Gli INCENDI inquinano anche il MEDITERRANEO
Soprattutto in estate gli incendi boschivi sono purtroppo frequenti nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, e proprio in questi giorni nazioni come la Turchia, la Grecia ma anche l’Italia stanno affrontando roghi devastanti.
Le conseguenze sono gravissime, per il territorio e la qualità dell’aria, per le emissioni, per la nostra salute e la nostra economia. E di recente gli scienziati hanno scoperto che l’impatto degli incendi si fa sentire in modo grave anche nel nostro mare.
I ricercatori dei dipartimenti di Scienze dell’ambiente e della terra e di Economia, metodi quantitativi e strategie d’impresa dell’Università di Milano-Bicocca, guidati dall’ecologa Sara Villa, hanno elaborato un modello matematico-statistico che per la prima volta ha fatto luce sul ruolo degli incendi delle aree boschive con la contaminazione dei sedimenti del Mar Mediterraneo.
Dopo aver rilevato la presenza di 16 idrocarburi policiclici aromatici (IPA) nel Mediterraneo, gli scienziati ne hanno studiato le origini e hanno ricostruito l’andamento spaziale e temporale del rischio che tale contaminazione comporta per le comunità bentoniche, ovvero gli organismi che vivono a contatto con il fondo del mare.
Si tratta di un elemento importante perché gli organismi bentonici svolgono un ruolo cruciale negli ecosistemi acquatici: il loro stato di salute rappresenta un significativo indicatore della qualità dell’ambiente marino. Questi organismi, inoltre, sono una fonte di cibo per altri animali, e di conseguenza le sostanze contaminanti che assimilano dai sedimenti possono essere trasferiti lungo l’intera catena trofica.
I risultati della ricerca indicano che gli IPA rilevati nei sedimenti del Mediterraneo provengono principalmente da fonti antropiche a causa della combustione incompleta di carbone, legna o benzina o da processi industriali. Tuttavia, possono anche essere emessi da fonti naturali come gli incendi boschivi o l’attività vulcanica che contribuiscono alla contaminazione di fondo nell’ambiente.
Questi contaminanti possono essere trasportati su lunghe distanze e possono entrare nell’ambiente acquatico attraverso percorsi atmosferici dopo processi di deposizione secca o umida, oppure essere trasportati dalle piogge verso i corsi d’acqua e quindi in mare. Altre fonti derivano da processi industriali quali l’uso industriale di petrolio e/o acque reflue industriali o urbane.
«Con i nostri indici abbiamo notato che l’origine della contaminazione era molto spesso legata a combustione di biomasse naturali – spiega Sara Villa – ci siamo chiesti, quindi, che impatto avessero gli incendi sulla qualità dell’ambiente acquatico. Abbiamo constatato che all’aumentare degli incendi, aumenta la contaminazione dei sedimenti marini con un tempo di risposta di tre anni circa. Si tratta di un aspetto nuovo e strategico sul quale incardinare la lotta agli incendi nelle aree boschive e spingere ad una maggiore consapevolezza pubblica, per proteggere non solo l’ambiente terrestre ma anche quello marino».
«Le strategie di prevenzione degli incendi boschivi adottate dall’Europa e dal nostro Paese – continua Villa – risultano quindi importanti anche per la protezione del Mar Mediterraneo, soprattutto alla luce dei preoccupanti scenari che prevedono l’aumento della frequenza e dell’intensità degli incendi boschivi in correlazione con i cambiamenti climatici e con la frequenza degli eventi estremi».
Lo studio dal titolo “Spatial and temporal trends in the ecological risk posed by polycyclic aromatic hydrocarbons in Mediterranean Sea sediments using large-scale monitoring data” è stato pubblicato sulla rivista Ecological Indicators (Elsevier).
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