Energia, la transizione verso le rinnovabili parte dai Comuni: il caso di Montalto di Castro
La transizione verso l’energia rinnovabile deve accelerare: il ritmo delle installazioni in Italia è ancora troppo lento, ma ci sono alcuni comuni molto virtuosi che sono fonti di ispirazione. Parliamo ad esempio di Montalto di Castro che, grazie al progetto del polo energetico solare, sta per entrare nell’elenco dei comuni rinnovabili d’Italia.
Montalto di Castro punta sull’energia fotovoltaica
Montalto di Castro è un comune di poco meno di 9 mila abitanti, nella provincia di Viterbo. Grazie ad un progetto, il Comune vuole realizzare un parco di impianti fotovoltaici in grado di alimentare l’intero comune. L’impianto, una volta terminato, potrebbe consentire di produrre 8.800.000 kilowatt l’anno. Questo permetterà al comune di azzerare la bolletta elettrica e di aiutare i più bisognosi, fornendo elettricità ad un prezzo inferiore grazie all’energia prodotta in eccesso.
«Il progetto si sviluppa su più impianti, fatti nel tempo – spiega il sindaco di Montalto di Castro, Sergio Caci –. Gli ultimi sono stati oggetto delle convenzioni con il Comune. I pannelli ricoprono molti ettari, ma non raggiungono il 3% della superficie comunale (190 chilometri quadrati). Gli impianti produrranno una quantità di energia sufficiente al Comune per mandare avanti i suoi uffici e la pubblica illuminazione, e in più avanzeranno delle quote che metteremo a disposizioni delle famiglie meno abbienti. In più sono stati fatti investimenti sulle scuole, attraverso la creazione di aule informatiche ad esempio».
«Il processo ha richiesto molti anni. Le aziende che hanno investito sulle fonti rinnovabili sono venute a Montalto di Castro perché è presente la linea di alta tensione dell’ex centrale Enel. Dato he avevamo già le infrastrutture, abbiamo quindi sfruttato questo vantaggio proponendo loro di venire a Montalto a fronte di una compensazione a livello economico per la presenza di pannelli fotovoltaici, che è vero che non inquinano ma sono brutti da vedere. Abbiamo quindi ridimensionato gli impianti, rendendoli più gradevoli dal punto di vista visivo e posizionandoli in modo studiato, e in più con compensazioni economiche per la realizzazione di impianti fotovoltaici per il Comune. E’ stato un accordo tra noi e le aziende».
«Tra le criticità che abbiamo incontrato ci sono state le opposizioni al progetto, chi alle convenzioni, chi non voleva impattasse così tanto sul territorio. C’è chi se ne è andato, chi è rimasto e chi ha fatto ricorso. Qualche inciampo lungo il percorso c’è stato, ma devo dire che la maggior parte delle aziende è molto seria e ha deciso di non entrare in contrasto con la comunità locale, e quindi di investire molto sul territorio. E lo hanno fatto perché l’investimento si aggira intorno ai 25 mila euro a kilowatt: per alcune aziende si parla quindi di 250 o 300 mila euro di investimento sul territorio».
Italia troppo lenta sulle rinnovabili: servono politiche chiare e concrete per raggiungere gli obiettivi climatici
Secondo il rapporto Comuni Rinnovabili di Legambiente del 2021, in Italia esistono 40 comuni alimentati per il 100% da energia rinnovabile (ossia il mix delle fonti rinnovabili è in grado di coprire sia i fabbisogni elettrici che termici), mentre quasi 3500 sono già 100% elettrici (ovvero dove la produzione elettrica da rinnovabili supera i fabbisogni delle famiglie residenti).
“In alcuni di questi territori – si legge nel rapporto – l’autosufficienza energetica è già realtà da tantissimi anni, grazie alla gestione dell’intera filiera energetica da parte o di società energetiche pubbliche, come nel caso dei Comuni delle Valli del Primiero e Vanoi (TN) o grazie alla presenza di cooperative energetiche, come nei Comuni di Dobbiaco e Prato allo Stelvio in Provincia di Bolzano, per citare le più famose. Qui questi soggetti sono protagonisti della gestione dell’intero sistema, dalla produzione alla distribuzione in un sistema locale e distribuito in grado di portare risparmi in bolletta fino al 40% rispetto alle normali tariffe energetiche”.
Nel 2020 il maggior contributo è arrivato dal solare fotovoltaico (22,4% della produzione da fonti rinnovabili e il 9,7% di copertura dei consumi elettrici). Al secondo posto l’eolico (16,2% di produzione e 6,7% di copertura dei consumi) e al terzo le bioenergie (15,8% di produzione e 6,5% dei consumi).
Nell’arco del 2020 si sono contate installazioni di 828.487 impianti fotovoltaici, oltre 3.369 mini idroelettrici, 4.950 impianti eolici, oltre 187mila a bioenergie (di cui 185mila sono da biomasse solide termiche), oltre 30mila geotermici tra alta e bassa entalpia, a cui aggiungere 4,4 milioni di metri quadri di impianti solari termici. Grazie a queste installazioni nel 2020 la produzione da rinnovabili è arrivata a 113,9 TWh facendo registrare un aumento nella produzione di quasi 37 TWh rispetto al 2010 e di 58 TWh rispetto al 2006. Una crescita avvenuta nonostante la pandemia che ha permesso in questi anni di chiudere 13 GW di centrali a fonti fossili.
E questa dovrebbe essere la direzione del prossimo futuro, oggi però minacciato dalla guerra intrapresa dalla Russia, da cui arriva quasi il 40% del gas che importa l’Italia. Ma il ritmo con cui l’Italia procede nelle installazioni e nella messa in opera di impianti rinnovabili è ancora troppo lento: nel 2020 è stata installata poco più di GW di nuova potenza rinnovabile, 112 MW in più del 2019. “Di questo passo – si legge nel rapporto di Legambiente – considerando un obiettivo complessivo, tra solare fotovoltaico ed eolico, di 70 GW di potenza al 2030 e la media di installazione, per le stesse fonti, degli ultimi tre anni pari a circa 513 MW, il nostro Paese raggiungerà il proprio obiettivo di installazioni tra 68 anni“. Dovremmo installare almeno 6 GW di potenza l’anno: oggi siamo a 1,8 GW. La crescita quindi c’è stata, ma non è ancora sufficiente per raggiungere gli obiettivi climatici del Piano Energia e Clima (PNIEC).
Servono politiche serie e concrete, serve uno snellimento del processo di autorizzazione, serve una comunicazione trasparente verso cittadini e imprese. Ad oggi questi sono ritardi che secondo Confindustria pesano sulle famiglie per 600 milioni di euro ogni anno. “In assenza di regole certe, trasparenti e in grado di coniugare le esigenze energetiche con quelle dei territori, garantendo il non ripetersi di errori fatti in tutti i settori sarà difficile superare le barriere non tecnologiche, le paure dei cittadini e delle Amministrazioni locali”.
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