Che conseguenze avranno le perdite dei gasdotti Nord Stream per il clima
La fuga di gas dai gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel bar Baltico hanno liberato nell’atmosfera una grande quantità di metano, che è uno dei principali gas climalteranti.
Il legame tra metano e cambiamenti climatici
Il metano è uno dei principali gas a effetto serra, responsabili dei cambiamenti climatici, e la sua presenza nell’atmosfera è in continuo aumento: anche nel 2021 ha fatto registrare valori inediti.
Quando si parla di emissioni climalteranti, nella maggior parte dei casi si cita l’anidride carbonica. Ma anche il metano ha un ruolo da protagonista nell’aumento della temperatura media globale: secondo le stime, dai tempi preindustriali sarebbe stato finora responsabile di circa il 30 per cento del riscaldamento globale. In particolare, rispetto alla CO2 il metano ha una durata inferiore nell’atmosfera (circa 20 anni), ma si stima sia 80 volte più potente nel riscaldamento a breve termine.
Per questo, le abbondanti fuoriuscite che si sono registrate nei gasdotti Nord Stream nel mar Baltico dopo le esplosioni hanno destato enormi preoccupazioni non solo per gli effetti sull’approvvigionamento di energia ma anche per le conseguenze ambientali e climatiche.
La più grande perdita nella storia
Dai gasdotti Nord Stream nel mar Baltico sta fuoriuscendo una quantità enorme di gas naturale. Le prime perdite sono state scoperte all’inizio della settimana, e i sismologi hanno fatto sapere di aver rilevato delle esplosioni che probabilmente hanno causato la rottura delle condutture. Dopo l’individuazione di tre perdite, giovedì la guardia costiera svedese ha confermato di averne trovata una quarta. Probabilmente si è trattato di un sabotaggio e al momento i sospetti ricadono principalmente sulla Russia: secondo le accuse avrebbe provocato le esplosioni per fare pressione sull’Europa in risposta alle sanzioni imposte per l’invasione dell’Ucraina, ma al momento non ci sono prove.
Potremmo essere di fronte alla maggiore quantità di gas che sia mai stata rilasciata nell’atmosfera in un colpo solo: dalle perdite starebbero uscendo diverse centinaia di migliaia di tonnellate di gas naturale, costituito per circa il 90 per cento da metano.
Naturalmente la preoccupazione per gli effetti che perdite di questa entità possono avere sul clima è grande, soprattutto per la rapidità con cui il metano contribuisce all’aumento della temperatura media globale.
I dati più recenti resi noti dall’Agenzia danese per l’energia hanno consentito agli scienziati di elaborare stime preliminari più affidabili sulla quantità di metano rilasciata, e secondo alcuni esperti le conseguenze per il clima potrebbero non essere catastrofiche come si era temuto nei primi giorni.
Anche se la quantità di gas dispersa nel mare e nell’atmosfera è molto grande, infatti, si tratta di una mole piuttosto piccola se comparata alle emissioni che vengono prodotte a livello globale. Gli scienziati del progetto Gas Hydrates dell’US Geological Survey stimano che se tutto il gas fuoriuscito da Nord Stream 1 e 2 raggiungesse l’atmosfera, le conseguenti emissioni di metano equivarrebbero allo 0,1 per cento circa di quelle globali.
Tuttavia gli scienziati sottolineano che si tratta di un evento da non sottovalutare, perché a causa del grande effetto riscaldante anche fuoriuscite di metano relativamente piccole possono avere impatti significativi sul clima.
Al momento le perdite non si stanno fermando: Il Washington Post riferisce che mercoledì 28 settembre i funzionari danesi hanno fatto sapere che metà del gas era già stato rilasciato, e che i gasdotti dovrebbero svuotarsi del tutto entro domenica. In particolare, Nord Stream 2 non è mai entrato in funzione ma era comunque pieno di gas: secondo quanto ha riportato la CNN un portavoce della società che lo gestisce, e che appartiene all’azienda statale russa Gazprom, ha detto che questa settimana il gasdotto conteneva 300 milioni di metri cubi di gas. Nord Stream 1, invece, non è attivo da agosto e non si sa con certezza quanto gas contenesse prima delle perdite.
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