Inverno segnato da un forte vortice polare stratosferico: cosa ha significato per l’Italia?
Il mese di febbraio e l’intera stagione invernale si sono contraddistinti per le temperature miti e per la carenza di precipitazioni. In generale l’intero inverno si è contraddistinto per un vortice polare stratosferico particolarmente forte, che ha raggiunto la sua massima intensità a partire dalla seconda decade di gennaio.
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Febbraio 2022: l’analisi delle condizioni meteo sull’Italia
Complessivamente l’anomalia termica di febbraio sull’intero territorio italiano è stata di +1.7°C rispetto alla media del trentennio 1981-2010; nonostante si tratti di un valore piuttosto ampio, questo dato occupa solo il 13° posto fra i più elevati dalla fine degli anni ’50. Il maggior contributo è dovuto alla forte anomalia positiva sulle regioni settentrionali (+2.3°C, al 10° posto fra le più elevate) e in particolare a quella sul settore nord-occidentale (+2.6°C) che fa del mese di febbraio in questo settore dell’Italia il 5° più caldo della serie storica. In misura inferiore hanno contribuito le regioni centrali e il Sud con +1.5°C e +1.4°C rispettivamente; tuttavia, anche in questa parte del Paese sono stati osservati locali scarti oltre i 2°C, come ad esempio a Roma (+2.2°C) e Campobasso (+2.4°C).
Più contenute, ma pur sempre positive, sono invece risultate le anomalie sulle isole maggiori dove il confronto con la media dà origine a +0.9°C in Sardegna e +0.4°C in Sicilia. Un altro dato interessante è rappresentato dal maggior peso che hanno avuto le temperature diurne rispetto a quelle notturne. A livello nazionale, infatti, l’anomalia delle temperature massime è stata di +2.4°C che rappresenta il 4° valore più elevato, con ancora una volta in evidenza le regioni settentrionali dove le massime hanno oltrepassato la media di 3°C al Nord-Est e di 3.3°C al Nord-Ovest, ma con scarti intorno ai 4°C in diverse città, come a Torino, Bologna e Rimini.
Il deficit pluviometrico di febbraio ammonta a -42% calcolato sull’Italia intera, pari a quasi 6 miliardi di metri cubi di acqua in meno rispetto alla norma. Anche sotto questo aspetto, nonostante il notevole valore, non si tratta di un dato eccezionale, visto che ben 11 mesi di febbraio fra gli ultimi 63 risultano più siccitosi. Le fasi piovose più significative, determinate essenzialmente da 3 perturbazioni intense su un totale di 7 sistemi nuvolosi transitati sull’Italia, si sono concentrate in brevi periodi fra la metà e la fine del mese; fra questi spicca l’episodio a metà mese caratterizzato anche dalla neve fino in pianura al Nord-Ovest. Benché su gran parte del territorio abbia prevalso la scarsità di precipitazioni, alcune zone si sono distinte per accumuli sopra la media, in particolare il settore adriatico dove sono state osservate locali anomalie positive anche notevoli, come a Pescara dove ha piovuto circa il doppio rispetto alla media e quasi tutto il quantitativo in un solo episodio negli ultimi giorni del mese. Le zone mediamente più siccitose del Paese sono state senz’altro quelle settentrionali e occidentali, in particolare il Nord-Ovest (-61%) e la Sardegna (-92%) dove spiccano diverse località in cui le piogge sono state trascurabili o del tutto assenti, come ad esempio a Torino, Aosta e Olbia.
Inverno 21-22 tra siccità e temperature miti
Anche l’inverno nel suo insieme, come già accennato, è stato mediamente mite e siccitoso, con un’anomalia termica di +0.8°C e un deficit pluviometrico pari a -32% (equivalente a quasi 16 miliardi di metri cubi di acqua in meno): lo scarto dal valore medio della temperatura si pone al 11° posto fra i più elevati, mentre il dato relativo alle precipitazioni fa di questa stagione invernale la 6° più asciutta della serie storica. Come riscontrato nell’analisi del mese di febbraio, le regioni con le temperature più anomale sono state quelle settentrionali (+1.4°C al Nord-Ovest e +1.1°C al Nord-Est) e le zone più siccitose sono state quelle occidentali (-62% al Nord-Ovest e -61% in Sardegna). Fra le zone dove la siccità sta raggiungendo livelli molto critici spicca il Piemonte: a Torino (zona aeroporto), ad esempio, nell’arco di tutta la stagione si registrano solo 2 giorni di pioggia di cui solo uno significativo (14 mm il giorno 8 dicembre).
Come evidenziato da Arpa Piemonte, Arpa Lombardia e Meteo Svizzera coi dati di Piemonte, Lombardia, Canton Ticino e Grigioni, l’inverno appena concluso non è mai stato così contemporaneamente mite e secco, con un’anomalia termica di +2.1°C e un deficit di precipitazioni pari a -65% rispetto alle medie del trentennio 1991-2020. In aggiunta, sempre nel settore nord-occidentale del Paese, la stagione invernale è stata caratterizzata anche da un numero molto elevato di episodi di vento forte; si è trattato più che altro di venti di Foehn, che si accompagnano perfettamente alle condizioni di clima estremamente secco. Nel corso dell’inverno nel Canton Ticino si sono verificate circa 300 ore di favonio, che corrispondono al 70% in più rispetto alla media, mentre in Piemonte sono state contate 48 giornate favoniche, più della metà del periodo, corrispondenti a circa il doppio del numero medio climatico.
Fra le varie giornate ventose spicca sicuramente il giorno 7 febbraio quando le raffiche tempestose hanno raggiunto intensità record come i 95 km/h a Milano, valori fra 150 e 180 km/h sulle Alpi lombarde e picchi oltre i 200 km/h sulle Alpi piemontesi.
In generale l’intero inverno si è contraddistinto per un vortice polare stratosferico particolarmente forte, che ha raggiunto la sua massima intensità a partire dalla seconda decade di gennaio quando si è verificato un importante evento di stratcooling (forte raffreddamento del vortice polare stratosferico). Il segnale, ossia la vorticità positiva indice di forti correnti occidentali e presenza di anticicloni alle medie latitudini, si è propagato verso i bassi strati, verso vortice polare troposferico, a metà febbraio, quando l’indice NAM (North Annular Mode che rende conto della forza del vortice polare a tutti i livelli attraverso il divario barico fra le medie latitudini e il Polo) ha raggiunto livelli record (+3.8).
Così, fino alla fine di gennaio hanno prevalso gli anticicloni di blocco, presenti con eccezionale frequenza nella nostra area, come evidenziato nell’ultimo report di Laura Bertolani sui tipi di circolazione osservati in Italia durante l’inverno. Successivamente, la circolazione è diventata più fluida alle alte latitudini, mentre sull’Europa meridionale e intorno all’Italia si sono avvicendate frequentemente delle strutture anticicloniche di matrice subtropicale (anticiclone nord-africano o afro-iberico) accompagnate da masse d’aria mite, che hanno mantenuto le temperature sopra la media culminando con un’ulteriore impennata nella seconda parte del mese di febbraio, prima di andare incontro a un repentino crollo termico negli ultimi giorni, sintomo della tendenza a un progressivo indebolimento del vortice polare.
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