Consumo del suolo in Italia, nel 2021 il cemento ha divorato 2 metri quadri al secondo
I dati più aggiornati sul consumo del suolo in Italia sono stati presentati dall’ISPRA – l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – con il nuovo rapporto Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2022.
Lo scenario fotografato dal rapporto è desolante: invece di calare grazie a un maggiore impegno per la tutela del suolo, come previsto dagli obiettivi di sviluppo sostenibile che rientrano nell’Agenda 2030, nel 2021 il consumo è tornato a crescere e in un solo anno ha sfiorato la soglia dei 70 km quadrati di nuove coperture artificiali. Il cemento ricopre ormai 21.500 km quadrati di suolo nazionale.
Per rendere l’idea dei ritmi impressionanti con cui avanzano asfalto e cemento, per tutto il 2021 abbiamo perso più di 2 metri quadrati al secondo, con una media di 19 ettari al giorno: è il valore più alto negli ultimi dieci anni.
Non nasconde «una certa delusione» il Vice Presidente di SNPA (Sistema Nazionale Protezione Ambiente) Marco Lupo, che durante la presentazione del documento ha sottolineato come, nonostante i rapporti precedenti e gli avvertimenti degli esperti, negli ultimi anni «non è cambiato quasi nulla».
Consumo di suolo, i ritardi della politica e l’urgenza di una legge nazionale
Tra i fattori in gioco, un ruolo chiave in questo quadro desolante è quello della politica. Le norme contro il consumo di suolo sono state portate avanti a livello locale, in modo più o meno efficace, ma l’Italia ha urgente bisogno di una legge nazionale, per tutelare questa risorsa così preziosa e delicata e per centrare gli obiettivi europei e internazionali.
Nella presentazione stessa del rapporto si sottolinea che «il Governo si è impegnato ad approvare una legge nazionale sul consumo di suolo in conformità agli obiettivi europei, che affermi i principi fondamentali di riuso, rigenerazione urbana e limitazione del consumo dello stesso, sostenendo con misure positive il futuro dell’edilizia e la tutela e la valorizzazione dell’attività agricola». Il Piano per la Transizione Ecologica, poi, «ha rafforzato ulteriormente questo obiettivo al fine di azzerare il consumo netto entro il 2030, ovvero anticipando di vent’anni il target europeo e allineandosi alla data fissata dall’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile».
Se la legge nazionale riuscisse ad arrestare finalmente il consumo di suolo in modo efficace, sottolinea l’ISPRA, «permetterebbe di fornire un contributo fondamentale per affrontare le grandi sfide poste dai cambiamenti climatici, dal dissesto idrogeologico, dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, dal diffuso degrado del territorio, del paesaggio e dell’ecosistema».
Il consumo del suolo ha conseguenze serie non solo dal punto di vista ambientale: come ha sottolineato la Commissione Europea nel presentare la strategia per il suolo per il 2030, «suoli sani sono essenziali per raggiungere la neutralità climatica, per un’economia pulita e circolare, per fermare la desertificazione e il degrado del territorio, per invertire il processo di perdita di biodiversità, per garantire cibo sano e per salvaguardare la salute umana».
I dati dal territorio: Roma maglia nera tra i comuni, Lombardia la peggiore tra le regioni
Il consumo di suolo maggiore si registra in Lombardia, che nel 2021 ha visto coprire da cemento e asfalto 883 ettari. Sul podio anche Veneto ed Emilia Romagna (rispettivamente 684 e 658 ettari). I valori percentuali più elevati si collocano in Lombardia (12,12%), Veneto (11,90%) e Campania (10,49%).
Tra i comuni la classifica vede in testa la Capitale, che in 12 mesi ha divorato 95 ettari. A seguire Venezia (+24 ettari relativi alla terraferma), Milano (+19) e Napoli (+18) sono i comuni capoluogo di Regione con i maggiori aumenti.
Bene Como, Impruneta e Marano di Valpolicella, che si aggiudicano la prima edizione del concorso ISPRA e conquistano il titolo di “Comune Risparmia suolo” del 2022.
Gran parte del consumo di suolo avviene in aree urbane: un problema anche per l’adattamento alla crisi climatica.
Oltre il 70% delle trasformazioni nazionali si concentra nelle aree cittadine cancellando proprio quei suoli candidati alla rigenerazione. Gli edifici aumentano costantemente: oltre 1.120 ettari in più in un anno distribuendosi tra aree urbane (32%), aree suburbane e produttive (40%) e aree rurali (28%). Correre ai ripari è possibile: si potrebbe iniziare intervenendo sugli oltre 310 km2 di edifici non utilizzati e degradati esistenti in Italia, una superficie pari all’estensione di Milano e Napoli.
Si incrementa così l’effetto noto come isola di calore, che determina temperature molto più elevate in città rispetto alle aree verdi.
Durante un’ondata di caldo, le aree verdi in città fanno una differenza enorme!
Non lascia spazio a dubbi l’immagine pubblicata dall’Agenzia Spaziale Europea che mostra le temperature registrate a Milano. https://t.co/XqEwoUr3t9 pic.twitter.com/7Tz2zPBSes— IconaClima (@iconaclima) July 8, 2022
La versione integrale del rapporto è disponibile a questo link.
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