Lorenzo Danieli Icona Meteo IconaMeteo.it - Sempre un Meteo avanti Sun, 16 Jan 2022 12:11:06 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://www.iconameteo.it/contents/uploads/2019/12/Favicon-150x150.png Lorenzo Danieli Icona Meteo 32 32 SICCITÀ al Nord, quanto durerà? https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/siccita-al-nord-quanto-durera/ Sun, 16 Jan 2022 12:00:48 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-italia/siccita-al-nord-quanto-durera/ In questo inverno meteorologico (per definizione i mesi di dicembre, gennaio e febbraio) per le regioni settentrionali la protagonista assoluta è finora la siccità. L’inverno meteorologico costituisce di regola la stagione più asciutta per il Nord Italia e la regione alpina, dunque una lunga siccità in questo periodo non rappresenta un evento particolarmente inusuale (come …

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In questo inverno meteorologico (per definizione i mesi di dicembre, gennaio e febbraio) per le regioni settentrionali la protagonista assoluta è finora la siccità.

L’inverno meteorologico costituisce di regola la stagione più asciutta per il Nord Italia e la regione alpina, dunque una lunga siccità in questo periodo non rappresenta un evento particolarmente inusuale (come spiega questa analisi di Meteosvizzera relativa al versante svizzero sud alpino).
Tuttavia la stagione in corso sta facendo registrare dati significativi: non piove e non nevica soprattutto sul Nord-Ovest, che nel mese di dicembre appena trascorso ha visto arrivare circa la metà delle precipitazioni tipiche del periodo (si legga questo approfondimento a cura di Simone Abelli).

Dopo un dicembre poco perturbato il nuovo anno ha esordito con cieli sereni e temperature eccezionalmente elevate in montagna (sono infatti caduti diversi record) e nelle prime due settimane in gran parte del Nord, specie a ridosso delle Alpi, non si sono verificate piogge o nevicate significative.

Fatte queste premesse, la domanda che molte persone certamente si stanno ponendo è: quanto durerà questa situazione di siccità? Possiamo aspettarci entro il medio termine delle precipitazioni abbondanti (pioggia, ma anche neve) per ricostruire le riserve idriche a basse quote e il manto nevoso in montagna?

Per rispondere occorre consultare i modelli meteorologici e in particolare le simulazioni che vanno sotto il nome di “previsioni di ensemble”, di cui avevamo già parlato in questo articolo.

siccità al nord
Figura 1. La media ensemble dell’altezza della superficie isobarica a 500 hPa prevista per la notte del 25 gennaio dal modello europeo ECMWF

La figura 1 descrive la media dell’altezza del geopotenziale sulla superficie di 500 hPa prevista dal modello europeo di ensemble dopo 240 ore (10 giorni). La mappa mostra la media dei valori prodotti dei diversi membri che costituiscono l’ensemble, e almeno per quanto riguarda l’Italia settentrionale, è di facile interpretazione: il campo anticiclonico sull’Europa occidentale (con massimi su Francia e Spagna) ricopre anche le regioni settentrionali italiane.

Chi ha un minimo di familiarità con queste mappe inoltre noterà che le correnti sull’Italia sono settentrionali e noi sappiamo che con questo tipo di circolazione le Alpi tendono proteggere il versante meridionale da ogni eventuale “perturbazione”. Per la cronaca aggiungiamo che invece tra il mar Nero ed il mar Libico è presente una circolazione ciclonica (saccatura) che coinvolge ancora marginalmente il sud della nostra penisola, la quale a sua volta è il residuo di una circolazione di aria fredda che molto probabilmente coinvolgerà l’Italia (il Sud in particolare) verso la fine della prossima settimana.

Il succo di questa breve analisi, come certamente avrete intuito, è che per almeno una decina di giorni è altamente improbabile che al Nord si possa assistere a piogge o nevicate di rilievo.

siccità al nord
Figura 2. Alcuni scenari a cluster prodotti dal modello europeo ECMWF EPS (Ensemble Prediction System) relativi agli ultimi giorni di gennaio.

Volendo spingersi un poco più avanti nel tempo è possibile esplorare di nuovo le notevoli risorse del sito dell’ECMWF e scegliere, tra le tante mappe disponibili, quella mostrata nella figura 2. I vari membri prodotti dal sistema di ensemble in questo caso vengono raggruppati in “clusters”, entro i quali le simulazioni si assomigliano fra loro.
I clusters più popolati rappresentano l’evoluzione in linea di principio più probabile, mentre quelli con meno rappresentanti sono soluzioni meno probabili, benché possibili. Come si può verificare nella maggior parte delle soluzioni il Nord Italia, e particolarmente il Nord-Ovest, resta in un modo o nell’altro sotto l’influsso di un’anomalia anticiclonica fino alla fine del mese in corso, anche se per il giorno 30 alcuni membri (l’ultima mappa in fondo a destra della figura 2) propongono uno scenario più dinamico e una saccatura sopra l’Italia.

siccità al nord
Figura 3: Frequenza dei diversi regimi circolatori previsti dal modello ECMWF EPS nelle prossime settimane.

Con riferimento alle figura 3 e 4, qui di seguito, mostriamo infine uno sguardo a lunga gittata (in questo caso arrivando fin quasi alla fine di febbraio), sempre con l’aiuto delle elaborazioni del centro europeo.
Pure con tutte le cautele del caso, (parliamo di previsioni a oltre un mese) sembra possibile affermare che anche febbraio, almeno secondo i modelli ECMWF, non sia intenzionato a proporre modalità di circolazione particolarmente favorevoli a precipitazioni rilevanti sul nostro Paese, e in particolare al Nord.

Le barre blu indicano che da Febbraio lo schema circolatorio più probabile sarà del tipo NAO+ (fase positiva della North Atlantic Oscillation, si veda la figura 4 per maggiori dettagli), un “pattern” che sull’Italia si traduce in clima asciutto e mite. La seconda modalità più probabile (barre rosse) è denominata “Scandinavian Blocking”, un pattern che difficilmente può condurre a piogge di rilievo sul nord del Paese.

previsioni
Figura 4: La definizione dei principali regimi circolatori in Europa secondo ECMWF: BLO sta per “Blocking”,

A conclusione di questo breve articolo, ci troviamo purtroppo a dover deludere le aspettative di chi si aspetta, almeno nel breve, abbondanti nevicate in montagna sulle Alpi, o di chi è giustamente preoccupato per le scarse risorse idriche o per una primavera troppo precoce con conseguenti fioriture anticipate (in particolare agricoltori e produttori di energia idroelettrica).
Queste previsioni, naturalmente, potranno rivelarsi corrette solo in parte, ma paiono coerenti con lo stato attuale della stratosfera (vortice stratosferico polare molto intenso e compatto) che in inverno può condizionare la troposfera sottostante.

Non conosciamo ancora di preciso quale possa essere il ruolo esercitato dal cambiamento climatico nella fase di siccità in corso, o meglio: sappiamo ormai con certezza che il riscaldamento globale rende le stagioni più calde (pensiamo ai record di caldo registrati a capodanno), mentre è assai più arduo attribuire al cambiamento climatico un trend significativo nella frequenza dei diversi regimi circolatori, e questo a causa della grande variabilità interna che caratterizza l’atmosfera anche su scale temporali decennali.

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Dalla Turchia alla Finlandia: una catena di TEMPORALI lunga 2 MILA chilometri https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/dalla-turchia-alla-finlandia-una-singolare-catena-di-temporali-lunga-2-mila-chilometri/ Thu, 24 Jun 2021 07:59:24 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/dalla-turchia-alla-finlandia-una-singolare-catena-di-temporali-lunga-2-mila-chilometri/ In questo periodo sul nostro Paese le giornate si ripetono quasi come una fotocopia l’una dell’altra: al Sud si boccheggia sotto una delle più intense ondate di caldo mai osservate in giugno, mentre il clima è accettabile solo sull’estremo Nordovest, dove qualche temporale pomeridiano di tanto in tanto si incarica di alleviare un po’ l’afa. …

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In questo periodo sul nostro Paese le giornate si ripetono quasi come una fotocopia l’una dell’altra: al Sud si boccheggia sotto una delle più intense ondate di caldo mai osservate in giugno, mentre il clima è accettabile solo sull’estremo Nordovest, dove qualche temporale pomeridiano di tanto in tanto si incarica di alleviare un po’ l’afa.

Ma se allarghiamo lo sguardo al di fuori dell’Italia oggi pomeriggio i fulminometri (gli strumenti in grado di identificare e localizzare le scariche elettriche prodotte dai temporali) ci hanno restituito un’immagine inconsueta: una catena quasi ininterrotta di temporali che si snoda dal nordovest della Turchia fino alla Finlandia meridionale.

Figura 1: scariche elettriche alle ore 16 del 23 giugno 2021. I colori rappresentano orari diversi (le scariche più recenti sono gialle, le rosse sono più vecchie di circa un’ora). Fonte: www.blitzortung.org

Come è possibile? E’ forse attiva sull’Europa orientale una “perturbazione” che si allunga per più di 2000 Km?

Diciamo subito che no, una perturbazione del genere non esiste, ma che questa situazione singolare non è del tutto frutto di una coincidenza, poiché è almeno in parte collegata alla vasta massa di aria straordinariamente calda che dal Mediterraneo si è spinta fino a ricoprire la Russia europea.

Figura 2. Temperature alla quota di 850 hPa (circa 1500 m) sopra l’Europa nel primo pomeriggio del 23 giugno 2021. Si notino i valori eccezionalmente alti (20°C) anche a nord di Mosca.

I temporali osservati si sviluppano per lo più all’interno dell’aria calda al confine con quella più fresca presente sul settore centro occidentale del continente e questo è vero principalmente per la linea convettiva che si estende dalla Polonia orientale fino alla Finlandia attraversando le Repubbliche Baltiche. In parti di questo settore la circolazione dei venti a basse quote è così blanda che è abbastanza difficile individuare la posizione precisa del sistema frontale. Con riferimento all’analisi effettuata dal Met Office britannico (figura 3) è evidente che i temporali si formano nel settore pre-frontale, quindi entro l’aria calda, a levante di un debole fronte freddo in lento spostamento verso est dal mar Baltico. La dinamica è un poco più vivace sulla Finlandia meridionale, dove, coerentemente, si è osservata anche la formazione di una debole circolazione di bassa pressione. Possiamo osservare che, a dispetto di un quadro sinottico che appare caratterizzato, almeno nei bassi strati, da gradienti (contrasti termici) poco marcati, i temporali si sviluppano in file sorprendentemente ordinate!

Figura 3 Distribuzione della pressione al suolo e analisi dei fronti a cura del Met Office www.metoffice.gov.uk

I temporali che si sono formati più a sud (in Romania e in Turchia) non possono essere messi in relazione con quelli dell’Europa nordorientale. L’attività convettiva sulla caldissima Romania è stata favorita dall’orografia: la forma della linea temporalesca che divide in due questa nazione è perfettamente sovrapponibile alla dorsale montuosa dei Carpazi. I temporali osservati sull’area del Bosforo invece sono stati innescati da una debole circolazione di aria meno calda presente sul mar Nero in lento spostamento verso la Turchia.

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In CITTÀ fa più CALDO, come mai? Il fenomeno dell’ISOLA di CALORE spiegato https://www.iconameteo.it/news/approfondimenti/in-citta-fa-piu-caldo-come-mai-il-fenomeno-dellisola-di-calore-spiegato/ Wed, 24 Jun 2020 08:02:24 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=49505 caldo città isola di calorePerché in città fa più caldo che nelle zone circostanti? Si tratta di un fenomeno chiamato “isola di calore urbana“. In un pianeta sempre più sovrappopolato continua a crescere anche la percentuale della popolazione che vive nei centri urbani: oggi più della metà della popolazione mondiale vive in città e questa percentuale è in aumento. …

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Perché in città fa più caldo che nelle zone circostanti? Si tratta di un fenomeno chiamato “isola di calore urbana“.

In un pianeta sempre più sovrappopolato continua a crescere anche la percentuale della popolazione che vive nei centri urbani: oggi più della metà della popolazione mondiale vive in città e questa percentuale è in aumento. Il pianeta si sta scaldando a causa dei gas-serra, lo sappiamo ma, allargandosi, anche le aree urbanizzate diventano più calde: il fenomeno, conosciuto come “isola di calore urbana” (UHI: “Urban Heat Island”) viene studiato da molto tempo, ma resta quanto mai attuale nel momento in cui il riscaldamento globale accresce la frequenza e l’intensità delle ondate di calore proprio quando così tante persone abitano in una città o nelle grandi metropoli.

Il farmacista inglese Luke Howard fu fra i primi ad accorgersi che una città può essere più calda delle aree rurali circostanti: famoso per aver classificato nel modo moderno le nubi, nel 1818 pubblicò uno studio del clima di Londra dove descrisse il fenomeno. Da allora, le ricerche sulle particolarità del clima urbano e sull’effetto isola di calore sono state innumerevoli. Proviamo a capirne di più.

Figura 1 – la tipica distribuzione delle anomalie delle temperature notturne in una città. Fonte U.S. EPA

L’intensità di un’isola di calore è definita dalla differenza di temperatura tra il centro della stessa e le aree rurali circostanti: in media nelle grandi città (parliamo di agglomerati urbani dell’ordine di grandezza di un milione di abitanti) si registrano temperature medie annuali 1-3°C più alte rispetto al circondario, ma questo valore medio nasconde profonde variazioni tra la notte ed il dì e marcate differenze nel corso delle stagioni, fortemente modulate dal tempo meteorologico e dal contesto geografico in cui si trova la città. Le città più grandi e popolose posseggono un’isola di calore più intensa che può arrivare anche al valore di 12°C nelle condizioni più favorevoli al fenomeno, vale a dire durante le notti con cielo sereno e calma di vento.

Figura 2 – Andamento temporale della temperatura dell’aria in una città (linea rossa) e in un’area rurale vicina (linea verde). La linea nera rappresenta la differenza tra le due temperature, maggiore dopo il tramonto (sunset) e poco prima dell’alba (sunrise). Fonte: U.S. EPA

Nella figura 2 è mostrato il tipico andamento delle temperature dell’aria misurata in una città e nella campagna circostante, in condizioni di tempo stabile, con venti deboli e cielo sereno: come si può vedere attorno al mezzogiorno la temperatura in città è simile a quella delle zone rurali, o perfino leggermente inferiore (isola di calore negativa, capiremo meglio in seguito che è più frequente nei climi aridi); alla sera, invece, mentre nelle zone verdi la temperatura si abbassa velocemente in città scende con lentezza, restando più alta di qualche grado fino all’alba; al mattino, infine, i moti convettivi e turbolenti indotti dall’alzarsi del sole sull’orizzonte e dal suo calore tendono a rimescolare i bassi strati atmosferici e a dissipare l’anomalia termica cittadina.

Per quale motivo le città sono più calde, specialmente nel loro centro e durante le ore notturne?

Le cause sono principalmente quattro: le proprietà termiche dei materiali con cui è costruito l’ambiente urbano; le pavimentazioni impermeabili unite alla mancanza di vegetazione; la “geometria” delle città; il calore generato dalle attività umane (motori, caldaie …). Di queste l’ultima, il calore antropico, pur potendo essere una causa localmente significativa nelle aree più dense e, come intuitivo, soprattutto in inverno, è quella di gran lunga meno importante, e pertanto esamineremo con dettaglio solo le prime tre.

I materiali con cui sono costruite le città, si pensi solo all’asfalto di colore nero, sono in prevalenza poco riflettenti nei confronti dalla radiazione solare (in termini tecnici si dice che hanno un’albedo bassa) e posseggono un’alta capacità termica (possono cioè immagazzinare molto calore). Questa circostanza, unita all’effetto della geometria cittadina crea una vera e propria trappola nei confronti del calore assorbito. L’infrastruttura urbana, infatti, è in grado di moltiplicare l’albedo effettiva della superficie cittadina perché la radiazione solare entrante viene riflessa e assorbita più volte tra i muri degli edifici (si veda la figura 3). Durante la notte il calore assorbito nelle ore precedenti viene perduto verso lo spazio nella forma di radiazione ad onda lunga (o infrarossa) e anche in questo caso i raggi termici, emessi in tutte le direzioni, possono essere riflessi e assorbiti di nuovo in quello che è stato definito il “canyon urbano”. Per descrivere in modo quantitativo questo fenomeno a volte si introduce il cosiddetto “sky view factor”, che misura la porzione di cielo visibile da basso: nei centri cittadini dove gli edifici sono più alti e vicini fra loro questo fattore è molto piccolo e pertanto lì l’isola di calore è massima.

Figura 3: il bilancio termico in una città è influenzato dalle multi riflessioni fra gli edifici della radiazione a onda lunga (long-wave radiation) e di quella a onda corta (short-wave). Gli altri termini del bilancio sono il calore antropogenico, il calore sensibile, quello immagazzinato ed il calore latente. Fonte: U.S. EPA

L’ultimo aspetto che resta considerare, ma non certo per importanza, è il ruolo svolto dalla vegetazione e dalle superfici impermeabilizzate. Le città, specialmente al loro centro, ma anche nei quartieri commerciali e produttivi sono caratterizzate dalla mancanza o dalla grande scarsità di vegetazione e da vaste superfici impermeabilizzate, soprattutto perché coperte dall’asfalto. Il suolo libero e soprattutto gli alberi sono soggetti all’evapotraspirazione: una porzione significativa dell’energia che giunge dal sole viene impiegata per far evaporare l’acqua contenuta nel suolo o nelle foglie e pertanto tali superfici rimangono più fresche; questa energia è detta calore latente e ha un ruolo fondamentale sia nel bilancio termico delle superfici sia, più in generale, nei processi atmosferici.

All’effetto rinfrescante dell’evapotraspirazione, nel caso degli alberi, occorre aggiungere la loro importante funzione di ombreggiare la superficie sottostante, impedendo ad una parte dei raggi solari di finire nella “trappola” che abbiamo descritto poco sopra. L’effetto dell’evapotraspirazione aiuta a spiegare uno dei motivi per cui le città, a parità di dimensioni, non sperimentano la stessa isola di calore: nelle aree più aride e aventi scarsa vegetazione il bilancio termico non è così diverso tra campagna e città, perché in entrambi i casi c’è poca acqua che può evaporare. Inoltre sono molteplici le diverse condizioni climatiche e meteorologiche che possono influenzare l’intensità dell’isola di calore urbana: ora che abbiamo compreso i meccanismi che ne sono all’origine non sarà difficile immaginarli. Le città poste in aree ventose, naturalmente, saranno meno soggette al fenomeno; l’isola di calore si svilupperà poco dopo una giornata con cielo coperto durante la quale la radiazione solare è stata scarsa; meno ancora durante lunghi periodi piovosi e ventosi.

A proposito di precipitazioni, prima di concludere vale davvero la pena fare almeno un cenno all’influenza delle città sulla distribuzione e sull’intensità delle piogge. Questo aspetto ha meritato un’attenzione più tardiva rispetto al fenomeno dell’isola di calore e risulta anche un po’ meno compreso per via della sua complessità. Ecco in estrema sintesi quello che oggi sappiamo: le città tendono a generare un aumento della quantità di pioggia sul loro centro e sulle aree sottovento alle stesse; l’incremento medio nelle precipitazioni è quantificabile fra il 16 ed il 18% in più rispetto alle aree circostanti, fino a una distanza di 20-50km; l’aumento di pioggia sopra il centro cittadino si osserva sia di giorno che di notte, mentre l’aumento sottovento è un fenomeno diurno. L’origine di questo incremento va ricercata principalmente nella maggiore quantità di calore che le città possono fornire alle celle convettive (le cui piogge sono rilasciate sopra alla città o sottovento alla stessa) e nella “rugosità” del tessuto cittadino. Scritto con parole più semplici, le città, specialmente se composte da edifici molto alti, rappresentano un ostacolo per i venti che soffiano sopra di esse, i quali tendono a generare moti verticali sopra la città o ad aggirarla per poi convergere sottovento, come se vi fosse una collina. Oltre a ciò, la città costituisce anche una sorgente di aerosol e particolato, che possono influire in modo complesso sulle caratteristiche microfisiche della nube e sull’eventuale sviluppo delle precipitazioni.

Come abbiamo mostrato, sia pure sinteticamente, l’isola di calore urbana è stata lungamente studiata ed è compresa piuttosto bene nelle sue cause. Racconteremo dei suoi effetti (prevalentemente negativi) sugli abitanti e sull’ambiente in un prossimo approfondimento, dove delineeremo anche le principali strategie di mitigazione del fenomeno. Anticipiamo e ribadiamo che in un pianeta sempre più caldo dove sempre più persone abitano in grandi metropoli il problema dovrebbe essere fra i primi in cima alla lista dei più urgenti da affrontare. Alcune soluzioni sono davvero a portata di mano, (non è difficile immaginare che parleremo molto di alberi …) altre sono allo studio o si stanno sperimentando.

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Forte MALTEMPO al Nord: perché si sono scatenati temporali così intensi? https://www.iconameteo.it/news/approfondimenti/maltempo-al-nord-perche-temporali-cosi-intensi/ Fri, 15 May 2020 08:25:36 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=47342 maltempo temporali allerta meteoE’ stata una notte di forte maltempo su molte regioni del Nord Italia. La perturbazione che ha raggiunto il Nord Italia la notte scorsa (tra il 14 e il 15 maggio) è stata accompagnata da precipitazioni di origine convettiva significative, soprattutto su Piemonte e Lombardia. L’episodio ha avuto inizio nella serata del 14 con lo …

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E’ stata una notte di forte maltempo su molte regioni del Nord Italia. La perturbazione che ha raggiunto il Nord Italia la notte scorsa (tra il 14 e il 15 maggio) è stata accompagnata da precipitazioni di origine convettiva significative, soprattutto su Piemonte e Lombardia.

L’episodio ha avuto inizio nella serata del 14 con lo sviluppo dei primi forti temporali nell’area del Pavese e dell’Alessandrino; successivamente, tra la tarda serata e la notte temporali di forte intensità hanno interessato soprattutto il settore di pianura compreso tra Milano ed il Torinese orientale.

Durante l’evento sul Nord-Ovest italiano si sono contate oltre 25000 fulminazioni e accumuli di pioggia diffusamente superiori ai 30 mm (o litri per metro quadrato). I quantitativi maggiori sono stati misurati immediatamente ad ovest di Milano (150 mm nella stazione CML di Boscoincittà), mentre nella parte orientale della stessa città si sono osservati circa 30 mm (Linate).

Una breve analisi tecnica

L’evento è stato simulato in modo corretto dai principali modelli e si inserisce in contesto meteorologico abbastanza “estremo”: il sud del nostro Paese è raggiunto da correnti africane eccezionalmente calde per la stagione (ma un po’ di sabbia del deserto è caduta nella pioggia il giorno 13 anche sul Nord Italia), mentre sulle regioni nord-occidentali la massa d’aria è decisamente più temperata.

Sul Nordovest, dopo le piogge di mercoledì 13 le schiarite che si sono sviluppate nel corso del giovedì hanno favorito un buon riscaldamento dello strato limite che alla fine della giornata risulta caldo e particolarmente umido. In questo contesto, nel letto di correnti sudoccidentali, il Nordovest viene raggiunto nella serata da una piccola onda ciclonica in quota che favorisce il sollevamento dell’aria ed il conseguente rilascio dell’instabilità.

I radiosondaggi di Milano Linate evidenziano un calo delle temperature alla quota di 500 hPa dai circa -14°C delle ore 14 locali ai -17°C delle 2 di notte. Il radiosondaggio di Linate delle ore 2 (00Z) mostra anche altri aspetti interessanti: una forte e umida corrente da est nei bassi strati (low-level jet) con velocità comprese tra 28 a 35 nodi che verosimilmente ha contribuito a creare la convergenza osservata appena ad ovest della città; uno strato di aria asciutta, al di sopra di 4200 m circa, che potrebbe avere dato origine al rilascio dell’instabilità potenziale (si veda anche il gradiente verticale della temperatura potenziale equivalente).  In ultimo, con riferimento alla mappa del geopotenziale a 500 hPa, si può osservare come le correnti a questa quota, sul Nordovest, fossero piuttosto deboli. Se da un lato questa situazione può avere impedito l’organizzarsi delle celle convettive, dall’altro ha senz’altro favorito la persistenza delle celle più intense sullo stesso punto, oltre ad aver focalizzato l’insieme dell’evento sulla pianura, anziché verso Alpi o Prealpi (ciò che si verifica, di norma, con correnti forti da sud in quota).

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