Crisi energetica, le conseguenze anche sugli scaffali del supermercato: sparisce l’acqua frizzante
Fin dall’inizio dell’estate i produttori avevano lanciato l’allarme dicendo che non si trovava più l’anidride carbonica necessaria a produrre acqua frizzante e le altre bibite gassate.
Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato di Acqua Sant’Anna, già all’inizio di luglio aveva spiegato in un’intervista all’Ansa che la CO2 era «introvabile» e che anche tutti gli altri produttori erano nella stessa situazione. «Siamo disperati», ha detto il patron del produttore di acque oligominerali più grosso d’Europa. Acqua Sant’Anna è stata la prima a interrompere la produzione di acqua frizzante e di tutti i prodotti gassati, ma nell’ultimo periodo anche molti altri brand hanno annunciato lo stop.
Gli effetti iniziano a farsi vedere negli scaffali dei supermercati: sono sempre più numerosi i punti vendita che hanno esaurito le scorte di acqua frizzante. Le prime segnalazioni finora stanno arrivando soprattutto dal Nord Italia: Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto tra le prime regioni in cui sono apparsi gli scaffali vuoti. Gli stock, però, sembrano destinati a diminuire ovunque.
Per approfondire: Il ruolo dell’energia nella mitigazione dei cambiamenti climatici: intervista a Stefano Caserini |
Acqua frizzante, una crisi che nasce da quella energetica
Con l’impennata dei costi dell’energia, estrarre risorse diventa sempre più difficile. Tra le altre cose questo si ripercuote anche sulla produzione e l’estrazione di anidride carbonica, l’ingrediente che viene aggiunto all’acqua per renderla frizzante.
In seguito al calo della produzione, i fornitori hanno deciso di destinare la CO2 disponibile a usi prioritari rispetto alla produzione di bibite gassate, come quelli in ambito sanitario.
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