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Siccità: il cambiamento climatico ha reso quella di Sicilia e Sardegna il 50% più probabile

Il cambiamento climatico ha reso la siccità in Sicilia e in Sardegna molto più grave e il 50% più probabile. È la conclusione di un nuovo studio di attribuzione condotto da World Weather Attribution, che sempre in riferimento al cambiamento climatico parla di “fattore chiave”.

Al momento in Sicilia c’è solo una diga che ha ancora il 50% della sua capacità quella di Lentini nel siracusano, tra i più grandi invasi siciliani, è stata praticamente inutilizzata fino a qualche settimana fa. Nel report della Regione sempre più invasi hanno meno di un milione di metri cubi d’acqua.

Le due Isole hanno sofferto di precipitazioni eccezionalmente scarse e temperature molto elevate negli ultimi 12 mesi, culminate poi in condizioni di estrema siccità a partire da maggio 2024 quando in Sicilia le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza.

La situazione resta gravissima e a nulla sono valsi i razionamenti: i bacini idrici sono a secco e le conseguenze per l’agricoltura e l’allevamento sono enormi.
La siccità è ancora in corso e, con l’avvicinarsi della fine dell’estate, i bacini idrici delle due isole sono quasi vuoti, nonostante il razionamento dell’acqua sia in vigore da febbraio. Con il grave razionamento, l’acqua non è stata disponibile per l’irrigazione in molte aree significative, con gravi conseguenze per l’agricoltura e l’allevamento.

Siccità in Sicilia e Sardegna: il cambiamento climatico ha influito in questa situazione?

Numerosi scienziati hanno condotto uno studio di attribuzione per verificare se e in che modo questo evento sia “un’impronta digitale” della crisi climatica in atto che vede l’area del Mediterraneo come una degli hot-spot di questa emergenza.
Esistono diversi modi per caratterizzare una siccità: quella meteorologica è definita solo dalle scarse precipitazioni, mentre quella agricola combina le stime delle precipitazioni con l’evapotraspirazione o misura direttamente il contenuto di umidità del suolo. Poiché l’aumento dell’evapotraspirazione dovuto al riscaldamento regionale può giocare un ruolo importante nell’esacerbare gli impatti della siccità, in questo studio è stata valutata la siccità agricola attraverso l’indice di evapotraspirazione standardizzata delle precipitazioni (SPEI), che calcola la differenza tra le precipitazioni e l’evapotraspirazione potenziale per stimare l’acqua disponibile. Più i valori dello SPEI sono negativi, più la siccità è classificata come grave.

Crediti WWA

In base al sistema di classificazione del drought monitor degli Stati Uniti, la siccità (1 su 10 anni) sulla Sardegna, che oggi è  “estrema” (D3), sarebbe classificata come una “grave” (D2) senza gli effetti del cambiamento climatico, e con un ulteriore riscaldamento sarebbe una siccità “estrema” (D3) più grave. La rara siccità di 1 anno su 100 sulla Sicilia, che è  “estrema” (D3), sarebbe “grave” (D2) senza il cambiamento climatico e con un ulteriore riscaldamento di 0,7°C diventerebbe “eccezionale” (D4). Per entrambe le isole, la probabilità di una  grave siccità dall’agosto 2023 al luglio 2024 è aumentata di circa il 50% a causa del cambiamento climatico indotto dall’uomo.

“Entro il 2030, un terzo del territorio siciliano diventerà un deserto, paragonabile alle terre della Tunisia e della Libia”, ha dichiarato al Guardian Christian Mulder, professore di ecologia ed emergenza climatica presso l’Università di Catania, sull’isola. “L’intera fascia che si affaccia sul Canale di Sicilia è destinata alla desertificazione. Gli antichi arabi che abitavano l’isola avevano escogitato con successo dei metodi per gestire l’acqua. Tuttavia, questi vecchi acquedotti non sono stati mantenuti o aggiornati. La Sicilia sta ora affrontando le conseguenze concrete di decenni di cattiva gestione delle risorse idriche”.

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