Incubo siccità: fiumi ai minimi storici e poca neve sulle Alpi. Quando torna la pioggia al Nord?
Le regioni del Nord continuano a fare i conti con una siccità ormai critica: a Torino si è superata la soglia dei 100 giorni senza pioggia; a Milano si contano solo due giorni di pioggia dall’inizio dell’anno (ognuno di poco più di 1 millimetro).
Tra le zone più siccitose, oltre al Piemonte, c’è la Valle d’Aosta, la Lombardia, l’Emilia settentrionale, il Veneto sud-orientale, ma anche Lazio, Sardegna, Sicilia sud-orientale. E nella prima metà di Marzo le piogge cadute finora sul Nord Italia sono state quasi ovunque pari a zero. Ora, specialmente per le regioni settentrionali, è necessario l’arrivo della pioggia primaverile, la sola che potrebbe risollevare la situazione in vista poi del caldo estivo.
Se la pioggia non arriverà negli ultimi dieci giorni di marzo, nei fiumi del Piemonte non ci sarà abbastanza acqua per fare partire la stagione irrigua. Lo rivela l’ultimo aggiornamento dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale pubblicato in occasione della Giornata mondiale dell’acqua.
Siccità. Pioggia assente, poca neve sulle Alpi e terreno arido: l’eredità di uno degli inverni più siccitosi per l’Italia
Le anomalie di umidità del suolo sono decisamente negative lungo tutta la Pianura Padana, specie lungo il corso del Po, dove l’anomalia si aggira intorno al -60%. Come si evince dalla mappa di Hydrology IRPI-CNR, nel nord e est del Piemonte, invece, l’anomalia si avvicina al -90%.
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Oltre alla pioggia, però, quest’inverno è stato avaro anche di neve: sulle Alpi la durata del manto nevoso è ampiamente sotto la media. Specialmente sulle Alpi occidentali e sulle Prealpi centro-occidentali si stima che il manto nevoso sia durato dai 10 ai 20 giorni in meno rispetto al periodo 2000-2021 (zone rosse). Secondo le osservazioni satellitari ad oggi risulta coperto solo il 35-40% della superficie delle Alpi. Si tratta di uno dei valori più bassi dal 2001.
Fiumi ai minimi storici e laghi sempre più bassi: la situazione
La mancanza di pioggia e neve si traduce in un basso riempimento dei bacini idrici e fluviali. Il fiume Po è sceso ai minimi da 30 anni: all’appello mancano oltre 100 milioni di metri cubi di portata. I dati pubblicati dall’osservatorio ANBI sulle risorse idriche parlano chiaro.
Anche il livello dei laghi è sempre più basso: il volume del lago d’Iseo è al 6,4%, il Lago di Como è addirittura al 5,9% del riempimento, con l’emissario, il fiume Adda, che segna il record negativo del decennio. Anche i fiumi del Piemonte continuano a calare: nello specifico l’Orco, nel Canavese, ha raggiunto la portata minima degli ultimi 14 anni. Non va meglio in Veneto dove, con meno della metà della pioggia invernale, sono scesi ai minimi storici i fiumi Adige, Brenta, Bacchiglione, Livenza, Gorzone, Astico, Boite, Cordevole e il Piave. In Trentino Alto Adige si registra una siccità severa in Val Venosta, dove quasi tutte le stazioni di rilevamento della fascia occidentale hanno sfiorato i minimi storici di pioggia. Anche in Friuli, nonostante i due eventi piovosi di fine gennaio e febbraio, si è chiuso un inverno siccitoso, con effetti sui principali laghi e fiumi della regione. Stessa condizione in Emilia Romagna, dove è caduto solo un quarto della pioggia normale. In Toscana si registra una timida ripresa nei flussi dei fiumi Serchio ed Arno, ma continuano a calare Sieve ed Ombrone, già prossimo alla portata di minimo deflusso vitale. Nel Lazio continuano a calare i livelli dei fiumi Sacco e Liri ed anche in Campania i principali corsi d’acqua risultano con portate inferiori allo scorso quadriennio. Va meglio in Puglia e Basilicata, dove le disponibilità idriche sono cresciute rispettivamente di 14 ed 1 milione di metri cubi in una settimana. L’inverno è stato secco anche in Sicilia, dove però si registra un surplus di risorsa idrica stoccata (+30% sull’anno scorso e nettamente sopra la media del decennio) grazie alle piogge cadute durante l’episodio del Medicane di fine ottobre.
Siccità critica: ma quando tornerà la pioggia?
“Fino al 29 marzo la situazione sul Centro-Nord Italia non è destinata a cambiare. La perturbazione che attualmente si trova sulla Penisola Iberica, infatti, raggiungerà le Isole e il Sud Italia nel corso del weekend del 26-27 marzo, con piogge comunque non abbondanti. Il Centro-Nord quindi resterà ancora una volta a secco: in una situazione di siccità ormai critica“, spiega Rino Cutuli, meteorologo di Meteo Expert e autore per IconaClima.
“Qualcosa però potrebbe cambiare tra la fine di marzo e l’inizio di aprile. Dopo il 29 marzo l’anticiclone tenderà infatti ad indebolirsi e ad arretrare per effetto di una maggiore interferenza del flusso Atlantico e per l’arrivo di una circolazione artica che investirà l’Europa Centro-Orientale, riportando l’inverno, per poi arrivare sui Balcani sfiorando l’Italia. In questo contesto si potrebbe generare un’area depressionaria sull’Italia in grado di portare pioggia finalmente anche sulle regioni del Nord. Stiamo parlando di una tendenza con affidabilità bassa, soprattutto per il tipo di circolazione che si va a creare. Questo potrebbe essere il primo episodio significativo per il Nord Italia dopo mesi di siccità. Il rischio, però – aggiunge Cutuli – è che possa di nuovo limitarsi ad un episodio isolato. I modelli, al momento, protendono verso una maggiore variabilità con l’interferenza del flusso Atlantico, e quindi una più alta probabilità di transito di perturbazioni sull’Europa. Ma il coinvolgimento dell’Italia e l’affidabilità di queste proiezioni a lungo termine sono ancora basse. Quello che possiamo dire è che purtroppo, ad oggi, non si intravede una fase piovosa duratura, poiché il flusso atlantico, finalmente riattivato, potrebbe non coinvolgere direttamente l’Italia“.
ANBI: “Servono investimenti per creare nuovi invasi e ridurre gli sprechi d’acqua”
L’Italia è un Paese che riceve ogni anno circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua, ma la maggior parte viene persa: si stima, infatti, che ben l’89% della pioggia che cade sul nostro Paese vada in mare. Perso, inutilizzato. Al momento, infatti, riusciamo ad utilizzare solo l’11% delle piogge che riceviamo, ossia 5,8 miliardi di metri cubi. Come sottolinea Anbi nell’analisi “Italia idricamente capovolta”, inoltre, la capacità di immagazzinamento complessiva delle maggiori 534 dighe e dei circa 13.000 piccoli sbarramenti presenti lungo il territorio italiano è di 13,7 miliardi di metri cubi, ma il volume autorizzato è solo di 12 miliardi di metri cubi. Inoltre bisogna ricordare che le infrastrutture hanno un’età media di 62 anni, e danno origine a perdite oggi non più sostenibili.
“I cambiamenti climatici obbligano ormai ad approcci idraulici nuovi, mirati ad aumentare la resilienza dei territori ed a creare le condizioni per aumentare l’autosufficienza alimentare ed energetica del Paese” commenta Francesco Vincenzi, Presidente ANBI. “È necessario incrementare sensibilmente la capacità di invaso in quanto, in molte aree del Paese, l’emergenza climatica porta le comunità ed il sistema economico a chiedere maggiori disponibilità idriche. Con Coldiretti abbiamo presentato il piano laghetti, che prevede la realizzazione di 10.000 bacini medio-piccoli in aree collinari o di pianura entro il 2030 – prosegue Vincenzi – Tanti sono gli invasi attualmente in esercizio, ma che necessitano di ristrutturazione o che operano in via sperimentale; tanti quelli, che sono attualmente non in esercizio o che non possono essere riempiti fino alla loro capacità massima, perché incompiuti o per mancanza di collaudo oppure per problemi statici. Il nostro Piano di Efficientamento della Rete Idraulica ne prevede il completamento di 16 per una capacità complessiva di oltre 96 milioni di metri cubi”.
“Le conseguenze dell’emergenza idrica, che si sta evidenziando nel Nord della Penisola, rischiano di impattare pesantemente su due criticità del sistema Paese, evidenziate dalle emergenze pandemica ed ora bellica: l’autosufficienza alimentare ed energetica – segnala Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Nell’immediato occorrono politiche di coesione fra tutti i soggetti interessati e che, nel rispetto delle priorità di legge, garantiscano il miglior utilizzo dell’acqua disponibile; contestualmente bisogna avviare investimenti per nuovi invasi multifunzionali.”
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