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Fridays For Future torna a riempire le piazze a due giorni dalle elezioni: «lotteremo per il nostro futuro»

Venerdì 23 settembre il movimento ambientalista Fridays For Future è tornato a riempire le piazze di tutto il mondo con lo Sciopero Globale per il clima. E ad appena due giorni dalle elezioni la giornata di mobilitazione è stata particolarmente significativa per l’Italia, dove le attiviste e gli attivisti hanno organizzato cortei e manifestazioni in oltre 70 città. Grande l’adesione delle piazze: solo a Milano, secondo quanto riferisce Fridays For Future sono state 10.000 le persone che hanno preso parte al lungo corteo che, partito da largo Cairoli, ha portato la marea verde a sfilare accanto a Piazza Duomo per poi dirigersi sotto il nuovo palazzo della Regione.

«Questa politica non ci rappresenta», denunciano gli attivisti di Fridays For Future dalle piazze, ma promettono di non arrendersi: «dobbiamo lottare per il nostro futuro, dobbiamo farci sentire: solo dalla nostra partecipazione, solo dal nostro coraggio, può arrivare un cambiamento reale».

fridays future milano
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Cosa chiede Fridays For Future al prossimo Governo?

«Se il Governo vuole affrontare la crisi climatica e ambientale deve agire con molta più urgenza», ci ha detto Sergio Marchese di Fridays For Future Milano durante la manifestazione. Per questo il movimento ha stilato un’agenda climatica che evidenzia i temi chiave e avanza delle proposte ben definite.

Tra gli aspetti più urgenti da affrontare c’è naturalmente quello dell’energia – ci dice Sergio. Di fronte alla crisi energetica che stiamo vivendo la risposta della politica italiana è quella di sostituire il gas russo con altre fonti di energia non sostenibili. Primo fra tutti, altro gas: spesso proviene da paesi non democratici, oppure arriva dagli Stati Uniti con un impatto ambientale molto più grave del gas russo. Negli USA infatti il gas viene estratto con il fracking, che ha un impatto enorme, e per essere trasportato in Italia dev’essere portato a temperature bassissime, con un costo energetico grandissimo, per poi attraversare l’Oceano in nave e quindi passare attraverso i rigassificatori.
Stiamo cercando di risolvere un problema puntando sulle soluzioni che lo hanno generato, mentre la priorità dovrebbe essere quella di liberarci dei combustibili fossili. Se avessimo puntato sulle rinnovabili negli scorsi anni, oggi non saremmo così in crisi. Eppure mancano ancora progetti adeguati per andare nella giusta direzione.

Cruciale anche il tema dei trasporti.
L’Italia è tra i paesi con il più alto numero di automobili pro capite: se il Governo vuole affrontare la crisi climatica deve investire sulla mobilità e il trasporto pubblico. Nell’Agenda che abbiamo proposto alla politica abbiamo chiesto trasporti gratuiti a livello locale e molto meno costosi a livello regionale e nazionale.

E non possiamo più permetterci di ignorare la questione acqua, avvertono gli attivisti, soprattutto dopo la siccità estrema che ha soffocato l’Italia quest’anno. «L’acqua dev’essere pubblica», ci dice Sergio Marchese.
Sembra una banalità, abbiamo anche fatto un referendum e lo abbiamo vinto, ma spesso e volentieri l’acqua continua a essere privatizzata. Ci sono grandi aziende che hanno il controllo delle fonti, e anche in momenti di crisi in cui l’acqua è scarsa hanno il potere di decidere di portarla in fabbriche dove non si producono beni necessari al benessere delle persone sottraendola, per esempio, ai campi dove gli agricoltori ne hanno bisogno per coltivare.
È necessario che la politica intervenga subito per regolare la gestione di una risorsa fondamentale per la nostra stessa vita. Invece ancora una volta, nonostante i disastri a cui stiamo assistendo a livello globale, stiamo lasciando che sia il mercato a decidere chi ha il diritto di avere l’acqua.

Elezioni, 5 punti per il clima: l’agenda di Fridays For Future

A livello internazionale, le cose non vanno molto meglio

Tra un mese i potenti del mondo si riuniranno in Egitto, a parlare di clima per due settimane, ma secondo Sergio «non ci sono motivi per essere fiduciosi» su COP27.

Già l’anno scorso a Glasgow i negoziati sul clima sono stati segnati da grandi criticità, ma quest’anno lo scenario è ancora peggiore. Da una parte naturalmente c’è la situazione geopolitica, con conflitti che rendono più debole la cooperazione internazionale per quanto riguarda le politiche climatiche e la necessità di perseguire il bene comune a livello planetario. E non possiamo pensare di affrontare una crisi globale come quella climatica con politiche locali: la cooperazione internazionale è fondamentale.
E poi, la COP27 si svolgerà in Egitto, un paese che non è sicuro per chi vuole esprimere le proprie idee legittimamente e che non rispetta i diritti civili.

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