GRANDINE A NATALE, in Italia gli effetti dei CAMBIAMENTI CLIMATICI: la spiegazione del meteorologo
È stato un bianco Natale davvero insolito per alcune zone, che nella giornata del 25 dicembre non sono state raggiunte dalla neve bensì dalla grandine! Il fenomeno, estremamente insolito per questa stagione, ha interessato in particolare la zona di Modena, dove a Natale la grandine è stata decisamente abbondante e ha imbiancato il paesaggio come una vera e propria nevicata. Anche altre aree hanno assistito a questo spettacolo inusuale in Emilia Romagna, in particolare nelle province di Reggio e di Parma, e grandinate sono state segnalate anche in Veneto e nell’aretino.
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La grandine a Natale rappresenta un evento estremamente insolito: c’è lo zampino dei cambiamenti climatici
Ce lo conferma il meteorologo Rino Cutuli:
I temporali con grandine osservati nel pomeriggio-sera di Natale sono estremamente rari e singolari considerato il periodo, indirettamente riconducibili agli effetti del cambiamento climatico in atto a scala planetaria, che si manifesta con sempre maggiore evidenza ormai in ogni stagione dell’anno. L’Italia è certamente uno dei Paesi che sta già pagando il prezzo più alto di questi stravolgimenti del tempo e del clima.
Com’è stato possibile che si sviluppasse grandine a Natale?
In particolare – ci spiega il meteorologo – quanto avvenuto il 25 dicembre è legato al passaggio di un intenso fronte freddo sul nostro Paese, a partire dalle regioni settentrionali, lo stesso che in queste ore sta attraversando le regioni centro-meridionali.
A questo tipo di fronte sono generalmente legati fenomeni convettivi, quindi rovesci e temporali, a volte accompagnati da grandine che, alle nostre latitudini, si manifestano con maggiore frequenza tra la primavera e l’autunno.
A favorire la formazione di celle temporalesche eccezionalmente intense che si sono sviluppate a Natale tra il Veneto e l’Emilia, accompagnate non solo da attività elettrica, ma persino dalla grandine, è stata una dinamica legata al passaggio frontale che, di per sé, non avrebbe nulla di particolare se fosse avvenuta qualche mese fa: ingresso di aria molto fredda e secca di origine artica alle quote superiori della troposfera, con un nocciolo di -30 gradi alla quota dei 500 hPa (in questo caso a circa 5300 metri sulla val padana centrale nella serata di venerdì 25), mentre negli strati più bassi la massa d’aria risultava ancora relativamente mite e umida, con precipitazioni in atto.
Il rovesciamento dell’aria fredda verso il basso è stato repentino e massiccio e ciò ha comportato: da un lato il sollevamento dal basso della massa d’aria più temperata che ancora stazionava negli strati più bassi della troposfera, con il conseguente innesco di intensi moti ascendenti. Dall’altro, la genesi di una circolazione ciclonica al suolo tra il Mar Ligure e l’alta Toscana.
Inoltre non si può trascurare il fatto che, fino al giorno precedente (il 24 dicembre), sull’Emilia orientale e sulla Romagna si registravano temperature massime eccezionalmente alte, comprese tra i 10 e i 17 gradi, come effetto dei venti di Libeccio, di caduta dall’Appennino.
I moti ascensionali sono stati altresì favoriti dalla formazione di una linea di convergenza al suolo, grosso modo tra la pianura emiliana centrale e il Veneto meridionale, generatasi da un’intensa e fredda corrente di Bora, proveniente dal Golfo di Trieste e una corrente umida e più temperata in risalita dal vicino mare Adriatico verso il Polesine e la val padana centrale, in successivo spostamento verso sud. La mappa di seguito ci mostra la circolazione dei venti al suolo nella serata di venerdì 25, mentre con la linea rossa è stata indicata la zona di convergenza dei venti.
Tale linea ha accentuato il sollevamento verticale, intensificando ulteriormente i moto ascensionali, da cui hanno preso vita i temporali. La grandine è stata quasi certamente frutto dei violenti moti verticali dell’aria: un continuo e velocissimo saliscendi che ha ingrossato sempre di più i piccolissimi cristalli di ghiaccio in formazione nella parte sommitale dei cumulonembi, divenuti poi sufficientemente grossi e pesanti da cadere al suolo sotto forma di grandine.
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