L’Italia ha sete: aspettiamo il “decreto siccità”, ma non vi fate ingannare dai coccodrilli
Mezza Italia è in emergenza siccità: molti sindaci delle regioni più colpite hanno chiesto di limitare il più possibile l’uso di acqua in attesa che il governo intervenga con un decreto che entrerà in vigore probabilmente a luglio. Le prime 4 regioni pronte a dichiarare lo stato di emergenza sono Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Umbria.
Ma non vi lasciate ingannare dai coccodrilli: la maggior parte dei sindaci e governatori che oggi chiedono lo stato d’emergenza erano quelli che ci snobbavano fino a pochi mesi fa. Noi, insieme ad altri esperti avevamo lanciato l’allerta siccità già a febbraio. Oggi la politica corre ai ripari, ma ormai è tardi. Non potevamo arrivare più preparati? Non ha senso continuare questa politica dell’emergenza. Il cambiamento climatico, in Italia ci metterà di fronte a situazioni simili sempre più spesso. E’ il momento di intervenire.
Emergenza siccità: la corsa ai ripari di sindaci e regioni, in attesa del Governo
Attilio Fontana, Presidente della Lombardia, ha chiesto ai cittadini di “fare uso parsimonioso dell’acqua”. Ad oggi le scorte d’acqua sono quasi nulle e la Confagricoltura parla già di 2 miliardi di danni. Il sindaco di Milano Beppe Sala ha chiesto ai cittadini di ridurre al minimo l’uso di acqua potabile, mentre la città fermerà le fontane, l’irrigazione a spruzzo delle aree verdi di Milano. La Regione Lombardia ha decretato lo stato di emergenza idrica fino al 30 settembre e “riteniamo giusto fare la nostra parte”, ha detto il sindaco aggiungendo anche di aver richiesto “l’attivazione dei pozzi geotermici privati con scarico in corpi idrici per aumentare al massimo l’alimentazione di ogni roggia, cavo o colatore”.
Anche il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini ha preso iniziative per la crisi idrica. L’Autorità del bacino del Fiume Po ha chiesto una riduzione del 20% di prelievi per poter continuare ad irrigare, e quindi salvare i raccolti. Tutti i comuni sono stati invitati a ridurre l’utilizzo dell’acqua potabile nei servizi non indispensabili, come innaffiare gli orti, lavare le auto o riempire le piscine private.
La stessa direzione è stata presa da alcuni comuni della Toscana, tra cui quello di Livorno che ha introdotto una multa per chi usa acqua potabili per usi non domestici. Il governatore Eugenio Giani vuole varare una legge regionale per la realizzazione di nuovi bacini, invasi e punti di raccolta dell’acqua.
Il governatore del Friuli Venezia-Giulia, Massimiliano Fedriga, ha firmato lo stato di sofferenza idrica. La crisi dell’acqua tocca da vicino anche Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta. Nel comune di Ronzo-Chienis è vietato l’uso di acqua potabile tra le 23 e le 6 del mattino; a Tesimo non si può usare acqua per riempire piscine e per innaffiare gli orti. In Val d’Aosta sta per partire una campagna di informazione per turisti e residenti per limitare l’uso dell’acqua: qui, dopo le poche nevicate e piogge degli ultimi mesi, alcuni comuni stanno introducendo dei razionamenti.
Si trovano in grandi difficoltà anche Regioni dell’Italia centrale come Marche e Lazio. Il livello del Lago di Bracciano sta scendendo di giorno in giorno: ad oggi il livello è a -109 cm, ma se continua così tra un paio di settimane il lago raggiungerà il limite di captazione, oltre il quale non sarà più possibile prelevare acqua. Il governatore Nicola Zingaretti ha già dichiarato lo stato di calamità e ha scritto a tutti i sindaci della regione chiedendo di adottare provvedimenti preventivi per il risparmio idrico.
Ma la regione più colpita da mesi e mesi di siccità è sicuramente il Piemonte. Qui l’allerta riguarda 145 Comuni soprattutto nella provincia di Novara e nell’Ossolano. Circa il 10 % dei Comuni del Piemonte ha emanato ordinanze per ridurre gli sprechi d’acqua.
Situazione complessa anche per la gestione extraregionale. La Valle d’Aosta ha dovuto ignorare la richiesta di aiuto proveniente dal Piemonte per salvare l’agricoltura. Il governatore Erik Lavevaz è stato chiaro con il collega del Piemonte: “Con i nevai già sciolti come fossimo ad agosto e le temperature alte anche a 4 mila metri, ci troveremo tutti a dover fare i conti con una carenza idrica importante“.
La sete di acqua sta provocando una nuova guerra tra Veneto e Trentino, a cui è stato chiesto di aumentare la portata dell’Adige per irrigare i campi.
L’osservatorio ANBI per le risorse idriche ha chiesto di istituire una regia nazionale per poter gestire al meglio la situazione, ed evitare guerre dell’acqua.
Governo al lavoro sul “decreto siccità”, in arrivo a fine giugno
A cosa sta lavorando il governo? Il decreto siccità, previsto per fine giugno, definirà quali sono le zone più colpite, stabilendo una “zona rossa” che probabilmente interesserà tutto il Nord. Palazzo Chigi è al lavoro su un Dpcm principalmente per la salvaguardia del comparto agricolo (rendendo possibile la proclamazione dello stato di eccezionale avversità atmosferica per ricevere indennizzi “qualora il danno provocato superi il 30% della produzione lorda vendibile”). Il decreto vuole poi ridurre ogni “spreco” di acqua per fini non primari, come fontane pubbliche, irrigazioni di culture annuali, lavaggio delle auto, irrigazione dei giardini e misure di razionamento.
La politica sta cercando di mettere una pezza a anni di immobilismo
Non saremo arrivati troppo tardi? La siccità era stata annunciata già a febbraio e la primavera non ha portato la pioggia sperata. Una crisi idrica simile ci aveva già toccati nel 2017. Sono passati 5 anni, e siamo ancora qui, senza vere soluzioni. La politica sta cercando di mettere una pezza a anni di immobilismo. Ma non possiamo più andare avanti così. Ce lo dice la scienza: l’area del Mediterraneo è molto vulnerabile agli effetti del riscaldamento globale. L’aumento delle temperature del Pianeta renderà l’Italia sempre più a rischio siccità, saremo più esposti a ondate di caldo come quelle che stiamo vivendo in questi giorni, gli eventi estremi diventeranno sempre più frequenti e intensi, le alluvioni metteranno a dura prova il nostro fragile territorio.
Non possiamo più aspettare: BISOGNA intervenire subito investendo in dissalatori di acqua marina, in nuovi bacini idrici e di accumulo, in un ammodernamento della rete idrica, in cui oggi viene perso circa il 40% dell’oro blu. Bisogna cercare una alternativa all’energia fossile: bisogna investire nelle rinnovabili.
La grande magra del Po sta per fermare infatti anche le centrali termoelettriche. Ebbene sì, in un periodo nero per l’energia, potremmo essere costretti a rinunciare anche a questa fonte: le centrali termoelettriche, infatti, hanno bisogno di bere l’acqua a tonnellate per raffreddare i condensatori del vapore.
Ma anche le centrali idroelettriche non sono messe bene: nella prima metà di giugno la produzione idroelettrica è crollata del 39% rispetto al giugno 2021, Una anticipazione di quanto previsto dall’IPCC se il riscaldamento globale dovesse continuare con questo ritmo.
Non possiamo più continuare con questa politica di emergenza. Serve una visione chiara, un piano e la volontà di attuarlo il prima possibile. La politica deve muoversi: serve acqua. Sblocchiamo la possibilità di installare dissalatori di acqua marina, realizziamo su tutto il territorio nuovi bacini idrici capaci di raccogliere l’acqua piovana e quella proveniente dalla fusione di nevai e ghiacciai e allo stesso tempo di produrre energia. Non possiamo più perdere tempo.
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