Le brezze nelle aree montuose: come nascono e quali sono le loro caratteristiche
In un Paese quale l’Italia, con un territorio circondato dal mare, ricco di catene montuose e inciso da innumerevoli vallate le brezze sono venti familiari alla maggior parte dei suoi abitanti.
Dal punto di vista meteorologico esse sono fenomeni caratteristici delle mesoscala atmosferica: sono generate dai gradienti (differenze) di pressione che nascono in seguito al riscaldamento differenziale di aree vicine e per tale motivo appartengono alla categoria dei cosiddetti “thermally driven winds”.
In questo articolo ci soffermeremo sulle brezze che si sviluppano nelle aree montuose, (brezze di pendio e brezze di valle), ma la dinamica e l’origine delle brezze costiere è la stessa. Le circolazioni di brezza nelle valli si instaurano con regolarità principalmente nei mesi caldi e nelle giornate con poche nubi in cui i venti a larga scala (scala sinottica) sono deboli: in queste condizioni le brezze possono prendere il sopravvento e seguire il loro tipico ciclo diurno.
Dalla tarda sera fino al mattino osserveremo una brezza (di monte) che scende lungo la valle, di solito piuttosto debole; nella seconda parte del mattino e fino a sera (l’orario dipende dalla stagione e dall’orografia locale, poi capiremo perché) si manifesterà invece la brezza di valle, un vento che risale la valle, a volte anche intenso nelle valli più strette. La brezza di valle può prendere avvio da una zona pianeggiante, come i venti che nel pomeriggio risalgono le vallate alpine dalla pianura padana. In casi come questo è stato verificato tramite osservazioni specifiche (ad esempio nel progetto del 2005 VERTIKATOR (Vertical Transport and Orography project) che la circolazione di brezza, che a breve descriveremo, dà origine al trasporto di masse d’aria dalla valle fino ad 80-100 km al di sopra della pianura.
La dinamica delle brezze
La dinamica delle brezze può essere compresa intuitivamente senza fare ricorso a complicate relazioni matematiche. Prendendo come riferimento la figura 1 dobbiamo immaginare che la montagna tratteggiata sulla sinistra sia stata riscaldata dal sole in una giornata di cielo sereno. Poiché la radiazione solare è assorbita solo in minima parte dall’atmosfera, a scaldarsi sono soprattutto la superficie e lo strato di aria che si trova in sua prossimità. La conseguenza è che la temperatura dell’aria misurata lungo il pendio risulterà più alta dell’aria che si trova alla stessa altezza ma più lontana dalla montagna. L’aria relativamente calda vicina al rilievo diventerà quindi meno densa e più leggera rispetto all’ambiente circostante e subirà la spinta di galleggiamento: in altre parole inizierà a salire. Guardiamo ora le linee nere, che rappresentano le superfici aventi la stessa pressione e concentriamo l’attenzione su quella più alta. In una situazione idealizzata possiamo supporre che le superfici isobariche (aventi cioè la stessa pressione) poste sopra il fondovalle siano orizzontali, mentre nella figura 1 vediamo che esse si deformano alzandosi presso il rilievo.
Si tratta proprio della conseguenza del riscaldamento: infatti l’aria vicina alla montagna è più calda e meno densa e per questo, a parità di peso (la pressione è definita dal peso per unità di superficie) una colonna d’aria dovrà essere più alta. L’effetto di questo “rigonfiamento” della colonna si manifesta come un gradiente barico che in quota genera un vento di ritorno diretto orizzontalmente verso destra (verso il centro della valle). A causa della conservazione della massa la convergenza dell’aria in quota sopra la pianura dovrà essere necessariamente accompagnata da un moto discendente di subsidenza che va a chiudere la circolazione.
Quella appena descritta schematicamente è la brezza di pendio, cioè un vento che risale lateralmente i fianchi di una valle che sono stati riscaldati dal sole. Nelle giornate di bel tempo queste brezze coesistono con le brezze di valle che scorrono lungo il solco del fondovalle con velocità tipiche di alcuni metri al secondo, come mostra in modo semplificato la figura 2. L’origine della brezza di valle è anch’essa di natura termica e come per le brezze di pendio il vento si innesca dopo che una differenza di temperatura (in questo caso tra la valle e la pianura) ha generato un gradiente di pressione. Se ci concentriamo come in precedenza sulle brezze diurne una domanda che nasce spontanea è per quale motivo le valli durante il giorno sono, a parità di quota, più calde della pianura (e viceversa la notte).
La risposta chiama in causa almeno due effetti che possono essere presenti contemporaneamente: l’effetto volume ed il riscaldamento adiabatico dell’aria nel ramo discendente della circolazione di pendio. Il calore del sole che scalda le valli, in particolare quelle più strette e a forma di V, si trasferisce ad un minore volume di aria rispetto alle aree pianeggianti o alle valli più larghe: per questo motivo la temperatura in valle sale più velocemente: questo è l’effetto volume che spiega anche la ragione per cui le brezze di valle sono più intense nelle valli più strette. Ma l’aria sopra una valle risulta più calda anche per una causa dinamica legata alle brezze di pendio: la subsidenza (moto dall’alto verso il basso) dell’aria sopra la valle (freccia rossa a destra nella figura 1, frecce rosse tratteggiate nella figura 2) genera infatti un riscaldamento per compressione.
Le figure 3 e 4 mostrano, sempre in un contesto idealizzato, una rappresentazione più dettagliata e più realistica delle circolazioni che abbiamo descritto. In particolare nella figura 3 è messo in evidenza il flusso che sale lungo il rilievo (1), le termiche che si staccano dal pendio presso la cima (2), il flusso orizzontale di ritorno all’altezza della cima (3), l’aria che scende nel mezzo della valle (4) e lo strato limite (strato turbolento rimescolato) convettivo che si sviluppa sopra il fondo valle. Nella figura 4, ottenuta con una simulazione al calcolatore, si può osservare come la circolazione e la stabilità degli strati (intuibile dalla distanza fra le linee aventi la stessa temperatura potenziale) possano assumere un aspetto più complesso: nell’immagine, in particolare, si può notare la formazione di due celle circolatorie sovrapposte. In generale uno dei risultati forse più interessanti di queste simulazioni è che anche la brezza di pendio risulta più intensa nelle valli più strette, a motivo del maggiore rimescolamento che subisce l’aria nelle valli più ampie; questo rimescolamento tende infatti a mitigare il contrasto tra la temperatura dell’aria vicina al pendio e quella della libera atmosfera.
Nelle regioni con una geografia complicata come quella alpina le brezze possono mostrare andamenti particolari, legati all’esposizione dei versanti, alla diversa profondità e larghezza delle valli. Se a questo aggiungiamo la presenza di un grande lago non stupisce più di tanto che ci si possa imbattere in qualche sorpresa.
E’ il caso della brezza di monte che nel primo pomeriggio si sviluppa a nord della città di Trento e che in quel tratto di valle si oppone alla brezza che risale la valle dell’Adige. Questa “stranezza” può essere spiegata dalla presenza del lago di Garda che riempie il solco di un’altra vallata situata a ovest dell’Adige. Vediamo cosa succede con l’aiuto della figura 5: la Valle dei Laghi, che si sviluppa a nord del lago di Garda, nel corso del mattino viene interessata dall’Ora del Garda, la brezza che nasce dal lago e che procede a una velocità di circa 6 m/s. Questo vento, che avendo origine sopra le acque del Garda è relativamente fresco, a poco a poco raggiunge il fondo della Valle dei Laghi, ispessendosi fino a raggiungere la sella di Terlago, a circa 600 m d’altezza. Nel primo pomeriggio l’Ora del Garda scavalca la sella di Terlago ed essendo relativamente più fresca e densa dell’aria della valle dell’Adige, scivola verso il basso fino a raggiungere Trento da nord, imponendosi sulla brezza di valle che risale il solco del fiume. Ebbene sì: se in un pomeriggio estivo durante una passeggiata dalle parti di Trento vi sembrerà di sentire aria di lago, adesso sapete perché.
Approfondimenti
Serafin e Zardi 2010: Daytime Heat Transfer Processes Related to Slope Flows and Turbulent Convection
in an Idealized Mountain Valley, J.Atmos. Sci.,67,11
L. Laiti et al. 2014: Diurnal development of a lake-valley circulation in the Alps, Atmos. Chem. Phys., 14
Wagner et al. 2015: The impact of valley geometry on daytime thermally driven flows
and vertical transport processes, Q. J. R. Meteorol. Soc. 141
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