Mesi di allarme siccità e immobilità politica: prepariamoci ad una estate 2022 senz’acqua
La siccità continua a interessare vasti territori d’Italia: rischiamo di arrivare a fine estate 2022 senza acqua. Purtroppo è troppo tardi per sperare in piogge significative, in grado di dare sollievo e risanare il deficit accumulato dallo scorso inverno. Dovrebbe piovere su tutto il territorio nazionale per quasi 2 settimane: impossibile in estate. E quel che è peggio è che lo sapevamo. Sapevamo, già ad inizio primavera, che la situazione sarebbe stata particolarmente difficile: le scarsissime piogge e nevicate invernali ci hanno lasciato sperare negli accumuli della primavera, che purtroppo non è stata clemente. A causa dell’insistenza record dell’anticiclone di blocco, protagonista per quasi 3 settimane, le perturbazioni hanno avuto pochissime chance di raggiungere l’Italia nel corso della Primavera.
Italia senz’acqua nell’Estate 2022, ma la siccità era già stata annunciata: mesi di allarme e immobilità politica
L’inverno è stato molto siccitoso e dopo un dicembre 2021 secco soprattutto al Nord-Ovest, gennaio 2022 è stato complessivamente uno dei più secchi della nostra storia. L’inverno 2021-2022 è stato 6° più siccitoso degli ultimi 63 anni.
Noi, così come altri esperti del settore, abbiamo iniziato a lanciare l’allerta siccità già a febbraio. L’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po a metà febbraio aveva lanciato l’allerta per il livello del Fiume Po, che stava attraversando la magra invernale più grave degli ultimi 30 anni. I giorni di pioggia dell’inverno in molte città del Nord si contavano sulle dita di una sola mano e ad inizio aprile abbiamo raggiunto i 100 giorni senza pioggia a Torino.
Ad inizio marzo l’Anbi aveva avvisato: «l’Italia è sull’orlo di una sete endemica. Economia a rischio», e nel mese di marzo è mancato il 97% della pioggia al Nord. Sapevamo che le poche fasi piovose in arrivo non avrebbero potuto colmare l’ormai gravissimo deficit idrico. I fiumi e i laghi del Nord, in particolare, erano già in sofferenza e sapevamo che la neve caduta sulle Alpi era molto inferiore alla norma.
Arriviamo ad aprile: durante il mese è mancato all’appello il 43% della pioggia a livello nazionale, e il 64% sul Nord-Ovest. Poi maggio: un altro mese molto secco e caldo: il periodo gennaio-maggio è stato il più secco dagli anni ’50 per l’Italia.
Il grido di allarme lanciato dagli esperti, più e più volte durante gli ultimi mesi, è però caduto nel nulla più assoluto. Dopo mesi di immobilità politica, oggi ci troviamo di fronte ad una situazione davvero delicata, tra minacce di razionamenti, il rischio di un calo di produzione di energia idroelettrica e nuovi scontri sulla gestione intraregionale della risorsa acqua.
Livello dei laghi ai minimi: l’acqua ci basta per qualche settimana. Rischio razionamenti durante l’estate 2022
Il Lago Maggiore sta raggiungendo livelli minimi record per il periodo, con un livello idrometrico sceso a -15,3 centimetri a Sesto Calende. Il Lago di Como è a -17,4 centimetri, a pochi centimetri dal minimo di metà giugno. Livello abbondantemente sotto media anche per il Lago d’Iseo: 16,8 cm rispetto ai 95 medi del periodo. Da aprile ad oggi anche il Lago di Garda viaggia sotto la media, con un livello idrometrico che oggi raggiunge i 78 centimetri: il più basso dall’inizio dell’anno. Anche i laghi Svizzeri sono in sofferenza.
Preoccupa però anche il livello del Lago di Bracciano, sceso di 9 centimetri in 1 mese, e che oggi si trova a soli 4 centimetri dal limite minimo oltre il quale non è più possibile prelevare acqua. Considerando che cala di 4 millimetri ogni giorno, potrebbe scendere sotto tale limite già entro metà luglio. Giusto un paio di settimane insomma.
Purtroppo per via della siccità del Tevere, a Ponte Vittorio riaffiorano i resti dell’antichissimo ponte Neroniano pic.twitter.com/loHrL325U1
— ciav (@stefanociavatta) June 19, 2022
Il Lago di Bracciano, per il comune di Roma e per quelli limitrofi è particolarmente strategico perché permette di compensare le richieste stagionali di acqua. Dal Lago di Bracciano Acea può prelevare 1100 litri al secondo, e in condizioni eccezionali fino a picchi massimi di 5000 litri al secondo. Ma dalla siccità del 2017 il livello del lago non si è ancora ripreso.
Sicuramente il gran caldo che sta investendo in pieno l’Italia non aiuta. Sabato pomeriggio sulla vetta del Monte Bianco la temperatura ha raggiunto i 10,4 gradi a quota 4.750 metri. In molte zone d’Italia le temperature hanno superato i 33-35 gradi, e non è ancora finita. L’evapotraspirazione dei terreni favorita dal caldo e dal sole, stanno togliendo umidità preziosa dal suolo superficiale.
Siccità Italia 2022: abbiamo qualche settimana di autonomia, poi cosa succederà? Come faremo ad arrivare a fine agosto?
Il Presidente della Lombardia Attilio Fontana ha dichiarato che la siccità sarà “ancora gestibile per i prossimi 10, massimo 15 giorni”. Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha assicurato che non ci saranno razionamenti a Roma, ma allo stesso tempo ha invitato a ridurre ogni spreco. “Nelle prossime ore proclamerò lo stato di calamità naturale”, ha detto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. “Lo stato di Calamità servirà ad adottare immediatamente le prime misure e a invitare i sindaci alle prime norme di contenimento. Ovviamente dobbiamo prepararci ad una situazione che sarà molto critica che dovrà basarsi sul risparmio idrico di tutte le attività a cominciare dai consumi familiari”.
La politica sta cercando di metterci una pezza: si pensa di ridurre gli sprechi, stabilire razionamenti programmati fino all’interruzione dell’erogazione durante la notte; si pensa di impedire il riempimento delle piscine. In alcune zone del Piemonte, regione più colpita dalla siccità, alcune di queste misure sono già state adottate. Ma razionamenti sono stati imposti anche in provincia di Savona, Imperia e a Tesimo, in Alto Adige.
Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, a margine di un convegno a Roma di Elettricità futura, si è detto “abbastanza preoccupato” della situazione idrica anche per quanto riguarda il funzionamento delle centrali idroelettriche e spera “che almeno questo problema migliori presto”. Basterà la speranza?
Mercoledì 22 giugno le Regioni chiederanno al Governo la dichiarazione dello Stato di emergenza per la siccità, allo scopo di dare priorità all’uso umano e agricolo della risorsa idrica, e di mettere a disposizione risorse, anche del Pnrr, per creare nuovi invasi. Lo ha riferito all’Ansa l’assessore veneto all’Agricoltura, Federico Caner, coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni.
Servono interventi urgenti per ammodernare le infrastrutture, servono impianti di desalinizzazione, servono nuovi bacini idrici: serve una politica lungimirante
Sapevamo del rischio che sarebbe arrivato con l’estate. Eppure non è stato fatto niente. Bisognava intervenire prima, alla fonte: ora è troppo tardi. Le misure di emergenza adottate aiuteranno a minimizzare gli effetti, ma non risolvono certo il problema. L’Italia va incontro ad un futuro che assomiglierà sempre più a questo periodo, con siccità prolungate e sempre più gravi, ondate di caldo eccezionali e una costante diminuzione della disponibilità di acqua.
Per questo non possiamo pensare solo di chiudere i rubinetti di notte. Servono investimenti per ammodernare le infrastrutture: dalle perdite delle tubature oggi perdiamo oltre il 40% dell’acqua. Non è possibile perdere 42 litri ogni 100 nel tragitto verso i rubinetti di casa. Questo aspetto è già contenuto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e prevede un investimento di 2 miliardi entro il 2026.
L’intervento previsto dal Pnrr è finalizzato a rendere più efficienti e resilienti le infrastrutture primarie per la fornitura di acqua destinata a usi civili, agricoli, industriali e ambientali, in modo da garantire la sicurezza dell’approvvigionamento in tutti i settori e superare la “politica di emergenza”. Tutto molto bello, ma a che punto siamo? Siamo fermi alla fase di avviamento: entro settembre del 2023 verrà data notifica degli appalti pubblici per un totale di 2 miliardi di euro.
La grave siccità e gli enormi sprechi ci dovrebbero obbligare a trovare soluzioni alternative di approvvigionamento idrico il prima possibile. Parliamo ad esempio dei dissalatori dell’acqua marina. Ricavare acqua dolce dal mare potrebbe permetterci di irrigare i campi senza prosciugare le faglie ed evitando la risalita di acqua salmastra lungo le foci dei fiumi.
In Spagna ricorrono abbondantemente a questa tecnologia: ad oggi è al quarto posto al Mondo per capacità installata dopo Arabia Saudita, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti. Secondo i dati più aggiornati a disposizione di AEDyR, la Spagna attualmente produce circa 5.000.000 di m³/giorno di acqua dissalata per approvvigionamento, irrigazione e uso industriale. Un impianto di desalinizzazione costa circa 15 milioni e produce in media 2,5 milioni di metri cubi di acqua potabile ogni anno, con costi annui di gestione di circa mezzo milione.
Viene da pensare che sarebbe un ottimo investimento, eppure la Legge Salvamare, al di là dei tanti meriti, ha stabilito che gli impianti di desalinizzazione destinati alla produzione di acqua per il consumo umano sono ammessi solo in casi eccezionali. E la legge è stata pubblicata lo scorso maggio, in piena emergenza siccità. Le eccezioni alla regola riguardano condizioni di “comprovata carenza idrica e in mancanza di fonti idricopotabili alternative economicamente sostenibili”, nei casi in cui “gli impianti siano previsti nei piani di settore in materia di acque e in particolare nel piano d’ambito anche sulla base di un’analisi costi benefici” e solo dopo aver dimostrato “che siano stati effettuati gli opportuni interventi per ridurre significativamente le perdite della rete degli acquedotti e per la razionalizzazione dell’uso della risorsa idrica prevista dalla pianificazione di settore”. A questi paletti, segue quella della valutazione di impatto ambientale, e il fatto che le autorizzazioni non possono essere demandate come si è fatto finora alle regioni ma ad apposita commissione ministeriale per la concessione del Via. Un iter burocratico infinito che di fatto blocca ogni avanzamento in questo senso.
Per trattenere più acqua possibile alcune regioni hanno deciso di aumentare i bacini idrici. A marzo il Piemonte ha annunciato di voler aumentare i bacini di accumulo. E la proposta di realizzare nuovi bacini idrici era stata fatta già a marzo dal Presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi: “Di fronte ad una crescente aridità, cui solo piogge continue e diffuse potranno dare risposta quest’anno, si accentua la crisi del sistema idraulico per un’emergenza climatica sempre più marcata e che sta disegnando una nuova Italia dell’acqua. Senza acqua non c’è vita e per questo non solo va risparmiata, ma va trattenuta quando arriva per essere utilizzata nei momenti di bisogno; da qui le nostre proposte per nuovi bacini, perlopiù medio-piccoli, dei laghetti, in aree collinari e di pianura.”
La preziosissima acqua raccolta deve essere gestita al meglio, per evitare guerre regionali per l’oro blu. Anche quest’anno ci troviamo a dover contrattare tra regione e regione per accedere all’acqua. A causa della crisi climatica, questo problema diventerà sempre più grande e profondo. Alcune zone del Mondo sono costrette a combattere per l’acqua: noi saremo i prossimi? Considerando il futuro che ci aspetta, bisognerebbe favorire una gestione comune del bene per evitare controversie.
In questo quadro è necessario proseguire per abbattere il più possibile le emissioni di anidride carbonica, responsabili della deriva climatica che stiamo vivendo. Bisogna assolutamente investire in energia rinnovabile, bisogna velocizzare le installazioni di nuovi impianti solari ed eolici, bisogna sfruttare l’energia geotermica e quella idroelettrica costruendo nuovi bacini idrici. Bisogna velocizzare l’abbattimento delle emissioni anche nell’ambito dei trasporti e delle industrie introducendo, specie nei settori industriali più energivori l’idrogeno verde. Con anni di ritardo abbiamo finalmente trovato la strada giusta per affrontare la crisi climatica, ma nonostante ciò, sia in Italia che nel resto del Mondo, siamo ancora troppo lenti nella sua implementazione. Non possiamo più aspettare.
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