeno 100.000 residenti della zona a “cercare subito terreni più elevati”.

Intanto c’è una probabilità media (40%) che una nuova tempesta si sviluppi nei Caraibi occidentali o nel Golfo del Messico nel corso di questa settimana, ma attualmente è troppo presto per sapere dove potrebbe dirigersi. La situazione è da monitorare attentamente.

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Trump e la negazione della crisi climatica

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Trump e la negazione della crisi climatica https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/trump-e-la-negazione-della-crisi-climatica/ Sun, 29 Sep 2024 10:06:20 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/trump-e-la-negazione-della-crisi-climatica/ Immaginate, per un attimo, che l’infrastruttura petrolifera e del gas cominci a fendere la tundra del nord dell’Alaska, una terra di rifugio per i caribù in migrazione e gli orsi polari. Oppure che miniere di rame e nichel appaiano ai confini di una delle più vaste aree incontaminate a est delle Montagne Rocciose, un’enorme distesa …

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Immaginate, per un attimo, che l’infrastruttura petrolifera e del gas cominci a fendere la tundra del nord dell’Alaska, una terra di rifugio per i caribù in migrazione e gli orsi polari. Oppure che miniere di rame e nichel appaiano ai confini di una delle più vaste aree incontaminate a est delle Montagne Rocciose, un’enorme distesa di 450.000 ettari di laghi cristallini e foreste abitate da lupi e alci. O ancora, che l’esplorazione di uranio e carbone riprenda in paesaggi un tempo protetti, come quelli che confinano con il Grand Canyon.

Se Donald Trump dovesse vincere le elezioni presidenziali degli Stati Uniti a novembre, questi progetti potrebbero diventare realtà, facendo parte di un’agenda energica incentrata sull’estrazione di risorse. “Trivelleremo, eccome se trivelleremo,” ha dichiarato Trump a luglio, accettando formalmente la candidatura repubblicana alla convention nazionale del partito a Milwaukee.

I piani iniziali suggeriscono che Trump voglia ridefinire radicalmente il Dipartimento degli Interni, che gestisce oltre 200 milioni di ettari di terre pubbliche, compresi parchi nazionali e rifugi per la fauna selvatica, e ha il compito di proteggere le specie in pericolo. Mentre Joe Biden ha fatto della tutela delle terre pubbliche e della transizione verso l’energia verde il fulcro del suo mandato, Trump e i suoi alleati puntano a smantellare molte delle politiche di Biden, rimodellare la pubblica amministrazione e attuare una nuova agenda incentrata sulla riduzione delle regolamentazioni, sull’indebolimento delle protezioni ambientali e sull’espansione dello sviluppo di petrolio e gas nel West americano.

Uno degli artefici di questa visione è Daniel Jorjani, ex consigliere legale di punta del Dipartimento degli Interni durante l’amministrazione Trump. Ex avvocato per organizzazioni legate ai mega-donatori conservatori Charles e David Koch, Jorjani oggi lavora per Citizens United, un gruppo di pressione di estrema destra. Secondo fonti vicine a lui, è coinvolto nella definizione delle politiche ambientali della possibile seconda amministrazione Trump. Lynn Scarlett, che ha lavorato come vice segretaria degli Interni sotto George W. Bush, ha dichiarato che Jorjani, suo ex capo di gabinetto, sta collaborando con il team di Trump sulle questioni legate agli Interni.

Jorjani, attraverso un post su LinkedIn, ha confermato di aver fatto parte del team legale della campagna di Trump durante la convention repubblicana, contribuendo a promuovere la piattaforma del partito che promette di “liberare l’energia americana”. Recentemente, è stato nominato anche nel Consiglio statale per il controllo dell’inquinamento atmosferico in Virginia, e alcune fonti speculano che possa essere preso in considerazione per ruoli di alto livello all’Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA) o al Consiglio per la Qualità Ambientale della Casa Bianca.

Non è chiaro esattamente quali siano i piani di Jorjani e degli altri sostenitori di Trump per una seconda amministrazione, ma l’agenda ufficiale, nota come Agenda 47, rimane vaga. Tuttavia, gli alleati conservatori hanno già elaborato proposte dettagliate per smantellare le divisioni scientifiche di diverse agenzie federali, limitare leggi ambientali vecchie di decenni e abolire l’Antiquities Act, una legge federale che permette ai presidenti di designare ampie aree di terre pubbliche come monumenti nazionali, proteggendole dallo sviluppo. Terre selvagge sensibili, come la Boundary Waters Canoe Area nel Minnesota o il Parco Nazionale Storico della Cultura Chaco in New Mexico, potrebbero tornare sotto la minaccia dello sfruttamento minerario o petrolifero.

David Hayes, ex vice segretario agli Interni sotto Barack Obama e Bill Clinton, ha definito questa strategia un “ritorno al passato”, sottolineando la sua preoccupazione per la determinazione dei sostenitori di Trump.

Dietro queste proposte c’è un’organizzazione ben strutturata di gruppi conservatori, come la Heritage Foundation, che ha elaborato il “Project 2025”, un piano politico per aiutare la futura amministrazione Trump a partire a razzo. Tra i contributori del progetto, c’è William Perry Pendley, che ha diretto l’Ufficio per la Gestione delle Terre sotto Trump e ha cercato di svendere le terre pubbliche a basso costo, seguendo l’esempio del suo mentore James Watt, segretario degli Interni durante l’amministrazione Reagan.

David Bernhardt, ex segretario degli Interni di Trump, è oggi un attore centrale nel tessuto di organizzazioni che sostengono il ritorno all’agenda di Trump. A capo del Center for American Freedom presso l’America First Policy Institute, Bernhardt ha descritto in un libro come intende riformare la burocrazia federale, tra cui la creazione di una nuova categoria di impiegati pubblici, noti come “Schedule F”, che permetterebbe a Trump di licenziare migliaia di funzionari pubblici e sostituirli con alleati.

Trump ha anche intensificato i legami con l’industria petrolifera e del gas, promettendo di revocare molte delle politiche ambientali di Biden in cambio di enormi finanziamenti per la sua campagna elettorale. Mentre l’amministrazione Biden ha raggiunto livelli record di produzione di petrolio e gas e ha approvato progetti come Willow in Alaska, Trump ha promesso agli industriali del settore maggiore libertà di azione e meno restrizioni.

La futura amministrazione Trump punterà a riaprire vaste aree di terre pubbliche per l’estrazione di petrolio, gas e carbone, riportando al centro la sua agenda di “dominanza energetica”. Ciò potrebbe portare a una drastica riduzione delle protezioni per le terre pubbliche, i monumenti nazionali e le specie in via di estinzione.

Inoltre, l’aggressiva promozione di combustibili fossili sarà probabilmente accompagnata da un rifiuto sempre più marcato della scienza climatica. Durante il suo primo mandato, Trump ha cercato di ridimensionare il ruolo dei climatologi nelle agenzie governative e ha screditato studi fondamentali come la National Climate Assessment. Se Trump riuscirà a licenziare molti funzionari pubblici avrà pochi ostacoli nel portare avanti la sua agenda.

Le leggi fondamentali che proteggono l’ambiente americano potrebbero essere messe a dura prova durante un eventuale secondo mandato di Trump. Tra queste, l’Endangered Species Act e l’Antiquities Act rischiano di essere ridimensionate o abrogate, minacciando secoli di protezione ambientale negli Stati Uniti. L’obiettivo sembra chiaro: espandere al massimo le attività estrattive, ridurre le regolamentazioni e lasciare che l’economia e il denaro prevalgano sulla natura.

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Il Papa in Belgio: “L’indifferenza spietata dei potenti verso il clima per il denaro” https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-papa-in-belgio-lindifferenza-spietata-dei-potenti-verso-il-clima-per-il-denaro/ Sun, 29 Sep 2024 09:06:17 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-papa-in-belgio-lindifferenza-spietata-dei-potenti-verso-il-clima-per-il-denaro/ Il Papa durante la sua visita in Belgio si è recato anche all’Université Catholique de Louvain. L’università si trova a Ottignies-Louvain-la-Neuve, poco fuori  Bruxelles e si tratta di una Università belga francofona. Qui ha incontrato gli studenti universitari che gli hanno posto domande e riflessioni su molte questioni tra le quali anche l’angoscia per il …

© Icona Meteo - Il presente contenuto è riproducibile solo in parte, non integralmente, inserendo la citazione della fonte (Icona Meteo) e il link al contenuto originale (Il Papa in Belgio: “L’indifferenza spietata dei potenti verso il clima per il denaro”)

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Il Papa durante la sua visita in Belgio si è recato anche all’Université Catholique de Louvain. L’università si trova a Ottignies-Louvain-la-Neuve, poco fuori  Bruxelles e si tratta di una Università belga francofona. Qui ha incontrato gli studenti universitari che gli hanno posto domande e riflessioni su molte questioni tra le quali anche l’angoscia per il futuro e la preoccupazione per la salute del Pianeta.

Per rispondere a tutti i temi proposti il Papa ha pronunciato un lungo discorso agli studenti, discorso del quale vi proponiamo il passaggio dedicato all’Ecologia:

“Il nostro compito nel mondo è custodire la sua bellezza e promuoverla per il bene comune, soprattutto pensando a chi verrà dopo di noi, alle prossime generazioni. Questo è il cuore del ‘programma ecologico’ della Chiesa. Tuttavia, nessun piano di sviluppo avrà successo finché nelle nostre coscienze prevarranno arroganza, violenza e rivalità. Bisogna affrontare il problema alla radice, che risiede nel cuore umano. È da lì che emerge l’urgente necessità di affrontare la crisi ambientale: nasce dall’indifferenza arrogante di coloro che detengono il potere, mettendo costantemente al primo posto il profitto economico. Il denaro. Come diceva sempre mia nonna: ‘Fai attenzione, perché il diavolo si insinua nelle tasche.’ Finché sarà così, ogni appello sarà ignorato o accolto solo nella misura in cui serve agli interessi del mercato. E finché il mercato sarà la priorità assoluta, la nostra casa comune continuerà a subire ingiustizie. La bellezza del creato ci richiede responsabilità: siamo ospiti su questa Terra, non tiranni. Su questo punto, cari studenti, vi invito a vedere la cultura come un modo di coltivare il mondo, non solo le idee”. Così ha parlato il Papa.

**Il Papa e l’urgenza del cambiamento climatico: un appello alla coscienza globale**

Negli ultimi anni, Papa Francesco si è affermato come una delle voci più influenti a livello mondiale nella lotta contro il cambiamento climatico. Con i suoi interventi e discorsi, il Pontefice ha sottolineato l’importanza di prendersi cura della nostra casa comune, il pianeta Terra, e ha lanciato ripetuti appelli alla comunità internazionale affinché agisca per fermare il degrado ambientale.

**”Laudato Si’”: un’enciclica per il pianeta**

Nel 2015, con la pubblicazione dell’enciclica *Laudato Si’*, Papa Francesco ha lanciato un accorato appello per una conversione ecologica, invitando tutti, credenti e non, a un radicale cambiamento nei nostri stili di vita e nei modelli di sviluppo. Il documento si pone come un invito a “custodire la casa comune”, sottolineando come la crisi ambientale sia profondamente collegata a questioni di giustizia sociale e disuguaglianza.

Papa Francesco ha affermato che “tutto è interconnesso” e che l’impatto delle attività umane sulla natura non può essere ignorato, poiché le conseguenze dei cambiamenti climatici colpiscono in particolare i più poveri e vulnerabili del mondo. Il Pontefice ha chiesto un ripensamento globale del rapporto dell’umanità con il creato, condannando l’avidità e l’indifferenza che guidano lo sfruttamento delle risorse naturali.

**”Non possiamo restare indifferenti”**

In numerosi discorsi successivi, il Papa ha continuato a denunciare il comportamento irresponsabile di molti leader politici ed economici che, secondo lui, continuano a mettere al primo posto i profitti e il potere, ignorando l’urgenza della crisi climatica. “Non possiamo restare indifferenti davanti ai segnali che la Terra ci manda”, ha detto Papa Francesco durante una visita in Madagascar nel 2019. “Il futuro dell’umanità è nelle nostre mani. Abbiamo il dovere di consegnare alle nuove generazioni un mondo vivibile, non devastato dall’egoismo umano.”

**Il grido della Terra e dei poveri**

Il Pontefice ha più volte sottolineato come “il grido della Terra” sia inseparabile dal “grido dei poveri”. Questo concetto si riflette in tutte le sue dichiarazioni riguardanti l’ambiente. Nel suo discorso al vertice sul clima COP26, tenutosi a Glasgow nel 2021, ha esortato i leader mondiali ad assumersi una maggiore responsabilità per affrontare la crisi climatica, rimarcando che “le promesse vuote e le mezze misure non sono più sufficienti”. Ha insistito sul fatto che sono necessarie azioni rapide e concrete per proteggere il pianeta e garantire un futuro sostenibile per le generazioni a venire.

**Il tempo sta per scadere**

In diverse occasioni, Papa Francesco ha avvertito che il tempo per agire sta rapidamente esaurendosi. Durante il 2023, in un intervento a margine della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, ha dichiarato: “Il tempo stringe e la responsabilità è collettiva. Non possiamo continuare a ignorare i danni che stiamo causando. Dobbiamo prendere coscienza che stiamo mettendo a rischio la sopravvivenza stessa della nostra specie”.

Ha insistito sull’urgenza di passare a energie rinnovabili e sostenibili, e ha criticato le economie basate sui combustibili fossili che stanno accelerando il riscaldamento globale. “Il cambiamento climatico non è una fantasia o un mito”, ha ribadito, “ma una realtà devastante con cui siamo già costretti a fare i conti”.

**Una responsabilità spirituale e morale**

Per Papa Francesco, la cura del pianeta non è solo una questione scientifica o politica, ma anche spirituale. Ha spesso ricordato che l’essere umano è un amministratore del creato, non il suo proprietario. In quest’ottica, ha fatto appello a tutte le fedi affinché si uniscano in un’azione comune per la tutela della Terra.

“La Terra è un dono di Dio, e come tale va trattata con rispetto e gratitudine”, ha dichiarato il Papa in un discorso del 2022. “Siamo chiamati a prenderci cura del creato, non a dominarlo con arroganza. La nostra relazione con la natura deve essere basata sull’amore e sulla custodia, non sull’avidità e sulla distruzione.”

**Un invito all’azione**

Le parole di Papa Francesco continuano a risuonare in un contesto globale che sembra ancora riluttante ad adottare cambiamenti profondi e radicali. Tuttavia, il suo appello è chiaro: “Non c’è più tempo per l’indifferenza”. Mentre i leader mondiali continuano a discutere e dibattere, il Papa invita ogni individuo a fare la propria parte. “Ognuno di noi ha una responsabilità. Possiamo fare la differenza, iniziando dalle nostre azioni quotidiane.”

In un mondo dove la crisi climatica sembra spesso relegata a una questione tecnica o politica, Papa Francesco ci ricorda che la vera soluzione deve partire dal cuore dell’uomo. Solo attraverso una trasformazione interiore e collettiva possiamo sperare di consegnare un pianeta sano e vivibile alle generazioni future.

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La California cita in giudizio ExxonMobil https://www.iconameteo.it/primo-piano/la-california-cita-in-giudizio-exxonmobil/ Sat, 28 Sep 2024 10:08:14 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78638 La California ha intentato una causa senza precedenti contro la ExxonMobil, accusando la compagnia petrolifera di aver ingannato il pubblico per oltre cinquant’anni riguardo l’efficacia del riciclaggio della plastica. Il procuratore generale dello Stato, Rob Bonta, sostiene che la ExxonMobil abbia utilizzato campagne pubblicitarie ingannevoli per far credere che il riciclaggio fosse una soluzione concreta …

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La California ha intentato una causa senza precedenti contro la ExxonMobil, accusando la compagnia petrolifera di aver ingannato il pubblico per oltre cinquant’anni riguardo l’efficacia del riciclaggio della plastica. Il procuratore generale dello Stato, Rob Bonta, sostiene che la ExxonMobil abbia utilizzato campagne pubblicitarie ingannevoli per far credere che il riciclaggio fosse una soluzione concreta per la gestione dei rifiuti plastici. Tuttavia, la realtà è che solo una piccola percentuale di plastica viene effettivamente riciclata mentre la maggior parte finisce in discariche, inceneritori o direttamente dispersa nell’ambiente.

Secondo la causa, presentata presso la Corte Superiore della Contea di San Francisco, la ExxonMobil avrebbe promosso falsamente il riciclaggio come soluzione alla crisi dei rifiuti plastici, pur sapendo che, tecnicamente ed economicamente, la maggior parte della plastica non può essere riciclata. Il riciclaggio avanzato, un processo promosso dall’industria, si è dimostrato inefficace, con impianti chiusi, obiettivi mancati e incidenti, tra cui incendi e fuoriuscite di sostanze chimiche.

La causa legale, nata dopo oltre due anni di indagini da parte del Dipartimento di Giustizia della California, mira a costringere la ExxonMobil a interrompere le sue pratiche ingannevoli e a pagare sanzioni civili per i danni causati dall’inquinamento da plastica nello Stato. La ExxonMobil è uno dei maggiori produttori mondiali di polimeri, componenti chiave della plastica monouso, che includono utensili, bottiglie e imballaggi.

Le accuse avanzate dalla California rappresentano un nuovo fronte nella battaglia legale contro le grandi aziende petrolifere, già sotto accusa per il loro ruolo nel cambiamento climatico e nell’inquinamento atmosferico. Tuttavia, questo è il primo caso che affronta direttamente il modo in cui un’azienda ha promosso il riciclaggio della plastica come una soluzione fattibile alla crisi dei rifiuti, nonostante fosse noto che il riciclaggio non avrebbe mai potuto risolvere il problema in modo significativo.

Secondo il comunicato del procuratore generale Bonta, l’inquinamento da plastica è ormai onnipresente: si trova nelle profondità degli oceani, sulle cime delle montagne e persino nei nostri corpi. Gli effetti dannosi della plastica sull’ambiente e sulla salute umana sono profondi e, in molti casi, irreversibili. Solo il 9% della plastica mondiale viene effettivamente riciclato, addirittura negli Stati Uniti la percentuale scende ulteriormente al 5-6%. La produzione di plastica, alimentata dai combustibili fossili, è raddoppiata negli ultimi vent’anni, e il suo impatto sulla crisi climatica è sempre più evidente.

La ExxonMobil ha risposto sostenendo che le autorità californiane conoscono da anni i problemi legati al riciclaggio, ma non sono riuscite a intervenire in modo efficace. L’azienda afferma che la tecnologia del riciclaggio chimico, ancora in fase di sviluppo, potrebbe rappresentare una vera soluzione per affrontare il problema dei rifiuti plastici che non possono essere riciclati con i metodi tradizionali.

Nonostante queste affermazioni, gli ambientalisti americani ritengono che l’industria della plastica abbia deliberatamente ingannato il pubblico per massimizzare i propri profitti, contribuendo a una crisi globale che mette a rischio sia l’ecosistema che la salute umana. Judith Enck, ex funzionaria dell’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti e ora presidente del progetto Beyond Plastics, ha definito questa causa “la più importante mai presentata contro l’industria della plastica per le sue continue menzogne sul riciclaggio.”

Questa causa potrebbe avere un impatto significativo non solo per la California, ma per l’intero movimento globale contro l’inquinamento da plastica e la lotta per un futuro più sostenibile.

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Uragano Helene e il Fenomeno Fujiwara: Un Evento Straordinario e le sue Implicazioni https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-helene-e-il-fenomeno-fujiwara-un-evento-straordinario-e-le-sue-implicazioni/ Sat, 28 Sep 2024 08:23:50 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78635 In queste ore l’uragano Helene, dopo aver toccato la costa occidentale degli Stati Uniti, sta proseguendo verso l’entroterra, dopo aver coinvolto Stati come North Carolina, South Carolina, Tennessee e Kentucky. Questo evento così catastrofico avrebbe potuto dare origine a un fenomeno meteorologico molto raro noto come effetto Fujiwara, che si verifica quando due cicloni tropicali …

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In queste ore l’uragano Helene, dopo aver toccato la costa occidentale degli Stati Uniti, sta proseguendo verso l’entroterra, dopo aver coinvolto Stati come North Carolina, South Carolina, Tennessee e Kentucky. Questo evento così catastrofico avrebbe potuto dare origine a un fenomeno meteorologico molto raro noto come effetto Fujiwara, che si verifica quando due cicloni tropicali si avvicinano l’uno all’altro e cominciano a orbitare reciprocamente, simili a pianeti nel cosmo.

Cosa Comporta l’Effetto Fujiwara?

Come descrive un esperto meteorologo di IconaMeteo, l’effetto Fujiwara si attua quando i centri di bassa pressione di due cicloni tropicali si posizionano in prossimità. A seconda della loro potenza e della distanza che li separa, questi sistemi possono fondersi in un unico grande ciclone oppure influenzarsi a vicenda. È importante sottolineare che ciò non implica una somma delle loro intensità, formando un mega ciclone. In genere, il sistema meno potente tende a indebolirsi o addirittura a dissolversi in seguito a questa interazione.

Differenze nei Tipi di Cicloni

Sebbene l’effetto Fujiwara si manifesti più frequentemente tra cicloni tropicali, è possibile anche l’interazione tra un uragano e un vortice di bassa pressione tipico delle medie latitudini. Di norma, gli uragani che colpiscono gli Stati Uniti seguono un percorso verso nord-est, perdendo forza lungo il tragitto. Tuttavia, Helene ha intrapreso un percorso inusuale, deviando bruscamente verso nord-ovest una volta penetrato nell’entroterra a causa del fenomeno Fujiwara perché secondo gli studiosi americani sarebbe stato influenzato da un altro ciclone attivo in pieno Atlantico: l’uragano Isaac. Questa traiettoria non convenzionale di Helene ha reso più complessa la previsione degli impatti.

Implicazioni dell’Effetto Fujiwara

Per colpa dell’effetto Fujiwara, Helene ha mantenuto una consistente velocità di movimento anche dopo essere avanzata nell’entroterra, provocando raffiche di vento molto intense. Molte località sulla terraferma hanno assistito a una potenza dei venti superiore alle normali tempeste del recente passato, le zone a rischio si sono estese fino al fiume Ohio in Kentucky e hanno presentato intensità paragonabili a quelle di un uragano tipico della costa, nonostante l’uragano avesse già raggiunto le zone interne. Questo ha portato e sta portando, in queste ore, a situazioni di rischio e allerta per le comunità lungo il suo cammino. Proprio per questi motivi vigono delle allerte massime in molte zone degli Stati interessati dal cammino di Helene.

PAROLA ALL’ESPERTO

L’effetto Fujiwara si manifesta principalmente tra cicloni tropicali, ma le differenze nelle interazioni possono influenzare il comportamento e l’evoluzione dei sistemi. Ecco alcune delle principali differenze nel contesto dell’effetto Fujiwara:

  1. Tipi di Cicloni Coinvolti:
    • Cicloni Tropicali: L’effetto Fujiwara si osserva spesso tra due cicloni tropicali, come uragani, che seguono simili dinamiche atmosferiche ed energetiche. Quando si avvicinano, iniziano a ruotare l’uno attorno all’altro, e le loro interazioni possono portare a fusioni o all’indebolimento del sistema più debole.
    • Vortici di Bassa Pressione delle Medie Latitudini: Anche se meno comune, l’effetto Fujiwara può verificarsi tra un uragano e un vortice di bassa pressione delle medie latitudini. Tuttavia, in questo caso, la dinamica è diversa, dato che i vortici di bassa pressione delle medie latitudini hanno caratteristiche e meccanismi di funzionamento distinti.
  2. Impatto e Conseguenze:
    • Cicloni Tropicali: Quando due cicloni tropicali interagiscono, è possibile che si verifichi un cambiamento significativo nella loro traiettoria o nella loro intensità. Uno dei cicloni potrebbe rinforzarsi mentre l’altro si indebolisce.
    • Bassa Pressione delle Medie Latitudini: L’interazione tra un uragano e un vortice di bassa pressione può portare a una modifica della traiettoria dell’uragano e può influenzare il suo comportamento, anche se l’impatto è generalmente meno drastico rispetto alle interazioni tra cicloni tropicali.
  3. Meccanismi di Interazione:
    • Cicloni Tropicali: Sono sistemi caldi e forti che si nutrono del calore dell’oceano; quindi, quando interagiscono, possono generare effetti dinamici notevoli, come la fusione dei sistemi o il cambiamento della direzione del vento.
    • Bassa Pressione delle Medie Latitudini: Questi sistemi sono influenzati da dinamiche atmosferiche diverse, come la circolazione occidentale, e l’interazione con un uragano potrebbe non portare a un effetto Fujiwara così pronunciato come avverrebbe tra due cicloni tropicali.

In sintesi, sebbene l’effetto Fujiwara possa verificarsi in entrambi i contesti, le dinamiche e le conseguenze delle interazioni differiscono a seconda dei tipi di sistemi coinvolti.

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L’uragano Helene si abbatte sulla Florida con venti a 225 km/h: devastazione e vittime https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/luragano-helene-si-abbatte-sulla-florida-con-venti-a-225-km-h-devastazione-e-vittime/ Fri, 27 Sep 2024 06:10:15 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/luragano-helene-si-abbatte-sulla-florida-con-venti-a-225-km-h-devastazione-e-vittime/ L’uragano Helene si è abbattuto nelle scorse ore sulla Florida come categoria 4 con venti massimi a 225 km/h e una storm surge (onda di marea) fino a 6 metri. Uno scenario da incubo soprattutto per la zona delle Big Bend, nella regione Panhandle della Florida. Al momento si contano già 3 vittime. Si tratta …

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L’uragano Helene si è abbattuto nelle scorse ore sulla Florida come categoria 4 con venti massimi a 225 km/h e una storm surge (onda di marea) fino a 6 metri. Uno scenario da incubo soprattutto per la zona delle Big Bend, nella regione Panhandle della Florida. Al momento si contano già 3 vittime. Si tratta dell’uragano più forte ad aver toccato terra in questo settore della Florida dal 1851. Il precedente record apparteneva all’uragano Cedar Keys (1896).

Helene ora si è indebolito fino all’intensità di categoria 2, ma rimane estremamente pericoloso, con venti a venti a 177 km/h, secondo l’aggiornamento del National Hurricane Center (NHC).
Si trova a pochi chilometri a sud-ovest di Valdosta e si sta muovendo rapidamente verso nord-est a 30 km/h con venti catastrofici che si stanno spingendo verso la Georgia meridionale.

“Si tratta di una situazione estremamente pericolosa e a rischio di vita. Le persone non devono lasciare i loro rifugi e rimanere sul posto durante il passaggio di queste condizioni pericolose per la vita. Quando ci si trova nell’occhio, si ricorda di non avventurarsi nella relativa calma, poiché i venti pericolosi aumenteranno molto rapidamente quando l’occhio passerà”, ha avvertito l’NHC.

L’uragano di categoria 4 continuerà a causare onde di tempesta pericolose per la vita, piogge alluvionali e venti distruttivi, e il Servizio meteorologico nazionale ha avvertito del rischio di un’onda di tempesta record nella baia di Apalachee. Finora le autorità hanno segnalato almeno tre morti.

Duke Energy – una società che fornisce energia a diversi milioni di residenti in Florida – afferma  che l’uragano Helene causerà danni significativi alle sue infrastrutture nella zona di Florida Panhandle e Big Bend. Più di 1,2 milioni di case e aziende in Florida sono rimaste al buio a partire da giovedì sera, secondo il sito poweroutage.us.

Ma cosa significano queste categorie?

Gli uragani sono classificati da 1 a 5 sulla scala Saffir-Simpson in base alla velocità del vento. I danni sono esponenziali con l’aumentare della velocità del vento, il che significa che una forte tempesta di categoria 3 può provocare danni fino a 60 volte superiori rispetto a una debole tempesta di categoria 1.

Gran parte dell’energia dell’uragano Helene proviene dalle acque del Golfo del Messico, che negli ultimi anni hanno raggiunto temperature elevate senza precedenti. In generale, anche le acque dell’oceano intorno alla Florida hanno registrato un aumento delle temperature, rendendo lo Stato più suscettibile a tempeste catastrofiche.

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Uragano John e Helene: doppia minaccia sul Nord America in appena 72 ore https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-john-e-helene-doppia-minaccia-sul-nord-america-in-appena-72-ore/ Tue, 24 Sep 2024 09:09:55 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-john-e-helene-doppia-minaccia-sul-nord-america-in-appena-72-ore/ Sono due gli uragani che potrebbero colpire il Nord America nell’arco di appena 72 ore: l’uragano John sta già per colpire la costa pacifica del Messico, mentre sul Golfo del Messico si teme l’intensificazione del ciclone tropicale 9 ad uragano Helene. Uragano John: colpita la costa pacifica del Messico Sul Pacifico orientale, l’uragano John sta …

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Sono due gli uragani che potrebbero colpire il Nord America nell’arco di appena 72 ore: l’uragano John sta già per colpire la costa pacifica del Messico, mentre sul Golfo del Messico si teme l’intensificazione del ciclone tropicale 9 ad uragano Helene.

Uragano John: colpita la costa pacifica del Messico

Sul Pacifico orientale, l’uragano John sta per raggiungere il Messico come potente uragano di categoria 3, con venti a 195 km/h e raffiche fino a 200 km/h. L’impatto sulla terraferma potrebbe essere devastante: oltre alle mareggiate e ai venti forti si temono infatti piogge intense che potrebbero causare inondazioni lampo e frane nelle zone costiere degli stati di Chiapas, Oaxaca e Guerrero. Una volta fatto landfall, John si indebolirà rapidamente transitando sull’entroterra.

urahano john
Fino a giovedì, si prevede che l’uragano John scaricherà al suolo da 150-380 mm di pioggia nelle aree costiere del Chiapas. Nelle aree lungo e vicino alla costa di Oaxaca fino a Guerrero sud-orientale, si possono prevedere tra 250 e 500 mm di pioggia con totali isolati di circa 750 mm entro giovedì

Le zone costiere sono in allerta e sono pronte in caso di ordini di evacuazione. L’uragano John entro giovedì potrebbe scaricare il suolo dai 150 ai 300 mm di pioggia nelle aree costiere dello stato del Chiapas, con accumuli localmente superiori. Nelle aree lungo e vicino alla costa di Oaxaca fino a Guerrero sud-orientale, si prevedono accumuli complessivi tra i 250 e i 500 mm, con punte isolate fino a 750 mm.

Dopo John, l’Uragano Helene sul golfo del Messico: giovedì l’impatto sugli Stati Uniti

Dall’altro lato del Messico, nel frattempo, il ciclone tropicale 9 potrebbe presto intensificarsi fino a raggiungere l’intensità di un uragano: secondo le previsioni del Centro Uragani della NOAA il ciclone potrebbe raggiungere l’intensità di tempesta già nella giornata di martedì 24, quando transiterà tra Messico e Ciba. Helene, questo il nome che prenderà, potrebbe infine diventare un uragano nell’arco delle 24 ore successive per poi raggiungere la costa sud degli Stati Uniti nella giornata di giovedì 26.

uragano helene

Martedì 24 Helene porterà forti piogge, forti raffiche di vento e inondazioni da mareggiata su Cancún, Cozumel e Cuba occidentale. Mercoledì 25 insisterà su Cancún, Cozumel e Cuba occidentale, soprattutto ad inizio giornata. Poi Helene entrerà nel Golfo del Messico meridionale come uragano con i primi impatto sulla costa del Golfo della Florida, dalle Keys al Panhandle. Giovedì 26 pomeriggio o sera Helene potrebbe raggiungere la terraferma tra il Big Bend della Florida e il Panhandle.

uragano helene

Al momento non si esclude che anche Helene possa diventare un uragano intenso, quindi di categoria 3 o superiore. Si prevede, infatti, che il sistema si sposti su acque con un contenuto di calore oceanico molto elevato, che dovrebbe portare ad un suo rafforzamento considerevole, fino a diventare un uragano di grandi dimensioni.

 

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Energia solare: crescita oltre le aspettative delle nuove installazioni https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/energia-solare-crescita-oltre-le-aspettative-delle-nuove-installazioni/ Thu, 19 Sep 2024 05:08:30 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/energia-solare-crescita-oltre-le-aspettative-delle-nuove-installazioni/ Continuano a crescere, perfino oltre le aspettative, le installazioni dei impianti fotovoltaici, sintomo che l’energia solare rappresenta una delle alternative più scelte per la decarbonizzazione, anche grazie al fatto che sta diventando sempre più accessibile e conveniente. Quest’anno le nuove installazioni di impianti fotovoltaici supererà probabilmente l’intero aumento globale della capacità di produzione di energia …

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Continuano a crescere, perfino oltre le aspettative, le installazioni dei impianti fotovoltaici, sintomo che l’energia solare rappresenta una delle alternative più scelte per la decarbonizzazione, anche grazie al fatto che sta diventando sempre più accessibile e conveniente. Quest’anno le nuove installazioni di impianti fotovoltaici supererà probabilmente l’intero aumento globale della capacità di produzione di energia da carbone dal 2010 (540 GW). Un ottimo segnale, anche se per raggiungere gli obiettivi climatici più ambiziosi, serve una crescita stabile e continua.

A confermare l’andamento è un nuovo rapporto del think tank energetico Ember, secondo cui le installazioni solari globali supereranno la maggior parte delle previsioni del settore, con 593 GW aggiunti entro la fine del 2024. Si tratta di un aumento del 29% rispetto all’anno precedente, il quale aveva chiuso con un sorprendente +87%.

Energia solare: nel 2024 continua la crescita delle nuove installazioni

La crescita delle istallazioni è guidata da Cina, Stati Uniti, India, Germania e Brasile: questi 5 paesi entro la fine del 2024 rappresenteranno il 75% delle aggiunge a livello globale. Anche in Italia il solare continua a crescere: secondo le elaborazioni di Italia Solare, sulla base dei dati Gaudì di Terna, nei primi 6 mesi dell’anno sono stati connessi 69.003 nuovi impianti per 3,34 GW totali, ovvero un aumento del 44% rispetto allo stesso periodo del 2023. La fotografia scattata il 30 giugno 2024 mostra un totale di 1.763.977 impianti fotovoltaici connessi, per una potenza complessiva di 33,62 GW.

I più grandi mercati solari del mondo mostrano una crescita impressionante

La crescita in questo 2024 è trainata da Cina, Stati Uniti, India, Germania e Brasile. Da sola la Cina potrebbe installare entro la fine del 2024 più della metà dei nuovi impianti a livello globale (il 56%) per 334 GW di nuova capacità solare, con un aumento del 28% rispetto allo stesso periodo del 2023.

L’India mostra una crescita più importante, rispetto a quanto realizzato nel 2023, con un aumento del 77% delle installazioni. A maggio 2024 l’India aveva già superato le installazioni solari totali dell’intero 2023 e, al ritmo attuale, è sulla buona strada per installare 23 GW entro la fine di quest’anno.

La crescita delle nuove installazione raggiunge invece il +55% negli Stati Uniti, dove sono stati aggiunti 20 GW tra gennaio e giugno 2024.

La Germania, a metà 2024, ha già raggiunto l’obiettivo di capacità solare per il 2024 e, con questo ritmo, è sulla buona strada per raggiungere il suo nuovo obiettivo per il 2026, stabilito nel suo Piano nazionale per l’energia e il clima.

Il solare cresce però anche altrove, con significativi aumenti anche in nuovi mercati come Pakistan e Arabia Saudita, Filippine, Emirati Arabi Uniti, Thailandia e Oman.

L’aumento delle installazioni di nuovi impianti fotovoltaici è un ottimo segnale, ma al suo fianco deve crescere anche la rete e la capacità di stoccaggio tramite batterie, un collo di bottiglia fondamentale per garantire una distribuzione omogenea che sopporti le normali fluttuazioni del solare. Affrontando queste sfide e sostenendo la crescita, l’energia solare potrebbe continuare a superare le aspettative per il resto del decennio.

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Tempesta Boris: sull’Europa centro-orientale la peggiore alluvione da decenni https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/tempesta-boris-sulleuropa-centro-orientale-la-peggiore-alluvione-da-decenni/ Mon, 16 Sep 2024 08:07:21 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/tempesta-boris-sulleuropa-centro-orientale-la-peggiore-alluvione-da-decenni/ La tempesta Boris ha imperversato per giorni sull’Europa centrale e orientale determinando gravissime alluvioni, inondazioni e almeno 8 vittime oltre a migliaia di sfollati. Oggi vige ancora allerta rossa tra Austria, Repubblica Ceca, Germania e Slovacchia. Molte le alluvioni e i disastri segnalati nelle ultime ore, in quella che sembra la peggiore catastrofe alluvionale nell’Europa …

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La tempesta Boris ha imperversato per giorni sull’Europa centrale e orientale determinando gravissime alluvioni, inondazioni e almeno 8 vittime oltre a migliaia di sfollati. Oggi vige ancora allerta rossa tra Austria, Repubblica Ceca, Germania e Slovacchia. Molte le alluvioni e i disastri segnalati nelle ultime ore, in quella che sembra la peggiore catastrofe alluvionale nell’Europa centrale e orientale dopo quella del 2002, quando furono sommerse parti di grandi città come Praga, Dresda e Vienna.

Almeno otto persone sono morte finora in Polonia, Romania e Austria. In pochi giorni è arrivata la pioggia di settimane su diverse capitali come Vienna, Bratislava e Praga.

La tempesta Boris, un ampio sistema di bassa pressione, sta sferzando l’area da giovedì, e diverse zone hanno sperimentato la pioggia di un intero mese in poche ore. Alcune aree che hanno registrato le precipitazioni più intense degli ultimi 100 anni tra sabato e domenica.

“Stiamo di nuovo affrontando gli effetti del cambiamento climatico, che sono sempre più presenti nel continente europeo, con conseguenze drammatiche”, ha dichiarato il presidente rumeno Klaus Iohannis, come riporta The Guardian.

I meteorologi prevedono che le precipitazioni si attenueranno gradualmente in alcune delle aree più colpite, e la tempesta Boris si dirigerà lentamente a sud verso il Mediterraneo.
Secondo gli scienziati l’emergenza climatica ha reso più probabili le inondazioni estreme in Europa. La tempesta ha fatto seguito all’estate più calda mai registrata e a un inizio di settembre molto caldo nella regione.

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Antartide, estensione invernale dei ghiacci marini prossima al record minimo https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/antartide-estensione-invernale-dei-ghiacci-marini-prossima-al-record-minimo/ Wed, 11 Sep 2024 09:06:41 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/antartide-estensione-invernale-dei-ghiacci-marini-prossima-al-record-minimo/ Il ghiaccio marino che circonda l’Antartide sta per raggiungere un nuovo record minimo rispetto alla sua estensione invernale, sulle orme di quanto successo nel 2023. Per il secondo anno consecutivo, infatti, la banchisa di ghiaccio che circonda il continente antartico si è ridotta ai minimi storici: nell’inverno 2023 ha coperto circa 1,6 milioni di kmq …

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Il ghiaccio marino che circonda l’Antartide sta per raggiungere un nuovo record minimo rispetto alla sua estensione invernale, sulle orme di quanto successo nel 2023.

Per il secondo anno consecutivo, infatti, la banchisa di ghiaccio che circonda il continente antartico si è ridotta ai minimi storici: nell’inverno 2023 ha coperto circa 1,6 milioni di kmq in meno rispetto alla media, un’area più o meno delle dimensioni di Francia Gran Bretagna, Germania e Spagna messe insieme.

Ghiaccio marino, l’estensione invernale sfiora il minimo record del 2023

Il 2023 e il 2024 sono anni anomali: lo dimostra chiaramente il grafico sotto. Il 7 settembre di quest’anno la quantità di oceano ghiacciato era inferiore rispetto alla stessa data dell’anno scorso.

Questo grafico mostra la differenza dalla media del del ghiaccio marino per tutti i 46 anni. I dati sono stati registrati con strumentazione satellitare a microonde passive. L’estensione del ghiaccio marino è notevolmente inferiore nell’inverno australe degli ultimi due anni. Credito: Phillip Reid, Ufficio meteorologico australiano

Normalmente l’estensione dei ghiacci raggiunge il suo massimo annuale intorno alla metà del mese di settembre, quando il freddo dell’inverno australe lascia spazio a temperature meno rigide. Il picco quindi non è stato ancora raggiunto, ma secondo gli esperti non sarà lontano da quello record raggiunto nel 2023. Alla fine di agosto infatti l’estensione del ghiaccio marino era di 16,86 milioni di chilometri quadrati, il secondo più basso nei dati satellitari, appena sopra il minimo storico del 2023.

Il fatto che questa condizione si stia ripetendo per il secondo anno consecutivo è allarmante: secondo gli scienziati infatti, l’andamento dell’estensione dei ghiacci marini si inserisce in un ventaglio di evidenze che dimostrano come il sistema antartico stia entrando in un “nuovo stato”. “Ciò di cui stiamo parlando sono due incredibili eventi estremi” – ha affermato al Guardian il dott. Will Hobbs, ricercatore del ghiaccio marino presso l’Università della Tasmania -.”L’anno scorso è stato scandaloso e si è verificato di nuovo“.

Gli ultimi due anni sono stati i più caldi mai registrati, e questo surplus di calore non sta solo condizionando la variabilità atmosferica, ma viene anche assorbito da mari e oceani, con ricadute dirette sulla fusione dei ghiacci marini. A sua volta, poi, la perdita di superficie marina ghiacciata ha un impatto sulle interazioni tra oceani e atmosfera: un feedback climatico che accelera la fusione dei ghiacci e il riscaldamento dell’atmosfera.

La fusione del ghiaccio marino non ha lo stesso impatto sull’innalzamento del livello del mare della fusione dei ghiacciai, ma ciò non significa che la perdita di banchisa sia ininfluente rispetto al sistema climatico e ambientale dell’Antartide. La presenza di ghiaccio marino, infatti, rallenta la perdita di ghiaccio continentale. Senza ghiaccio marino, le acque scure dei mari e oceani che circondano l’Antartide assorbono più calore e favoriscono la fusione dei ghiacciai sulla terraferma, e questo avrebbe (o avrà) conseguenze molto più impattanti a livello planetario.

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Plastica, per il 2024 la Terra ha già prodotto troppi rifiuti: i dati del Plastic Overshoot Day https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/plastica-per-il-2024-la-terra-ha-gia-prodotto-troppi-rifiuti-i-dati-del-plastic-overshoot-day/ Fri, 06 Sep 2024 08:41:17 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/plastica-per-il-2024-la-terra-ha-gia-prodotto-troppi-rifiuti-i-dati-del-plastic-overshoot-day/ La plastica è già troppa per il pianeta. Una frase che dice tutto o niente, poiché i rifiuti di plastica erano e sono ancora, purtroppo, un cronico problema per l’intero pianeta. Ciò che forse non tutti sanno è che nel 2024 verranno prodotte più di 220 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Ieri, 5 …

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La plastica è già troppa per il pianeta. Una frase che dice tutto o niente, poiché i rifiuti di plastica erano e sono ancora, purtroppo, un cronico problema per l’intero pianeta. Ciò che forse non tutti sanno è che nel 2024 verranno prodotte più di 220 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Ieri, 5 settembre, si è infatti celebrato il Plastic Overshoot Day, ossia quel momento dell’anno in cui i rifiuti plastici prodotti dall’umanità superano la capacità dei sistemi di gestione degli stessi.

Plastica, il 66% della popolazione mondiale vive in luoghi in cui i rifiuti hanno superato la capacità di gestione

La ONG svizzera Earth Action dall’anno scorso ha dato vita al Plastic Overshoot Day, vale a dire un rapporto che svela quel preciso momento in cui i rifiuti di plastica presenti sul pianeta superano la capacità dei sistemi di gestione. Nel 2024 coincide appunto con il 5 settembre: secondo i dati raccolti da Earth Action, il 66% della popolazione mondiale vive in aree in cui i rifiuti di plastica hanno già superato la capacità locale di gestione. La pubblicazione di questo rapporto precede l’ultimo ciclo di negoziati riguardanti l’ormai famoso trattato internazionale giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica, che si svolgeranno a novembre in Corea del Sud.

Quanto è grave la situazione dei rifiuti di plastica nel mondo? Ecco qualche dato utile

Ora come ora, solo 12 Paesi sono responsabili del 60% dei rifiuti di plastica mal gestiti a livello mondiale. I primi cinque sono Cina, Russia, India, Brasile e Messico. Ovviamente nessun Paese è esente dalla produzione di rifiuti: ogni anno ne vengono prodotti a livello globale circa 28 kg e, dal 2021, questa cifra è aumentata del 7,11%. La Terra non ha la capacità di gestire tutta la plastica prodotta e quindi – secondo quanto stabilito dal rapporto -, un terzo sarà mal gestito alla fine del suo ciclo di vita, vale a dire 69,5 milioni di tonnellate di plastica esistenti in natura.

Che tipo di rifiuti vengono inclusi nel rapporto? Una differenza rispetto allo scorso anno

Mentre nel rapporto inaugurale, quello del 2023, la ONG svizzera ha analizzato soltanto gli imballaggi di plastica quest’anno ha preso in considerazione anche i rifiuti provenienti dall’industria tessile e i rifiuti domestici. Nonostante un miglioramento nella capacità di gestione dei rifiuti di plastica, la quantità complessiva dei rifiuti mal gestiti è rimasta più o meno invariata. E la causa risiede nel continuo aumento dei rifiuti prodotti. Ciò significa, in teoria, che ci sono 117 giorni di eccesso di plastica: questo mette in luce il fatto che i rifiuti di plastica prodotti dal 5 settembre fino alla fine del 2024 saranno probabilmente gestiti male in tutto il mondo.

Al contrario, la platica ben gestita è quella che mira a ridurre al minimo l’impatto ambientale. I mezzi possono essere svariati, ma quelli che vengono considerati più efficaci sono il riciclo e la progettazione di plastiche per la riciclabilità, la riduzione della plastica utilizzata in modo da abbattere l’inquinamento e le emissioni, il riutilizzo e l’eliminazione degli imballaggi non necessari. Secondo Earth Action, qualsiasi miglioramento nella capacità di gestione dei rifiuti viene spesso superato dalla crescente produzione di plastica. Ritengono inoltre che l’ipotesi che il riciclo “risolva la crisi della plastica” sia fondamentalmente errata.

Quale può essere dunque la soluzione?

“Il Plastic Overshoot Day dovrebbe servire sia come testimonianza della nostra attuale traiettoria sia come modello per le azioni necessarie. Le decisioni prese oggi riecheggeranno negli ecosistemi e nelle economie per generazioni”, afferma Sarah Perreard, Co-CEO di Earth Action & Plastic Footprint Network. “Molte aziende e piccole e medie imprese – afferma -, stanno adottando misure per tenere conto della loro impronta di plastica e instillare circolarità attraverso le catene di fornitura. Sono queste azioni aziendali, la collaborazione e la regolamentazione attraverso un efficace Trattato ONU che produrranno il cambiamento”.

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L’estate 2024 è stata la più calda di sempre: i dati Copernicus https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/lestate-2024-e-stata-la-piu-calda-di-sempre-i-dati-copernicus/ Fri, 06 Sep 2024 07:41:20 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/lestate-2024-e-stata-la-piu-calda-di-sempre-i-dati-copernicus/ estate 2024Abbiamo appena vissuto l’estate più calda di sempre a livello globale. Lo confermano i dati Copernicus che illustrano anche le grandi anomalie del mese di agosto appena trascorso. L’agosto 2024, infatti, è stato il più caldo a livello globale (insieme all’agosto 2023), con una temperatura media dell’aria superficiale ERA5 di 16,82°C, 0,71°C al di sopra …

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Abbiamo appena vissuto l’estate più calda di sempre a livello globale. Lo confermano i dati Copernicus che illustrano anche le grandi anomalie del mese di agosto appena trascorso.
L’agosto 2024, infatti, è stato il più caldo a livello globale (insieme all’agosto 2023), con una temperatura media dell’aria superficiale ERA5 di 16,82°C, 0,71°C al di sopra della media 1991-2020 per il mese di agosto.

L’agosto 2024 è stato di 1,51°C al di sopra del livello pre-industriale ed è il 13° mese in un periodo di 14 mesi in cui la temperatura media globale dell’aria superficiale ha superato di 1,5°C i livelli pre-industriali.

La temperatura media globale degli ultimi 12 mesi (settembre 2023 – agosto 2024) è la più alta mai registrata per qualsiasi periodo di 12 mesi, con 0,76°C al di sopra della media 1991-2020 e 1,64°C al di sopra della media preindustriale 1850-1900. Questi valori sono identici a quelli registrati per i due precedenti periodi di 12 mesi, terminati a giugno e luglio 2024.

L’anomalia della temperatura media globale per tutto l’anno (gennaio-agosto 2024) è di 0,70°C al di sopra della media 1991-2020, che è la più alta registrata per questo periodo e 0,23°C più calda rispetto allo stesso periodo del 2023. L’anomalia media per i restanti mesi di quest’anno dovrebbe scendere di almeno 0,30°C perché il 2024 non sia più caldo del 2023. Questo non è mai accaduto nell’intero set di dati ERA5, rendendo sempre più probabile che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato.

Europa: il secondo agosto più caldo

La temperatura media del territorio europeo per agosto 2024 è stata di 1,57°C al di sopra della media 1991-2020, rendendo il mese il secondo agosto più caldo mai registrato in Europa dopo l’agosto 2022, che è stato di 1,73°C al di sopra della media.

Le temperature europee sono state maggiormente al di sopra della media nell’Europa meridionale e orientale, ma al di sotto della media nelle zone nord-occidentali dell’Irlanda e del Regno Unito, in Islanda, sulla costa occidentale del Portogallo e nella Norvegia meridionale.

Temperatura della superficie del mare

La temperatura media della superficie del mare (SST) per l’agosto 2024 su 60°S-60°N è stata di 20,91°C, il secondo valore più alto registrato per il mese, e solo 0,07°C al di sotto dell’agosto 2023.
Il Pacifico equatoriale ha registrato temperature inferiori alla media, indicando lo sviluppo di una La Niña, ma le SST degli oceani sono rimaste insolitamente alte in molte regioni.

Il 2024 è sulla strada per diventare l’anno più caldo di sempre

Secondo Samantha Burgess, vicedirettore del Copernicus Climate Change Service (C3S): “Negli ultimi tre mesi del 2024, il globo ha vissuto i mesi di giugno e agosto più caldi, il giorno più caldo mai registrato e l’estate boreale più calda mai registrata. Questa serie di temperature record aumenta la probabilità che il 2024 sia l’anno più caldo mai registrato. Gli eventi estremi legati alla temperatura a cui si è assistito quest’estate non potranno che diventare più intensi, con conseguenze sempre più devastanti per le persone e per il pianeta, a meno che non si intervenga con urgenza per ridurre le emissioni di gas serra”.

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In Giappone si è chiusa l’Estate più calda mai registrata dal 1898 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/in-giappone-si-e-chiusa-lestate-piu-calda-mai-registrata-dal-1898/ Tue, 03 Sep 2024 09:06:34 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/in-giappone-si-e-chiusa-lestate-piu-calda-mai-registrata-dal-1898/ L’estate meteorologica, conclusasi a fine agosto, per il Giappone è stata, a pari merito con il 2023, la più calda da quando sono iniziate le misurazioni, ovvero dal 1898. Giugno, luglio e agosto sono stati caratterizzati da ondate di caldo eccezionali, che hanno mantenuto la temperatura media di 1,76 gradi superiore alla norma del periodo …

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L’estate meteorologica, conclusasi a fine agosto, per il Giappone è stata, a pari merito con il 2023, la più calda da quando sono iniziate le misurazioni, ovvero dal 1898. Giugno, luglio e agosto sono stati caratterizzati da ondate di caldo eccezionali, che hanno mantenuto la temperatura media di 1,76 gradi superiore alla norma del periodo 1991-2020.

Caldo record in Giappone per due estati consecutive

Il trimestre estivo è stato rovente in Giappone, a pari merito con l’estate del 2023. Dall’inizio dell’anno si sono contati 8.821 casi di “caldo estremo”, ovvero temperature di 35 °C o superiori, battendo di gran lunga il precedente record di 6.692 stabilito nel 2023.

giappone estate
L’estate 2024 ha pareggiato il record registrato nel 2023. Grafico JMA

Sul territorio nazionale ben 144 delle 914 stazioni di osservazione nazionali hanno battuto o pareggiato i loro record tra giugno e agosto. In alcune località la temperatura ha addittura superato la soglia dei 40 gradi, con un picco di 41 gradi registrati a Sano, nella prefettura di Tochigi, il 29 luglio.

L’aria calda dell’anticiclone ha dominato la scena in gran parte dell’Asia orientale, specialmente nei mesi di luglio e agosto. La persistenza di questa configurazione meteorologica ha significato per il Giappone, così come per parte della Cina, condizioni soleggiate e molto calde, sia di giorno che di notte. Nei mesi più caldi si sono registrati più di 70 mila ricoveri per colpo di calore in Giappone.

Secondo i meteorologi del servizio meteorologico nazionale, è probabile che anche nei mesi autunnali le temperature restino superiori alla norma in gran parte del Giappone.

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Giappone in massima allerta per il tifone Shanshan: vittime e dispersi https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/giappone-in-massima-allerta-per-il-tifone-shanshan-vittime-e-dispersi/ Thu, 29 Aug 2024 13:06:14 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/giappone-in-massima-allerta-per-il-tifone-shanshan-vittime-e-dispersi/ Il tifone Shanshan ha toccato terra in Giappone avanzando molto lentamente con venti medi a 175 km/h. Si contano al momento 3 vittime e un disperso. Il tifone ha toccato terra nella prefettura di Kagoshima, nella parte meridionale dell’isola di Kyushu, come ha reso noto la Japan Meteorological Agency che ha diffuso un raro “allarme …

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Il tifone Shanshan ha toccato terra in Giappone avanzando molto lentamente con venti medi a 175 km/h. Si contano al momento 3 vittime e un disperso. Il tifone ha toccato terra nella prefettura di Kagoshima, nella parte meridionale dell’isola di Kyushu, come ha reso noto la Japan Meteorological Agency che ha diffuso un raro “allarme speciale” per le raffiche di vento fino a 250 km orari che accompagnano la pioggia violentissima con il rischio di frane e inondazioni.

Nella città di Misato, nella prefettura di Miyazaki, nelle ultime 48 ore sono caduti 793 millimetri di pioggia: 1,4 volte la quantità registrata mediamente nell’intero mese di agosto.

Oltre 500 sono i voli cancellati, ma quasi tutti gli aeroporti sono attualmente interessati da grossi disagi. Il Giappone ha emesso un raro avviso di emergenza di massimo livello (5) e le autorità hanno affermato che potrebbe essere una delle tempeste più forti che abbiano mai colpito la regione. Grandi aziende come Nissan e Toyota hanno chiuso le fabbriche.

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Caldo intenso e gravidanza, quali rischi per le donne incinte e per i loro bambini non ancora nati? https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-intenso-e-gravidanza-quali-rischi-per-le-donne-incinte-e-per-i-loro-bambini-non-ancora-nati/ Mon, 26 Aug 2024 08:06:11 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-intenso-e-gravidanza-quali-rischi-per-le-donne-incinte-e-per-i-loro-bambini-non-ancora-nati/ Le temperature stanno aumentando ad un ritmo incalzante: ognuno degli ultimi 13 mesi ha battuto il rispettivo record di temperatura a livello globale, e le ondate di caldo spingono la colonnina di mercurio sempre più in alto, con rischi elevati specie per le persone più fragili, come le donne incinte. Durante la gravidanza, i cambiamenti …

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Le temperature stanno aumentando ad un ritmo incalzante: ognuno degli ultimi 13 mesi ha battuto il rispettivo record di temperatura a livello globale, e le ondate di caldo spingono la colonnina di mercurio sempre più in alto, con rischi elevati specie per le persone più fragili, come le donne incinte.

Durante la gravidanza, i cambiamenti ormonali e l’espansione della superficie cutanea aumentano l’esposizione della madre al calore. Al di là del disagio, ci sono sempre più prove che il calore estremo può avere effetti deleteri sia sulla madre che sul suo bambino non ancora nato, che vanno dall’ipertensione fino alla morte in utero.

Uno studio, guidato da Ana Bonell, una clinica accademica della London School of Hygiene and Tropical Medicine (LSHTM) con sede presso la Gambia Medical Research Unit, è stato avviato per comprendere in che modo lo stress da calore influisce sulla fisiologia delle donne incinte che lavorano come agricoltrici di sussistenza e quale impatto ha sui loro bambini non ancora nati. Per lo studio sono state seguite oltre 90 contadine incinte di Keneba, un villaggio rurale in Gambia, Africa occidentale.

I risultato dello studio hanno dimostrato come ogni aumento di 1°C della temperatura, lo stress fetale, indicato da un battito cardiaco accelerato e da un ridotto flusso sanguigno alla placenta, aumentava del 17%. Un terzo delle madri che hanno partecipato allo studio ha sperimentato tali sintomi.

In Gambia le temperature talvolta raggiungono anche picchi di 40-45 gradi, e sono in media 1 grado più elevate rispetto a 60 anni fa. La temperatura continua a salire in Gambia come nel resto del Mondo.

caldo gravidanza

Gli studi hanno collegato una maggiore esposizione al calore in gravidanza con un rischio maggiore di ipertensione e preeclampsia, una condizione che può essere fatale. Le donne incinte sottoposte a stress da calore hanno anche maggiori probabilità di soffrire di eventi cardiaci man mano che si avvicina la data del parto e hanno una maggiore probabilità di sviluppare diabete gestazionale. Un rapporto pubblicato quest’anno dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che l’il rischio di parto pretermine aumenti del 16%, e questo risultato è associato a complicazioni che vanno dall’epilessia ai disturbi dell’apprendimento. Inoltre, l’esposizione al calore è stata collegata a tassi più elevati di aborto spontaneo e nati morti.

Secondo Nathaniel DeNicola, esperto di salute ambientale presso il Johns Hopkins Health System di Washington DC, le prove sempre più evidenti dei rischi legati al caldo anomalo ci devono portare ad agire. “Abbiamo trascorso molto tempo a descrivere il problema. Ora abbiamo urgentemente – e sottolineo la parola urgentemente – bisogno di passare alla ricerca di intervento”, ha affermato Gloria Maimela, che dirige il gruppo per il clima e la salute presso il Reproductive Health HIV Institute dell’Università del Witwatersrand in Sudafrica. Per questo ricercatori e funzionari si stanno impegnando nell’aumentare la consapevolezza di questi rischi nelle donne e future madri: devono conoscere i pericoli del caldo estremo.

In alcune zone, come quella di Kilifi, le donne lavorano fino al giorno del parto, sotto il sole cocente coperte da più strati di vestiti per non mostrare la gravidanza: qui infatti c’è la credenza che se si mostra il pancione c’è il rischio di perdere il bambino. Ma con temperature medie in aumento, ed eventi di calore sempre più intensi e frequenti, la salute delle donne e dei loro bambini sia in serio pericolo.

Il rischio riguarda anche altre aree del Mondo più sviluppate. Le donne incinte, esposte a temperature frequentemente oltre i 35 gradi, e senza la possibilità di trovare un luogo più fresco, sono egualmente a rischio. Parliamo di stati come l’India, ad esempio, del Medio Oriente, ma anche della Florida o della Grecia. Conoscere le complicazioni che l’esposizione al caldo estremo può provocare alle donne incinte e ai feti, così come alle categorie più vulnerabili della popolazione, è dunque fondamentale.

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L’Australia meridionale ha vissuto il giorno invernale più caldo di sempre: 38.5°C https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/laustralia-meridionale-ha-vissuto-il-giorno-invernale-piu-caldo-di-sempre-38-5c/ Sat, 24 Aug 2024 13:06:12 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/laustralia-meridionale-ha-vissuto-il-giorno-invernale-piu-caldo-di-sempre-38-5c/ Il 23 agosto è stato il giorno invernale più caldo per l’Australia Meridionale. In particolare, la regione di Oodnadatta ha registrato una temperatura massima di 38,5°C, la più alta dell’inverno per l’Australia meridionale. Si tratta di oltre 16 °C in più rispetto alla media per questo periodo dell’anno. Il precedente record di 36,5 °C è …

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Il 23 agosto è stato il giorno invernale più caldo per l’Australia Meridionale. In particolare, la regione di Oodnadatta ha registrato una temperatura massima di 38,5°C, la più alta dell’inverno per l’Australia meridionale.
Si tratta di oltre 16 °C in più rispetto alla media per questo periodo dell’anno. Il precedente record di 36,5 °C è stato registrato nello stesso luogo il 12 agosto 1946.
Nei prossimi giorni sono previste temperature ancora più elevate, con valori che dovrebbero raggiungere i 40°C in alcune zone dell’Australia occidentale.

Il caldo estremo imperversa anche in Asia. Dopo aver battuto una temperatura record nella parte meridionale (Pilot Station) e settentrionale (Don Muang), ora anche la parte orientale di Bangkok (Bang Na) ha stabilito il record del giorno più caldo di agosto con 37,7°C (a pari merito con il 2023). Tutte le regioni della Thailandia hanno battuto i record di caldo questo mese (e negli ultimi 15).
Ieri 48 stazioni hanno superato i 40 °C in Cina. Hejiang ha raggiunto un nuovo massimo di 42,4 °C e anche Chongqing ha raggiunto i 41,7 °C. Oggi Sichuan e Chongqing sperimenteranno 43-44 °C, e potrebbe essere la temperatura più alta dall’ondata di calore del 2022.

Prosegue anche l’ondata di caldo in Sud America e sono ormai più di 10 i giorni che hanno toccato 40°C in pieno inverno. È la prima volta nella storia dell’emisfero australe. Ieri Cobija (Bolivia) con 39,0°C ha battuto nuovamente il record di agosto. Si tratta della peggiore ondata di calore nella storia del Sud America.

© Icona Meteo - Il presente contenuto è riproducibile solo in parte, non integralmente, inserendo la citazione della fonte (Icona Meteo) e il link al contenuto originale (L’Australia meridionale ha vissuto il giorno invernale più caldo di sempre: 38.5°C)

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Specie a rischio, si allunga la Lista Rossa: migliaia di nuove entrate, ci sono anche gli elefanti del Borneo https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/specie-a-rischio-si-allunga-la-lista-rossa-migliaia-di-nuove-entrate-ci-sono-anche-gli-elefanti-del-borneo/ Mon, 19 Aug 2024 06:06:20 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/specie-a-rischio-si-allunga-la-lista-rossa-migliaia-di-nuove-entrate-ci-sono-anche-gli-elefanti-del-borneo/ Sempre più numerose le specie a rischio: la “Lista Rossa” dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN) ora include 163.040 specie, di cui 45.321 minacciate di estinzione. Tra le new entry arriva anche l’elefante del Borneo, valutato come specie a rischio a causa delle minacce derivanti dalle attività umane. L’aggiornamento rivela anche che i serpenti invasivi …

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Sempre più numerose le specie a rischio: la “Lista Rossa” dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN) ora include 163.040 specie, di cui 45.321 minacciate di estinzione. Tra le new entry arriva anche l’elefante del Borneo, valutato come specie a rischio a causa delle minacce derivanti dalle attività umane. L’aggiornamento rivela anche che i serpenti invasivi stanno portando all’estinzione i rettili endemici nelle Isole Canarie e a Ibiza, mentre il commercio illegale e i cambiamenti climatici minacciano i cactus in Cile.

«La Lista Rossa delle specie minacciate dell’IUCN ha informato l’azione di conservazione per sessant’anni», ha sottolineato la direttrice generale dell’IUCN, la dottoressa Grethel Aguilar. L’ultimo aggiornamento conferma che «la biodiversità affronta pressioni crescenti, dal bracconaggio ai cambiamenti climatici, alla diffusione delle specie invasive. Fortunatamente, la Lista Rossa indica anche soluzioni. Con azioni di conservazione collaborative e basate sulla scienza, possiamo salvare le specie dall’orlo dell’estinzione».

Elefante del Borneo tra le specie a rischio

L’elefante asiatico del Borneo è stato classificato come specie in pericolo nella Lista Rossa dell’IUCN, che ha rilevato la presenza di appena 1.000 esemplari rimanenti in natura. La popolazione è diminuita negli ultimi 75 anni, inizialmente a causa del disboscamento estensivo delle foreste del Borneo, che ha distrutto la maggior parte dell’habitat degli elefanti. Con l’espansione rapida della popolazione umana nel Sabah, poi, gli elefanti entrano più frequentemente in paesaggi dominati dall’uomo in cerca di cibo, e possono causare danni alle colture e subire uccisioni di ritorsione. Il futuro di questa specie è ora minacciato anche dall’ulteriore perdita di habitat dovuta all’agricoltura (soprattutto per l’olio di palma) e alle piantagioni di legname, dalle attività minerarie e dai grandi progetti infrastrutturali come l’autostrada Pan Borneo. Anche il bracconaggio per l’avorio, l’ingestione accidentale di agrochimici e le collisioni con veicoli rappresentano dei rischi seri, avvertono gli esperti.

«Negli ultimi due decenni sono stati fatti sforzi estensivi sia per comprendere che per conservare gli elefanti del Borneo. Queste attività sono vitali per garantire un futuro a questa sottospecie e permettere uno sviluppo socio-economico armonioso delle aree in cui gli elefanti vagano», ha detto Augustine Tuuga, Direttore del Dipartimento della Fauna Selvatica del Sabah e membro del gruppo di specialisti sugli elefanti asiatici dell’IUCN.

Declino sconcertante anche per i rettili a Gran Canaria e Ibiza

Le specie di rettili a Gran Canaria stanno diminuendo significativamente a causa dei serpenti invasivi, avvertono gli esperti. La lucertola gigante di Gran Canaria (Gallotia stehlini) è passata da “Least Concern” a “Critically Endangered” e lo scinco di Gran Canaria (Chalcides sexlineatus) è passato da “Least Concern” a “Endangered”. Questi animali endemici sono preda del serpente re californiano invasivo (Lampropeltis californiae), una specie introdotta sull’isola nel 1998. Le popolazioni di entrambi i rettili sono diminuite di oltre la metà dal 2014.

Anche nelle Isole Canarie, l’azione di conservazione ha aumentato le popolazioni della lucertola gigante di La Gomera (Gallotia bravoana), nonostante le minacce persistenti. La specie è migliorata in stato da “Critically Endangered” a “Endangered”, grazie a programmi di allevamento in cattività e reintroduzione. Endemica dell’isola omonima, questa specie una volta comune è stata quasi estinta da gatti invasivi, ratti e caccia da parte delle persone per diversi secoli. Tuttavia, la specie è ancora altamente minacciata dai gatti randagi e da fenomeni estremi come le frane, che probabilmente diventeranno più frequenti con i cambiamenti climatici.

Anche la lucertola muraiola di Ibiza (Podarcis pityusensis) è passata da “Near Threatened” a “Endangered”, con la popolazione in calo del 50% dal 2010 a causa del serpente invasivo ferro di cavallo (Hemorrhois hippocrepis).

Il commercio illegale minaccia i cactus del Cile

L’82% delle specie di cactus Copiapoa è ora a rischio di estinzione, rispetto al 55% nel 2013. Endemici del deserto costiero di Atacama in Cile, sono sempre più di moda come specie ornamentali in Europa e Asia, e questo ha portato a un aumento del commercio illegale, facilitato dai social media. Lo sviluppo di strade e abitazioni ha intanto portato più persone nell’area, rendendo le piante più accessibili ai bracconieri e distruggendo il loro habitat desertico. I cambiamenti climatici minacciano ulteriormente questi cactus, poiché la nebbia oceanica di cui hanno bisogno per l’idratazione si sposta con i cambiamenti della temperatura globale, e queste specie non possono riprodursi abbastanza velocemente per spostarsi di conseguenza.

«È facile distinguere se i cactus Copiapoa sono stati bracconati o coltivati in una serra», ha spiegato il Dr. Pablo Guerrero, membro del gruppo di specialisti di cactus e piante succulente dell’IUCN. «I Copiapoa bracconati hanno un tono grigio e sono ricoperti da una fioritura polverosa che protegge le piante in uno dei deserti più aridi del mondo, mentre le piante coltivate appaiono più verdi».
La collaborazione tra i paesi è fondamentale per impedire che le piante bracconate vengano trasportate attraverso i confini. Inoltre, la coltivazione dei Copiapoa in serre ha il potenziale per fornire un’alternativa sostenibile per fornire cactus al mercato mondiale.

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Super Yacht, l’impatto sul clima delle ville su acqua sempre più scelte dagli ultra ricchi in vacanza https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/super-yacht-limpatto-sul-clima-delle-ville-su-acqua-sempre-piu-scelte-dagli-ultra-ricchi-in-vacanza/ Fri, 16 Aug 2024 09:07:06 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/super-yacht-limpatto-sul-clima-delle-ville-su-acqua-sempre-piu-scelte-dagli-ultra-ricchi-in-vacanza/ Nel cuore dell’estate i mari che circondano l’Italia si popolano – forse più di ogni altro luogo al mondo – di yacht e super yacht: imbarcazioni sempre più diffuse e scelte dai ricchi per trascorrere vacanze senza rinunciare ai confort e alla privacy. Si stima che in mare ci siano quasi 6 mila super yacht1, …

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Nel cuore dell’estate i mari che circondano l’Italia si popolano – forse più di ogni altro luogo al mondo – di yacht e super yacht: imbarcazioni sempre più diffuse e scelte dai ricchi per trascorrere vacanze senza rinunciare ai confort e alla privacy.

Si stima che in mare ci siano quasi 6 mila super yacht1, navi di lunghezza superiore ai 30 metri. L’Italia è il leader mondiale indiscusso nella costruzione di super yacht, e gli italiani sono sempre più determinati a ospitare questi yacht nei porti e nelle marine più esclusive.

Super Yacht e il loro super impatto su clima e ambiente

Il numero di queste imbarcazioni di lusso è quadruplicato negli ultimi trent’anni: nel 2000 si contavano meno di 2 mila unità, mentre oggi se ne sfiorano le 6 mila.

Quasi tutti i grandi ricchi del pianeta ne hanno uno. Roman Abramovich, proprietario della società di investimento privata Millhouse LLC e del Chelsea Football Club, ha lo yacht Eclipse lungo 162,5 metri, che comprende 2 piscin, una sala discoteca, un mini sottomarino, 2 piattaforme per elicotteri e 24 cabine ospiti. Jeff Bezos, fondatore di Amazon, ha il megayacht a vela da 500 milioni di dollari “Koru”. L’industriale miliardario russo Andrey Melnichenko ha lo Sailing Yacht A, lungo 119 metri con alberi rotanti indipendenti in fibra di carbonio, pod di osservazione subacquea e cabine per ospitare fino a 14 ospiti. Si vocifera che anche Mark Zuckerberg, presidente e amministratore delegato di Meta, abbia decido di acquistarne uno, il Launchpad lungo 119 metri e cabine per ospitare 24 ospiti.

A questi giganti del mare non manca nulla: hanno al loro interno camere di lusso, camini, piscine, jacuzzi, spa, cinema, elicotteri e imbarcazioni di appoggio. Tutto questo, ovviamente, non ha solo un costo effettivo esorbitante, con cifre che arrivano a centinaia di milioni di dollari, ma anche un costo importante sull’ambiente.

I ricchi, si sa, sono responsabili della maggior parte delle emissioni globali: secondo una ricerca Oxfam, il 10% più ricco del mondo è responsabile della metà delle emissioni di anidride carbonica. Il loro stile di vita pesa enormemente sull’ambiente e sul clima: hanno case sparse per il mondo e viaggiano frequentemente in aereo, con jet privati. Secondo però uno studio del 2021 sono i superyacht la loro principale fonte di emissioni di gas serra.

Le emissioni annuali di CO2 dei 300 principali superyacht, secondo il libro ” Superyachts: Luxury, Tranquility and Ecocide” di Gregory Salle, ammontano a quasi 285.000 tonnellate, una quantità superiore a quella dell’intera nazione di Tonga. Emettono anidride carbonica, ma inquinano anche l’acqua, sono responsabili di inquinamento luminoso e acustico.

Forse, però, un po’ di consapevolezza sulle conseguenze ambientali e climatiche sta venendo in superficie: il superyacht Koru da 500 milioni di dollari di Jeff Bezos , salpato nell’aprile 2023, ha delle vele che ne “aiutano” la navigazione, anche se il principale sistema di propulsione resta il motore diesel. Oxfam stima che la nave da 127 metri abbia emesso 7.000 tonnellate di anidride carbonica nell’ultimo anno, una quantità pari alle emissioni medie annuali di 445 americani.

Ma quella di Koru è una eccezione: la stragrande maggioranza dei superyacht sono esclusivamente a motore. Nel 2023, infatti, sono state completate solo 8 nuove costruzioni a vela, rispetto ai 195 nuovi yacht a motore.

Secondo una stima di Malcolm Jacotine, fondatore della società di consulenza per superyacht Three Sixty Marine, se si andrà avanti con un approccio “business as usual”, entro il 2030 le emissioni dello yachting raggiungeranno i 10 milioni di tonnellate. 

  1.  SuperYacht Times

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L’uragano Debby sulla Florida: è stato di emergenza https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/luragano-debby-sulla-florida-e-stato-di-emergenza/ Mon, 05 Aug 2024 13:05:17 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/luragano-debby-sulla-florida-e-stato-di-emergenza/ L’uragano Debby si è rafforzato arrivando a toccare la categoria 2 e in queste ore ha effettuato il land-fall nella Florida (Big Bend) come uragano di categoria 1. 5 am EDT: Hurricane #Debby very near landfall in the Florida Big Bend. Life-threatening storm surge expected in portions of Florida and major flooding is forecast for …

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L’uragano Debby si è rafforzato arrivando a toccare la categoria 2 e in queste ore ha effettuato il land-fall nella Florida (Big Bend) come uragano di categoria 1.

Si prevede che provocherà situazioni potenzialmente distruttive in alcune parti della Florida e gravi inondazioni nel sud-est degli Stati Uniti. Attese mareggiate (storm surge) di 2-3 metri. Debby è il 2° della stagione degli uragani atlantici del 2024 (Beryl fu il 1°). In media, il 2° uragano atlantico si dovrebbe formare solo intorno al 26 agosto.

Il governatore della Florida Ron DeSantis ha dichiarato lo stato di emergenza per 61 contee che si prevede saranno colpite dalla tempesta. In un comunicato, il suo ufficio ha dichiarato che sono stati mobilitati 3.000 membri della Guardia Nazionale. Si prevede che Georgia, Carolina del Sud e in alcune parti della Carolina del Nord possano sperimentare più di 20 pollici di pioggia (circa 508 mm).

I meteorologi del servizio meteorologico nazionale NOAA presso il Climate Prediction Center hanno previsto per quest’anno un’attività di uragani superiore alla norma nel bacino atlantico. Le previsioni NOAA per la stagione atlantica degli uragani 2024, che va dal 1° giugno al 30 novembre, prevedono l’85% di possibilità che sia sopra la norma, il 10% di possibilità di una stagione quasi normale e il 5% di una stagione sotto la norma.

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Gigantesco incendio in California: il Park Fire è ora il quinto più grande della storia della California https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/gigantesco-incendio-in-california-il-park-fire-e-ora-il-quinto-piu-grande-della-storia-della-california/ Wed, 31 Jul 2024 08:05:15 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/gigantesco-incendio-in-california-il-park-fire-e-ora-il-quinto-piu-grande-della-storia-della-california/ Resta fuori controllo il Park Fire, l’incendio gigantesco che sta interessando le contee di Butte, Plumas, Shasta, Tehama in California è diventato ora il quinto più esteso nella storia dello stato americano. L’incendio è stato appiccato da un uomo, già identificato e arrestato. Il Park Fire è ora il quinto più grande della storia della …

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Resta fuori controllo il Park Fire, l’incendio gigantesco che sta interessando le contee di Butte, Plumas, Shasta, Tehama in California è diventato ora il quinto più esteso nella storia dello stato americano. L’incendio è stato appiccato da un uomo, già identificato e arrestato.

Il Park Fire è ora il quinto più grande della storia della California

Il Park Fire è scoppiato il 24 luglio probabilmente per mano di un uomo, ora accusato di reato grave. Il sospettato è stato avvistato da un testimone che afferma di averlo visto spingere un’auto in fiamme lungo un terrapieno di 60 piedi. L’uomo, ascoltato durante un’udienza in tribunale lunedì 29, sostiene di non aver spinto l’auto e al momento non ha presentato nessuna ammissione di colpevolezza.

Le fiamme si sono propagate velocemente, tanto da ricoprire ora un’area di 156 mila ettari, oltre 1500 chilometri quadrati. Finora ha bruciato un’area più grande di quella di Los Angeles. Si tratta del quinto incendio più grande mai registrato in California, ed è ad oggi il più grande incendio attivo negli Stati Uniti.

park fire incendio california
Mappa dell’incendio Park Fire. Fonte Cal Fire. Earthstar Geographics | California State Parks, Esri, TomTom, Garmin, FAO, NOAA, USGS, EPA, USFWS

“Questa regione, sia Butte che Tehama, ha avuto quattro dei 10 incendi più grandi conosciuti nella storia della California“, ha detto il comandante degli incidenti di Cal Fire Billy See in una conferenza stampa lunedì.

Al momento il Park Fire è contenuto per appena il 18%. Al lavoro ci sono quasi 6 mila vigili del fuoco, 40 elicotteri e oltre 500 camion del pompieri.

Nella contea di Butte sono andati distrutti 214 edifici, tra abitazioni, negozi, ed altri edifici, mentre nella contea di Tehama se ne contano 63, mentre altri 29 risultano danneggiati dalle fiamme.

Si prevede che il tempo diventerà molto più caldo e secco nel corso di questa settimana, si legge in un aggiornamento del Dipartimento di silvicoltura e protezione antincendio della California (Cal Fire), con possibilità di raffiche di vento e temporali. Si prevedono temperature superiori alla norma in alcune parti del Pacifico nord-occidentale e delle Montagne Rocciose settentrionali. Potrebbero cadere nuovi record giornalieri di temperatura soprattutto nel Pacifico nord-occidentale nel prossimo fine settimana.

Le squadre dei vigili del fuoco stanno provvedendo alla difesa delle strutture dove necessario, stanno tentando di completare le linee di contenimento e di ottenere una roccaforte in una topografia piuttosto complicata, impegnandosi anche nelle operazioni di bonifica ove possibile.

Al momento si contano 89 grandi incendi attivi negli Stati Uniti, la maggior parte dei quali si trovavano nell’ovest del Paese, tra cui 31 in Oregon e 10 in California e Idaho, secondo il  National Interagency Fire Center . Complessivamente gli incendi attivi hanno stanno ricoprendo più di 8 mila chilometri quadrati di territorio.

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La crisi climatica è la principale colpevole per fame e malnutrizione https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/la-crisi-climatica-e-la-principale-colpevole-per-fame-e-malnutrizione/ Thu, 25 Jul 2024 14:20:29 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78353 Nel 2023, la crisi climatica è stata la principale responsabile di fame e malnutrizione nel mondo. A lanciare l’allarme è la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che oggi ha pubblicato il nuovo rapporto State of Food Security and Nutrition in the World in cui si delinea il ruolo sempre più centrale …

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Nel 2023, la crisi climatica è stata la principale responsabile di fame e malnutrizione nel mondo. A lanciare l’allarme è la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che oggi ha pubblicato il nuovo rapporto State of Food Security and Nutrition in the World in cui si delinea il ruolo sempre più centrale del clima anche nel contrasto alla fame nel mondo. In uno scenario complessivo che si profila decisamente preoccupante.

Aggravata da conflitti e crisi economiche la fame nel mondo resta infatti a livelli catastroficamente alti, mentre tra i principali fattori scatenanti, che si verificano con frequenza e intensità sempre maggiori, il clima è ufficialmente arrivato a ricoprire un ruolo di primo piano.

Lanciando l’allarme su una situazione che sembra destinata ad aggravarsi ulteriormente con l’aumentare delle temperature medie globali, il rapporto della FAO sottolinea anche l’importanza cruciale di trasformare i nostri sistemi agroalimentari per renderli più resilienti e affrontare le disuguaglianze. È necessario aumentare e migliorare i finanziamenti, avvertono gli esperti, assicurandosi che siano accessibili ai gruppi più vulnerabili, come i piccoli produttori.

Clima e fame, il punto della situazione

Negli ultimi tre anni la fame nel mondo è rimasta a livelli allarmanti, dopo aver fatto registrare un brusco aumento tra il 2019 e il 2021. A pochi anni dal traguardo il mondo è ancora drammaticamente lontano dal raggiungere gli obiettivi che si era prefissato con la cosiddetta Agenda 2030, tra cui l’ambizioso traguardo di eliminare la fame entro la fine di questo decennio.

La situazione varia a livello regionale: in Africa, il numero di persone che soffrono la fame è aumentato; in Asia la situazione è rimasta invariata; in America Latina si è invece registrata una significativa diminuzione dell’insicurezza alimentare: l’unica regione a mostrare questo miglioramento.

«Questi dati sulla fame sono un importante campanello d’allarme», commenta Olivier De Schutter, UN Special Rapporteur sulla povertà estrema e i diritti umani e co-chair dell’International Panel of Experts on Sustainable Food Systems (IPES-Food). «La fame nel mondo rimane catastroficamente alta, con 733 milioni di persone che vanno a letto affamate ogni giorno – il 36% in più rispetto a dieci anni fa. Inoltre, 2,8 miliardi di persone non sono in grado di permettersi una dieta sana, il che significa che per uno su tre i salari sono troppo bassi o la protezione sociale troppo debole per avere un’alimentazione adeguata».

Tra i principali fattori alla base della fame globale, il clima si è rivelato come il più impattante nel 2023, e ha causato gravi difficoltà nel settore agricolo compromettendo la sicurezza alimentare di milioni di persone.

clima e fame fao

L’urgenza di un cambio di rotta

Per affrontare queste sfide di vitale importanza, è fondamentale accelerare la trasformazione dei nostri sistemi agroalimentari. La resilienza e la riduzione delle disuguaglianze devono essere al centro delle politiche future per garantire che una dieta sana sia accessibile e disponibile per tutte le persone.

Un aspetto cruciale, sottolinea la FAO, è rappresentato dai finanziamenti. Abbiamo bisogno di un aumento significativo dei fondi destinati all’agricoltura e alla sicurezza alimentare, insieme a una gestione più efficiente delle risorse. Questo implica la costruzione di un sistema più coerente ed efficiente per la distribuzione dei finanziamenti, la mobilitazione di maggiori risorse e la capacità di utilizzarle in modo efficace. In particolare, sottolineano gli esperti, è essenziale che i finanziamenti raggiungano direttamente i piccoli produttori, che sono tra i più colpiti dalle crisi alimentari.
«Costruire sistemi alimentari resistenti al clima è ora una questione di vita o di morte – avverte Olivier De Schutter -. Così come la creazione di piani di protezione sociale e la garanzia di salari di sussistenza per i lavoratori».

Il Costo dell’Inazione

Sostenere politiche di trasformazione richiederà investimenti significativi, ma il costo dell’inazione sarebbe decisamente maggiore. Reindirizzare i finanziamenti esistenti verso l’alimentazione e l’agricoltura potrebbe dare un contributo significativo alla soluzione del problema, sottolinea la FAO.

«Il rapporto della FAO è chiaro – commenta Elizabeth Nsimalda, Presidente della Federazione degli agricoltori dell’Africa orientale -: stiamo perdendo la battaglia contro la fame, soprattutto nelle comunità rurali dove molte delle persone che producono il cibo che mangiamo non sono in grado di nutrire se stesse e le loro famiglie».

Il rapporto è disponibile in inglese sul sito dell’Organizzazione.

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Tifone Gaemi su Taiwan e Cina: una nave affonda al largo dell’isola https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/tifone-gaemi-su-taiwan-e-cina-una-nave-affonda-al-largo-dellisola/ Thu, 25 Jul 2024 08:05:17 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/tifone-gaemi-su-taiwan-e-cina-una-nave-affonda-al-largo-dellisola/ Il Tifone Gaemi si è intensificato oltre ogni previsione, fino a raggiungere categoria 4 poco prima di raggiungere l’isola di Taiwan. Gaemi ha toccato terra mercoledì, impattando sulla costa nord-orientale di Taiwan nella contea di Yilan. È il tifone più forte ad aver colpito l’isola negli ultimi otto anni: le raffiche hanno raggiunto i 227 …

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Il Tifone Gaemi si è intensificato oltre ogni previsione, fino a raggiungere categoria 4 poco prima di raggiungere l’isola di Taiwan. Gaemi ha toccato terra mercoledì, impattando sulla costa nord-orientale di Taiwan nella contea di Yilan. È il tifone più forte ad aver colpito l’isola negli ultimi otto anni: le raffiche hanno raggiunto i 227 km/h.

Devastante l’impatto di Gaemi: tre persone sono morte, mentre altre centinaia sono rimaste ferite sull’isola. Le autorità hanno trasferito più di 8.000 persone in tutta l’isola. Il tifone ha costretto le autorità ad annullare parte delle più grandi esercitazioni militari annuali dell’isola, insieme a quasi tutti i voli nazionali e oltre 200 voli internazionali.


Poco prima dell’impatto su Taiwan il tifone Gaemi ha deviato considerevolmente verso sud, rispetto al percorso previsto, facendo un giro in senso antiorario appena al largo della costa orientale dell’isola. Inizialmente, infatti, si prevedeva che il tifone avrebbe colpito più a nord, ma l’interazione con le montagne del nord di Taiwan lo hanno spinto leggermente a sud, in direzione della città di Hualien.

La tempesta ha portato piogge incessanti anche nelle Filippine, dove una nave cisterna che trasportava circa 1,5 milioni di litri di carburante industriale, si è capovolta. Sedici membri dell’equipaggio del MT Terra Nova, battente bandiera filippina, sono stati tratti in salvo. Gaemi aveva condizionato il tempo anche nelle Filippine, portando piogge intense che hanno provocato la morte di otto persone.

Le squadre di soccorso di Taiwan sono alla ricerca di un’altra nave battente bandiera tanzaniana con nove membri dell’equipaggio a bordo. La nave si trovava al largo della città portuale meridionale di Kaohsiung.

tifone gaemi taiwan cina

Dopo aver attraversato Taiwan, Gaemi si sta dirigendo verso la città cinese di Quanzhou, nella provincia cinese del Fujian. Gaemi sarebbe il tifone più grande a colpire la costa orientale della Cina quest’anno. Il passaggio sullo Stretto di Taiwan permetterà a Gaemi di prendere nuova forza: tuttavia è probabile che non si intensifichi nuovamente e che arrivi sulla Cina continentale come tifone di categoria 1, portando comunque piogge intense, mareggiate e venti forti.

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Caldo estremo e aviaria tra gli esseri umani: ecco cosa sta accadendo in Colorado https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-estremo-e-aviaria-tra-gli-esseri-umani-ecco-cosa-sta-accadendo-in-colorado/ Mon, 22 Jul 2024 09:05:14 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-estremo-e-aviaria-tra-gli-esseri-umani-ecco-cosa-sta-accadendo-in-colorado/ Il caldo estremo che da settimane sta attanagliando gli Stati Uniti, dove anche la giornata di ieri è stata da record con 43 gradi raggiunti in Oregon, Idaho e Washington, potrebbe essere il fattore alla base della più grande epidemia di influenza aviaria tra gli esseri umani, mentre le autorità continuano a monitorare la diffusione …

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Il caldo estremo che da settimane sta attanagliando gli Stati Uniti, dove anche la giornata di ieri è stata da record con 43 gradi raggiunti in Oregon, Idaho e Washington, potrebbe essere il fattore alla base della più grande epidemia di influenza aviaria tra gli esseri umani, mentre le autorità continuano a monitorare la diffusione del virus.

Caldo estremo e difficoltà nell’indossare i dispositivi di protezione individuale: ecco cosa sta accadendo in Colorado

Nell’ovest degli Stati Uniti le temperature solo elevatissime, con oltre 40 gradi e mezzo milione di persone messe sotto allerta per il rischio di incendi boschivi che finora nell’Oregon e nello stato di Washington hanno raso al suolo 621mila acri di terreno. Vivere e lavorare con un clima così rovente non è semplice e possono confermarlo i lavoratori delle aziende lattiero-casearie del Colorado dove si è diffusa l’influenza aviaria.

Il caldo intenso e asfissiante ha probabilmente reso impossibile indossare i DPI (dispositivi di protezione individuale) per i lavoratori che abbattono il pollame infetto da H5N1, un’influenza aviaria altamente patogena. E così, quattro di loro hanno contratto il virus e si prevede che anche un quinto lavoratore sia stato infettato. È la prima volta che negli Stati Uniti viene segnalato un focolaio di casi umani di influenza aviaria.

Il cambiamento climatico può amplificare le epidemie di malattie mortali come l’aviaria, affermano gli esperti

Il cambiamento climatico, individuato come la causa di questa ondata di caldo estremo, può amplificare la diffusione di virus altamente pericolosi per la vita umana come l’aviaria, dicono gli esperti. Il cambiamento climatico è stato anche collegato all’emergere e alla diffusione più ampia di patogeni come questi, compresi nuovi modelli migratori per gli uccelli selvatici infetti da H5N1.

Il caso del Colorado e le difficoltà a lavorare con un caldo estremo all’interno dei pollai

In Colorado è successo che i lavoratori stavano abbattendo un gruppo di galline risultate positive al virus H5N1. Lavorare in spazi così ristretti e per molte ore con animali infetti dall’influenza aviaria, che ha un tasso di mortalità di circa il 50% tra gli esseri umani, può essere molto pericoloso.

Fuori c’erano 40 gradi ma all’interno dei pollai ce ne sono ovviamente di più. Tra il suore e gli enormi ventilatori industriali, i lavorati non riuscivano a tenere ben aderenti al volto occhiali e maschere di sicurezza, ha spiegato ai giornalisti Nirav Shah, vicedirettore principale dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) degli Stati Uniti. I ventilatori, inoltre, spargono anche piume e detriti, che possono trasportare il virus in aria.

Delle 160 persone che lavoravano nella fattoria, 60 hanno sviluppato sintomi e cinque sono risultate positive o si presume che lo siano. I restanti 55 lavoratori sono risultati negativi al test per l’H5N1 presso il laboratorio sanitario dello stato del Colorado e ad alcuni di loro sono state diagnosticate altre malattie respiratorie. Gli operatori continueranno ad abbattere i polli, che costituiscono un gregge di 1,8 milioni di volatili, nei prossimi 10-14 giorni.

L’influenza aviaria è stata trasmessa dalle mucche ai polli? La possibilità è concreta

L’allevamento di pollame, infatti, si trova nella stessa contea in cui si trovano gli allevamenti di bovini da latte risultati positivi all’influenza aviaria. Il sequenziamento genomico mostra che questi casi sono strettamente correlati all’epidemia nelle mucche da latte: sembra che sia passata dalle mucche ai polli alle persone, anche se non è chiaro come a questo punto. Un rapporto del Dipartimento dell’Agricoltura del Michigan del mese scorso ha scoperto che il virus potrebbe essere trasportato anche dalle persone tra le fattorie.

Quelli del Colorado sono i primi casi tra i lavoratori del settore avicolo degli Stati Uniti dal 2022: come incide il cambiamento climatico?

Il cambiamento climatico può avere effetti negativi sulla salute umana, rendendo le persone più vulnerabili a fenomeni meteorologici estremi e a fenomeni di ricaduta come questi, modificando le interazioni tra gli animali e i modelli di migrazione, il che può portare a ulteriori ricadute. L’epidemia di H5N1 nelle Americhe si era già diffusa a fine 2021, quando gli uccelli selvatici portatori del virus sono riusciti a volare dall’Europa settentrionale all’Islanda e poi a Terranova.

Secondo gli esperti, è insolito che gli uccelli possano viaggiare così tanto ma quando è successo c’erano condizioni climatiche molto insolite e venti insolitamente forti. Gli eventi climatici insoliti possono infatti modificare i soliti schemi migratori e altri comportamenti umani e animali, aprendo nuove vie di rischio.

I lavoratori del Colorado che hanno contratto l’aviaria hanno lamentato congiuntivite, tosse, febbre, brividi e mal di gola. Nessuno di loro ha richiesto il ricovero ospedaliero e sono tutti in ripresa. Visti i lievi sintoni sviluppati, il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie statunitense non ha ritenuto necessario modificare il livello di allerta per gli umani o raccomandare un vaccino specifico, ma a questo punto c’è da tenere in stretta considerazione la situazione climatica quando si cerca di eliminare un virus.

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Sono iniziati dei negoziati cruciali per il futuro dei fondali marini e delle specie che li abitano https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/sono-iniziati-dei-negoziati-cruciali-per-il-futuro-dei-fondali-marini-e-delle-specie-che-li-abitano/ Tue, 16 Jul 2024 10:09:58 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78312 Si sta svolgendo in questi giorni il vertice dell’International Seabed Authority (ISA), l’Autorità internazionale per i fondali marini delle Nazioni Unite, che fino al 26 luglio si riunirà in Giamaica per discutere, tra le altre cose, il futuro del cosiddetto deep sea mining. Si tratta della pratica di estrarre minerali dai profondi fondali oceanici, estremamente …

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Si sta svolgendo in questi giorni il vertice dell’International Seabed Authority (ISA), l’Autorità internazionale per i fondali marini delle Nazioni Unite, che fino al 26 luglio si riunirà in Giamaica per discutere, tra le altre cose, il futuro del cosiddetto deep sea mining. Si tratta della pratica di estrarre minerali dai profondi fondali oceanici, estremamente controversa per le conseguenze sull’ambiente e gli ecosistemi.

Altissima quindi l’attenzione sul summit, che potrebbe segnare un punto di svolta per le politiche globali di estrazione mineraria negli abissi, con implicazioni profonde sia dal punto di vista economico che ambientale.
Il deep sea mining si propone infatti come una risposta alla crescente domanda di minerali come cobalto, nichel e terre rare, essenziali per la produzione di tecnologie avanzate ma anche per la transizione energetica.

A rendere così attrattive le pratiche di estrazione negli abissi sono in particolare i “noduli polimetallici“, concrezioni minerali che si trovano sul fondo marino. Con dimensioni che generalmente variano tra i 5 e i 15 centimetri di diametro, i noduli si formano attraverso un lunghissimo processo di precipitazione di metalli intorno a un innesco naturale, come un frammento di conchiglia o un detrito. La loro formazione stratificata avviene in condizioni ambientali molto specifiche e stabili, spesso a grandi profondità oceaniche e in aree con bassi tassi di sedimentazione, e impiega milioni di anni.

All’interno di questi noduli si trovano metalli di grande interesse industriale, fondamentali per numerosi settori, dall’elettronica all’energia, dalle telecomunicazioni all’industria militare. Tra questi il manganese, il nichel, il rame, il molibdeno, il litio e terre rare.

Le gravi minacce del deep sea mining per l’ambiente e gli ecosistemi

I rischi ambientali associati al deep sea mining sono oggetto di crescente preoccupazione. Gli scienziati avvertono che l’estrazione dei minerali potrebbe distruggere ecosistemi marini unici, che in molti casi non siamo nemmeno arrivati a comprendere completamente.
Tra gli effetti più rischiosi ci sono la sospensione di sedimenti, l’inquinamento chimico e l’emissione di molta luce e rumore che potrebbero minacciare la salute, e forse la stessa sopravvivenza, di numerose specie marine. Tra gli animali a rischio anche i cetacei, che potrebbero veder compromettere le proprie capacità di orientamento e comunicazione.

La posizione dei governi e il ruolo dell’Italia

Attualmente 27 paesi stanno chiedendo una pausa precauzionale nelle attività di deep sea mining, evidenziando la necessità di ulteriori studi sugli impatti ambientali prima di procedere: tra questi la Francia e il Cile. L’Italia non ha preso una posizione ufficiale ma è presente nei negoziati dell’International Seabed Authority attraverso il gruppo A, accanto a potenze come Cina e Russia, in una posizione rilevante nel Consiglio che deve discutere un “codice minerario”, atteso da tempo, da approvare entro il 2025.

Nonostante il ruolo significativo giocato dal nostro Paese, la posizione del governo italiano è ancora ambigua, con alcuni ministri che invocano un approccio cauto mentre altri si dicono favorevoli all’estrazione, a patto che siano garantite misure di protezione adeguate. Greenpeace ha raccolto alcune dichiarazioni dei ministri italiani, che risultano «confuse e divise tra sfruttamento e tutela dei fondali», osserva l’organizzazione.

Il ministro Nello Musumeci (Protezione Civile e Politiche del Mare) dichiara di essere favorevole a patto che sia garantita la tutela dei fondali marini, ma senza spiegare come potrebbe questa essere effettivamente garantita; il ministro Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy) afferma che nella legge sulla blue economy ci sarà spazio per tutte le industrie che lavorano con il mare, comprese quelle che si offrono per le estrazioni negli abissi.
E mentre la premier Giorgia Meloni sostiene che questa è una delle tante sfide che ci attendono, un dominio nuovo nel quale l’Italia intende giocare un ruolo di primo piano, si mostra più cauto il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, che in occasione della visita in Italia del segretario generale dell’ISA ha manifestato la necessità di approfondire le conoscenze scientifiche e di avere un approccio ecosistemico per lo sfruttamento delle risorse minerarie nelle zone di alto mare.

«Il nostro governo sembra oscillare tra la tutela e la possibilità di sfruttare i fondali marini», commenta Greenpeace. «In ogni caso, ad oggi l’Italia non è tra i Paesi che si sono schierati per una pausa precauzionale o una moratoria».

Molte aziende spingono per un via libera al deep sea mining

Numerose aziende stanno facendo pressione per ottenere i permessi necessari a iniziare le operazioni estrattive, sostenendo che le pratiche legate all’estrazione mineraria negli abissi possano essere meno dannose rispetto all’estrazione terrestre tradizionale. 

Secondo un’indagine di Greenpeace diffusa lunedì, in concomitanza con l’avvio dei negoziati in Giamaica, le aziende italiane potenzialmente interessate alle estrazioni minerarie negli abissi non hanno specifiche politiche sul deep sea mining, anzi alcune guardano con interesse all’avvio di questa nuova forma di sfruttamento delle risorse naturali.
Una situazione in netto contrasto con quanto avviene nel resto del mondo, evidenzia Greenpeace, dove grandi aziende – come Google, BMW, Volvo e Renault – hanno già preso posizioni contrarie allo sviluppo del deep sea mining.

Fincantieri è l’azienda italiana più propensa a sviluppare il deep sea mining, sostiene l’organizzazione ambientalista, tanto da aver già sottoscritto negli ultimi anni accordi di collaborazione per le attività estrattive sui fondali. Le altre compagnie italiane interessate alle materie prime critiche esaminate da Greenpeace sono: Saipem, Leonardo, MSC Crociere, STMicroelectronics, Energy SPA, FAAM, Trienergia, Stellantis, Alkeemia, Gaymarine, Drass e Gabi Cattaneo.

La Richiesta di una Moratoria e le Soluzioni Alternative

La richiesta di una moratoria temporanea o di un divieto completo è supportata da numerose organizzazioni non governative, dagli scienziati e da diversi governi.
Alcune organizzazioni, tra cui Greenpeace, hanno lanciato una petizione per fermare il deep sea mining fino a quando non si avranno dati chiari e misurabili sulle sue conseguenze: si può firmare qui.

Al momento, alcune soluzioni potrebbero permetterci di ridurre la dipendenza dai minerali di profondità: per esempio potremmo adottare criteri di progettazione più sostenibili per i prodotti tecnologici e incrementare i tassi di riciclo dei metalli dalle apparecchiature a fine vita.

I negoziati in corso rappresentano quindi un momento cruciale per la comunità internazionale, chiamata a garantire una transizione energetica sostenibile senza compromettere gli ecosistemi marini.

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Europa divisa: fresco in Spagna e Francia, caldo record nei Balcani https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/europa-divisa-fresco-in-spagna-e-francia-caldo-record-nei-balcani/ Mon, 15 Jul 2024 14:05:05 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/europa-divisa-fresco-in-spagna-e-francia-caldo-record-nei-balcani/ In questi giorni di metà luglio l’Europa è divisa in due: da una parte domina il caldo intenso, dall’altra temperature decisamente più fresche. In Serbia sono stati toccati valori oltre i 38 gradi, in Romania tra 37 e 41 gradi e temperature minime mai sotto i 20 gradi con dunque disagio nelle ore notturne. Vige …

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In questi giorni di metà luglio l’Europa è divisa in due: da una parte domina il caldo intenso, dall’altra temperature decisamente più fresche.
In Serbia sono stati toccati valori oltre i 38 gradi, in Romania tra 37 e 41 gradi e temperature minime mai sotto i 20 gradi con dunque disagio nelle ore notturne. Vige un’ allerta fino a rossa per il caldo eccessivo anche in Croazia, con temperature massime oltre i 36 gradi e minime superiori ai 27 gradi. L’allerta arancione per stress termico coinvolge anche l’Austria e il sud-est della Polonia dove si profilano temperature massime da 32°C a 35°C. Temperature minime da 17°C a 23°C. Nel frattempo sabato scorso in Ucraina si è verificato il record di tutti i tempi con 36.7 gradi a Volodymyr-VolynsKyi e una minima di 24.5 gradi a Zhytomyr.

Fa molto caldo anche in Grecia con il termometro fino a 42 gradi e un elevato pericolo di incendi.

In Francia, in alcuni settori nord-orientali, il clima è decisamente più fresco ed è allerta fino ad arancione per temporali potenzialmente intensi e pericolosi. Allerta gialla in Galles, anche qui per forti temporali: sono probabili acquazzoni torrenziali in alcuni luoghi con 15-20 mm di pioggia in meno di un’ora e fino a 30-40 mm in 3 ore.

La situazione in Spagna vede temperature non eccessivamente elevate nella maggior parte del Paese dopo un mese di giugno decisamente fresco. Da mercoledì si profila invece la prima ondata di calore della stagione estiva con valori fino a 40 gradi.

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Caldo estremo e poca pioggia: Grecia alle prese con una grave crisi idrica https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-estremo-e-poca-pioggia-grecia-alle-prese-con-una-grave-crisi-idrica/ Mon, 15 Jul 2024 10:05:12 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-estremo-e-poca-pioggia-grecia-alle-prese-con-una-grave-crisi-idrica/ Poca pioggia e ondate di caldo intenso stanno mettendo a dura prova la Grecia, colpita ora da una grave crisi idrica. Il Paese sta vivendo, come l’Italia, una grave e prolungata ondata di caldo che ha portato i termometri a superare la soglia dei 40 gradi nel corso del weekend. L’ondata di calore insiste sulla …

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Poca pioggia e ondate di caldo intenso stanno mettendo a dura prova la Grecia, colpita ora da una grave crisi idrica. Il Paese sta vivendo, come l’Italia, una grave e prolungata ondata di caldo che ha portato i termometri a superare la soglia dei 40 gradi nel corso del weekend.

L’ondata di calore insiste sulla Grecia da ormai una settimana consecutiva e domenica 14 si sono registrate temperature molto elevate, con un picco di 40,9°C a Kerkini Serres, nella periferia della Macedonia Centrale. La temperatura media massima nel Paese è stata pari a 34,8°C, mentre 158 delle 501 stazioni della rete di stazioni meteorologiche di dell’Osservatorio Nazionale di Atene, hanno registrato temperature superiori a 37°C, di cui 11 hanno registrato una temperatura superiore a 40°C .

Grecia nella morsa del caldo intenso e rischio incendi: è crisi idrica

La massa di aria rovente dell’Anticiclone nord-africano sta mantenendo lontane le perturbazioni, con una conseguente carenza di acqua, più grave su alcune isole. A causa della crisi idrica è stato dichiarato lo stato di emergenza a Sifnos nelle Cicladi, a Leros nelle isole del Dodecaneso, a Sami a Cefalonia e in alcune parti di Creta.

Le riserve di acqua si stanno esaurendo. Anche nella penisola dell’Attica, che comprende Atene, i livelli delle acque sono bassi. Sull’isola di Naxos, nell’Egeo meridionale, il bacino idrico più grande si è prosciugato a causa delle scarse precipitazioni e del caldo.

La situazione risulta particolarmente grave per lo stato di manutenzione degli impianti e dalle scarse infrastrutture. Gli agricoltori non riescono più ad irrigare, e alcuni sono costretti a fare affidamento a pozzi contaminati dall’acqua marina.

Oltre al caldo e alla mancanza di acqua, il Paese è interessato da condizioni ad alto rischio incendi. Al momento sono 7 gli incendi boschivi che stanno colpendo la Macedonia del Nord, spingendo il governo a dichiarare lo stato di crisi. I roghi si stanno diffondendo soprattutto nelle zone centrali e orientali della Grecia, secondo il Crisis Management Center. Il pericolo incendi è estremamente elevato in Macedonia orientale, Creta e Attica.

grecia crisi idrica
Rischio incendi in Grecia. Fonte EFFIS Copernicus

Un incendio a giugno a Serifos ha distrutto parte della rete di approvvigionamento idrico dell’isola, e ora le sue riserve idriche hanno raggiunto il punto più basso degli ultimi 20 anni.

Considerando la situazione, e temendo un’estate ancora molto calda e siccitosa, Elissavet Feloni, idrologo e docente presso l’Università dell’Attica occidentale, ha chiesto controlli sul consumo di acqua e un monitoraggio più rigoroso da parte del governo.

Le isole di Karpathos e Serifos hanno già preso in mano la situazione, imponendo restrizioni sul riempimento delle piscine. A Viannos, a Creta, sono stati imposti limiti rigorosi all’uso dell’acqua per l’irrigazione. Altre isole hanno deciso di incoraggiare un approccio al turismo più sostenibile vietando la costruzione di piscine nell’estate del 2023. Poi c’è l’isola di Thassos, che sta investendo in un impianto di desalinizzazione per rendere potabile l’acqua di mare, riporta Reuters.

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New York, si blocca un ponte a causa del caldo intenso https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/new-york-si-blocca-un-ponte-a-causa-del-caldo-intenso/ Sun, 14 Jul 2024 13:05:04 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/new-york-si-blocca-un-ponte-a-causa-del-caldo-intenso/ Molti settori degli Stati Uniti stanno vivendo un’intensa ondata di caldo estremo. Un ponte girevole di New York, il Third Avenue Bridge, che collega il Bronx a Manhattan, è rimasto bloccato per diverse ore in posizione aperta nella giornata dell’8 luglio e, secondo gli esperti, il fatto è avvenuto proprio a causa del grande caldo …

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Molti settori degli Stati Uniti stanno vivendo un’intensa ondata di caldo estremo. Un ponte girevole di New York, il Third Avenue Bridge, che collega il Bronx a Manhattan, è rimasto bloccato per diverse ore in posizione aperta nella giornata dell’8 luglio e, secondo gli esperti, il fatto è avvenuto proprio a causa del grande caldo che ha fatto dilatare l’acciaio.

Per tornare alla normalità i vigili del fuoco hanno dovuto raffreddare il metallo spruzzando dell’acqua sulla campata e sulla parte inferiore del ponte. L’incidente è stato risolto ma sono state notevoli le ripercussioni sul traffico della metropoli.

Anche nel resto degli Usa prosegue intanto l’ondata di calore con temperature massime in Colorado fino a 41°C e ancora valori oltre 125F (51°C) in California con notti tropicali eccezionali: minima all’alba di 103,7°F (39,8°C) a Badwater, California, e di 35°C a Las Vegas.

Le ultime due settimane sono le più calde (da fine giugno a inizio luglio) mai registrate in gran parte della California (comprese alcune aree costiere), gran parte dell’Arizona, parti del Nevada e dell’Oregon occidentale.

L’ondata di calore negli Usa si va estendendo verso la costa orientale. L’allerta per caldo eccessivo riguarda quasi 95 milioni di persone ed è in vigore in un’area che va dall’Idaho meridionale, a gran parte della California, fino all’Arizona sud-occidentale.
Il sindaco di New York ha fatto un video appello per avvertire la popolazione del pericolo per la salute. Il perdurare dell’ondata di calore nell’ovest porterà nella regione un clima da elevato a critico per gli incendi il che significa che la combinazione di umidità, vento e temperature potrebbe causare o esacerbare i roghi.

Nell’Oregon nordoccidentale e nel Washington sud-occidentale si prevedono temperature di circa 10 gradi superiori alla norma. La città di New Orleans e quella di New York hanno annunciato l’apertura di centri di raffreddamento come opzione per la popolazione per sfuggire al caldo.

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Aumento del livello del mare ha causato in Florida la sua prima estinzione locale di una specie https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/aumento-del-livello-del-mare-ha-causato-in-florida-la-sua-prima-estinzione-locale-di-una-specie/ Wed, 10 Jul 2024 09:05:15 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/aumento-del-livello-del-mare-ha-causato-in-florida-la-sua-prima-estinzione-locale-di-una-specie/ Luke Padon, CC BY 4.0 , via Wikimedia CommonsL’innalzamento del livello del mare è una delle conseguenze più evidenti e catastrofiche della crisi climatica e, secondo i ricercatori, ha appena provocato la prima estinzione locale di una specie in Florida. Secondo gli scienziati del Florida Museum of Natural History e del Fairchild Tropical Botanic Garden di Miami, infatti, l’innalzamento del livello del mare …

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L’innalzamento del livello del mare è una delle conseguenze più evidenti e catastrofiche della crisi climatica e, secondo i ricercatori, ha appena provocato la prima estinzione locale di una specie in Florida.

Secondo gli scienziati del Florida Museum of Natural History e del Fairchild Tropical Botanic Garden di Miami, infatti, l’innalzamento del livello del mare ha provocato la scomparsa del cactus arboreo di Key Largo (Pilosocereus millspaughii), che cresceva spontaneamente negli Stati Uniti. Oggi, questa specie è scomparsa dalla Florida, a causa delle inondazioni di acqua salata e dell’impoverimento del suolo.

Luke Padon, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0>, via Wikimedia Commons
Luke Padon, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0>, via Wikimedia Commons

Il cactus arboreo oggi si può trovare solo in alcune isole dei Caraibi, come ad esempio nel nord di Cuba, o alle Bahamas. Nel 2021 i ricercatori della Florida avevano prelevato alcuni esemplari di questa specie per conservarli in serra, per garantire la sopravvivenza della specie. Da allora non sono stati più rilevati cactus Key Largo in natura nello stato americano. 

“Purtroppo, il cactus arboreo di Key Largo potrebbe essere un indicatore di come altre piante costiere di bassa quota risponderanno ai cambiamenti climatici”, ha affermato la botanica di Fairchild Jennifer Possley, autrice principale dello studio pubblicato sulla rivista del Botanical Research Institute of Texas, in cui è stato documentato il declino della specie.

Il cactus arboreo Key Largo era stato inserito nella lista delle specie in pericolo a livello federale nel 1984, ma i suoi numeri hanno continuato a calare. Tra il 1994 e il 2007, è diminuito dell’84%.

Il suo habitat è caratterizzato da zone costiere, circondate da mangrovie e a basso affioramento calcareo. Originariamente cresceva su uno strato di terreno e materia organica che consentiva al cactus e ad altre piante di crescere, ma le mareggiate degli uragani e le maree eccezionalmente alte hanno eroso e portato via questo materiale vitale. Le piante più resistenti al sale, che in precedenza erano limitate ai terreni salmastri sotto le mangrovie, hanno iniziato lentamente a risalire l’affioramento roccioso, segno che i livelli di sale stavano aumentando.

Il passaggio di violenti uragani non ha fatto che accelerare questo processo. Circa il 90% della catena delle Florida Keys più meridionali si trova a 1,5 metri di altitudine o meno. Nel 2017, l’uragano di categoria 5 Irma ha spazzato la Florida meridionale, creando un’onda di tempesta (storm surge) di 1,5 metri. Il punto più alto di Key Largo si trova a soli 4,5 metri sopra il livello del mare e ampie porzioni dell’isola sono rimaste allagate per giorni.

Una volta passata la tempesta, i ricercatori hanno esaminato le condizioni della vegetazione e lo stato di salute dei cactus: le condizioni erano così estreme che i biologi hanno dovuto utilizzare piscinette di acqua dolce per mantenere in vita la fauna selvatica locale. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che i mammiferi, privati ​​di acqua potabile altrove, mangiavano proprio queste piante, capaci di trattenere l’umidità, causando danni ancora maggiori.

E la crisi climatica intanto avanza a passo spedito: la NASA prevede che il livello dell’oceano in futuro possa alzarsi fino a 2 metri entro il 2100. Inoltre, nonostante i “piani provvisori” con il dipartimento per la protezione ambientale della Florida (DEP), ci sono basse possibilità che si ripristini la loro presenza in natura in Florida con  progetti di reimpianto su piccola scala.

“Siamo in prima linea nella perdita di biodiversità”, ha affermato il co-autore dello studio George Gann, direttore esecutivo dell’Institute for Regional Conservation. “La nostra ricerca nel sud della Florida negli ultimi 25 anni mostra che più di una specie di piante autoctone su quattro è gravemente minacciata dall’estinzione regionale o è già stata estirpata a causa della perdita di habitat, della raccolta eccessiva, delle specie invasive e di altri fattori di degrado. Più di 50 sono già scomparse, tra cui quattro estinzioni globali”.

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Caldo record a Las Vegas: sfiorati i 49 gradi. Ondata di calore “potenzialmente storica” https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-record-a-las-vegas-sfiorati-i-49-gradi-ondata-di-calore-potenzialmente-storica/ Mon, 08 Jul 2024 10:05:05 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-record-a-las-vegas-sfiorati-i-49-gradi-ondata-di-calore-potenzialmente-storica/ La città di Las Vegas ha appena registrato il suo giorno più caldo da quando sono iniziate le registrazioni nel 1937: il termometro ha segnato una temperatura di 48,9°C, mentre una ondata di calore “potenzialmente storica” a detta del Servizio Meteo Nazionale americano, continua ad interessare l’ovest degli Stati Uniti. Nella Death Valley il termometro …

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La città di Las Vegas ha appena registrato il suo giorno più caldo da quando sono iniziate le registrazioni nel 1937: il termometro ha segnato una temperatura di 48,9°C, mentre una ondata di calore “potenzialmente storica” a detta del Servizio Meteo Nazionale americano, continua ad interessare l’ovest degli Stati Uniti.

caldo record las vegas

Nella Death Valley il termometro è salito fino a 53,9 gradi e molti record sono stati battuti ieri, anche dopo le 17, tra California e Nevada. Raggiunti 46 gradi a Fresno (California) che dopo 119 anni eguaglia il record stabilito l’8 luglio 1905, 45 gradi a Mercury (Nevada) e 43 gradi a Bishop (California), che hanno eguagliato i loro record di tutti i tempi.

A Las Vegas il termometro ha registrato 48,9°C, un valore superiore al precedente record di 47,2°C, raggiunto cinque volte nel 2021, 2017, 2013, 2005 e 1942.

Ondata di caldo “potenzialmente storica” nell’ovest degli Stati Uniti

L’intensa ondata di calore potrebbe continuare per gran parte della settimana. Un avviso di caldo eccessivo è in vigore in gran parte degli stati occidentali, da Washington fino a California, Nevada e Arizona.

Le temperature raggiungono i valori più elevati nella Las Vegas Valley, nella contea occidentale di Clark e nella contea meridionale di Nye, dove condizioni pericolosamente calde persisteranno per un periodo insolitamente lungo. Las Vegas sarà esposta a 10 giorni o più di caldo intenso. Secondo il National Weather Service, una serie del genere si è verificata solo due volte nella storia recente, ovvero dal 17 al 26 giugno 1962 e dal 14 al 23 luglio 2023.

caldo record las vegas

La Death Valley potrebbe raggiungere anche i 49-51 gradi. Nel 2020 e nel 2021, la Furnace Creek della Death Valley aveva raggiunto i 54 gradi. La temperatura più alta registrata sulla Terra è stata di 56,6 gradi nella Death Valley nel 1913.

La durata dell’ondata di calore, che non lascia respirare nemmeno la notte, con temperature minime tropicali, continuerà a causare stress termico, specie per chi non può trovare riparo in ambienti condizionati. Si prevede che l’ondata di calore si sposterà dalla California e dall’Oregon a nord verso Washington e a est attraverso il Great Basin e l’Arizona verso metà settimana.

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Giugno 2024, il più caldo a livello globale. Ora sono 13 mesi consecutivi di caldo record https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/giugno-2024-il-piu-caldo-a-livello-globale-ora-sono-13-mesi-consecutivi-di-caldo-record/ Mon, 08 Jul 2024 08:05:07 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/giugno-2024-il-piu-caldo-a-livello-globale-ora-sono-13-mesi-consecutivi-di-caldo-record/ Continua l’incredibile serie di mesi record per le temperature globali: Giugno 2024 è stato infatti più caldo a livello globale rispetto a qualsiasi altro giugno precedente nei dati registrati. La conferma arriva dal rapporto mensile curato dal Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus. Caldo record a Giugno 2024: temperature mai così elevate a livello …

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Continua l’incredibile serie di mesi record per le temperature globali: Giugno 2024 è stato infatti più caldo a livello globale rispetto a qualsiasi altro giugno precedente nei dati registrati. La conferma arriva dal rapporto mensile curato dal Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus.

giugno 2024 caldo

Caldo record a Giugno 2024: temperature mai così elevate a livello globale

In media la temperatura dell’aria superficiale del Pianeta è stata di 16,66 °C, 0,67 °C in più rispetto alla media 1991-2020 per giugno e 0,14 °C in più rispetto al precedente massimo registrato a giugno 2023.

Le temperature sono state al di sopra della media nel Canada orientale, negli Stati Uniti occidentali e in Messico, in Brasile, nella Siberia settentrionale, nel Medio Oriente, nell’Africa settentrionale e nell’Antartide occidentale. Le temperature erano al di sotto della media nel Pacifico equatoriale orientale, indicando uno sviluppo di La Niña, ma le temperature dell’aria sull’oceano sono rimaste a un livello insolitamente alto in molte regioni.

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Anomalie ed estremi nella temperatura della superficie del mare per giugno 2024. Fonte dei dati: ERA5. Credito: Copernicus Climate Change Service/ECMWF.

La temperatura media della superficie del mare per giugno 2024 sull’area compresa tra 60°S e 60°N è stata di 20,85°C, il valore più alto mai registrato per il mese. Questo è il quindicesimo mese consecutivo in cui la SST è stata la più calda per il rispettivo mese dell’anno.

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Con questo sono 13 mesi consecutivi di caldo record. Sebbene insolito, una serie simile di record di temperatura globale mensile si è verificata in precedenza tra il 2015 e il 2016. Gli ultimi 12 mesi sono, dunque, i più caldi mai registrati, con una anomalia di +0,76 °C rispetto alla media del periodo 1991-2020 e +1,64 °C rispetto alla media preindustriale del periodo 1850-1900.

Rispetto al periodo preindustriale (1850-1900) il mese di giugno 2024 è stato 1,5°C più caldo. E ora sono 12 i mesi ad aver superato la soglia simbolica degli 1,5 gradi. Otto di questi 12 mesi, da settembre 2023 ad aprile 2024, sono stati nettamente superiori a 1,5°C (nello specifico tra 1,58 e 1,78 gradi).

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Per l’Europa, giugno 2024 è stato il secondo più caldo mai registrato

Il mese di giugno 2024 è stato più caldo della media del periodo 1991-2020 nell’Italia meridionale, nell’Europa sud-orientale e in Turchia, riflettendo le ondate di calore verificatesi a Cipro, in Grecia e in Turchia. Il mese è stato più caldo anche nella maggior parte dell’Europa orientale e della Fennoscandia.

Durante il mese sono state registrate temperature molto elevate, persino superiori ai 40 °C. La Grecia ha avuto il suo giugno più caldo dal 2010, e la città di Atene ha avuto il suo giugno più caldo in un record di dati risalente al 1860. Temperature prossime alla media o leggermente inferiori sono state invece registrate in molte aree dell’Europa occidentale, tra cui Portogallo, Spagna, Irlanda e Regno Unito.

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Complessivamente la temperatura media europea per il giugno 2024 è stata di 1,57°C superiore alla media 1991-2020 per il mese di giugno, il che rende giugno 2024 il secondo giugno più caldo mai registrato in Europa.

 

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Olimpiadi 2024 di Parigi: la Senna è ancora troppo inquinata e impraticabile https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/olimpiadi-2024-di-parigi-la-senna-e-ancora-troppo-inquinata-e-impraticabile/ Thu, 04 Jul 2024 10:05:06 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/olimpiadi-2024-di-parigi-la-senna-e-ancora-troppo-inquinata-e-impraticabile/ Le Olimpiadi 2024 avranno inizio tra circa tre settimane a Parigi ma le acque della Senna al momento rimangono impraticabili. A stabilirlo sono le ultime analisi delle acque del fiume rese note dal comune di Parigi qualche giorno fa. Come diretta conseguenza, lunedì 1 luglio è stata annullata la prova generale per la cerimonia di …

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Le Olimpiadi 2024 avranno inizio tra circa tre settimane a Parigi ma le acque della Senna al momento rimangono impraticabili. A stabilirlo sono le ultime analisi delle acque del fiume rese note dal comune di Parigi qualche giorno fa. Come diretta conseguenza, lunedì 1 luglio è stata annullata la prova generale per la cerimonia di apertura.

Olimpiadi 2024, manca sempre meno all’inizio dei giochi olimpici di Parigi ma le acque della Senna rimangono impraticabili

Le acque della Senna sono sempre più inquinate, tanto da dover sospendere la prova generale per la cerimonia di apertura. Il fiume dovrebbe ospitare gare tra cui la 10 km stile libero e il triathlon. Dopo i Giochi, ci sono piani per mantenere la Senna balneabile per i parigini, annullando un divieto in vigore da 100 anni.

La cerimonia di apertura avrebbe dovuto vedere la partecipazione di delegazioni olimpiche internazionali che avrebbero solcato il fiume a bordo di barche, ma la prova generale per l’evento è stata annullata a causa di pericolose concentrazioni di batteri fecali nell’acqua.

Olimpiadi 2024, livelli pericolosi di batteri fecali nella Senna ma non è tutto

Nei test effettuati tra il 18 e il 20 giugno nelle acque della Senna sono stati rilevati preoccupanti concentrazioni di batteri Escherichia coli ed enterococchi, su livelli che superano di gran lunga i limiti stabiliti dagli organizzatori delle gare sportive.

Le concentrazioni di batteri Escherichia coli erano 10 volte superiori rispetto alla soglia massima stabilita dalla World Triathlon Federation e i livelli non sono scesi affatto sotto la soglia durante il periodo di prova. Anche i livelli di Enterococchi erano pericolosi. La rimozione dei batteri è fondamentale per lo svolgimento dei Giochi olimpici.

L’anno scorso l’organismo di governo del nuoto World Aquatics ha chiuso la Coppa del Mondo di nuoto in acque libere dopo aver scoperto che l’acqua della Senna era “al di sotto degli standard accettabili per salvaguardare la salute dei nuotatori”.

Proteste selvagge in Francia contro Macron e le spese fatte per la bonifica del fiume

In Francia non è certo un momento semplice dal punto di vista politico, con le nuove elezioni indette da Emmanuel Macron in seguito al trionfo schiacciante di Marine Le Pen alle Europee che hanno indispettito e non poco il popolo francese. Proprio Macron e il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, avrebbero dovuto fare un tuffo nella Senna il 23 giugno per dimostrare che le acque sono sicure per la balneazione.

Questo ha dato il via ad una protesta da parte degli attivisti contro la spesa di 1,4 miliardi di euro che la Francia avrebbe fatto per la bonifica del fiume, contro la pressione che i Giochi metteranno su trasporti pubblici e sicurezza e contro le elezioni anticipate indette da Macron, che hanno dato una enorme spinta al partito di estrema destra Rassemblement National. Sia Macron che Hidalgo hanno poi declinato l’l’invito di un tuffo nella Senna per “motivazioni politiche”. Tuttavia, è improbabile che l’inquinamento sia dovuto alle proteste degli attivisti che stanno sporcando il fiume poiché i test sono stati svolti prima del 23 giugno.

Quindi quale potrebbe essere la causa dell’inquinamento della Senna?

Secondo le autorità parigine, le motivazioni sono esclusivamente legate a condizioni idrologiche sfavorevoli. “La qualità dell’acqua continua a deteriorarsi a causa di condizioni idrologiche sfavorevoli”, afferma un rapporto pubblicato dalle autorità parigine, che cita inoltre “piogge, portata elevata, poca luce solare, temperature inferiori alle norme stagionali e inquinamento proveniente da monte”.

Mesi di tempo umido hanno fatto sì che il fiume scorresse a un livello da quattro a cinque volte superiore a quello normale. Le tempeste travolgono regolarmente la rete fognaria della città, creando scarichi di effluenti non trattati che finiscono direttamente nel fiume. Gli organizzatori sperano che le prossime tre settimane portino tempo asciutto e sole, in modo da poter ridurre i batteri a livelli accettabili.

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Uragano Beryl devasta i Caraibi con venti oltre i 200km/h e onde di tempesta oltre i 2 metri e mezzo

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Uragano Beryl devasta i Caraibi con venti oltre i 200km/h e onde di tempesta oltre i 2 metri e mezzo https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-beryl-devasta-i-caraibi-con-venti-oltre-i-200km-h-e-onde-di-tempesta-oltre-i-2-metri-e-mezzo/ Wed, 03 Jul 2024 09:05:06 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-beryl-devasta-i-caraibi-con-venti-oltre-i-200km-h-e-onde-di-tempesta-oltre-i-2-metri-e-mezzo/ L’uragano Beryl continua a battere record storici mentre si appresta a raggiungere la Giamaica, dopo aver causato almeno 6 vittime e devastato intere isole dei Caraibi nella giornata lunedì. Beryl ha impiegato solo pochi minuti per devastare Grenada, travolgendo edifici e interrompendo la corrente elettrica e i servizi telefonici a quasi tutti i residenti dell’isola, …

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L’uragano Beryl continua a battere record storici mentre si appresta a raggiungere la Giamaica, dopo aver causato almeno 6 vittime e devastato intere isole dei Caraibi nella giornata lunedì. Beryl ha impiegato solo pochi minuti per devastare Grenada, travolgendo edifici e interrompendo la corrente elettrica e i servizi telefonici a quasi tutti i residenti dell’isola, ha affermato l’ufficio del governatore: il 90% delle case sulla Union Island nell’arcipelago è stato raso al suolo.  La devastazione è tale che Grenada ha dichiarato lo stato di emergenza, esteso fino al 7 luglio.

Nell'occhio dell'uragano di categoria 5 Beryl. Crediti NOAA WP-3D Orion NOAA43
Nell’occhio dell’uragano di categoria 5 Beryl. Crediti NOAA WP-3D Orion NOAA43

Ora è la Giamaica a temere il peggio: attiva sull’isola l‘allerta uragano. Anche se l’occhio di Beryl probabilmente non toccherà l’isola, l’uragano potrebbe restare di categoria 4 mentre transita da est verso ovest, portando quindi venti tra i 200 e i 250 km/h, mareggiate devastanti, piogge intense e un’onda di tempesta che farà alzare il livello del mare oltre i 2 metri e mezzo.

Beryl, uragano record verso la Giamaica

Beryl ha dato il via a una stagione degli uragani eccezionalmente precoce: è l’uragano di categoria 5 più precoce e solo la seconda tempesta atlantica di tale forza ad essere registrata a luglio.

Nella giornata del 2 luglio Beryl si è intensificato a uragano di categoria 5, la massima possibile: lunedì sera, Beryl è diventata la prima tempesta a trasformarsi in un uragano di categoria 5 nell’Atlantico nella storia e ha raggiunto il picco con venti a 270 km/h martedì, prima di indebolirsi a una categoria 4.

uragano Beryl

Attualmente si trova a 400 chilometri di distanza da Kingston, capitale della Giamaica. I suoi venti soffiano ad una media di 230 km/h, e si sta spostando verso ovest a circa 35 chilometri orari. Secondo le previsioni del Centro Uragani della NOAA, Beryl dovrebbe raggiungere la Giamaica nella serata di oggi, mercoledì 3 luglio. Il centro dell’uragano dovrebbe poi passare vicino o sopra le Isole Cayman tra la sera di oggi e la mattina di giovedì, per poi avvicinarsi alla penisola dello Yucatan in Messico giovedì notte.

Beryl dovrebbe restare un uragano di categoria 4 nella scala Saffir-Simpson fino ad oggi, per poi probabilmente indebolirsi nei giorni successivi. Nonostante sia previsto un indebolimento, si prevede tuttavia che Beryl si trovi vicino o al livello di un uragano “major” durante il suo transito vicino alla Giamaica e alle Isole Cayman. Si prevede un ulteriore indebolimento in seguito.

L'Occhio dell'Uragano Beryl dal satellite Copernicus Sentinel 2
L’Occhio dell’Uragano Beryl dal satellite Copernicus Sentinel 2

In Giamaica sono previsti effetti catastrofici, con venti distruttivi, mareggiate e un’onda di tempesta capace di allagare vaste zone della terraferma. Il livello del mare potrebbe alzarsi di oltre un metro e mezzo, con picchi possibili di 2,7 metri lungo le coste più esposte in Giamaica e fino a 1,2 metri nelle Isole Cayman. L’uragano porterà anche piogge intense, con accumuli tra i 100 e 200 mm, con picchi localizzati di 300 mm.

Si teme una stagione degli uragani intensa

Beryl è un primo campanello d’allarme: la stagione sarà foriera di uragani particolarmente intensi secondo una analisi della WMO. L’Atlantico ha generato il terzo maggior livello di energia ciclonica accumulata mai registrata fino al 2 luglio, dopo il 1886 e il 1951. L’energia ciclonica accumulata è un sistema metrico integrato che tiene conto della frequenza, dell’intensità e della durata delle tempeste.

Il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici prevede che la percentuale di cicloni tropicali intensi e i tassi medi e massimi delle precipitazioni aumenteranno a causa dei cambiamenti climatici.

L’uragano Beryl si è intensificato da depressione tropicale a uragano di categoria 3 in appena 42 ore, e 4 in 48 ore. Non è mai successo prima d’ora a giugno, tuttavia quanto successo è in linea con la recente tendenza verso un’intensificazione molto rapida, come nel caso dell’uragano Otis che è cresciuto fino a diventare un uragano di categoria 5 durante la notte e ha colpito la località turistica messicana di Acapulco lo scorso ottobre.

Il Climate Prediction Center della NOAA ha previsto dalle 17 alle 25 tempeste nominate in questa stagione (la media è 14). Di queste, si prevede che da 8 a 13 diventeranno uragani (la media è 7), inclusi 4-7 uragani “major” -ovvero tempeste di categoria 3, 4 o 5 sul Saffir Simpson -, contro una media è 3.

Gli ultimi otto anni sono stati sempre caratterizzati ad una attività sopra la media. Le elevate temperature della superficie del mare e l’assenza di wind shear dovute al passaggio dalla stagione El Niño a quella La Niña favoriscono quest’anno lo sviluppo di cicloni tropicali.

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Crisi climatica: incendi boschivi in aumento di 10 volte negli ultimi 10 anni https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/crisi-climatica-incendi-boschivi-in-aumento-di-10-volte-negli-ultimi-10-anni/ Tue, 02 Jul 2024 08:06:13 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/crisi-climatica-incendi-boschivi-in-aumento-di-10-volte-negli-ultimi-10-anni/ Il cambiamento climatico sta peggiorando gli incendi boschivi e secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature, negli ultimi 10 anni il loro numero è aumentato di oltre 10 volte. La ricerca è stata condotta da un gruppo internazionale di ricercatori guidato dall’Università della Tasmania. The frequency and magnitude of extreme wildfires appear to have …

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Il cambiamento climatico sta peggiorando gli incendi boschivi e secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature, negli ultimi 10 anni il loro numero è aumentato di oltre 10 volte. La ricerca è stata condotta da un gruppo internazionale di ricercatori guidato dall’Università della Tasmania.


L’area totale bruciata sulla Terra sembra essere in calo, ma lo studio evidenzia come il comportamento degli incendi stia peggiorando in diverse regioni, in particolare nei biomi boreali e temperati di conifere, con implicazioni per lo stoccaggio del carbonio e l’esposizione umana ai disastri dovuti ai roghi.

Negli ultimi dieci anni il numero dei roghi estremi è aumentato di oltre dieci volte soprattutto in zone come il Mediterraneo, la California e gli Stati Uniti occidentali. Nei boschi del Nord Europa o del Canada l’aumento negli ultimi 10 anni è stato invece di circa 7 volte.

L’analisi dei dati satellitari ha mostrato che il numero di incendi estremi è aumentato di oltre 10 volte negli ultimi 10 anni nelle foreste di conifere temperate, come quelle degli Stati Uniti occidentali e del Mediterraneo. È aumentato di sette volte nelle vaste foreste boreali dell’Europa settentrionale e del Canada. Anche l’Australia è stata un punto nevralgico per questi incendi devastanti.

Gli scienziati hanno anche scoperto che l’intensità dei peggiori incendi selvaggi è raddoppiata dal 2003 e che i sei anni con il maggior numero di roghi estremi si sono verificati tutti dal 2017. In media, in tutto il mondo, gli incendi estremi sono più che raddoppiati in termini di frequenza e intensità negli ultimi due decenni.

I ricercatori hanno anche avvertito che l’aumento degli incendi di vaste proporzioni rischia di creare un pericoloso effetto a catena: le ingenti emissioni di carbonio rilasciate dagli incendi causano un maggiore riscaldamento globale che favorisce altri incendi.

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Uragano Beryl nella storia: è il primo uragano atlantico di categoria 4 mai registrato nel mese di giugno https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-beryl-nella-storia-e-il-primo-uragano-atlantico-di-categoria-4-mai-registrato-nel-mese-di-giugno/ Mon, 01 Jul 2024 11:06:01 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/uragano-beryl-nella-storia-e-il-primo-uragano-atlantico-di-categoria-4-mai-registrato-nel-mese-di-giugno/ Si è intensificato velocemente Beryl, il primo uragano a raggiungere categoria 4 nel mese di giugno nella storia. L’occhio dell’uragano Beryl si trova ora a nord delle coste di Guyana e Venezuela e si avvicina alle isole Sopravento. I venti soffiano ad una media di 195 chilometri orari. Beryl potrebbe essere l’uragano più intenso a …

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Si è intensificato velocemente Beryl, il primo uragano a raggiungere categoria 4 nel mese di giugno nella storia. L’occhio dell’uragano Beryl si trova ora a nord delle coste di Guyana e Venezuela e si avvicina alle isole Sopravento. I venti soffiano ad una media di 195 chilometri orari. Beryl potrebbe essere l’uragano più intenso a transitare vicino alle Isole Sopravento di Grenada e Saint Vincent e Grenadine dall’uragano Ivan nel 2004.

Uragano Beryl verso i Caraibi: è il primo uragano 4 della storia a formarsi sull’Atlantico a giugno

Nonostante i territori attraversati non siano nuovi a questo tipo di fenomeni meteo, l’impatto sulle isole potrebbe essere catastrofico, e l’Hurricane Center della NOAA avverte la popolazione locale: “è una situazione molto pericolosa per i residenti in queste aree che dovrebbero ascoltare il governo locale e i funzionari di gestione delle emergenze per eventuali ordini di preparazione e/o evacuazione”. Sono infatti state diramate allerte su Barbados, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Grenada e Tobago. Il rischio più elevato riguarda Saint Vincent e Grenadine e Grenada.

uragano beryl
Traiettoria prevista dell’Uragano Beryl

I venti “forza uragano” si estendono verso l’esterno dell’occhio di Beryl fino a 45 km, mentre i “venti di tempesta” si estendono verso l’esterno fino a 185 km. Oltre ai venti intensi, infatti, gli uragani sono accompagnati ad mareggiate intense e da un’onda di tempesta (storm surge) capace di allagare vaste zone. La NOAA prevede onde di tempesta alte dai 1,8 metri fino a 2,7 metri vicino al punto in cui l’occhio toccherà terra durante il passaggio dell’uragano.

Arriverà anche tanta pioggia. Si prevede che l’uragano Beryl produrrà precipitazioni totali fino a 150 mm su Barbados e Isole Sopravento nella giornata di lunedì 1 luglio. Sono possibili massimi localizzati 250 mm, specialmente nel Grenadine. Questa pioggia può causare inondazioni improvvise nelle zone più vulnerabili.

Si prevede che Beryl rimanga un potente uragano mentre si sposterà sul Mar dei Caraibi questa settimana. Un avviso per tempesta tropicale è in vigore per porzioni della costa meridionale della Repubblica Dominicana
e Haiti. L’uragano potrebbe indebolirsi mercoledì 3, quando potrebbe raggiungere la Jamaica.

Mai un uragano così intenso a giugno negli ultimi 58 anni

Beryl è il primo intenso uragano – definito “major” ovvero di categoria 3 o superiore – che si è verificato a giugno nell’Atlantico in 58 anni di storia. La rapida intensificazione della tempesta a meno di un mese dall’inizio della stagione degli uragani, che va dal 1 giugno al 30 novembre, è molto insolita in questo periodo dell’anno.

È raro infatti che cicloni tropicali si formino nell’Atlantico centrale a giugno, particolarmente se si tratta di tempeste forti: in pochi lo ha fatto, secondo i registri della NOAA. Al di là della sua intensità, Beryl è anche il terzo uragano più precoce dell’Oceano Atlantico. Il più precoce è stato l’uragano Alma l’8 giugno 1966, seguito dall’uragano Audrey, che ha raggiunto lo status di uragano “major” il 27 giugno 1957.

La tempesta ha anche stabilito il record per l’uragano più orientale formatosi nell’Atlantico tropicale a giugno, battendo il precedente record stabilito nel 1933.

Uragano Beryl: come mai così intenso e così presto nella stagione?

L’Atlantico centro-orientale tradizionalmente diventa più attivo in agosto, in parte perché le temperature oceaniche hanno avuto il tempo di riscaldarsi e alimentare i sistemi in via di sviluppo.

Quest’anno la temperatura della superficie dell’oceano però, è più elevata del normale, e manca il wind shear (variazione del vettore vento o di una delle sue componenti in una data direzione) a causa del passaggio dalla stagione di El Niño a quella di La Niña. Entrambi i fattori favoriscono lo sviluppo di cicloni tropicali.

uragano beryl
Anomalia della temperatura superficiale dell’Atlantico il 29 giugno 2024. Fonte NOAA

Una temperatura superficiale dell’acqua più alta del normale fornisce “benzina” ai sistemi perturbati in transito e accelera lo sviluppo di cicloni intensi sull’Atlantico. La superficie dell’Atlantico settentrionale è molto più calda del normale: nel settore meridionale, dove si formano i cicloni e tempeste tropicali, la temperatura è tra i 2 e i 3 gradi più elevata del normale. L’anomalia è addirittura maggiore nei settori più settentrionali, dove localmente si arriva anche a +4 gradi.

Da inizio marzo 2023 fino a metà giugno la temperatura dell’Atlantico settentrionale, così come quella degli oceani dell’intero Pianeta, è rimasta costantemente sopra ogni precedente record escluso un breve periodo tra fine marzo e inizio aprile. Mediamente a fine giugno la temperatura dovrebbe restare intorno ai 22,5 gradi, mentre in questo 2024 e nel 2023 è stata di 23,4 e 23,6 gradi.

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CO2, le concentrazioni di anidride carbonica aumentano più velocemente che mai https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/co2-le-concentrazioni-di-anidride-carbonica-aumentano-piu-velocemente-che-mai/ Wed, 26 Jun 2024 07:06:07 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/co2-le-concentrazioni-di-anidride-carbonica-aumentano-piu-velocemente-che-mai/ Le concentrazioni di anidride carbonica (CO2) in atmosfera stanno aumentando ad un ritmo incredibile, il più veloce mai osservato. Questo potente gas serra si sta accumulando nell’atmosfera, accelerando verso livelli molto superiori a quelli sperimentati durante l’esistenza umana. Ad annunciarlo sono stati gli scienziati della NOAA e dello Scripps Institution of Oceanography presso l’Università della …

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Le concentrazioni di anidride carbonica (CO2) in atmosfera stanno aumentando ad un ritmo incredibile, il più veloce mai osservato. Questo potente gas serra si sta accumulando nell’atmosfera, accelerando verso livelli molto superiori a quelli sperimentati durante l’esistenza umana. Ad annunciarlo sono stati gli scienziati della NOAA e dello Scripps Institution of Oceanography presso l’Università della California a San Diego.

co2 record
Il record completo della media mensile di anidride carbonica misurata all’Osservatorio di Mauna Loa, Hawaii. I dati sul biossido di carbonio sul Mauna Loa costituiscono la registrazione più lunga di misurazioni dirette della CO2 nell’atmosfera. NOAA

Impennano i livelli di CO2: stanno aumentando più velocemente che mai

A maggio 2024 i livelli di anidride carbonica (CO2) misurati presso l’Osservatorio atmosferico sul Mauna Loa, sono aumentati fino a un picco stagionale di poco meno di 427 parti per milione (426,90 ppm). Ogni anno la CO2 raggiunge il livello più alto nell’emisfero settentrionale proprio nel mese di maggio.

Rispetto ad un anno fa è stato dunque rilevato un aumento di 2,9 ppm, che rappresenta la quinta crescita annuale più grande nei 50 anni di dati raccolti dalla NOAA. Se combinato con l’aumento annuale di 3,0 ppm registrato nel 2023, il periodo 2022-2024 ha registrato il più grande balzo biennale tra i picchi di maggio nel database della NOAA.

Il record è stato invece eguagliato secondo il database indipendente dello Scripps, che raccoglie dati dal 1958. Secondo il loro monitoraggio, a maggio 2024 la media mensile delle concentrazioni di CO2 è stata di 426,7 ppm, con un aumento di 2,92 ppm rispetto alla misurazione di 423,78 ppm di maggio 2023. In questo caso, l’aumento dei due anni è pari a quello stabilito nel 2020.

L’impennata delle concentrazioni è stata osservata soprattutto nei primi mesi del 2024, in particolare tra gennaio e aprile. In questo periodo la CO2 è aumentata come mai prima nel primo quadrimestre.

co2

L’ultimo è stato l’anno più caldo mai registrato, le temperature oceaniche sono state le più calde mai registrate, con una serie apparentemente infinita di ondate di caldo, siccità, inondazioni, incendi e tempeste“, ha affermato l’amministratore della NOAA Rick Spinrad, Ph.D. “Ora stiamo scoprendo che i livelli atmosferici di CO2 stanno aumentando più velocemente che mai. Dobbiamo riconoscere che questi sono chiari segnali del danno che l’inquinamento da anidride carbonica sta arrecando al sistema climatico e agire rapidamente per ridurre l’uso di combustibili fossili il più rapidamente possibile”.

Non solo la CO2 è al livello più alto degli ultimi milioni di anni, ma sta anche aumentando più velocemente che mai”, ha affermato Ralph Keeling, direttore del programma Scripps CO2. “Ogni anno si raggiunge un massimo più elevato a causa della combustione di combustibili fossili, che rilasciano inquinamento sotto forma di anidride carbonica nell’atmosfera. L’inquinamento da combustibili fossili continua ad accumularsi, proprio come i rifiuti in una discarica”.

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Alle Hawaii, una causa per il clima ha portato a un accordo storico per decarbonizzare i trasporti https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/alle-hawaii-una-causa-per-il-clima-ha-portato-a-un-accordo-storico-per-decarbonizzare-i-trasporti/ Tue, 25 Jun 2024 10:03:06 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78185 Una causa per il clima portata avanti da alcuni giovani attivisti ha portato a un accordo di portata storica alle Hawaii, dove il governo si è impegnato a decarbonizzare i sistemi di trasporto locali entro il 2045 fino ad azzerarne le emissioni nette. L’accordo è stato annunciato giovedì 20 giugno dal Governatore delle Hawaii, il …

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Una causa per il clima portata avanti da alcuni giovani attivisti ha portato a un accordo di portata storica alle Hawaii, dove il governo si è impegnato a decarbonizzare i sistemi di trasporto locali entro il 2045 fino ad azzerarne le emissioni nette.

L’accordo è stato annunciato giovedì 20 giugno dal Governatore delle Hawaii, il Democratico Josh Green, e ha messo fine a una causa legale che era stata intentata da 13 giovani attivisti per il clima nel 2022. I ragazzi hanno infatti accusato il governo di violare i loro diritti costituzionali dando la priorità a progetti e infrastrutture che contribuiscono alla crisi climatica, come la costruzione e l’espansione di autostrade, invece di concentrarsi su misure che riducano le emissioni di gas serra.
L’accordo raggiunto ha evitato che la causa approdasse a un processo, che da agenda avrebbe dovuto iniziare lunedì 24 giugno.

«Oggi stiamo già affrontando gli impatti dei cambiamenti climatici – ha dichiarato il Governatore delle Hawaii – e, inutile dirlo, questa è una priorità».

L’accordo prevede che le Hawaii svilupperanno una strategia ben definita per azzerare le emissioni nette dei sistemi di trasporto locale – terrestre, marittimo e aereo – entro il 2045, anno entro il quale lo stato punta già a diventare carbon neutral.
L’accordo include anche la creazione di un consiglio giovanile volontario per affiancare il Dipartimento dei Trasporti dello stato, che si è impegnato a rivedere la propria pianificazione dando la priorità alla riduzione dei gas serra e a creare una nuova unità dedicata alla decarbonizzazione.

Inoltre, il dipartimento prevede di destinare almeno 40 milioni di dollari per l’espansione della rete di ricarica per veicoli elettrici entro il 2030 e di accelerare i miglioramenti delle reti pedonali, ciclabili e di trasporto pubblico dello stato. Se lo stato non dovesse rispettare i nuovi impegni – sottolinea l’accordo – potrà essere portato in tribunale.

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Il cambiamento climatico ha reso l’ondata di calore negli Stati Uniti e in Messico 35 volte più probabile https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-cambiamento-climatico-ha-reso-londata-di-calore-negli-stati-uniti-e-in-messico-35-volte-piu-probabile/ Fri, 21 Jun 2024 11:10:02 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-cambiamento-climatico-ha-reso-londata-di-calore-negli-stati-uniti-e-in-messico-35-volte-piu-probabile/ Tra la fine di maggio e l’inizio di giugno del 2024, il Messico e le zone sud-occidentali degli Stati Uniti hanno vissuto un’intensa ondata di calore con temperature estreme. L’evento è stata causato da una persistente bolla di calore, denominata heat dome, che ha intrappolato il caldo nei bassi strati per giorni, causando un’emergenza sanitaria …

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Tra la fine di maggio e l’inizio di giugno del 2024, il Messico e le zone sud-occidentali degli Stati Uniti hanno vissuto un’intensa ondata di calore con temperature estreme. L’evento è stata causato da una persistente bolla di calore, denominata heat dome, che ha intrappolato il caldo nei bassi strati per giorni, causando un’emergenza sanitaria con numerose vittime.

Le ondate di calore sono tra gli eventi estremi più letali e il Messico ha già registrato dal mese di marzo 125 morti con migliaia di casi di colpi di calore. Le condizioni di siccità esistenti hanno ulteriormente aggravato la situazione, impedendo la dispersione di particelle inquinanti, diminuendo la disponibilità di acqua e riducendo la produzione di energia idroelettrica e la fornitura di elettricità.

Crediti: World Weather Attribution, ERA5 data

In che modo e in che misura la crisi climatica c’entra con questo evento meteo estremo? Scienziati provenienti da Messico, Panama, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia hanno effettuato uno studio di attribuzione, cercando di valutare in che misura il cambiamento climatico indotto dall’uomo abbia alterato la probabilità e l’intensità di questa ondata di calore in una regione che comprendeva il sud-ovest degli Stati Uniti, il Messico, il Guatemala, il Belize, l’Honduras ed El Salvador. Utilizzando metodi di revisione scientifica, sono state analizzato le temperature massime diurne e notturne di 5 giorni nei mesi di maggio e giugno in un’ampia in cui sono stati riportati gli impatti associati ai record di temperatura estrema.

Le osservazioni mostrano che le temperature massime di 5 giorni in maggio-giugno, come quelle registrate quest’anno, dovrebbero verificarsi circa ogni 15 anni nel clima odierno, che è stato riscaldato di 1,2 C. Tuttavia, intorno al 2000, quando le temperature globali erano di mezzo grado inferiori a quelle attuali, ci si aspettava che tali eventi si verificassero solo una volta ogni 60 anni.

Anche le temperature notturne nello stesso periodo di 5 giorni erano elevate, ma non estreme rispetto al clima odierno; oggi c’è il 50% di possibilità all’anno che si verifichino temperature simili. All’inizio del millennio tali eventi avrebbero avuto solo il 13% di probabilità di verificarsi in un dato anno.
Questi tempi di ritorno sono stimati per l’intera regione. È importante sottolineare che il caldo è stato più raro nella parte sud-orientale della regione, soprattutto per le temperature notturne con periodi di ritorno fino a 1000 anni in singole località.

Per determinare il ruolo del cambiamento climatico, sono state combinate le osservazioni con i modelli climatici e concludiamo che il riscaldamento indotto dall’uomo a causa della combustione di combustibili fossili ha reso l’evento di temperatura massima di 5 giorni circa 1,4 gradi più caldo e circa 35 volte più probabile. Per quanto riguarda le temperature notturne, l’aumento è di circa 1,6 gradi e di circa 200 volte.

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Solstizio Estate 2024, perché non cade mai nella stessa data? https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/solstizio-estate-2024-perche-non-cade-mai-nella-stessa-data/ Thu, 20 Jun 2024 10:10:02 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/solstizio-estate-2024-perche-non-cade-mai-nella-stessa-data/ Il solstizio d’estate 2024, il momento astronomico che segna il passaggio dalla stagione primaverile a quella estiva, quest’anno cade il 20 giugno, più precisamente alle 22.50 italiane. Il solstizio, così come l’equinozio, non è un giorno o una fase, ma un istante: per questo ha sempre un orario ben preciso. Eppure la data cambia ogni …

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Il solstizio d’estate 2024, il momento astronomico che segna il passaggio dalla stagione primaverile a quella estiva, quest’anno cade il 20 giugno, più precisamente alle 22.50 italiane. Il solstizio, così come l’equinozio, non è un giorno o una fase, ma un istante: per questo ha sempre un orario ben preciso. Eppure la data cambia ogni anno: come mai?

solstizio estate 2024

Solstizio d’estate, nel 2024 cade il 20 giugno: ecco perché

La Terra orbita intorno al sole, inclinata sul suo asse. Per metà dell’anno infatti, l’emisfero settentrionale è inclinato verso il Sole: in questo caso parliamo di estate nell’emisfero settentrionale e inverno nell’emisfero meridionale. Nell’altra metà dell’anno, l’emisfero settentrionale è inclinato dall’altra parte rispetto al Sole, determinando l’inverno al nord e l’estate al sud.

Perché il solstizio è un istante? Durante il solstizio il Sole raggiunge lo zenit rispetto al Tropico del Cancro, il punto più alto rispetto al nostro orizzonte. Dipende tutto dalla posizione del Sole rispetto alla Terra, e – di nuovo – dall’inclinazione dell’asse terrestre.

Il “momento” astronomico degli equinozi, che danno il via a primavera e autunno, e dei solstizi, che determinano l’inizio di estate e inverno, dipende infatti dall’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto all’ellittica, ossia l’orbita che la Terra descrive attorno al Sole. E’ questo a determinare la posizione del sole nel cielo.

solstizio estate 2024

Il solstizio d’estate determina la “giornata più lunga” dell’anno, ovvero la giornata con più ore di sole. Dal 21 giugno in avanti, le ore di sole diminuiranno gradualmente, fino a raggiungere la durata minima, corrispondente al solstizio d’inverno.

La data dei solstizi e equinozi non è mai fissa. Questo perché l’inclinazione dell’asse terrestre non è costante, ma varia ciclicamente tra circa 22,5° e 24,5° con un periodo di 41.000 anni. Le date di inizio delle stagioni astronomiche cambiano di anno in anno anche perché la Terra compie una intera orbita intorno al Sole in 365 giorni e 6 ore circa. Le sei ore in più vengono recuperate ogni 4 anni con l’introduzione dell’anno bisestile che fa slittare, quindi, la data del solstizio sul nostro calendario.

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In Alaska i fiumi stanno diventando arancioni: è colpa della crisi climatica https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/in-alaska-i-fiumi-stanno-diventando-arancioni-e-colpa-della-crisi-climatica/ Tue, 11 Jun 2024 06:09:58 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/in-alaska-i-fiumi-stanno-diventando-arancioni-e-colpa-della-crisi-climatica/ Nell’Artico, e soprattutto nel nord dell’Alaska, sono sempre più frequenti le segnalazioni di fiumi e torrenti che stanno diventando arancioni, un fenomeno preoccupante che, come conferma un nuovo studio, è dovuto ai cambiamenti climatici. L’Artico è infatti la regione che si sta riscaldando più velocemente in tutto il mondo e, disgelandosi, il terreno ghiacciato sotto …

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Nell’Artico, e soprattutto nel nord dell’Alaska, sono sempre più frequenti le segnalazioni di fiumi e torrenti che stanno diventando arancioni, un fenomeno preoccupante che, come conferma un nuovo studio, è dovuto ai cambiamenti climatici.

L’Artico è infatti la regione che si sta riscaldando più velocemente in tutto il mondo e, disgelandosi, il terreno ghiacciato sotto la superficie (permafrost) sta man mano liberando dei minerali che finiscono nei corsi d’acqua. Tra questi, spiegano gli scienziati, ci sono ferro e metalli tossici.

Lo studio, pubblicato di recente su Nature, è stato portato avanti da ricercatori del National Park Service, dell’US Geological Survey e dell’Università della California – Davis. Utilizzando tecniche di telerilevamento, gli scienziati hanno determinato che la colorazione dei torrenti è iniziata negli ultimi dieci anni, un periodo caratterizzato da un rapido aumento delle temperature: è questo elemento, spiegano, a suggerire che il fenomeno sia dovuto alla fusione del permafrost.

«Lo scongelamento del permafrost – si legge nello studio – può favorire l’alterazione chimica dei minerali, la riduzione microbica del ferro nel suolo e il trasporto dei metalli dalle acque sotterranee ai corsi d’acqua».

Impatti sulla Qualità dell’Acqua e sulla Biodiversità

I fiumi arancioni mostrano caratteristiche chimiche molto diverse rispetto a quelli chiari di riferimento. Presentano un pH più basso, una maggiore torbidità e concentrazioni elevate di solfati, ferro e metalli traccia. Questi cambiamenti indicano che l’alterazione dei minerali solfidici è il principale processo di mobilitazione.

La colorazione dei torrenti è stata associata a un drastico calo della diversità dei macroinvertebrati e dell’abbondanza dei pesci, avvertono i ricercatori, mettendo in evidenza gravi conseguenze per gli ecosistemi acquatici.

Il fiume Kugororuk, in Alaska. Foto: Josh Koch, U.S. Geological Survey

Conseguenze per le Comunità Locali

Le implicazioni di questi cambiamenti sono significative, soprattutto per le forniture di acqua potabile e la pesca di sussistenza nelle zone rurali dell’Alaska.
La qualità dell’acqua, fondamentale per la vita quotidiana e la sicurezza alimentare delle comunità locali, è minacciata dall’aumento delle concentrazioni di metalli tossici e dalla maggiore acidità dell’acqua.

Il Fenomeno in un Contesto Più Ampio

Il rapido riscaldamento dell’Artico sta alterando gli ecosistemi terrestri e acquatici da un punto di vista idrologico, biogeochimico ed ecologico, e lo studio ha fatto emergere nuovi elementi sulle sfide e le minacce che dovremo affrontare sottolineando ancora una volta l’urgenza di contrastare i cambiamenti climatici e prepararci a far fronte alle loro conseguenze a lungo termine.

Finora, infatti, la maggior parte delle ricerche relative al permafrost e ai suoi cambiamenti si sono focalizzati sulle enormi emissioni di carbonio generate dal terreno in fusione. I risultati di questa ricerca evidenziano ora la necessità di ulteriori studi interdisciplinari per comprendere meglio l’estensione spaziale e l’impatto dei cambiamenti nei corsi d’acqua artici. È cruciale sviluppare strategie di monitoraggio e mitigazione per affrontare questo fenomeno e proteggere gli ecosistemi acquatici e le comunità umane che dipendono da essi.

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Il riscaldamento globale sta accelerando https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-riscaldamento-globale-sta-accelerando-2/ Fri, 07 Jun 2024 06:55:22 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78105 Il clima si sta riscaldando con una velocità senza precedenti. A lanciare l’allarme è una nuova ricerca condotta da oltre 50 scienziate e scienziati internazionali e guidata dall’Università di Leeds, nel Regno Unito. Tra il 2014 e il 2023 il riscaldamento globale causato dalle attività umane è avanzato al ritmo di 0,26 °C per decennio, il …

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Il clima si sta riscaldando con una velocità senza precedenti. A lanciare l’allarme è una nuova ricerca condotta da oltre 50 scienziate e scienziati internazionali e guidata dall’Università di Leeds, nel Regno Unito. Tra il 2014 e il 2023 il riscaldamento globale causato dalle attività umane è avanzato al ritmo di 0,26 °C per decennio, il tasso più alto mai registrato.
Il dato è stato pubblicato nel secondo rapporto annuale sugli Indicatori del Cambiamento Climatico Globale, rivelando che la temperatura media globale è già schizzata a 1,19 gradi in più rispetto all’era preindustriale (nel periodo 2013-2022 si aggirava sugli 1,14°C).

Se guardiamo solo al 2023, poi, gli scienziati confermano che il riscaldamento causato dalle attività ha raggiunto gli 1,3 gradi: un valore più basso del riscaldamento totale registrato lo scorso anno – pari a 1.43°C – che è stato influenzato anche da fenomeni naturali, e in particolare da El Niño.

Clima, Maggio 2024 segna 12 mesi consecutivi di caldo record

Secondo lo studio, dunque, siamo sempre più vicini alla soglia degli 1,5°C di aumento delle temperature, che nel 2015 l’Accordo di Parigi sul clima aveva indicato come limite da non superare. Prima di raggiungere questa frontiera, avvertono i ricercatori, abbiamo a disposizione un budget di circa 200 gigatonnellate di carbonio, che ai nostri livelli attuali equivale più o meno alle emissioni tipiche di appena 5 anni.

Nel 2020, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) aveva stimato un budget di circa 500 gigatonnellate di carbonio, o una cifra comunque compresa tra 300 e 900. Da allora, le emissioni di CO2 non si sono fermate – e con esse il riscaldamento globale – riducendo significativamente il budget disponibile.

«Le temperature globali stanno ancora andando nella direzione sbagliata, più velocemente che mai», commenta il professor Piers Forster, direttore del Priestley Centre for Climate Futures all’Università di Leeds. «La nostra analisi mostra che il livello di riscaldamento globale causato dall’azione umana ha continuato a crescere nell’ultimo anno, anche se le azioni per il clima hanno rallentato l’aumento delle emissioni di gas serra».

clima maggio caldo record

L’allarme degli scienziati arriva in un momento particolarmente importante per il clima. In queste settimane, infatti, politici, esperti e delegazioni si stanno riunendo nella sede delle Nazioni Unite a Bonn, in Germania, per i negoziati intermedi che dovranno preparare il campo alla prossima Conferenza ONU sul clima, la COP29, in programma a novembre in Azerbaijan.

In particolare, l’auspicio è che il rapporto possa influenzare positivamente i nuovi NDCs, i Contributi Determinati a Livello Nazionale, ovvero i piani climatici che ogni Paese ha promesso di presentare alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) entro il 2025, per ridurre le emissioni e adattarsi agli impatti climatici.
È infatti cruciale che si riducano rapidamente le emissioni di gas serra verso lo zero netto per limitare il riscaldamento globale. Parallelamente, è necessario costruire società più resilienti per affrontare i devastanti effetti dei cambiamenti climatici, come incendi boschivi, siccità, alluvioni e ondate di calore, che stanno già causando ingenti danni e numerose vittime.

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Caldo estremizzato dal riscaldamento globale per 1 persona su 4 durante l’ultimo trimestre https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-estremizzato-dal-riscaldamento-globale-per-1-persona-su-4-durante-lultimo-trimestre/ Thu, 06 Jun 2024 11:09:50 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-estremizzato-dal-riscaldamento-globale-per-1-persona-su-4-durante-lultimo-trimestre/ La temperatura globale continua a registrare valori inauditi: lo sta facendo da 12 mesi a questa parte, incluso l’ultimo trimestre di marzo, aprile e maggio, ovvero la nostra primavera e l’autunno australe. Negli ultimi 3 mesi  tutto il Mondo ha subito un caldo estremo, reso più probabile dal riscaldamento globale Gli ultimi 12 mesi sono …

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La temperatura globale continua a registrare valori inauditi: lo sta facendo da 12 mesi a questa parte, incluso l’ultimo trimestre di marzo, aprile e maggio, ovvero la nostra primavera e l’autunno australe.

Negli ultimi 3 mesi  tutto il Mondo ha subito un caldo estremo, reso più probabile dal riscaldamento globale

Gli ultimi 12 mesi sono infatti i più caldi della serie storica a livello planetario e gli effetti del riscaldamento globale si sono fatti sentire in ogni angolo del Pianeta. Nell’ultimo trimestre, infatti, tutte le macro regioni del Mondo hanno subito gli effetti della crisi climatica, in particolare sotto forma di ondate di caldo estremo.

Secondo un report realizzato da Climate Central, infatti, dal 1 marzo al 31 maggio 2024 una persona su quattro ha subito temperature elevate, episodi resi almeno 3 volte più probabili a causa del cambiamento climatico. Il momento più critico si è verificato il 6 aprile, quando addirittura una persona su tre ha vissuto un caldo anomalo.

Temperature eccezionalmente elevate, la cui manifestazione è influenzata fortemente dal riscaldamento globale, si sono registrate due giorni su tre in 58 Paesi negli ultimi 3 mesi. Le regioni maggiormente interessate dal grande caldo sono state l’Africa centrale, orientale e occidentale, il Sud-Est Asiatico, l’America centrale e i Caraibi, il Sud America, Polinesia e Melanesia.

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Numero di giorni al livello 3 o superiore dell’indice di cambiamento climatico Climate Shift Index (CSI). Le icone sovrapposte rappresentano i 41 eventi meteorologici estremi identificati da World Weather Attribution che si sono verificati da marzo 2024 a maggio 2024. Analisi basata sui dati ECMWF ERA5 (1 marzo-28 maggio) e NOAA GFS (29-31 maggio). Crediti: Climate Central

Tra queste zone le più colpite dal caldo anomalo intensificato dal cambiamento climatico sono l’Africa, dove addirittura il 44% della popolazione ha subito temperature estreme per almeno 60 giorni con un livello massimo di CSI (Climate Shift Index, che misura l’impatto della crisi climatica sulle temperature). Lo stesso vale per il Sud America dove questo grado di CSI ha colpito per almeno 60 giorni una persona su tre.

In Africa 1,3 miliardi di persone hanno sperimentato almeno un giorno di temperature fortemente influenzate dai cambiamenti climatici (livello CSI 3 o superiore), ovvero il 95% della popolazione.

Il caldo estremizzato dal riscaldamento globale ha insistito soprattutto però nelle città per quasi tutta la stagione (almeno il 98%). Spiccano in questa classifica le città di Quito in Ecuador, Makassar in Indonesia, Città del Guatemala, Caracas in Venezuela, Kigali in Ruanda e Monrovia in Liberia.

A Milano e Roma il riscaldamento globale ha reso il caldo 3 volte più probabile rispettivamente per 14 e 22 giorni

In Europa il trimestre primaverile non è stato particolarmente caldo, specie nei settori centro-orientali. Tuttavia anche il nostro continente ha vissuto una fase di caldo estremo, che ha riguardato soprattutto l’Estonia, dove mediamente si sono vissuti 24 giorni di caldo estremizzato dal riscaldamento globale per un livello di CSI 3 o superiore. Seguono Norvegia con 23 giorni, Slovenia e Montenegro con 20 giorni.

In Italia le condizioni meteo sono state influenzate dall’arrivo di numerose perturbazioni negli ultimi 3 mesi. Nonostante ciò però, le città di Milano e Roma hanno comunque vissuto giornate di caldo “estremo”, ovvero reso più intenso dalla crisi climatica globale.

A Milano – dove il trimestre si è chiuso vicino alla norma (+0,1°C) – si sono contati 14 giorni con CSI uguale o superiore a 3, di cui 10 con CSI pari o superiore a 4: i giorni in cui il riscaldamento globale ha avuto un impatto massimo sono stati 7. A Roma – che ha chiuso il trimestre con una anomalia di +1,6°C – il numero di giorni è superiore e si assesta a 22 con CSI pari o superiore a 3, 14 pari o superiore a 4 e 11 con CSI di livello massimo.

Le alluvioni in Brasile sono state rese due volte più probabili dal cambiamento climatico

 

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