Carne coltivata bloccata dal Governo: la dieta Mediterranea non ci salverà dalla crisi climatica
L’Italia diventa il primo Paese del mondo a bloccare la carne coltivata (termine corretto rispetto al più allarmistico “carne sintetica“), una decisione che – a detta del governo – mira a difendere la dieta Mediterranea e la salute delle persone.
Il Disegno di legge, approvato in via definitiva dall’Assemblea della Camera, sanziona con multe da 10 a 60 mila euro (o entro il 10% del fatturato entro un massimo di 150 mila euro) il commercio di alimenti e mangimi prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati.
A questo si aggiungono norme sulla denominazione dei prodotti trasformati contenenti proteine vegetali, che non potranno più essere chiamati “burger” o “polpette” in quanto richiamano descrizioni riferite a prodotti a base di carne.
A prescindere dal fatto che il prodotto vietato da oggi in Italia non esiste ancora in commercio, ciò non impedirebbe ai commercianti italiani di importarlo dall’estero una volta ottenuta l’approvazione dell’Autorità Europea sulla Sicurezza Alimentare.
Oltre dunque a spostare all’estero ogni progresso fatto in questo settore, con una perdita di ricercatori e di opportunità economiche, stiamo favorendo un modello economico e alimentare che ha un grave impatto sul clima, e di conseguenza sulla nostra salute.
Il legame tra il consumo di carne e clima è legato alla grande quantità di emissioni climalteranti prodotte da questa industria. La filiera del cibo vale circa un terzo delle emissioni globali, e secondo un’analisi pubblicata dalla FAO, le attività zootecniche da sole contribuiscono per circa il 18 per cento alle emissioni totali di gas serra di origine antropica.
Oltre alle grandi quantità di CO2 emessa, la produzione di carne libera nell’atmosfera anche molto metano, un gas climalterante meno noto ma che ha conseguenze preoccupanti per il clima. I principali responsabili delle emissioni di metano sono gli animali ruminanti, come i bovini e le pecore, che producono questo gas serra con la digestione. Si stima che la produzione di manzo generi 25 volte le emissioni di gas climalteranti del tofu per ogni grammo di proteina.
Non è la salute ciò che interessa. Il “successo” ottenuto dal Ministro dell’Agricoltura è il risultato di pressioni della lobby della carne, e di una politica che preferisce restare ancorata al passato, agli ideali e agli slogan.
La situazione attuale degli allevamenti e del consumo della carne, che in Italia si aggira intorno ai 70 chili l’anno per persona, non è sostenibile dal punto di vista ambientale. Non lo è in Italia e non lo è in tutti i Paesi più ricchi. Il consumo di carne è già diminuito in Italia, scendendo dai 90 chili ai 70 chili per persona l’anno. Oggi infatti molte persone decidono di non consumarla più, o di ridurla significativamente, in favore di alimenti vegetali che hanno un impatto ambientale e climatico nettamente inferiore.
La carne coltivata evita la sofferenza degli animali allevati, riduce le emissioni e l’uso di acqua e del suolo. Il contributo della produzione di carne coltivata rispetto alle emissioni dipende da molti fattori: in merito sono stati realizzati molti studi scientifici.
Considerando l’intera filiera, oggi produrre un chilo di carne rossa in media genera emissioni di 100 chili di anidride carbonica. Secondo uno studio, entro il 2030 il potenziale impatto climatico della carne coltivata sarebbe compreso tra 3 e 14 chilogrammi di anidride carbonica per chilogrammo. Molto dipenderà dall’energia utilizzata, se rinnovabile o meno, dai processi e dagli ingredienti necessari.
Il dibattito è sacrosanto per valutare gli aspetti sociali, ambientali, climatici ed etici, come è giusto che sia. Il blocco del governo però stronca sul nascere la ricerca scientifica e il progresso, che avrebbe potuto darci soluzioni e nuove opportunità.
La salute è cara a tutti, e se non abbiamo ancora evidenze scientifiche rispetto alla bontà della carne coltivata, sappiamo benissimo cosa significherà per il clima e per noi continuare ad emettere come stiamo facendo oggi.
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